Riforma dell’ordinamento penitenziario. In Gazzetta ufficiale i decreti legislativi

Redazione Scientifica
29 Ottobre 2018

Sono stati pubblicati in Gazzetta ufficiale n. 250 del 26 ottobre 2018 i tre decreti legislativi attuativi della riforma dell'ordinamento penitenziario, che entreranno in vigore il 10 novembre 2018: a) decreto legislativo 2 ottobre 2018, n. 121, Disciplina dell'esecuzione delle pene nei confronti dei condannati minorenni i, in attuazione della delega di cui all'articolo 1, commi 81, 83 e 85, lettera p), della legge 23 giugno 2017, n. 103....
Abstract

Sono stati pubblicati in Gazzetta ufficiale n. 250 del 26 ottobre 2018 i tre decreti legislativi attuativi della riforma dell'ordinamento penitenziario, che entreranno in vigore il 10 novembre 2018:

decreto legislativo 2 ottobre 2018, n. 121, Disciplina dell'esecuzione delle pene nei confronti dei condannati minorenni, in attuazione della delega di cui all'articolo 1, commi 81, 83 e 85, lettera p), della legge 23 giugno 2017, n. 103.

decreto legislativo 2 ottobre 2018, n. 123, Riforma dell'ordinamento; penitenziario, in attuazione della delega di cui all'articolo 1, commi 82, 83 e 85, lettere a), d), i), l), m), o), r), t) e u), della legge 23 giugno 2017, n. 103;

decreto legislativo 2 ottobre 2028, n. 124, Riforma dell'ordinamento penitenziario in materia di vita detentiva e lavoro penitenziario, in attuazione della delega di cui all'articolo 1, commi 82, 83 e 85, lettere g), h) e r), della legge 23 giugno 2017, n. 103.

Esecuzione delle pene nei confronti dei condannati minorenni

Il d.lgs. 121/2018 introduce una normativa speciale per l'esecuzione della pena nei confronti dei condannati minorenni e dei giovani al di sotto dei venticinque anni (c.d. giovani adulti) al fine di adattare la disciplina dell'ordinamento penitenziario alle specifiche esigenze di tali soggetti, con particolare riguardo al peculiare percorso educativo e di reinserimento sociale di cui gli stessi necessitano in ragione della giovane età. L'esecuzione della pena nei confronti del minorenne deve essere volta a «favorire percorsi di giustizia riparativa e di mediazione con le vittime di reato. Tende altresì a favorire la responsabilizzazione, l'educazione e il pieno sviluppo psico-fisico del minorenne, la preparazione alla vita libera, l'inclusione sociale e a prevenire la commissione di ulteriori reati, anche mediante il ricorso ai percorsi di istruzione, di formazione professionale, di istruzione e formazione professionale, di educazione alla cittadinanza attiva e responsabile, e ad attività di utilità sociale, culturali, sportive e di tempo libero» (art. 1, comma 2, d.lgs. 121/2018).

La pena detentiva diventa l'extrema ratio, qualora via sia il pericolo che il condannato si sottragga all'esecuzione o commetta altri reati, e vengono introdotte le misure penali di comunità:

  • l'affidamento in prova al servizio sociale (art. 4);
  • l'affidamento in prova con detenzione domiciliare (art. 5);
  • la detenzione domiciliare (art. 6);
  • la semilibertà (art. 7).

La durata delle misure penali di comunità è corrispondente alla durata della pena da eseguire (art. 2, comma 6) e l'esecuzione avviene principalmente «nel contesto di vita del minorenne e nel rispetto delle positive relazioni socio-familiari» (art. 2, comma 7).

Il Capo III, Disciplina dell'esecuzione, all'art. 10 regola la particolare ipotesi in cui siano in esecuzione pene concorrenti per fatti commessi da minorenne e da adulto, ipotesi sinora non disciplinata in modo specifico ma solo dalla regola generale di cui all'art. 665, comma 4, c.p.p.

La nuova disciplina prevede dunque che se nel corso dell'esecuzione di una condanna per reati commessi da minorenne sopravviene un titolo di esecuzione di altra pena detentiva per reati commessi da maggiorenne, il P.M. emette l'ordine di esecuzione, lo sospende secondo quanto previsto dall'articolo 656 c.p.p. e trasmette gli atti al magistrato di sorveglianza per i minorenni.

è quindi lasciata al magistrato di sorveglianza la possibilità di far proseguire l'esecuzione secondo le modalità previste per i minorenni. A tal fine l'autorità giudiziaria dovrà tener conto della gravità dei fatti oggetto di cumulo e del percorso in atto e, se il condannato ha compiuto ventuno anni, anche delle ragioni di sicurezza di cui all'articolo 24 del decreto legislativo 272 del 1989.

