Incarico di vendita della quota del socio moroso ad un istituto di creditoInquadramentoL'istituto dell'esclusione del socio, nel nostro ordinamento, ha sempre avuto natura sanzionatoria ed è stato sostanzialmente appannaggio esclusivo delle società di persone. Nelle s.p.a esiste, tuttavia, una fattispecie tipica di esclusione (meglio di decadenza) fissata dall'articolo 2344c.c., che ricorre nei confronti del socio “moroso”, nel caso in cui si sia reso inadempiente rispetto all'obbligo di effettuare i versamenti relativi al suo conferimento. Dal punto di vista processuale, l'impugnazione della deliberazione lesiva per il socio è proposta con atto di citazione davanti al tribunale del luogo dove la società ha sede. Tuttavia, preliminarmente rispetto alla azione riconosciuta al socio escluso, è opportuno valutare quali siano le iniziative riconosciute agli amministratori al fine di arginare le problematiche scaturenti dalla morosità del socio stesso. In particolare, ci si riferisce all'atto di diffida del socio moroso, al verbale del consiglio di amministrazione avente ad oggetto provvedimenti nei confronti del socio moroso alla lettera di incarico della vendita delle azioni del socio moroso ad un istituto di credito. FormulaSpett.le Banca .... Via .... [CAP e città] Il sottoscritto ...., in qualità di Presidente del Consiglio di Amministrazione (oppure di Amministratore Unico) della Società .... s.p.a., con sede in ...., alla via ...., n. .... PREMESSO - che il socio .... non ha eseguito i seguenti pagamenti dovuti ....; - che gli amministratori della società .... s.p.a. non hanno ritenuto utile promuovere azione per l'esecuzione dei conferimenti; - che in data .... è stata pubblicata sulla “Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana” la diffida di cui all'art. 2344, comma 1 c.c.; - che sono decorsi quindici giorni dalla pubblicazione della anzidetta diffida ed il socio moroso non ha adempiuto a quanto richiesto; - che nessun socio della società .... s.p.a. si è dimostrato disponibile ad acquisire le azioni del socio in mora nei versamenti. Tutto ciò premesso INCARICA codesto istituto di credito a vendere, a rischio e per conto del socio .... in mora nei versamenti, le azioni di cui in premessa. Luogo ...., data .... Firma .... CommentoNel caso in cui il socio non provveda all'esecuzione dei pagamenti dovuti, gli amministratori, qualora decidano di non agire con l'azione giudiziaria per l'adempimento, bensì di ricorrere al procedimento di cui all'art. 2344, comma 1, c.c., devono diffidare il socio inadempiente ad eseguirli nel termine di quindici giorni, termine, questo, che non può essere ridotto per mezzo di una clausola statutaria, né in seguito ad una discrezionale valutazione posta in essere dall'organo amministrativo. A tal fine, risulta necessaria la pubblicazione della diffida sulla “Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana”. Durante il periodo di quindi giorni, il socio moroso può provvedere ad effettuare il pagamento di tutto o solo di parte delle somme dovute sulle azioni. In questo caso, in ossequio a quanto disposto dall'art. 1193 c.c., il debitore può decidere di liberare in modo integrale solamente alcune delle sue azioni, lasciando scoperte le altre. Da ciò consegue che, per le azioni per le quali non siano stati posti in essere i pagamenti dovuti, la società potrò esercitare sia l'azione di adempimento, sia ricorrere al procedimento speciale di cui all'art. 2344 c.c. Se i quindi giorni indicati nella diffida dovessero trascorrere senza che il debitore si sia attivato, gli amministratori potranno procedere o all'azione esecutiva o, alternativamente, potranno offrire le azioni agli altri soci in modo proporzionale alla loro partecipazione, per un corrispettivo non inferiore ai conferimenti ancora dovuti. Nel caso in cui gli amministratori dovessero optare per la prima soluzione, sarà necessario ricorrere all'ordinaria azione di condanna all'adempimento delle prestazioni dovute ed al risarcimento del danno, per poi porre in essere, dopo che la sentenza sarà passata in giudicato, un'esecuzione forzata nei confronti del socio, senza aggredire le sue azioni. Nel secondo caso, invece, gli amministratori offriranno le azioni del socio moroso agli altri azionisti in misura proporzionale alla partecipazione già posseduta nella società e per un prezzo non inferiore rispetto alla somma dei conferimenti ancora dovuti. L'obiettivo della disposizione in oggetto è, con molta probabilità, da individuare nel tentativo di favorire il carattere “chiuso” della società, così da rendere meno agevole l'ingresso di soggetti terzi. Per quanto attiene alla natura giuridica del suddetto diritto attribuito ai soci, si deve ritenere che questo sia assimilabile al diritto d'opzione, per il profilo in cui trova la sua fonte nella partecipazione sociale e manifesta un diritto di preferenza attribuito al socio rispetto ai terzi, la violazione del quale dovrebbe determinare l'insorgere di un diritto al risarcimento del danno verso gli amministratori in capo al socio. In ossequio a quanto disposto dalla Corte di Cassazione, con sentenza 29 aprile 1992, n. 5154: “la norma di cui all'ultimo comma dell'art. 2344 c.c., secondo cui i soci in mora nei versamenti delle quote dovute non possono esercitare il diritto di voto, si riferisce esclusivamente ai versamenti iniziali necessari per la costituzione del capitale sociale e non a qualsiasi diversa richiesta di pagamento o di restituzione, o di nuovo versamento in caso di indebita restituzione, al fine della ricostituzione del capitale sociale”. A riguardo, tuttavia, si ritiene che la preclusione del diritto di voto e, in generale, degli effetti della mora, decorra dall'invito posto in essere dagli amministratori nei confronti del socio moroso a versare i decimi residui, oppure, dalla dichiarazione scritta con la quale il socio abbia affermato di non voler versare alcunché. Ad ogni modo, che tale preclusione decorra da un evento, piuttosto che dall'altro, essa non presuppone via sia una formale delibera da parte dei soci. |