Associazione tra professionisti e applicabilità della disciplina sulla responsabilità amministrativa degli enti

09 Novembre 2018

La vicenda che qui si commenta prende origine dall'adozione di un provvedimento di sequestro preventivo d'urgenza emesso nei confronti di un avvocato, indagato per il reato di riciclaggio, per...
Massima

Per giurisprudenza costante anche le associazioni professionali sono destinatarie della disciplina di cui al d.lgs. 231/2001, già applicata più volte, ad esempio, nel caso di associazioni di commercialisti.

Il caso

La vicenda che qui si commenta prende origine dall'adozione di un provvedimento di sequestro preventivo d'urgenza emesso nei confronti di un avvocato, indagato per il reato di riciclaggio, per avere, secondo l'ipotesi accusatoria, ostacolato l'identificazione della provenienza del denaro di una propria cliente, sottratto a tassazione fiscale.

A seguito del citato provvedimento, il pubblico ministero presentava una nuova richiesta di sequestro, ex d.lgs. 231/2001, nei confronti, questa volta, dell'associazione professionale, di cui il professionista indagato era socio maggioritario.

La questione

Il tema di interesse nella decisione in oggetto attiene alla possibilità di ricomprendere l'associazione tra professionisti tra gli enti cui è applicabile la disciplina contenuta nel decreto legislativo 231 del 2001.

Le soluzioni giuridiche

Nel provvedimento in argomento, il giudice per le indagini preliminari, richiamata la costante giurisprudenza secondo la quale anche le associazioni professionali sono destinatarie delle norme di cui al d.lgs. 231/2001, rilevava che, nel caso di specie, la predetta associazione di professionisti aveva emesso, nei confronti del soggetto indagato di omessa dichiarazione di cui all'art. 5 d.lgs. 74/2000, diverse fatture il cui importo, detratte le imposte, costituiva il vantaggio conseguito dall'associazione professionale, derivante dall'illecito contestato.

In particolare, il Gip osservava che tale importo rappresentava, da un lato, il vantaggio a cui fa esplicito richiamo l'art. 5 d.lgs. 231/2001 e, dall'altro, il profitto ex art. 19, d.lgs. 231/2001, ottenuto dall'ente per effetto della commissione, da parte dell'avvocato associato, del delitto di cui all'art. 648-bis C.p..

Per queste ragioni, il giudice, in accoglimento della richiesta avanzata dal pubblico ministero, disponeva il sequestro preventivo del denaro giacente sul conto corrente intestato allo studio legale associato.

Osservazioni

Come noto, il decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 è rubricato: Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell'art. 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300.

Il citato decreto, all'art. 1, indica il proprio ambito oggettivo di disciplina nella responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato, e stabilisce i confini soggettivi di applicazione della normativa in esso prevista, prevedendo che essa riguarda gli enti forniti di personalità giuridica e le società e associazioni anche prive di personalità giuridica, escludendo dalla sua sfera applicativa lo Stato, gli enti pubblici territoriali, gli altri enti pubblici non economici, nonché gli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale.

In altre parole, i soggetti collettivi potenzialmente colpiti dalle misure sanzionatorie previste dal decreto citato sono rappresentati, dunque, dalle persone giuridiche private, dalle società di persone e di capitali, (a contrario) dagli enti pubblici economici, dalle associazioni non riconosciute e dai comitati.

Si deve ritenere che, nella prima categoria di soggetti, rientrino le persone giuridiche private riconosciute, fondazioni comprese, cui fa menzione l'art. 12 c.c., e, dunque, tutte quelle istituzioni, non aventi come scopo lo svolgimento di un'attività economica, alle quali è concesso il riconoscimento della personalità giuridica.

Seguono alle prime, le società di persone, articolate, secondo lo schema codicistico, in società semplici, società in nome collettivo e società in accomandita semplice, di cui agli artt. 2251 e ss., 2291 e ss. e 2313 e ss. c.c.

Quanto alle società di capitali, sono comprese nella sfera di operatività del d.lgs. 231 del 2001, tutte quelle facenti parte di tale categoria, non essendovi alcuna distinzione nella lettera della norma, segnatamente le società per azioni, le società in accomandita semplice, le società a responsabilità limitata e le società cooperative.

Chiude, poi, l'elenco dei soggetti imputabili, la categoria delle associazioni non riconosciute, che consta di una moltitudine di soggetti privi di personalità giuridica, che non svolgono istituzionalmente un'attività impostata sul profitto.

Ebbene, benché il testo normativo sia chiaro nel delineare un sistema di elencazione tassativa dei soggetti collettivi destinatari delle norme, non estendibile per via interpretativa, trattandosi di un numerus clausus, la galassia dei soggetti di diritto che vi possono trovare inserimento rende la disposizione tutt'altro che agevole da applicare, determinando così un forte stato di incertezza.

Proprio al fine di scongiurare applicazioni eccessive della norma, è intervenuta a più riprese la giurisprudenza di legittimità, la quale ha posto delle solide basi per l'individuazione dell'ambito soggettivo di validità della normativa in parola.

Secondo quanto affermato dalla Corte Suprema di Cassazione, come emerge chiaramente dal dato letterale della norma, essa è riferita agli enti, termine che evoca l'intero spettro dei soggetti di diritto meta-individuali, indipendentemente dal conseguimento o meno della personalità giuridica e dallo scopo lucrativo o meno perseguito dagli stessi (Cass. pen., Sez. VI, n. 18941/2004, Soc. Ribera).

