Prove precedentemente acquisite e irrevocabilità del consenso all'utilizzabilità in caso di mutamento del giudice

19 Ottobre 2018

In caso di mutamento dell'organo giudicante, l'impegno delle parti a prestare il consenso ad acquisire gli atti e le prove già assunte nel dibattimento mediante lettura dei relativi verbali può costituire oggetto di revoca? In caso di risposta affermativa, in quali casi e con quali limiti detto consenso può considerarsi revocabile o meno?
Massima

È irrevocabile il consenso della difesa a utilizzare le prove precedentemente acquisite mediante lettura dei relativi verbali, espresso dal difensore all'epoca titolare, all'udienza precedente (impegno a prestare il consenso) a quella di effettivo mutamento della persona del giudicante e non rileva la nomina di un nuovo difensore (nel caso, in aggiunta e non in sostituzione) sulla validità e irrevocabilità del detto consenso.

Il caso

L'imputato, condannato alla pena di € 400,00 di ammenda con sentenza inappellabile ai sensi dell'art. 593, comma 3, c.p.p., ricorre alla Suprema Corte di cassazione invocando l'annullamento della sentenza di primo grado e dell'ordinanza emessa all'udienza del 26 febbraio 2016.

Con provvedimento assunto nella richiamata udienza, infatti, il tribunale ha ritenuto irrilevante il mancato consenso del nuovo difensore dell'imputato all'acquisizione degli atti e delle prove già assunte nel dibattimento mediante lettura, in ragione del fatto che l'impegno a prestare il consenso era stato formalizzato alla precedente udienza del 3 luglio 2015 da altro avvocato, che all'epoca era l'unico difensore dell'imputato. Quest'ultimo, successivamente all'udienza del 3 luglio 2015 in cui, come detto, il proprio difensore si era impegnato a prestare il consenso, ha nominato un altro difensore di fiducia ma non ha revocato la precedente nomina difensiva.

A giudizio del ricorrente il mancato consenso del sostituto processuale del nuovo difensore dell'imputato, alla successiva udienza del 26 febbraio 2016, ha impedito al tribunale l'utilizzazione degli atti precedentemente assunti da altro giudice, motivo per il quale ha richiesto al supremo Collegio l'annullamento della decisione impugnata.

A sostegno del ricorso l'imputato ha addotto che l'impegno in tema di rinnovazione degli atti non possa ritenersi vincolante per tutto il Collegio difensivo, proprio in considerazione della natura di impegno preventivo, ed ha eccepito che detto impegno al consenso non poteva essere validamente assunto all'udienza del 3 luglio 2015, bensì solo a quella successiva del 23 febbraio 2016, in cui si erano verificati i presupposti per il rinnovo dell'istruzione dibattimentale a seguito del cambio del giudicante.

Il tribunale, nella persona del nuovo giudice, ha invece disatteso totalmente l'eccezione difensiva, ritenendo irrevocabile il consenso espresso in precedenza dal codifensore, anche in considerazione dell'unicità della difesa, dato che, in assenza di revoca della nomina precedente, il nuovo difensore deve considerarsi nominato in aggiunta al primo e non in sostituzione dello stesso.

La questione

La questione sottoposta allo scrutinio di legittimità è la seguente: in caso di mutamento dell'organo giudicante, l'impegno delle parti a prestare il consenso ad acquisire gli atti e le prove già assunte nel dibattimento mediante lettura dei relativi verbali può costituire oggetto di revoca? In caso di risposta affermativa, in quali casi e con quali limiti detto consenso può considerarsi revocabile o meno?

Le soluzioni giuridiche

Con la sentenza in chiosa la Suprema Corte, pur dichiarando l'inammissibilità del ricorso per manifesta infondatezza e genericità del motivo, ha colto l'occasione per confermare l'orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, secondo cui in caso di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale a seguito di mutamento della composizione del Collegio giudicante, il consenso prestato dalla difesa all'utilizzabilità delle prove precedentemente acquisite, mediante lettura dei relativi verbali, è irrevocabile.

Secondo la Cassazione, quindi, il ragionamento sposato dal tribunale nell'ordinanza impugnata unitamente alla sentenza è del tutto corretto, considerato che «il consenso costituisce un negozio unilaterale recettizio insuscettibile di revoca, in quanto non può farsi discendere dalla volontà del soggetto processuale che, per libera scelta, lo ha legittimamente prestato, il prodursi di effetti giuridici diversi da quelli già realizzatisi a seguito di tale manifestazione di volontà».

Il Supremo Consesso ha, inoltre, ritenuto manifestamente infondata la questione relativa ai tempi della prestazione del consenso e ha precisato che il consenso preventivo all'acquisizione degli atti e delle prove già assunte nel dibattimento mediante lettura dei relativi verbali, nell'ipotesi di futuro mutamento della composizione del collegio a causa del trasferimento presso altra sede giudiziaria di uno dei giudici che lo compongono non «integra un'ipotesi di consenso condizionato, la cui condizione dovrebbe considerarsi come non apposta, ma di mera delimitazione dell'oggetto del consenso medesimo».

