Richiesta di fallimento in proprio di società con unico azionista

Domenica Rescigno

Inquadramento

Il fallimento dell'unico azionista veniva disciplinato, prima della riforma del diritto societario intervenuta nel 2003, dall'art. 147, comma 5, l.fall., il quale ne ammetteva la fallibilità. Stante l'avvento della citata riforma, la questione relativa alla fallibilità o meno del socio unico azionista di una società a responsabilità limitata, deve reputarsi ancora aperta.

Formula

TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI….

Istanza di apertura della liquidazione giudiziale in proprio

ex art. 37, comma 2, d.gs. 12 gennaio 2019, n. 14 

nell’interesse di […] s.p.a. (c.f. e p. IVA […]), con sede legale in […], Via […] n. […], in persona del legale rappresentante pro tempore, Sig. […] (c.f. […]), nato a […] il […], rappresentata e difesa, in forza della procura allegata al presente atto (all. A), anche in via disgiunta tra loro, dagli avv.ti […] (c.f. […]) e […] (c.f. […]) del Foro di […] ed elettivamente domiciliato presso […], in […], Via […] n. […] (per notifiche e comunicazioni relative al presente procedimento si indicano gli indirizzi pec: […] e[…]) - ricorrente - * * * Ai sensi dell’art. 2, 1° comma, lett. c), D.M. 7 agosto 2023, n. 110, si indicano di seguito le parole chiave che individuano l’oggetto del giudizio: […] * * * Premesso che -    […] s.p.a. (di seguito, “[…]” o “Società”), costituita in data […], con atto a rogito del Notaio Dott. […], è una società con un unico azionista, il Sig. […], che ebbe a sottoscrivere l’intero capitale sociale (di seguito, “Socio”); -    dalla costituzione, la compagine sociale di […] non ha subìto alcuna variazione e tale risulta alla data odierna; -    il consiglio di amministrazione della Società è composto dal Presidente, Sig. […], e dai consiglieri, Sig.ri […] e […]; -    il collegio sindacale della Società è composto dal Presidente, Dott. […], e dagli altri sindaci, Dott.ri […] e […]; -    sussistono, in capo alla Società i presupposti di cui all’art. 121 CCII; -    la Società ha un ammontare di debiti pari ad € […]; -    la Società, negli ultimi tre esercizi, ha conseguito un attivo patrimoniale di ammontare pari, rispettivamente, a: € […] per l’anno […]; € […] per l’anno […]; € […] per l’anno […] (doc. n. […] - bilancio d’esercizio al […]; doc. n. […] - bilancio d’esercizio al […]; doc. n. […] - bilancio d’esercizio al […]); -    gli apporti di capitale del Socio non sono stati sufficienti per far fronte alle obbligazioni assunte dalla Società; -    la ricorrente, pertanto, si trova in stato di crisi finanziaria irreversibile e non è più in grado di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni; -    lo stato di insolvenza, in particolare, è desumibile da […]; Tutto ciò premesso, attesa l’indisponibilità del Socio a finanziare ulteriormente la Società, […] s.p.a., come sopra rappresentata, difesa e domiciliata                                                                                                                                                                              CHIEDE che questo Ill.mo Tribunale adito voglia dichiarare, ai sensi degli artt. 37 ss. CCII, l’apertura della liquidazione giudiziale di […] s.p.a. (c.f. e p. IVA […]), con sede legale in […], Via […] n. […]. Si producono i seguenti documenti: 1) bilancio d’esercizio al […]; 2) bilancio d’esercizio al […]; 3) bilancio d’esercizio al […]. [Luogo], [data] Avv. […]  

