Disposizioni anticipate di trattamento (DAT)Fonte: L. 22 dicembre 2017 n. 219
16 Giugno 2020
Inquadramento
Il 31 gennaio 2018 è entrata in vigore la l. n.219/2017 che afferma il principio, di carattere generale, che nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito in assenza del consenso libero e informato del paziente, salvo i casi espressamente previsti dalla legge. In coerenza con il suddetto principio, la norma in esame prevede la facoltà, per chiunque, di esprimere pro futuro la propria volontà con riguardo ad eventuali trattamenti sanitari e, conseguentemente, regolamenta le modalità di manifestazione di tale volontà, fornendo una disciplina in merito a contenuti, forma ed effetti di questi atti.
La l. n. 219/2017 traspone in principio giuridico un principio sostanziale, già perseguito dalla giurisprudenza e certamente sotteso alla Costituzione e ai Trattati internazionali sottoscritti dall'Italia, in forza del quale il diritto all'autodeterminazione deve essere applicato anche al diritto alla salute, lasciando libera la scelta di ciascuno nel bilanciamento dei due valori primari, a condizione di aver assunto adeguate informazioni mediche prima di decidere. Con la sentenza n. 242/2019 depositata il 22 novembre 2019 la Corte Costituzionale ha individuato nella disciplina delle disposizioni anticipate di trattamento regolate all'art. 4, l. 22 dicembre 2017, n. 219, un “preciso punto di riferimento” cui affidare la tutela della libera autodeterminazione del malato nella scelta di quei trattamenti finalizzati a liberarlo dalle sofferenze, anche di fine vita (Comunicato Corte cost. del 22 novembre 2019) La tutela costituzionale
La salute è un bene costituzionalmente protetto, la cui tutela è espressa in più articoli della Costituzione (artt. 2, 3 e 13 Cost.) seppur il principale è l'art. 32 Cost.. In passato, la Corte costituzionale (Corte cost., sent.,22 giugno 1990, n. 307) aveva affermato come la legge impositiva di un trattamento sanitario non fosse incompatibile con l'art. 32 Cost. ogniqualvolta il trattamento fosse diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri, giacché è proprio tale ulteriore scopo, attinente alla salute come interesse della collettività, a giustificare la compressione di quella autodeterminazione dell'uomo che inerisce al diritto di ciascuno alla salute in quanto diritto fondamentale. Manca, invece, nell'art. 32 Cost. un diritto in negativo espresso, ovvero il diritto a rifiutare le terapie quale risvolto negativo del diritto alla salute, seppur oggi, indiscutibilmente, il delicato bilanciamento tra tutela della vita e autodeterminazione individuale è risolto in favore di quest'ultima. L'art. 32 Cost., perciò, seppur implicitamente garantisce il diritto soggettivo di richiedere l'interruzione delle terapie seppur tale diritto sia sino alla legge in commento rimasto privo di tutela giuridica. La necessità di una norma in tal senso è emersa con chiarezza dalla recente giurisprudenza (casi Welby, Englaro, Pildudu, Dj Fabo), che ha mostrato reticenza e difficoltà ad accettare, anche ideologicamente, la scelta e la manifestazione di volontà chiara, decisa e non equivocabile del paziente in un momento in cui aveva ancora la capacità di esprimersi. Nel quadro normativo, inoltre, non va trascurato l'art. 5 c.c., il quale enuncia il principio generale, in ossequio al quale è vietato a chiunque di compiere «atti di disposizione del proprio corpo» che «cagionino una diminuzione permanente dell'integrità fisica» o che siano «contrari alla legge, all'ordine pubblico o al buon costume». Anche il superamento di tale articolo è dovuto ad una lettura attenta dei principi generali e alla valorizzazione della autodeterminazione. I trattamenti sanitari