In altre parole, qualora il consenso sia espresso per l'ipotesi di cambiamento di uno solo dei giudici che compongono il Collegio, il successivo mutamento dell'intero Collegio giudicante renderebbe detto consenso non operante (in questi termini anche Cass. pen. pen., Sez. V, 25 settembre 2012, n. 43171).

Sulla scorta della predette argomentazioni, la Corte ha espresso il seguente principio di diritto: «È irrevocabile il consenso della difesa ad utilizzare le prove precedentemente acquisite mediante lettura dei relativi verbali, espresso dal difensore all'epoca titolare, all'udienza precedente (impegno a prestare il consenso) a quella di effettivo mutamento della persona del giudicante e non rileva la nomina di un nuovo difensore (nel caso, in aggiunta e non in sostituzione) sulla validità ed irrevocabilità del detto consenso».

Osservazioni

Come è noto uno dei principi cardine del processo penale è quello dell'immutabilità del giudice sancito dall'art. 525, comma 2, c.p.p., secondo cui «alla deliberazione concorrono, a pena di nullità assoluta, gli stessi giudici che hanno partecipato al dibattimento».

Detto principio è espressamente correlato a quello di oralità e, soprattutto, a quello «di immediatezza che ispira l'impianto del codice di rito e di cui la regola dell'immutabilità del giudice costituisce strumento attuativo» e« postula - salve le deroghe espressamente previste - l'identità tra il giudice che acquisisce le prove e il giudice che decide» (così Corte cost., ord. 10 giugno 2010, n. 205).

Secondo quanto espressamente statuito dalle Sezioni unite della suprema Corte di cassazione con la nota sentenza Iannasso, quando muta la persona del giudice monocratico o la composizione del giudice collegiale, il dibattimento deve essere integralmente rinnovato, con la ripetizione della sequenza procedimentale costituita dalla dichiarazione di apertura del dibattimento (art. 492 c.p.p.), dall'esposizione introduttiva e dalle richieste di ammissione delle prove (art. 493 c.p.p.), dai provvedimenti relativi all'ammissione (art. 495 c.p.p.) e dall'assunzione delle prove secondo le regole stabilite negli artt. 496 ss. c.p.p. (in questi termini Cass. pen., Sez. unite., 15 gennaio 1999, n. 2).

Le prove dichiarative precedentemente acquisite di fronte al giudice mutato, nel contraddittorio tra le parti e inserite legittimamente negli atti dibattimentali non sono utilizzabili ai fini della decisione mediante semplice lettura, se non si ripete l'esame del dichiarante, quando questo possa aver luogo e sia stato richiesto da una delle parti.

Emerge ictu oculi, dunque, come in un sistema siffatto, nell'ipotesi di effettivo mutamento del giudice, assumano particolare valore il consenso prestato dalle parti all'utilizzabilità delle prove precedentemente acquisite mediante lettura o, secondo il dettato delle Sezioni unite, «l'implicita mancata richiesta di una nuova audizione del dichiarante».

Il consenso espresso o l'omessa richiesta di riaudizione del dichiarante - che equivale ad una manifestazione del consenso per facta concludentia, cioè attraverso comportamenti di acquiescenza (di questo avviso ex plurimis Cass. pen., Sez. I, 14 gennaio 2011, n. 18308; Cass. pen., Sez. II, 4 giugno 2008, n. 34723; Cass. pen., Sez. V, 16 maggio 2008, n. 359753; Cass. pen., Sez. I, 10 maggio 2002, n. 17804) - unitamente alle ipotesi di impossibilità sopravvenuta a procedere alla nuova audizione comportano, infatti, che l'esame del dichiarante non debba avere luogo e che le dichiarazioni precedentemente acquisite di fronte al giudice diverso divengano utilizzabili ai fini della decisione mediante la lettura delle stesse, ex art. 511 c.p.p.

Il consenso accordato dalle parti a rinnovare l'attività istruttoria con la lettura dei relativi verbali è considerato irrevocabile dalla giurisprudenza unanime della Suprema Corte (di questo avviso Cass. pen., Sez. III, 7 ottobre 2015, n. 47036;Cass. pen., Sez. III, 11 giugno 2010, n. 24380 e Cass. pen., Sez. III, 13 luglio 2011, n. 37481); anche la sentenza in chiosa sposa detta soluzione interpretativa.

Così come avviene per l'atto di oblazione (Cass. pen., Sez. I, 14 maggio 2009, n. 29359) e per la rinuncia all'amnistia (Cass. pen., Sez. III, 8 ottobre 1995, n. 11215), una volta prestato il consenso alla lettura delle prove assunte da un precedente e diverso giudice, detta manifestazione di volontà, abdicativa del diritto al dissenso, esteriorizzandosi anche tacitamente acquista il carattere della irrevocabilità, in quanto il negozio giuridico si è perfezionato in tutti i suoi elementi, sicché non è nella disponibilità dell'interessato annullarne o modificarne i contenuti.

