Mantenimento diretto, spese straordinarie e protocolli d'intesa: la ricerca di prassi condivise

29 Ottobre 2018

Confermato l'affidamento condiviso dei figli minori e ampliati i termini di permanenza presso il padre, come si ripartiscono gli oneri di mantenimento tra i genitori? È dovuto da parte del genitore non domiciliatario il contributo fisso o può disporsi il mantenimento diretto (salva la ripartizione pro quota delle spese straordinarie)?
Massima

Quando non è previsto un assegno di mantenimento, le spese straordinarie nell'interesse dei figli minori devono ripartirsi in misura percentuale tra i genitori, e possono essere individuate in attuazione delle linee guida concordate tra l'Autorità giudiziaria e l'Ordine degli Avvocati, sulla base di valutazioni condivise ricavate dalla consolidata interpretazione delle norme che regolano la materia.

Il caso

X e Y hanno contratto matrimonio nel 2010 e sono genitori di due figli minori, nati rispettivamente nel 2005 e nel 2008. Nelle condizioni di separazione è stato stabilito l'affidamento condiviso dei bambini, con collocamento presso la madre, regolando i tempi di permanenza presso il padre e imponendo a quest'ultimo un contributo di euro 500,00 mensili per il mantenimento dei figli, oltre alla partecipazione alle spese straordinarie nella misura del 50%. Nel giudizio di divorzio il padre chiede un ampliamento dei tempi di permanenza dei minori presso di lui e la revoca dell'assegno fisso per il mantenimento, fermo restando il contributo alle spese straordinarie, mediche, scolastiche e sportive. La madre chiede la conferma delle condizioni della separazione. Nel corso del giudizio di divorzio i genitori raggiungono un sostanziale accordo sull'ampliamento di tempi di permanenza dei minori presso il padre. Entrambi i genitori sono percettori di reddito: lui svolge attività di agente assicurativo e lei è dipendente comunale. La differenza economica tra i due, tenendo conto delle oscillazioni reddituali annuali proprie della attività del padre, non è particolarmente rilevante.

La questione

Confermato l'affidamento condiviso dei figli minori e ampliati tempi di permanenza presso il padre, che si fa carico, pertanto, anche della gestione concreta della vita dei minori nei periodi che essi trascorrono presso di lui, deve stabilirsi, in concreto, come ripartire gli oneri di mantenimento tra i genitori, tenendo conto non solo delle capacità economiche delle parti, ma anche dei tempi di permanenza dei minori presso entrambi i genitori. In particolare la questione controversa è se è dovuto, da parte del genitore non domiciliatario, il contributo fisso, (c.d. assegno perequativo) ovvero se può disporsi il mantenimento diretto, salva la ripartizione pro quota delle spese straordinarie. In tale ultimo caso, diventa di particolare importanza individuare quali spese sono da considerare "straordinarie", spese che sono talora chiamate - per chiarire meglio la loro natura - spese extra assegno o da rimborsare separatamente, e che cosa invece rientra nel contributo diretto. Se un genitore anticipa una spesa c.d. straordinaria, ne può chiedere il rimborso pro quota all'altro, mentre non può chiedere il rimborso pro quota delle spese ordinarie sostenute per la prole (ad es. il vitto quotidiano).

Le soluzioni giuridiche

La soluzione del Tribunale di Milano si fonda sulla applicazione del principio di proporzionalità nella contribuzione al mantenimento dei figli, imposto dagli artt. 316-bis e 337-ter c.c.. Il Tribunale si richiama ad una consolidata giurisprudenza secondo la quale l'assegno c.d. perequativo a carico di uno dei genitori può essere stabilito quando è necessario per attuare il principio di proporzionalità, tenuto conto dei diversi parametri indicati dalla norma. L'affidamento condiviso di per sé non impone il mantenimento diretto (Cass. civ., sez. I, 20 gennaio 2012, n. 785; Cass. civ., sez. I, 1 luglio 2015, n. 13504) che però può essere disposto dal giudice ove ne ricorrono i presupposti in fatto, spesso individuati dalla giurisprudenza nella parità dei tempi di permanenza (Trib. Ravenna, 21 gennaio 2015), tenendo in considerazione le condizioni economiche dei genitori (Cass. civ., sez. I, 14 luglio 2011, n. 15565). In realtà l'affidamento condiviso inteso come joint physical custody, e cioè parità dei tempi di permanenza, è una ipotesi piuttosto rara nella casistica della giurisprudenza italiana; per favorire la stabilità e la continuità delle abitudini, si preferisce di norma individuare un genitore presso il quale è fissata la residenza del minore e presso cui il bambino trascorre la maggior parte del suo tempo. Ciò significa che di regola è imposto un assegno di mantenimento al genitore non convivente (detto anche non collocatario o non domiciliatario) perché l'altro deve farsi carico delle spese fisse di organizzazione domestica (vitto, costi dell'alloggio, utenze) per la maggior parte del tempo. Inoltre, l'assegno perequativo è comunque necessario quando uno dei due non ha reddito e può contribuire solo con il lavoro domestico.

Di contro, in caso di parità (o quasi) di redditi e parità (o quasi) dei tempi di permanenza, l'assegno non è necessario, perché non si deve assicurare alcun effetto perequativo. Questa è la soluzione del Tribunale milanese, che, valutata la condizione economica dei genitori e la quasi parità dei tempi di permanenza dei minori presso l'uno o l'altro genitore, con i conseguenti oneri di gestione, ritiene che la giusta soluzione, rispettosa del principio di proporzionalità, sia quella del mantenimento c.d. diretto per le esigenze ordinarie dei figli, esigenze che comprendono tutte quelle connesse al vitto, all'abbigliamento, alle spese di cura ed accudimento quotidiano e alla socialità per il periodo in cui i figli sono presso ciascun genitore e la ripartizione in quote uguali delle spese c.d. straordinarie.