Preventivamente all'esame della disciplina delle Disposizioni Anticipate di Trattamento (DAT) si rende necessario analizzare il concetto di “trattamento sanitario” quale risultante dalla l. n. 219/2017.L'art. 1, comma 5, l. n. 219/2017 afferma che «Ai fini della presente legge, sono considerati trattamenti sanitari la nutrizione artificiale e l'idratazione artificiale, in quanto somministrazione, su prescrizione medica, di nutrienti mediante dispositivi medici». Dalla locuzione utilizzata «Ai fini della presente legge, sono considerati trattamenti sanitari” si palesa la volontà del legislatore di includere nel novero dei trattamenti sanitari anche “la nutrizione artificiale e l'idratazione artificiale», estendendo, e non limitando il concetto di trattamento sanitario che è quindi individuato in qualsiasi indicazione diagnostica e terapeutica del medico curante, nessuna esclusa. In effetti già la Cassazione sul caso Englaro (Cass. civ., sez. I, sent., 16 ottobre 2007, n. 21748) aveva chiarito la natura terapeutica delle pratiche in discussione affermando che senza dubbio l'idratazione e l'alimentazione artificiali con sondino nasogastrico costituiscono un trattamento sanitario (conforme il parere della Società italiana di nutrizione parenterale - SINPE, Precisazioni in merito alle implicazioni bioetiche della nutrizione artificiale, gennaio 2007). Alimentazione e idratazione artificiale sono atti sanitari e quindi sottoposti alla volontà del paziente con la possibilità del suo rifiuto Perciò, il paziente, in virtù di quanto stabilito dall'art. 1 l. n. 219/2017, può rifiutare, anche quei trattamenti necessari alla sopravvivenza, e conseguentemente la norma esaminata consente, implicitamente (per effetto del rifiuto del trattamento sanitario comprensivo della nutrizione e idratazione artificiale) la volontaria interruzione della vita. L'art. 2, comma 2, l. n. 219/2017 introduce una minima definizione di accanimento terapeutico nel solo circoscritto ambito dei pazienti con “prognosi infausta a breve termine” o di “imminenza della morte” e lo individua nella “ostinazione irragionevole nella somministrazione delle cure e dal ricorso a trattamenti inutili o sproporzionati”. La definizione minimale riconosciuta dalla legge deve essere interpretata necessariamente con i principi fissati direttamente dall'articolo precedente sul consenso informato. Si allarga quindi il perimetro dell'accanimento a tutte le terapie non volute.
Le disposizioni anticipate di trattamento e la legge n. 219/2017
Per disposizioni anticipate di trattamento si intende la manifestazione di volontà di una persona che, temendo di perdere, per malattia, intervento chirurgico, o per incidente improvviso la capacità di intendere e di volere, individui i trattamenti sanitari ed il percorso terapeutico cui la stessa intenda sottoporsi, oppure attribuisca ad una persona (cosiddetto fiduciario) l'incarico di prendere le decisioni terapeutiche in propria vece, per il tempo in cui non sarà in grado di farlo autonomamente (C. Romano, Le disposizioni anticipate di trattamento, Studio CNN n.136-2018/C) I modi di chiamare le disposizioni anticipate di trattamento – il testamento biologico è espressione più nota e utilizzata tanto che la si è sempre utilizzata durante l'approvazione della legge soprattutto sui mezzi di comunicazione – sono diversi e scontano logiche diverse in merito alla loro vincolatività. Nella scorsa legislatura ci fu un tentativo di approvare un disegno di legge che le definiva “dichiarazioni” (ddl Calabrò) con il chiaro intento di negarne la vincolatività. Le dichiarazioni dovevano semplicemente “essere tenute in considerazione”. Nel fine vita, quindi, si riespandeva il potere del medico e dell'equipe curante che avrebbe avuto l'ultima parola sulle cure da apprestare. Il termine “disposizioni” pone invece un marcato accento sulla volontà del disponente e la loro vincolatività discende dal principio costituzionale di autodeterminazione. Ciascuno potrà dunque esprimere le sue scelte attraverso le disposizioni anticipate di trattamento in previsione di una futura incapacità di autodeterminarsi e dopo avere acquisito adeguate informazioni mediche sulle conseguenze