Infine, l'ultimo Capo è dedicato alla riorganizzazione degli istituti penali per minorenni e all'intervento educativo. In particolare:

  • deve essere assicurata la separazione dei minorenni dai giovani adulti e quella degli imputati dai condannati (art. 15);
  • la permanenza all'aria aperta deve essere di almeno 4 ore al giorno, salvo che specifici motivi non rendano necessaria una riduzione dell'orario (art. 17);
  • i detenuti sono ammessi a frequentare all'esterno dell'istituto corsi di istruzione, di formazione professionale e di istruzione e formazione professionale (art. 18);
  • in un'ottica di tutela dell'affettività, il detenuto ha diritto a otto colloqui mensili e alla possibilità di usufruire ogni mese di quattro visite prolungate tra le 4 e le 6 ore con congiunti ovvero con persone con le quali sussiste un significativo legame affettivo (art. 19);

L'art. 22 stabilisce che «salvo specifici motivi ostativi anche dovuti a collegamenti con ambienti criminali, la pena deve essere eseguita in istituti prossimi alla residenza o alla abituale dimora del detenuto e delle famiglie, in modo da mantenere le relazioni personali e socio-familiari educativamente e socialmente significative».

Il progetto di intervento educativo, a cui deve conformarsi la permanenza nell'istituto penale, deve essere predisposto entro 3 mesi dall'inizio dell'esecuzione e deve essere ispirato ai principi della personalizzazione delle prescrizioni, alla flessibilità e assicurare la graduale restituzione di spazi di libertà. Al detenuto è assicurato il supporto psicologico e il progetto educativo deve essergli presentato con linguaggio comprensibile (art. 14).

Riforma dell'ordinamento penitenziario

Il decreto legislativo 123/2018 interviene su quattro temi: a) l'assistenza sanitaria in ambito penitenziario; b) la semplificazione dei procedimenti; c) la competenza degli uffici locali di esecuzione esterna e della polizia penitenziaria; d) la vita penitenziaria.

a) Negli istituti penitenziari e negli istituti penali per minorenni opera il servizio sanitario nazionale e la relativa disciplina è adeguata al d.lgs. 230/1999. Qualora siano necessarie cure o accertamenti sanitari che non possono essere apprestati all'interno degli istituti, gli imputati sono trasferiti in in strutture sanitarie esterne, con provvedimento del giudice che procede. I detenuti e gli internati hanno diritto a ricevere informazioni complete sul proprio stato di salute durante il periodo di detenzione nonché all'atto di rimessione in libertà.

Deve essere garantita la visita quotidiana da parte del medico del servizio sanitario nei confronti dei detenuti ammalati e di quelli che ne fanno richiesta quando risulta necessaria. Infine, detenuti e internati hanno la possibilità di essere visitati a proprie spese da un esercente la professione sanitaria di propria fiducia.

b) Tra le varie novità, contenute nel Capo II, in tema di semplificazione dei procedimenti, vengono ridefinite le competenze per cui:

in materia di limitazioni e controlli della corrispondenza (art. 18-ter ord. pen.), per condannati e internati è competente il magistrato di sorveglianza, mentre per gli imputati il giudice di cui all'art. 279 c.p.p. ovvero, se procede un giudice in composizione collegiale, il presidente del collegio o della Corte d'assise.

In materia di permessi ex art. 30 ord. pen., per gli imputati la concessione è trasferita all'autorità giudiziaria competente a disporre il trasferimento in luoghi esterni ai sensi dell'art. 11 ord. pen.

Nel procedimento di liberazione anticipata ex art. 69-bis ord. pen. viene meno la possibilità per il tribunale di sorveglianza a cui sia stata presentata istanza per la presentazione della liberazione anticipata durante il procedimento di cui al comma 1 dell'art. 70 ord. pen. di trasmetterla al magistrato di sorveglianza.

Il procedimento di sorveglianza disciplinato dall'art. 678 c.p.p. è riscritto:

TESTO PREVIGENTE

ART. 678 C.P.P. - Procedimento di sorveglianza

TESTO IN VIGORE DAL 10.11.2018

ART. 678 C.P.P. - Procedimento di sorveglianza

1. Salvo quanto stabilito dal successivo comma 1-bis, il tribunale di sorveglianza nelle materie di sua competenza, e il magistrato di sorveglianza, nelle materie attinenti ai ricoveri previsti dall'articolo 148 del codice penale, alle misure di sicurezza e alla dichiarazione di abitualità o professionalità nel reato o di tendenza a delinquere procedono, a richiesta del pubblico ministero, dell'interessato, del difensore o di ufficio, a norma dell'articolo 666. Tuttavia, quando vi è motivo di dubitare dell'identità fisica di una persona, procedono a norma dell'articolo 667 comma 4.