Quanto all'individuazione delle spese straordinarie, il Tribunale richiama le linee guida sottoscritte dal Tribunale di Milano e dall'Ordine degli Avvocati, specificando però che esse sono richiamate in quanto concordate «sulla base di valutazioni condivise e ricavate dalla consolidata interpretazione delle norme che regolano la materia e dagli insegnamenti consolidati della Suprema Corte» e vi aggiunge i costi della mensa scolastica.

Osservazioni

Il mantenimento diretto dei figli, stabilito in relazione ai tempi di permanenza dei figli, non può disporsi se non facendo riferimento, quantomeno nelle linee generali, ai criteri di distribuzione delle spese, ordinarie e straordinarie: diversamente si corre il rischio che determinate spese, specie quelli non rientranti nella stretta quotidianità, restino prive di "copertura" ovvero che nessuno dei due genitori provveda ad acquistare beni e servizi importanti per assicurare l'armoniosa crescita del minore. Particolare importanza assume quindi la determinazione delle spese straordinarie. La questione delle c.d. spese straordinarie ha radici in una vecchia querelle, ormai definitivamente superata, sulla presunta esaustività dell'assegno di mantenimento per i figli. La Corte di cassazione ha da tempo chiarito che l'assegno mensile di mantenimento non è comprensivo di tutte le spese che occorrono al mantenimento dei figli, e che in esso non possono ricomprendersi quelle spese che, per la loro rilevanza, la loro imprevedibilità e la loro imponderabilità esulano dall'ordinario regime di vita dei figli, talché la loro inclusione in via forfettaria nell'ammontare dell'assegno, posto a carico di uno dei genitori, può rivelarsi in contrasto con il principio di proporzionalità e con quello dell'adeguatezza del mantenimento, nonché recare grave nocumento alla prole, che potrebbe essere privata, non consentendolo le possibilità economiche del solo genitore beneficiario dell'assegno "cumulativo", di cure necessarie o di altri indispensabili apporti (Cass. civ., sez. VI, 17 gennaio 2018, n. 1070; Cass. civ., sez. VI, 12 giugno 2018, n. 15240; Cass. civ., sez. I, 9 giugno 2015, n. 11894; Cass. civ.,sez. I, 8 settembre 2014, n. 18869). Consolidati questi criteri di massima, vi sono però alcune questioni pratiche non del tutto definite: quali spese in concreto si possono definire straordinarie? Cosa succede se non vengono preventivamente concordate? Con lo scopo di deflazionare il contezioso che nasce da questi dubbi, in alcuni distretti sono stati redatti protocolli o linee guida, condivisi tra i magistrati e il foro, per individuare che cosa si debba intendere per spese straordinarie e se esse debbano o meno preventivamente concordarsi e in quali casi. Se la finalità è chiara ed è anche meritevole, non è però chiaro il valore da attribuire a questo genere di documenti, che appaiono talora nella loro formulazione fortemente precettivi e ciò potrebbe ingenerare l'equivoco che siano vincolanti. Un'intesa tra giudici e avvocati che pretenda di definire in anticipo i contenuti di una o più decisioni, non solo non potrebbe avere alcun valore vincolante, ma costituirebbe una violazione del principio di indipendenza posto dall'art. 101 Cost. che vuole il giudice soggetto solo alla legge. Né i protocolli costituiscono, in sé considerati, quel diritto vivente che l'elaborazione giurisprudenziale, costante e conforme nel tempo, contribuisce a creare; essi sono semmai documenti ricognitivi, che possono essere utili in quanto esplicitano, come rileva il Tribunale di Milano nella sentenza in esame, i consolidati orientamenti di giurisprudenza, sulla base delle vigenti norme, riassumendoli. Spetta però pur sempre al giudice stabilire - di volta in volta e secondo le specifiche le caratteristiche del caso concreto - come ripartire gli oneri di mantenimento: se la valutazione che il giudice rende corrisponde alle elencazioni di un protocollo - come è probabile che ciò avvenga data la natura ricognitiva degli stessi - il giudice potrà richiamare il documento nella sua sentenza, a fini di semplificazione. In simili casi però il valore precettivo dipende dal fatto che il giudice, nella sua valutazione, di cui deve dare conto in motivazione, condivide e richiama il contenuto del documento (si veda ad es. Trib. Roma, sez. I, 5 maggio 2017) e non l'inverso.

Fuori dalle aule di giustizia, nelle risoluzioni negoziali della crisi coniugale, l'utilità di queste linee guida sta nel rendere noto - e quindi in certa misura prevedibile - l'orientamento giurisprudenziale nei suoi aspetti pratici e immediatamente percepibili dalle parti, le quali hanno poco interesse a penetrare il senso delle formule giuridiche, ma in concreto vogliono sapere chi pagherà il dentista e il corredo scolastico di inizio anno: ciò può senz'altro favorire le soluzioni consensuali delle liti familiari.

Guida all'approfondimento

A. Simeone, Spese straordinarie: al via le Linee Guida del Tribunale e della Corte di appello di Milano, in ilFamiliarista.it, 24 novembre 2017.

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