delle sue scelte (La disciplina del consenso informato dà rilievo ad una manifestazione di volontà attuale del paziente; nelle disposizioni anticipate di trattamento rileva una volontà per il futuro (cosiddetta autodeterminazione preventiva); nella pianificazione condivisa, il consenso del paziente è di tipo programmatico). La legge n. 219/2017, perciò, affermando in maniera chiara espressa ed indiscutibile il diritto all'autodeterminazione delle persone anche nel fine vita, richiede che la scelta debba essere effettuata coscientemente ed in maniera informata, seppur come previsione anticipata. L'obbligo di informazione medica preventiva, nell'impianto normativo, svolge la funzione di raccordo e unificazione dei due diritti fondamentali coinvolti nella scelta del dichiarante: il diritto alla salute ed il diritto ad autodeterminarsi. Sotto il profilo strutturale, le disposizioni anticipate sono un negozio giuridico unilaterale non patrimoniale, revocabile e modificabile, ad efficacia differita al momento in cui il dichiarante perderà la capacità di intendere e di volere e di scegliere come autodeterminarsi per il caso di trattamenti sanitari. Le DAT devono essere qualificate come un atto personalissimo, per il quale non può essere data procura, ovvero, nel caso in cui essa venga ugualmente data, nel rispetto delle forme, la procura in realtà sarà la dichiarazione anticipata di trattamento e il procuratore potrà essere qualificato come fiduciario, se la lettera della dichiarazione lo consenta. Gli effetti delle disposizioni anticipate di trattamento sono indicazioni a vincolatività limitata. Infatti, ai sensi del comma 5 dell'art. 4 l. 219/2017, il medico è «tenuto al rispetto» delle DAT le quali possono essere disattese, in tutto o in parte, ed in accordo col fiduciario, se appaiono palesemente incongrue o non corrispondenti alla condizione clinica attuale del paziente ovvero se siano intervenute terapie non prevedibili all'atto della sottoscrizione, capaci di offrire concrete possibilità di miglioramento delle condizioni di vita.
La norma non stabilisce in alcun modo quando debbano ovvero possano essere effettuate le DAT. Esse, perciò, potranno essere disposte da soggetti a cui è appena stato diagnosticato un male incurabile ma anche da soggetti sani che temono l'incidente invalidante e desiderano sin da subito chiarire quali sono i limiti ai trattamenti sanitari che sono disposti a sopportare. Tale esemplificazione, molto semplice, mostra come diverse siano le necessarie informazioni mediche da assumere in via preventiva, se le DAT sono disposte in presenza di diagnosi di una patologia nota ovvero se sono disposte per il caso fortuito. Certo è che il dettato normativo non effettua distinzioni e prescrive, in tutte le ipotesi, che le DAT possano essere disposte «dopo aver acquisito adeguate informazioni mediche sulle conseguenze delle scelte» effettuate nella disposizione. Sarà perciò cura del notaio ricevente le disposizioni dare contezza della assunzione delle informazioni assunte, specificando l'esistenza di una patologia ovvero l'assenza della stessa, anche al fine di meglio qualificare le informazioni mediche assunte. La norma nulla dice in merito, ma nulla osta al fatto che il medico intervenga quale comparente e dichiari di aver informato il paziente, dichiarazione che potrà essere a contenuto generico ovvero specifico. Nulla osta nemmeno alla allegazione di un parere medico. Certo è che la forma minima richiesta è la dichiarazione di aver assunto idonee informazioni ad esprimere una scelta cosciente. La valutazione sulla idoneità delle informazioni, poi, è un aspetto delicato, che però non può ricadere se non nella sfera del disponente, e al limite potrà essere oggetto del vaglio del medico ovvero del fiduciario qualora intenda discostarsi. Nel caso in cui la forma prescelta sia quella della consegna delle DAT nelle mani dell'ufficiale dello stato civile del comune di residenza, la dichiarazione relativa