La ricchezza del padre non giustifica di per sé la modifica dell’assegno di mantenimento per il figlio

Redazione Scientifica
17 Ottobre 2018

La Suprema Corte ricorda che per determinare l'ammontare dell'assegno di mantenimento per il figlio è necessario compiere un'indagine comparativa delle condizioni reddituali ed economiche di entrambi i genitori oltre a tenere conto delle concrete esigenze del minore.

Il caso. La Corte d'appello di Brescia ha disposto l'affidamento condiviso del minore nato in assenza di matrimonio tra le parti e ha posto a carico del padre un assegno di mantenimento nei suoi confronti rideterminandone l'ammontare rispetto al primo grado di giudizio.

Avverso tale provvedimento il padre ha presentato ricorso per cassazione.

Criteri per determinare l'assegno di mantenimento per i figli. Osserva la Suprema Corte che l'art. 148 c.c. non detta un criterio automatico per la determinazione dell'ammontare dei contributi che entrambi i genitori devono versare per adempiere all'obbligo di mantenimento dei figli, ma prevede un sistema più completo ed elastico di valutazione che deve tenere conto non solo dei redditi ma anche di ogni altra risorsa economica e della capacità di svolgere un'attività professionale o domestica, sulla base di un'indagine comparativa delle condizioni dei due obbligati.

A tale criterio si ispira anche l'art. 337-ter c.c. con specifico riferimento alla fattispecie, come quella in esame, dei procedimenti relativi ai figli nati fuori dal matrimonio.

D'altra parte è necessario tenere conto del fatto che il dovere di mantenere, istruire ed educare la prole contenuto nell'art. 147 c.c., vincola i coniugi a far fronte a una molteplicità di esigenze dei figli, non riconducibili al solo obbligo alimentare, ma «estese all'aspetto abitativo, scolastico, sportivo, sanitario, sociale, all'assistenza morale e materiale, all'opportuna predisposizione di una stabile organizzazione domestica, adeguata a rispondere a tutte le necessità di cura ed educazione».

La ricchezza del padre non giustifica di per sé la modifica dell'assegno. Secondo i giudici di legittimità, il decreto emesso dalla Corte d'appello nel caso di specie non si attiene ai principi citati in quanto il giudice si è limitato, per quanto riguarda le esigenze del minore, a dedurre del tutto genericamente l'impossibilità di «quantificare con precisione aritmetica le esigenze di un bambino che viva in ambienti familiari particolarmente benestanti» e la conseguente necessità di fare riferimento a un criterio equitativo.

D'altra parte, in merito alle condizioni patrimoniali dei genitori, la Corte si è limitata ad un altrettanto generico riferimento «alle oltremodo consistenti risorse reddituali e patrimoniali» del padre,reputando congruo, solamente sulla base di questa asserzione, rideterminare l'assegno di mantenimento nei confronti del figlio.

Poiché, pertanto, la motivazione sul punto si palesa apparente, la Suprema Corte accoglie il relativo motivo di ricorso.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.