1-bis. Il magistrato di sorveglianza, nelle materie attinenti alla rateizzazione e alla conversione delle pene pecuniarie, alla remissione del debito e alla esecuzione della semidetenzione e della libertà controllata, ed il tribunale di sorveglianza, nelle materie relative alle richieste di riabilitazione ed alla valutazione sull'esito dell'affidamento in prova al servizio sociale, anche in casi particolari, procedono a norma dell'articolo 667 comma 4.

2. Quando si procede nei confronti di persona sottoposta a osservazione scientifica della personalità, il giudice acquisisce la relativa documentazione e si avvale, se occorre, della consulenza dei tecnici del trattamento.

3. Le funzioni di pubblico ministero sono esercitate, davanti al tribunale di sorveglianza, dal procuratore generale presso la corte di appello e, davanti al magistrato di sorveglianza, dal procuratore della Repubblica presso il tribunale della sede dell'ufficio di sorveglianza.

3-bis. Il tribunale di sorveglianza e il magistrato di sorveglianza, nelle materie di rispettiva competenza, quando provvedono su richieste di provvedimenti incidenti sulla libertà personale di condannati da Tribunali o Corti penali internazionali, danno immediata comunicazione della data dell'udienza e della pertinente documentazione al Ministro della giustizia, che tempestivamente ne informa il Ministro degli affari esteri e, qualora previsto da accordi internazionali, l'organismo che ha pronunciato la condanna.

1. Il magistrato di sorveglianza, nelle materie attinenti alle
misure di sicurezza e alla dichiarazione di abitualità o
professionalità nel reato o di tendenza a delinquere, e il tribunale
di sorveglianza, nelle materie di sua competenza, se non diversamente
previsto, procedono, a richiesta del pubblico ministero,
dell'interessato, del difensore o di ufficio, a norma dell'articolo
666. Quando vi è motivo di dubitare dell'identità fisica di una persona, procedono comunque a norma dell'articolo 667, comma 4.

1-bis Il magistrato di sorveglianza, nelle materie attinenti alla
rateizzazione e alla conversione delle pene pecuniarie, alla
remissione del debito e alla esecuzione della semidetenzione e della libertà controllata, e il tribunale di sorveglianza, nelle materie relative alle richieste di riabilitazione, alla valutazione
sull'esito dell'affidamento in prova, anche in casi particolari, alla dichiarazione di estinzione del reato conseguente alla liberazione condizionale e al differimento dell'esecuzione della pena nei casi previsti dal primo comma, numeri 1) e 2), dell'articolo 146 del codice penale, procedono a norma dell'articolo 667, comma 4.

1-ter. Quando la pena da espiare non e' superiore a un anno e sei
mesi, per la decisione sulle istanze di cui all'articolo 656, comma 5, il presidente del tribunale di sorveglianza, acquisiti i documenti e le necessarie informazioni, designa il magistrato relatore e fissa un termine entro il quale questi, con ordinanza adottata senza formalità, può applicare in via provvisoria una delle misure
menzionate nell'articolo 656, comma 5. L'ordinanza di applicazione provvisoria della misura e' comunicata al pubblico ministero e notificata all'interessato e al difensore, i quali possono proporre opposizione al tribunale di sorveglianza entro il termine di dieci giorni. Il tribunale di sorveglianza, decorso il termine per l'opposizione, conferma senza formalità la decisione del magistrato.
Quando non è stata emessa o confermata l'ordinanza provvisoria, o è stata proposta opposizione, il tribunale di sorveglianza procede a norma del comma 1. Durante il termine per l'opposizione e fino alla decisione sulla stessa, l'esecuzione dell'ordinanza è sospesa.

2. Quando si procede nei confronti di persona sottoposta a osservazione scientifica della personalità, il giudice acquisisce la relativa documentazione e si avvale, se occorre, della consulenza dei tecnici del trattamento.

3. Le funzioni di pubblico ministero sono esercitate, davanti al tribunale di sorveglianza, dal procuratore generale presso la corte di appello e, davanti al magistrato di sorveglianza, dal procuratore della Repubblica presso il tribunale della sede dell'ufficio di sorveglianza.