Sulla base di questi principi, è stato affermato che non è applicabile la disciplina della responsabilità amministrativa degli enti alle imprese individuali (Cass. pen., Sez. VI, n. 18941/2004), mentre, è certamente ascrivibile al novero dei destinatari del d.lgs. 231/2001 la società unipersonale, in quanto soggetto di diritto distinto dalla persona fisica che ne detiene le quote e autonomo centro di interessi e di rapporti giuridici (Cass. pen., Sez. VI, n. 49056/2017).

Per quanto riguarda, più nello specifico, la questione di nostro interesse, il Supremo Consesso ha tratto ispirazione dalla giurisprudenza di legittimità civile per affermare che lo studio professionale associato, anche se privo di personalità giuridica, rientra a pieno titolo nel novero di quei fenomeni di aggregazione di interessi (quali le società personali, le associazioni non riconosciute, i condomini edilizi, i consorzi con attività esterna e i gruppi europei di interesse economico di cui anche i liberi professionisti possono essere membri) cui la legge attribuisce la capacità di porsi come autonomi centri di imputazione di rapporti giuridici che sono perciò dotati di capacità di stare in giudizio come tali (Cass., Sez. 2, n. 44512 del 07/07/2015).

Nel caso sottoposto alla Corte, si trattava di una associazione di dottori commercialisti che, tramite il proprio difensore, aveva proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza che applicava la pena su richiesta delle parti, assumendo che lo studio professionale non aveva un proprio interesse, un proprio patrimonio ed una organizzazione stabile, per cui non poteva essere considerato un ente o un'associazione.

La Corte respingeva la censura difensiva, facendo esplicito richiamo all'art. 36 c.c., che si occupa di regolare l'ordinamento e l'amministrazione delle associazioni non riconosciute, stabilendo, al secondo comma, che le dette associazioni possono stare in giudizio nella persona di coloro ai quali, secondo gli accordi degli associati, è conferita la presidenza o la direzione.

Ebbene, l'orientamento interpretativo sopra richiamato può essere condiviso laddove ci si trovi di fronte ad un'organizzazione complessa, di grandi dimensioni e del tutto autonoma patrimonialmente rispetto ai singoli associati, diversamente, invece, quando l'associazione di professionisti abbia una struttura organizzativa di piccole dimensioni, composta da un numero esiguo di associati, risulta più difficile ritenere sussistente quella effettiva e concreta distinzione tra le persone fisiche e l'ente.

Tuttavia, a tali ragionevoli obiezioni, che parte dei commentatori già avevano sollevato con riferimento alla riconosciuta applicabilità del d.lgs. 231/2001 alla società unipersonale, già il Legislatore ha fornito una risposta negativa.

Diverse disposizioni contenute nel d.lgs. 231/2001 militano, infatti, a favore dell'assoggettabilità alla normativa citata delle società unipersonali e delle associazioni di professionisti.

Anzitutto, l'art. 27, del citato decreto, nella misura in cui stabilisce che dell'obbligazione per il pagamento della sanzione pecuniaria risponde il solo ente con il proprio patrimonio e ciò, logicamente, anche nelle ipotesi di enti privi di autonomia patrimoniale perfetta.

Inoltre, lo stesso legislatore, all'art. 6 del citato decreto, prevede che negli enti di piccole dimensioni il compito di vigilare sul funzionamento e sull'osservanza dei modelli di organizzazione dell'ente e di curare il loro aggiornamento può essere svolto direttamente dall'organo dirigente, con ciò evidenziando chiaramente che anche le realtà organizzative di piccole dimensioni sono assoggettabili alla disciplina de qua.

Tali norme sembrerebbero confermare che nella volontà del Legislatore c'è l'intenzione di ricomprendere anche gli enti giuridici di piccole dimensioni tra quelli cui è applicabile il d.lgs. 231/2001.

Si ritiene, tuttavia, che ricomprendere nel novero dei soggetti punibili ex d.lgs. 231/2001 anche le piccole associazioni tra professionisti sia in contrasto con la ratio di tale decreto che riconosce la responsabilità dell'ente laddove sia riscontrata una colpa organizzativa che presuppone, necessariamente, l'esistenza di una struttura sovraordinata rispetto alle singole persone fisiche.

Tale struttura nelle associazioni professionali di piccole dimensioni coincide sostanzialmente con le persone fisiche; per tale ragione, risulta difficile poter ravvisare una responsabilità ulteriore rispetto a quella dei singoli associati.

Appare, quindi, eccessivo e in contrasto con lo spirito del d.lgs. 231/2001, muovere un rimprovero ulteriore a un'entità che, nella sostanza, non si differenzia dalle persone fisiche che ne fanno parte.

Guida all'approfondimento

S. GENNAI – A. TRAVER, La responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato. Commento al d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, Milano, 2001, p. 13;

C. PECORELLA, Principi generali e criteri di attribuzione della responsabilità, in AA.VV., La responsabilità degli enti d.lgs., 8 giugno 2001, n. 231, Milano, 2002;

G. PAOLOZZI, Vademecum per gli enti sotto processo, Torino, 2006.

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