all'assunzione delle preventive adeguate informazioni mediche è lasciata alla struttura del formulario che presumibilmente il disponente avrà utilizzato. In tal caso, certamente il fiduciario potrà effettuare valutazioni concrete al momento delle cure, con maggiori facoltà di discostarsi, ben potendo affermare che la scelta del fiduciario è stata più consapevole di alcune dichiarazioni mediche. Ai sensi del combinato disposto dell'art. 4, comma 5, e dell'art. 1, comma 6, l. n. 219/2017, il disponente non può esigere trattamenti sanitari contrari a norme di legge, alla deontologia professionale o alle buone pratiche clinico assistenziali. Sotto tale profilo, oltre ad essere rilevante la dichiarazione della preventiva assunzione di informazioni mediche, dichiarazione che dovrà essere quanto più possibile completa ed esaustiva anche in relazione al contenuto (maggiormente dettagliato è il contenuto più dovrà essere esaustiva la menzione della preventiva informazione medica), è assolutamente fondamentale ricordare l'aspetto temporale delle DAT; infatti, la contrarietà dei eventuale dei trattamenti sanitari rifiutati o richiesti, alle norme di legge, alla deontologia professionale o alle buone pratiche clinico assistenziali dovrà essere valutata soltanto con riferimento al momento di efficacia della DAT, ovvero nel momento in cui sia sopraggiunto lo stato di incapacità del disponente.
La legge indica espressamente che il disponente debba essere maggiore di età e capace di intendere e di volere. I due precisi requisiti ben si inquadrano nella disciplina disposta dalla novella, che prevede come valore essenziale il consenso informato del paziente. La necessità che il paziente sia capace si coniuga con la necessità che abbia assunto preventive informazioni: il dichiarante deve essere in grado non solo di chiedere le informazioni di cui possa avere bisogno ma anche di comprenderne il significato e la portata. I requisiti di maggiore età e di capacità sono inderogabili anche in considerazione del fatto che la manifestazione contenuta nelle DAT è ora per allora, con sin da subito la previsione che “allora” il dichiarante non sarà più capace. La legge n. 219/2017 dedica un articolo specifico (art. 3) ai minori e agli incapaci, ma in detto articolo vi sono previsioni per la valorizzazione della capacità del minore o dell'incapace alla scelta di un trattamento attuale e immediato, non anche alla previsione di una disposizione anticipata di trattamento, che richiede una comprensione della realtà maggiore, con un criterio di proiezione del possibile medico e del proprio grado di sopportazione delle cure estremamente profondo. Certo è che si possono presentare situazioni particolari, come il minorenne che esprime autonomamente la DAT e la consegna all'ufficiale dello stato civile dopo la maggiore età; in tale caso l'ufficiale dello stato civile non dovrebbe accettare la consegna e suggerire la nuova stesura delle disposizioni con una data posteriore al compimento della maggiore età, ma nel caso in cui tali disposizioni venissero accettate, si dovrebbe ritenere che la consegna costituisca una esplicita conferma delle stesse. La scelta del minorenne, poi, dovrebbe essere presa in considerazione qualora abbia steso una DAT prima della l. n. 219/2017 e che purtroppo sia divenuto in seguito incapace; la linea guida allora, sarà quella della giurisprudenza preesistente alla l. n. 219/2017, ovvero di considerare la volontà del paziente vincolante tutte le volte in cui sia certa e chiaramente riconducibile allo stesso. Naturalmente fattore dirimente sarà l'età in cui la DAT è stata sottoscritta, poiché più è vicino alla maggiore età, più è attendibile la cosciente volontà del dichiarante. Quanto, invece, all'inabilitato, la sua capacità non è esclusa: cosi come può esprimere il consenso informato, può rendere le disposizioni anticipate di trattamento, a meno che non si provi che, al momento della formulazione, versi in una condizione di incapacità di intendere e di volere. La forma della dichiarazione
