Ricorso per la dichiarazione di fallimento di impresa/società agricola su istanza del creditoreInquadramentoAi sensi dell'art. 5 l.fall., “L'imprenditore che si trova in stato di insolvenza è dichiarato fallito. Lo stato d'insolvenza si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni”. Pertanto, affinché il Tribunale possa emettere sentenza dichiarativa di fallimento e, di conseguenza, instaurare la conseguente procedura concorsuale, è necessaria la verifica del c.d. “stato di insolvenza” dell'imprenditore ovvero il fatto che quest'ultimo non sia più in grado di adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni. L'art. 6 l.fall. individua i legittimati attivi ai fini della proposizione del ricorso per dichiarazione di fallimento: il debitore, uno o più creditori ovvero il pubblico ministero. Il ricorso introduttivo del procedimento prefallimentare è quindi finalizzato all'accertamento dei presupposti per la dichiarazione di fallimento ed il procedimento così instaurato ha carattere contenzioso, si svolge nel contraddittorio tra le parti ed è regolato dall'art. 15 l.fall. Come anticipato, l'atto introduttivo del procedimento prefallimentare è prerogativa di uno o più creditori e del debitore/imprenditore stesso (oltre che del pubblico ministero): - nel caso di ricorso per la dichiarazione del fallimento su richiesta del creditore, l'imprenditore insolvente partecipa al contraddittorio e può provare la sussistenza di una delle circostanze che lo esonerano dal fallimento, cioè, specificatamente, quella riguardante l'attivo patrimoniale, i ricavi lordi e i debiti anche non scaduti di cui all'art. 1, comma 2, l.fall. ovvero quella, ex art. 15, ultimo comma, l.fall. relativa ai soli debiti scaduti; inoltre, può rilevare la mancata prova del credito vantato nei suoi confronti da parte del/dei creditore/i istante/i. Infine, ed è questo il caso che interessa in questa sede, l'imprenditore che non esercita un'attività commerciale non è soggetto al fallimento. Pertanto, in linea generale, l'imprenditore agricolo può provare di essere tale ai sensi dell'art. 2135 c.c. e, pertanto, essere esentato dalla dichiarazione di fallimento. Tuttavia, come si rileverà, (cfr. “commento” infra), l'esenzione dell'imprenditore agricolo dal fallimento viene meno al concorrere di determinate circostanze che, di fatto, elidano il collegamento diretto tra l'attività d'impresa esercitata con la terra nella sua funzione di fattore produttivo; - nel caso di ricorso per la dichiarazione di fallimento da parte del debitore stesso, ai fini della verifica degli indici di fallibilità di cui all'art. 1 l.fall., è necessario che, unitamente al ricorso, il proponente depositi altresì in cancelleria le scritture contabili e fiscali obbligatorie (la cui tenuta non è tuttavia obbligatoria per l'imprenditore agricolo) relative ai tre esercizi antecedenti alla data di deposito dell'istanza di fallimento ovvero, se l'impresa ha avuto durata inferiore, tutta la documentazione sin dal sorgere dell'impresa. Infine, il debitore istante dovrà produrre: (i) esaustiva documentazione relativa al tipo e al valore delle attività; (ii) elenco nominativo di tutti i creditori ed indicazione del rispettivo ammontare; (iii) l'elenco nominativo di coloro che vantano diritti reali e personali su cose in suo possesso, indicando altresì il titolo da cui sorge il rispettivo diritto. In presenza di una documentazione completa, il Tribunale potrà verificare la sussistenza dei requisiti oggettivi e soggettivi di fallibilità, nonché l'impossibilità dell'impresa di far fronte alle proprie obbligazioni. Da ultimo, nel caso di imprenditore agricolo istante, egli dovrà evidentemente fornire prova di tutte le circostanze che lo rendano assoggettabile alla disciplina fallimentare e, quindi, l'effettivo esercizio di un'attività a carattere (non già esclusivamente agricolo, bensì,) commerciale. Benché il procedimento per dichiarazione di fallimento sia ispirato ad esigenze di speditezza e celerità, spesso si rende necessaria una cospicua fase istruttoria volta all'assunzione di prove ed eventualmente alla nomina di consulenti tecnici di parte (art. 16, comma 7, l.fall.) giacché deve garantirsi un accertamento pieno della condizione di insolvenza. Accertata la condizione di insolvenza ed accolta l'istanza