3.1. Quando ne fa richiesta l'interessato l'udienza si svolge in
forma pubblica. Si osservano, in quanto compatibili, le disposizioni
degli articoli 471 e 472.
3.2. L'avviso di fissazione dell'udienza, notificato
all'interessato, contiene, a pena di nullità, l'avvertimento della facoltà di parteciparvi personalmente. Se l'interessato detenuto o internato ne fa richiesta, il giudice dispone la traduzione. Si applicano in ogni caso le forme e le modalità di partecipazione a distanza nei procedimenti in camera di consiglio previste dalla legge. La partecipazione all'udienza avviene a distanza anche quando l'interessato, detenuto o internato, ne fa richiesta ovvero quando lo stesso è detenuto o internato in un luogo posto fuori dalla
circoscrizione del giudice. Ove lo ritenga opportuno, il giudice dispone la traduzione dell'interessato.

c) Con riferimento alle competenze degli uffici locali di esecuzione esterna e della polizia penitenziaria, il decreto legislativo prevede, da un lato l'ampliamento delle competenze degli uffici locali di esecuzione penale esterna, chiamati a svolgere le attività di osservazione del comportamento per l'applicazione delle misure alternative alla detenzione; dall'altro, l'estensione dei compiti della polizia penitenziaria, chiamata a vigilare sul rispetto delle prescrizioni impartite dalla magistratura di sorveglianza.

d) Infine, il Capo IV dedicato alla vita penitenziariaintroduce una serie di misure volte a integrare i reclusi stranieri, garantendo un'alimentazione rispettosa del loro credo religioso nonché l'inserimento, tra il personale dell'amministrazione degli istituti penitenziari, dei mediatori culturali e degli interpreti. Vengono presi in considerazione gli specifici bisogni e i diritti delle donne detenute.

Le disposizioni dell'ordinamento penitenziario vengono modificate allo scopo di garantire il rispetto della dignità umana e la conformità della vita penitenziaria a quella esterna, in particolare l'ampliamento delle ore minime che i detenuti possono trascorrere all'aperto, la richiesta prossimità tra l'istituto penitenziario e la famiglia del recluso, le specifiche tutele per i reclusi esposti a minaccia di soprusi a causa del proprio orientamento sessuale o della propria identità di genere, l'ampliamento dei diritti di informazione e comunicazione.

Lavoro penitenziario

Il decreto legislativo 124/2018 interviene su due aspetti. Da un lato, con le modifiche agli artt. 5, 6 e 8 ord. pen. si assicurano, ai detenuti, locali, all'interno degli edifici penitenziari, per le esigenze di vita individuali e locali per lo svolgimento delle attività lavorative, formative, culturali, sportive e religiose. L'ampiezza dei locali deve “sufficiente” e devono essere dotati di servizi igienici riservati e riscaldati per il tempo in cui le condizioni climatiche lo esigono.

Dall'altro lato, il d.lgs. interviene sulla disciplina del lavoro penitenziario (artt. 20 - 25-bis ord. pen). Tra le varie novità:

  • la possibilità di fruire dell'elemento trattamentale del lavoro è esteso anche ai soggetti ospitati nelle REMS;
  • il lavoro non è più previsto come obbligo, contrastando con il principio del libero consenso al trattamento;
  • l'amministrazione penitenziaria può organizzare e gestire attività di produzione di beni o servizi, sia all'interno che all'esterno dell'istituto;
  • gli organi centrali e territoriali dell'amministrazione penitenziaria di stipulare apposite convenzioni di inserimento lavorativo con soggetti pubblici o privati o cooperative sociali interessati a fornire opportunità di lavoro a detenuti e internati;
  • la possibilità di vendita dei prodotti delle lavorazioni penitenziarie;
  • viene introdotto il lavoro di pubblica utilità, art. 20-ter ord. pen. per cui detenuti e gli internati «possono chiedere di essere ammessi a prestare la propria attività̀ a titolo volontario e gratuito nell'ambito di progetti di pubblica utilità, tenendo conto anche delle specifiche professionalità e attitudini lavorative» tale possibilità è esclusa per i detenuti in 41-bis;
  • la remunerazione per ciascuna categoria di detenuti e internati che lavorano alle dipendenze dell'amministrazione penitenziaria è determinata in relazione alla quantità e qualità del lavoro prestato, in misura pari ai 2/3 del trattamento economico di cui ai contratti collettivi;
  • il nuovo articolo 25-ter ord. pen. prevede che l'amministrazione penitenziaria debba rendere disponibile a favore dei detenuti e degli internati, anche attraverso convenzioni non onerose con enti pubblici e privati, un servizio di assistenza all'espletamento delle pratiche per il conseguimento di prestazioni assistenziali e previdenziali e l'erogazione di servizi e misure di politica attiva del lavoro.

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