Revoca della donazione per ingratitudine: basta la relazione extraconiugale della donataria?

Redazione Scientifica
23 Ottobre 2018

Marito dona un appartamento alla moglie che ha una relazione extraconiugale: è presupposto sufficiente per la revoca della donazione per ingratitudine?

Il caso. Parte ricorrente ha chiesto la revoca della donazione indiretta avente ad oggetto un appartamento effettuata in favore della moglie per ingratitudine della stessa. La donataria, infatti, oltre ad aver offeso la dignità del donante con comportamenti ingiuriosi nei suoi confronti, aveva anche intrattenuto due relazioni extraconiugali di cui una accompagnata da grande risonanza mediatica.

Avverso il provvedimento della Corte d'appello che confermava il rigetto della domanda, il donante ha presentato ricorso per cassazione.

L'ingiuria deve esprimere profonda avversione per il donante. La Suprema Corte ricorda che l'ingiuria grave richiesta dall'art. 801 c.c. quale presupposto necessario per la revocabilità di una donazione per ingratitudine si caratterizza per la manifestazione esteriore del comportamento del donatario il quale deve «mostrare un durevole sentimento di disistima delle qualità morali del donante» e mancare di rispetto alla sua dignità (Cass. 31 ottobre 2016, n. 22013).

Il comportamento del donatario deve essere valutato non solo dal punto di vista oggettivo ma anche per la sua «potenzialità offensiva del patrimonio morale del donante» tale da essere contrario a quel sentimento di riconoscenza che, secondo la coscienza comune, dovrebbe caratterizzare l'atteggiamento del donatario secondo una formula evidentemente aperta al mutamento dei costumi sociali.

Correttamente, pertanto, secondo la Cassazione, la Corte territoriale ha applicato i principi esposti in quanto la relazione extraconiugale intrattenuta dal coniuge donatario costituisce ingiuria grave solo se accompagnata da un atteggiamento di disistima e avversione.

Nel caso di specie, la prima relazione contestata viene riscontrata con contorni vaghi e imprecisi mentre per quanto riguarda la seconda non solo sarebbe iniziata in un periodo in cui i coniugi erano separati di fatto ma aveva anche avuto risonanza mediatica solo a causa della notorietà del nuovo compagno della resistente.

È possibile quindi escludere che l'infedeltà della donataria nascesse da un sentimento di avversione e disprezzo nei confronti del marito tale da giustificare la “ripugnanza” della coscienza comune potendo piuttosto acquisire rilevanza per altri fini quali quello dell'accertamento dell'addebito della separazione.

Per questi motivi, la Cassazione rigetta il ricorso.

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