È da escludere la configurabilità di un fenomeno successorio tra custode giudiziale del bene pignorato e proprietario

08 Novembre 2018

Alla Suprema Corte viene domandato di pronunciarsi sul tema dei rapporti intercorrenti tra la posizione del custode giudiziale del bene pignorato e il proprietario del bene stesso.
Massima

Il custode giudiziale agisce in giudizio, quale amministratore del bene pignorato, al solo fine di assicurarne la conservazione e la piena fruibilità, allo scopo della espropriazione, nell'interesse dei creditori procedenti. Non v'è coincidenza d'interessi col proprietario debitore, con la conseguenza che è da escludere qualsivoglia fenomeno successorio (a titolo particolare e universale) tra tali soggetti.

Il caso

A seguito della inesecuzione di un contratto preliminare di compravendita immobiliare, il tribunale di Palermo condannava la società promissaria acquirente a restituire l'immobile al promittente venditore e a corrispondere allo stesso una somma a titolo di indennità di occupazione; correlativamente, condannava il promittente venditore alla restituzione della caparra. Le predette azioni erano state esercitate dal custode giudiziale dei beni pignorati in capo al promittente venditore, che, sopravvenuta la liberazione del bene immobile dal vincolo, abbandonava il giudizio. Il promittente venditore, chiamato in giudizio dalla convenuta promissaria acquirente, si costituiva successivamente e solo all'udienza di precisazione delle conclusioni presentava le proprie domande di condanna alla restituzione dell'immobile e al pagamento dell'indennità di occupazione.

La Corte d'appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza di primo grado, rideterminava l'indennità riconosciuta a favore del promittente venditore, diminuendone sensibilmente l'ammontare.

Entrambe le parti proponevano, rispettivamente, ricorso e controricorso per cassazione. Per quanto qui interessa, il promittente venditore deduceva violazione e falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 1170 c.c., e 100, 111 e 676 c.p.c.. In particolare, il ricorrente censurava la circostanza per cui la Corte territoriale non avesse considerato il medesimo quale subentrante nella posizione processuale del custode giudiziale, facendo decorrere il diritto all'indennità solo dal momento della proposizione della domanda dallo stesso avanzata (udienza di precisazione delle conclusioni) e non da quello, evidentemente precedente, della proposizione dell'atto introduttivo del giudizio: con correlativa sensibile decurtazione, come visto poc'anzi, del quantum riconosciuto.

La questione

Alla Suprema Corte viene dunque domandato di pronunciarsi sul tema dei rapporti intercorrenti tra la posizione del custode giudiziale del bene pignorato e il proprietario del bene stesso: se, in particolare, tra gli stessi ricorra o meno un fenomeno successorio, con correlativa possibilità per il proprietario di subentrare nella posizione già rivestita dal custode giudiziale e, nel caso di specie, far decorrere l'insorgenza del diritto all'indennità di occupazione del bene da un momento cronologicamente anteriore.

Le soluzioni giuridiche

La Corte risolve la questione valorizzando i differenti interessi giuridici perseguiti, rispettivamente, dal custode giudiziale del bene e dal proprietario del bene medesimo.

Si evidenzia, infatti, come il custode giudiziale agisca fondamentalmente nell'interesse dei creditori procedenti, quale amministratore del bene pignorato, allo scopo di assicurarne la conservazione e la fruibilità in vista dell'espropriazione: un tale interesse, evidentemente, non può considerarsi coincidente con quello tipico del proprietario debitore.

La differenza di interesse perseguito giustifica, nel ragionamento svolto dalla Cassazione, l'esclusione della configurabilità di un fenomeno successorio tra il custode giudiziale – che, in particolare, aveva agito in giudizio per domandare la condanna del promittente acquirente al pagamento dell'indennità di occupazione – e il proprietario del bene, promittente venditore, che tale domanda aveva proposto solo in sede di precisazione delle conclusioni, una volta costituitosi in giudizio. Pertanto, viene valutata correttamente l'operazione compiuta dalla Corte d'appello, che ha fatto decorrere soltanto dalla seconda di tali domande – ossia, quella proposta dal proprietario del bene –, il diritto di tale soggetto all'indennità per l'occupazione senza titolo, con correlativa, proporzionata quantificazione.

Appare opportuno precisare, peraltro, come la disciplina processuale applicabile al giudizio de quo fosse quella antecedente alla riforma del 1990: sicché, la domanda avanzata in sede di precisazione delle conclusioni, in uno al comportamento processuale tenuto dalla ricorrente – integrante accettazione tacita del contraddittorio sulla stessa – hanno escluso una declaratoria di inammissibilità della domanda medesima.

Osservazioni

Anzitutto, dal punto di vista degli interessi perseguiti dalle due figure sin qui evocate, si può senz'altro condividere il ragionamento svolto nel provvedimento in commento. La riforma del 2006, infatti, scardinando l'impostazione tradizionale che voleva il debitore costituito come custode del bene pignorato, ha evidentemente preso atto della circostanza per cui tale soggetto, in realtà, offra poche garanzie circa la conservazione del bene stesso, rendendo di norma necessaria la nomina, quale custode, di un soggetto professionale diverso dal debitore, che meglio possa perseguire, appunto, gli interessi del ceto creditorio.

Per quanto più specificamente concerne la posizione processuale da riconoscere al custode giudiziale, occorre muovere dal testo dell'art. 560, ultimo comma, c.p.c., che accorda a tale soggetto il potere di esercitare le azioni previste dalla legge occorrenti a conseguire la disponibilità dell'immobile pignorato. Secondo l'opinione maggioritaria, il custode giudiziario non sarebbe un sostituto del debitore né un mandatario dei creditori, bensì un ausiliario del giudice, la cui legittimazione processuale sarebbe legittimazione propria di tale soggetto. Tale figura appare assimilabile a quella del curatore fallimentare, nel senso che si tratta di soggetto titolare di un diritto sostanziale – nella specie, all'indennità di occupazione –, di identico contenuto e, quindi, concorrente con quello vantato dal debitore: essendo titolare di un diritto parallelo e concorrente con quello del debitore – e dunque, in definitiva, diverso –, è evidente come nessun fenomeno successorio possa ricorrere tra il custode giudiziale e il proprietario del bene medesimo.

Guida all'approfondimento
  • Battagliese, La natura giuridica della custodia e la figura del custode giudiziario, in REF, 2013;
  • Costa, Custodia dei beni pignorati o sequestrati, in EdD, XI, Milano, 1962;
  • A. Ghedini, N. Mazzagardi, Il custode e il delegato alla vendita nel processo esecutivo immobiliare, Padova, 2017.

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