L'art. 4 l. n. 219/2017 prevede che le disposizioni anticipate di trattamento possano essere manifestate per atto pubblico o per scrittura privata autenticata. Tali forme garantiscono entrambe la provenienza della scrittura dal soggetto di cui si tratta, l'accertamento della sua capacità di agire e dalla sua capacità di intendere e di volere nel momento in cui ha dettato le sue volontà. Inoltre, il notaio, seppur non sia incaricato ad una verifica sul consenso informato, non mancherà di avvertire il disponente degli effetti della sua dichiarazione e della necessità che egli abbia ben chiare le possibili patologie che lo possono affliggere ovvero gli sviluppi della malattia allo stesso già diagnosticata. L'art. 4 l. n. 219/2017 prevede, inoltre, una terza forma: la scrittura privata semplice consegnata personalmente dal disponente all'Ufficio dello stato civile del comune di residenza. Tale ultima forma lascia alcune perplessità, pur essendo indiscutibilmente valida in forza del dettato normativo. Infatti, l'ufficio dello stato civile, nel ricevere le DAT di un residente altro non deve accertare che egli si sia recato personalmente all'ufficio e che sia residente nel comune. Il fatto di recarsi personalmente nell'ufficio dello stato civile è un indice di presunzione che egli sia capace di intendere e di volere, ma non sussiste alcun accertamento specifico in merito alla sua effettiva capacità, né al momento della consegna né al momento della redazione. È, infatti, ben possibile che il soggetto seppur maggiorenne (accertamento implicito, seppur non previsto) non sia completamente capace, ovvero non comprenda esattamente la portata del gesto che sta compiendo, in assenza di formalità importanti o di avvertenze espresse. Inoltre, nulla prescrive la legge per la menzione dell'assunzione preventiva di informazioni mediche adeguate. L'art. 4 l. n. 219/2017 prevede, infine, una forma aggiuntiva per le ipotesi di modifica delle disposizioni precedentemente rilasciate, consistente nella dichiarazione espressa attraverso videoregistrazioni o dispositivi che consentano alla persona con disabilità di comunicare. Forma in effetti prevista per le ipotesi in cui un dichiarante cambi idea quando lo stato degenerativo abbia colpito il fisico e non la mente («nel caso in cui le condizioni fisiche del paziente non lo consentano»). L'art. 4, comma 6, afferma inoltre, che con le medesime forma, le DAT sono rinnovabili, modificabili e revocabili in ogni momento. Tale ultima affermazione normativa, però, con una lettura estensiva, pare permettere di applicare la forma ridotta, dettata per le modifiche posteriori al principio di degenerazione fisica del disponente, anche alla prima manifestazione della dichiarazione anticipata di trattamento, qualora le condizioni fisiche del paziente coincidano con quelle previste dalla norma stessa. Il ruolo del fiduciario
Nelle DAT il fiduciario è la persona a cui il disponente affida il ruolo di collaborare con il medico nella attuazione di quanto già scelto e disposto, per il tempo in cui il disponente non sarà più in grado di determinarsi seppur ancora vivo. Il fiduciario, perciò, è interprete autentico del disponente: è, infatti, colui che terrà le relazioni con medico ed equipe valorizzando le scelte effettuate dal disponente “allora per ora”, presumibilmente avendo avuto anche istruzioni verbali a supporto di quanto scritto. Inoltre, il fiduciario potrà dover decidere, applicando il criterio del disponente, per situazioni concretamente non contemplate nella DAT. Appare, invero, congruo ritenere che la funzione assolta dal fiduciario integri un ufficio di diritto privato di fonte volontaria. La nomina del fiduciario costituisce, infatti, contenuto eventuale, e non essenziale, delle disposizioni di fine vita: il legislatore ammette espressamente la possibilità che le DAT non contengano alcuna indicazione in tal senso (art. 4, comma 4, l. n. 219/2017); prevede, inoltre, le ipotesi di revoca o rinuncia all'incarico senza subordinarle alla indicazione di un nuovo soggetto che debba svolgere le relative funzioni. La legge 219/2017 non specifica in quale forma detta accettazione debba intervenire, facendo riferimento genericamente ad un "atto successivo”, e lasciando intendere che essa possa essere una accezione atecnica, non sorretta da forme speciali. L'unico requisito imposto è che l'accettazione si accompagni, nel fascicolo sanitario, alle disposizioni anticipate. Inoltre, la legge non pone un termine alla possibilità di accettare concessa al fiduciario, che, pertanto, può avvenire anche dopo la perdita di capacità del disponente. Una lettura sistematica del dato normativo impone di ritenere che le DAT possano non prevedere la nomina del fiduciario, ma che non sia ammessa nomina del fiduciario in mancanza delle DAT. I compiti del fiduciario assumono differente struttura e impegno in base al diverso grado di completezza e precisione delle DAT. Se il fiduciario e il medico convengono di disattendere la DAT il loro accordo è sufficiente a procedere in tal senso, presupponendo che il fiduciario agisca nel miglior interesse del disponente e che il medico faccia lo stesso con cognizione tecnica. È, però, ben possibile che il fiduciario e il medico curante entrino in conflitto nel decidere di consentire o somministrare o meno uno specifico trattamento sanitario. L'art. 4, comma 5, legge n. 219/2017 rinvia al comma 5 dell'art. 3 l. n. 219/2017, disponendo che in caso di conflitto tra il fiduciario e il medico la decisione sia rimessa al giudice tutelare. Si deve sottolineare come, in assenza di nomina del fiduciario, il medico possa da solo disattendere la disposizione anticipata di trattamento senza dover attendere il preventivo parere del giudice tutelare.
L'art. 3, comma 4, l. n. 219/2017 prevede che nel caso in cui sia stato nominato un amministratore di sostegno e la nomina preveda l'assistenza necessaria o la rappresentanza esclusiva in ambito sanitario, il consenso informato venga espresso in senso positivo o negativo anche dall'amministratore si sostegno ovvero solo da quest'ultimo, tenendo conto della volontà del beneficiario e in relazione alla sua capacità di intendere e di volere. In base ad una lettura combinata di questa norma e dell'art. 409 c.c., il beneficiario conserva, perciò, la capacità di disporre salvo espressa previsione nella nomina. Pertanto, il beneficiario potrà sempre validamente perfezionare da solo le disposizioni anticipate di trattamento, salvo che il giudice, nel decreto di nomina, espressamente gli abbia sottratto tale capacità. Certamente, in considerazione della natura personalissima delle DAT, esse non potranno essere perfezionate dal solo amministratore di sostegno e pare dubbia anche la dichiarazione resa con l'assistenza dell'amministratore, perché la valutazione sul grado di capacità è comunque sottratta all'interprete per la valutazione preventiva effettuata dal giudice tutelare con il decreto di nomina. A tal proposito la Corte Costituzionale (Corte Costituzionale, sentenza n. 144 del 13 giugno 2019) afferma il principio secondo il quale, anche ove venga prevista in capo all'amministratore di sostegno la rappresentanza esclusiva in materia sanitaria, a costui non è automaticamente affidato altresì il potere incondizionato di rifiutare le cure. È competenza esclusiva del Giudice Tutelare, infatti, assegnare detto potere all'amministratore di sostegno e ciò potrà essere fatto sia in sede di nomina sia successivamente con integrazione dei poteri. In tale circostanza, però, il giudice tutelare dovrà sempre tener conto di eventuali volontà espresse del beneficiario, come espressamente prevede l'art. 3, comma 4, della legge n. 219 del 2017. Nel caso di nomina di amministratore di sostegno, analogamente a quanto avviene in presenza del fiduciario, il medico potrà disattendere le DAT solo in accordo con l'amministratore e, ove insorga conflitto tra amministratore di sostegno e medico, solo a fronte di decisione in tal senso del giudice tutelare. Le copie delle DAT