di dichiarazione di fallimento, il Tribunale emette sentenza dichiarativa di fallimento, la cui efficacia si produce dal momento del deposito in cancelleria; il rigetto dell'istanza è invece pronunciato con decreto. Avverso la sentenza dichiarativa di fallimento, ai sensi dell'art. 18 l.fall., può essere avviato giudizio di reclamo dinnanzi alla Corte d'Appello ai fini di chiederne la revoca. Avverso la sentenza di accoglimento o di rigetto del reclamo è proponibile ricorso per Cassazione nel termine di trenta giorni dalla notifica. FormulaTRIBUNALE DI .... SEZIONE FALLIMENTARE RICORSO PER DICHIARAZIONE DI FALLIMENTO EX ART. 6 L. FALL. *** La Società .... (C.F. e P.I. n ....), con sede legale in ...., alla via ...., n. ...., iscritta nel Registro delle Imprese di ...., n. R.E.A .... ...., in persona del proprio rappresentante legale pro tempore, ...., rappresentata e difesa, giusta delega in calce al presente atto, dall'Avv. .... ...., (C.F ....), presso il cui Studio in ...., alla via ...., n. ....è elettivamente domiciliata con dichiarazione di voler ricevere le comunicazioni e/o notificazioni relative al presente procedimento al numero di fax .... e/o all'indirizzo di posta elettronica certificata .... ESPONE I. SUL CREDITO DELL'ISTANTE - [Descrivere il fatto originario del diritto di credito] - alla data odierna l'istante risulta creditrice nei confronti di .... (C.F. e P.I. n. .... ....), con sede legale in ...., alla via ...., n. ...., iscritta nel Registro delle Imprese di ...., n. R.E.A .... .... per la somma complessiva di Euro .... Si tratta di credito certo, liquido ed esigibile relativo a [descrivere la natura del credito], documentalmente provato da .... (doc. n ....). - nonostante il credito in questione sia certo, liquido ed esigibile, esso non è ancora stato soddisfatto. II. SUI PRESUPPOSTI DI FALLIBILITÀ DELL'IMPRESA DEBITRICE - L'impresa in questione è un'impresa agricola la cui attività presenta tuttavia caratteri spiccatamente commerciali. Nello specifico l'attività connessa ex art. 2135, comma 3, c.c. di commercializzazione e valorizzazione del prodotto .... [Descrivere le circostanze per le quali le attività di cui all'art. 2135 comma 3, c.c., hanno assunto rilievo decisamente prevalente e sproporzionato rispetto a quelle di coltivazione, allevamento e silvicoltura, con ciò comportando la fallibilità dell'impresa agricola]; - lo stato di insolvenza è evidenziato dalle seguenti circostanze: (i) l'ammontare rilevante del debito contratto, nella specie circa Euro ....; (ii) la mancanza di titolarità di diritti immobiliari e mobiliari a garanzia del debito; (iii) la insussistenza di risorse proprie e l'impossibilità di accedere a risorse di terzi che le consentano l'esatto e puntuale adempimento delle proprie obbligazioni; - [Descrivere eventuali procedure esecutive interessanti beni di proprietà dell'impresa convenuta]; - le suddette circostanze rappresentano in modo del tutto palese lo stato di insolvenza, ossia quella situazione di oggettiva impotenza economica funzionale e non transitoria per la quale l'imprenditore non è più in grado di far fronte regolarmente alle proprie obbligazioni; - è ancora attuale l'interesse dell'istante a recuperare il credito vantato nei confronti della debitrice che risulta essere superiore ad Euro 30.000,00; - ricorrono, infine, i presupposti richiesti dall'art. 1 l.fall. per la dichiarazione di fallimento giacché dai bilanci delle debitrice emerge che: (i) l'attivo patrimoniale in ciascuno degli ultimi tre anni risulta superiore ad Euro 300.000,00; (ii) i ricavi lordi in ciascuno degli ultimi tre anni risultano superiori ad Euro 200.000,00; (iii) i debiti anche non scaduti risultano superiori ad Euro 500.000,00. *** In ragione delle circostanze fin d'ora esposte, appare chiara, nel caso di specie, la sussistenza dell'incapacità della debitrice di far fronte alle proprie obbligazioni in maniera regolare. Tutti ciò premesso, la Società ...., in persona del proprio rappresentante legale pro tempore, come sopra rappresentata, difesa e domiciliata CHIEDE Che l'll.mo Tribunale adito, previa convocazione delle parti in udienza da designare, accerti lo stato di insolvenza e, per l'effetto, dichiari il fallimento della Società .... (C.F. e P.I ....), con sede legale in ...., alla via ...., n .... Si dichiara che il valore del presente procedimento è indeterminabile e che, trattandosi di procedura prefallimentare, il contributo unificato è dovuto nella misura di Euro .... Si depositano in copia i seguenti documenti: 1) .... 