Commento

Ferma la distinzione del patrimonio della s.p.a. e quello dell'unico azionista, di cui si è detto supra, ci si è chiesti se l'apertura della procedura di liquidazione giudiziale che travolge la s.p.a. si estenda anche al socio unico. Il dubbio si è posto, nel vigore della precedente disciplina di cui al R.D. n. 267/1942 (L. Fall.), in quanto l'art. 147 L. Fall. (confermato nella sostanza dall'art. 256 CCII) disponeva che “la sentenza che dichiara il fallimento di una società appartenente ad uno dei tipi regolati nei capi III, IV e VI del titolo V del libro V del codice civile, produce anche il fallimento dei soci, pur se non persone fisiche, illimitatamente responsabili”:  La dottrina prevalente è ferma nell'escludere la fallibilità dell'unico socio di società che si sia costituita in una delle forme previste di società a responsabilità limitata, considerando che l'art. 256 CCII (già art. 147 L. Fall.) limita l'estensione automatica dell'apertura della liquidazione giudiziale ai soli soci illimitatamente responsabili delle s.n.c. delle s.a.s. e delle s.a.p.a.: rimarrebbero, pertanto, esclusi dalla disposizione i casi ormai residuali di soci illimitatamente responsabili di s.r.l. e di s.p.a. Tuttavia, tali conclusioni sono state criticate da altra dottrina, secondo la quale la disposizione citata risponderebbe ad una precisa scelta legislativa per cui l'apertura della liquidazione giudiziale dei soci illimitatamente responsabili, quale effetto di quella della società, consente una liquidazione unitaria che, per il suo valore aggiunto rispetto ad una liquidazione separata, giova ai creditori, ai debitori e a tutto l'indotto che ruota attorno all'impresa. L'apertura della liquidazione giudiziale personale dei soci, allora, sarebbe esattamente la conseguenza della responsabilità illimitata e rappresenterebbe, quindi, una semplice ripercussione di quella della società. Sulla base di tale impostazione, risulterebbe, quindi, ancora esperibile il ricorso per l'apertura della liquidazione giudiziale da parte dei creditori, del pubblico ministero e di chiunque vi abbia interesse. Con riferimento alla precedente disciplina, la giurisprudenza di legittimità, investita della questione, aveva escluso che il fallimento della s.p.a. potesse estendersi all'unico azionista, rilevando che l'applicabilità dell'art. 147 l. fall. fosse subordinata alla duplice condizione che il socio fosse illimitatamente responsabile e che l'ente fosse costituito nelle forme e con i caratteri della società con soci a responsabilità illimitata (Cass. 14 aprile 2010, n. 9864).  Secondo la Corte, infatti, la norma, nella parte in cui comminava l'estensione del fallimento della società ai soci illimitatamente responsabili, si riferiva a quelle società che, in base al tipo legale, fossero strutturalmente conformate in modo tale da comportare, nonostante l'autonomia patrimoniale, la responsabilità illimitata e solidale dei soci, o di una categoria di essi, per tutte le obbligazioni sociali, secondo una ratio che imputa l'insolvenza a titolo di responsabilità oggettiva sulla base dell'accettazione del rischio di impresa. Partendo da questa premessa, la Corte di Cassazione aveva negato che il fallimento potesse essere esteso ai soci occasionalmente responsabili delle obbligazioni contratte per accadimenti specifici e storicamente delimitabili, come è il caso del socio unico di società per azioni ex art. 2362 c.c., disposizione di natura eccezionale ed impositiva, in capo all'unico azionista, di una responsabilità lato sensu fideiussoria ex lege, ma solo in via temporanea (Cass. 4 febbraio 2009, n. 2711). Tali conclusioni possono essere riprodotte anche nel vigore dell'attuale disciplina di cui al CCII. In conclusione, appare corretto ritenere che, affinché l'apertura della liquidazione giudiziale della società si estenda al socio illimitatamente responsabile, è necessario che la società sia strutturata in modo tale da prevedere soci a responsabilità illimitata, escludendosi dunque le ipotesi in cui l'assunzione di responsabilità illimitata sia una mera eventualità di un tipo sociale, come appunto le s.r.l. e le s.p.a. unipersonali.  

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