Nel caso in cui le DAT siano depositate presso il notaio e dallo stesso tenute a raccolta, egli potrà rilasciarne tutte le copie necessarie. L'aspetto è però estremamente delicato nel periodo in cui le DAT sono ancora inefficaci e il loro disponente è capace, sia perché potrebbe ripetutamente modificarle, sia perché potrebbe non voler far conoscere le sue scelte in anticipo. In relazione agli atti notarili, le regole che presidiano il rilascio delle copie conformi sono l'art. 743 c.p.c.. e, per gli atti di ultima volontà l'art. 67 l.not.. Le DAT però non sono direttamente qualificabili atti di ultima volontà, e perciò l'art. 67 l.not. non pare applicabile senza un adeguato lavoro interpretativo. Se però questo fosse effettuato, allora, al pari delle copie del testamento pubblicato, le copie sarebbero disponibili solo dopo che le volontà sono divenute efficaci. In assenza di interpretazioni estensive, la regola è quella dell'art. 743 c.p.c. che prevede il rilascio delle copie a chiunque ne faccia richiesta, seppur non sia parte dell'atto. La materia delicata e particolarmente sensibile, però, suggerisce l'apposizione di un correttivo, in osservanza anche dell'art. 60 d.lgs. n. 196/2003 (codice in materia di protezione dei dati personali) e del nuovo GDPR, che all'art. 60 impone l'obbligo di informativa alla parte dell'atto di cui si rilascia copia. Proprio in tale direzione si pongono le prime indicazioni del Consiglio nazionale del Notariato, pubblicate sul CNN Notizie del 5 marzo 2018, che segnalano come la natura particolarmente sensibile delle informazioni personali contenute nel documento induce a ritenere derogata a prescrizione dell'art. 743 c.p.c. in quanto da coordinarsi con le disposizioni in materia di protezione dei dati. Certamente avranno diritto ad ottenere copia delle DAT il disponente, la persona incaricata dal disponente, il fiduciario, le strutture sanitarie interessate a conosce le DAT, l'autorità giudiziaria e, in futuro, il gerente il registro delle DAT. Banca dati nazionale
Il 17 gennaio 2020 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto del Ministero della Salute del 10 dicembre 2019 n. 168, in vigore dal 1 febbraio 2019, recante il regolamento sulla banca dati nazionale destinata alla registrazione delle disposizioni anticipate di trattamento (https://www.gazzettaufficiale.it/eli/gu/2020/01/17/13/sg/pdf). L'obiettivo della Banca dati nazionale è quello di effettuare la raccolta di copia delle disposizioni anticipate di trattamento di cui all'art. 4 della legge n. 219 del 2017, garantirne il tempestivo aggiornamento in caso di rinnovo, modifica o revoca e di assicurare la piena accessibilità delle stesse sia da parte del medico che ha in cura il paziente, allorché per questi sussista una situazione di incapacità di autodeterminarsi, sia da parte del disponente sia da parte del fiduciario dal medesimo nominato. Entro sessanta giorni dall'attivazione della Banca dati nazionale, i soggetti di cui all'art. 3, comma 1 (tra i quali rientrano i notai) devono trasmettere al Ministero della salute, affinché venga inserito nella Banca dati, un elenco nominativo delle persone che hanno espresso dichiarazioni anticipate di trattamento antecedentemente alla realizzazione della stessa Banca dati. Entro centottanta giorni dall'attivazione della Banca dati nazionale, i soggetti di cui sopra devono poi trasmettere al Ministero della salute le copie delle suddette DAT. Casistica
C. Romano, Le disposizioni anticipate di trattamento, Studio CNN n.136-2018/C R. Lenzi, Disposizioni anticipate ed effettività del consenso, in Notariato, 2020, p. 136 ss. M. Mainardi, Testamento biologico e consenso informato, Torino 2018 B. De Filippis, Biotestamento e fine vita, Milano 2018 R. Travia, Biotestamento e fine vita, Milano 2018 |