Il consenso de quo - che costituisce un negozio unilaterale recettizio di natura processuale, la cui espressione non è vincolata a specifiche forme rituali - è irretrattabile anche laddove il difensore successivamente nominato non condivida l'impegno precedentemente assunto dal Collega; ciò, a maggior ragione se, come nel caso di specie, non è intervenuta la revoca del precedente difensore e, quindi, il Collegio difensivo debba considerarsi unitario. Del resto, «per la certezza dei rapporti giuridici e per l'ordinaria irrevocabilità degli atti di consenso in materia procedurale», la giurisprudenza ha considerato insuscettibile di revoca anche il consenso legittimamente espresso dal difensore d'ufficio ritualmente nominato (di questo avviso Cass. pen., Sez. III, 13 luglio 2011, n. 37481, cit.).

La decisione in commento, inserendosi, come già detto, nel solco tracciato negli anni dalla giurisprudenza di legittimità, esamina inoltre la particolare ipotesi in cui l'impegno a prestare il consenso venga formalizzato in un'udienza precedente rispetto a quella in cui muti effettivamente la persona del giudicante.

Detta circostanza è considerata del tutto irrilevante dalla Cassazione, considerato che l'impegno a prestare il consenso è stato precedentemente formalizzato «su un oggetto specifico e non incerto, nella piena consapevolezza degli effetti». Ciò in quanto la difesa prestando il consenso alla rinnovazione del dibattimento mediante lettura dei relativi verbali era perfettamente conscia degli effetti connessi a detta scelta processuale.

Il consenso deve quindi essere considerato pienamente valido, poiché l'oggetto dell'accordo - id est il prestato consenso all'utilizzabilità degli atti mediante lettura per l'ipotesi di mutamento del giudice - ne ha delimitato l'ambito di operatività.

Si approda, invece, a conclusioni diverse nell'ipotesi in cui, dopo aver manifestato la volontà di utilizzare le prove precedentemente acquisite mediante lettura, intervenga un'ulteriore modifica del Collegio giudicante; nella circostanza de qua, infatti, il consenso precedentemente prestato deve considerarsi espresso su presupposti di fatto diversi e, quindi, nulla esclude che detta manifestazione di volontà possa non essere reiterata o addirittura ritirata.

La Suprema Corte ha ritenuto, infatti, che «il consenso espresso in relazione all'eventuale cambiamento di un giudice in procinto di essere trasferito non poteva operare per il caso, poi concretamente verificatosi, del mutamento dell'intero Collegio» (così Cass. pen., Sez. V, 25 settembre 2012, n. 43171, cit., richiamata anche dalla sentenza in chiosa), considerato che la circoscrizione dell'oggetto - cioè l'aver prestato il consenso per l'ipotesi del cambio di uno dei membri del Collegio giudicante - ha reso detto consenso pienamente revocabile per tutte le diverse ipotesi realizzabili (cambio di due o più giudici del Collegio).

Entrambe le soluzioni ermeneutiche adottate dalla suprema Corte con la pronuncia in disamina paiono pienamente condivisibili.

Del tutto convincente, a giudizio di chi scrive, è l'assunto secondo cui il consenso alla rinnovazione degli atti mediante lettura prestato in precedenza dal codifensore è valido e irrevocabile in ragione dell'unicità della difesa (giacché, lo si ribadisce, il secondo difensore è stato nominato in aggiunta e non in sostituzione del precedente).

Parimenti condivisibile è la soluzione ermeneutica adottata dalla Cassazione nel ritenere valido il consenso preventivo prestato all'udienza precedente all'effettivo mutamento del giudice da colui che all'epoca era l'unico difensore dell'imputato. Ciò in quanto la difesa è stata effettivamente resa edotta che di lì a poco sarebbe intervenuto il mutamento del giudicante e, dunque, è stata posta nelle condizioni di valutare i pro e i contro della propria scelta processuale (prestare il consenso o negarlo) ed era dunque pienamente consapevole degli effetti connessi dalla legge alla propria manifestazione di volontà.

* Il presente lavoro è frutto di una ricerca dal titolo L'Inutilizzabilità della prova nel processo penale, finanziata dalla Fondazione Banco di Sardegna.

Guida all'approfondimento

P. CIPOLLA, Mutamento del giudice, rinnovazione del dibattimento mediante letture di verbali di prove dichiarative e rilevanza del consenso delle parti, in Cass. pen., 2003, 10, 3069;

M. L. DI BITONTO, Profili dispositivi dell'accertamento penale, Torino, 2004;

F.R. DINACCI, Giurisdizione penale e giusto processo verso nuovi equilibri, Padova, 2003;

E. GALLUCCI, La rinnovazione del dibattimento a seguito del mutamento del giudice, in Cass. pen., 2004, 4, 1444;

P. MARTINES, La rinnovazione delle prove in caso di mutamento del giudice, in Cass. pen., 2015, 6, 2334;

P. RENON, Mutamento del giudice penale e rinnovazione del dibattimento, Torino, 2008.

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