2) .... 3) .... Luogo e data .... Firma Avv. .... CommentoImprenditore agricolo e imprenditore commerciale. L'evoluzione dell'agricoltura Ai sensi dell'art. 2135 c.c. “È imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse”. Subito specifica però che “Per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine”. Infine, ai sensi del comma 3 dell'art. 2135 cit., “Si intendono comunque connesse le attività esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzo prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge”. Imprenditore agricolo (art. 2135 c.c.) e imprenditore commerciale (art. 2195 c.c.) sono le due categorie di imprenditori che il codice distingue in base all'oggetto dell'attività. Il rilievo normativo delle due nozioni è pero profondamente diverso. Infatti, l'imprenditore commerciale è destinatario di un'ampia ed articolata disciplina fondata sull'obbligo di iscrizione nel registro delle imprese (con funzione di pubblicità legale), sull'obbligo della tenuta delle scritture contabili, sull'assoggettamento al fallimento e alle altre procedure concorsuali. La nozione di imprenditore agricolo ha invece valore negativo. La sua funzione è, sostanzialmente, quella di restringere l'ambito di applicazione della disciplina dell'imprenditore commerciale. Chi è imprenditore agricolo è sottoposto alla disciplina prevista per l'imprenditore in generale; è invece esonerato dalla tenuta delle scritture contabili (art. 2214 c.c.). Inoltre non fallisce e non è soggetto alle altre procedure concorsuali dell'imprenditore commerciale (art. 2221 c.c. abrogato dal D.Lgs. 2019 n. 14 con decorrenza dal 15 luglio 2022), eccezion fatta per gli accordi di ristrutturazione dei debiti. A questo riguardo, si ricorda che a far data dal 15 luglio 2022 è entrato in vigore il Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza. Il legislatore rende più centrali le nuove misure idonee e gli assetti che consentono di rilevare tempestivamente la presenza di uno stato di crisi e intervenire ricorrendo al nuovo istituto della composizione negoziata, applicabile anche a tutti gli imprenditori. Il nuovo Codice della crisi d'impresa sancisce l'impossibilità da parte dei creditori nei cui confronti operano le misure protettive di rifiutare unilateralmente l'adempimento dei contratti pendenti o provocarne la risoluzione. In particolare, la novella legislativa predispone gli assetti che consentano di rilevare tempestivamente, in modo automatico, la presenza di uno stato di crisi e intervenire (anche) ricorrendo al nuovo istituto della composizione negoziata della crisi introdotta con il D.L. n. 118/2021, convertito nella legge n. 147/2021, strumento attivabile su richiesta dell'imprenditore, sia commerciale che agricolo, senza limitazioni di tipo dimensionale in relazione alla sua utilizzabilità. Conseguentemente, l'imprenditore – anche agricolo - che si trova in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico finanziario, rivolgendosi alla CCIAA di riferimento del proprio territorio (capoluoghi di regione o province autonome), può richiedere la nomina di un esperto indipendente quando risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell'impresa. Il soggetto incaricato, in possesso dei requisiti previsti dall'art. 2399 c.c., e in assenza di legami di natura personale e professionale con l'impresa e con altre parti interessate all'operazione di risanamento, dovrà agevolare le trattative dell'imprenditore, avendo come obiettivo il superamento dello squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che rende probabile la crisi o l'insolvenza. Tornando alla struttura dell'atttività agricola, essa può essere distinta in due grandi categorie: (i) attività agricole essenziali; (ii) attività agricole per connessione. La coltivazione del fondo, la silvicoltura e l'allevamento del bestiame sono attività tradizionalmente e tipicamente di stampo agricolo. Tuttavia, con il passare del tempo, l'impresa agricola fondata sullo sfruttamento della produttività della terra, ha ceduto il passo alla c.d. “agricoltura industrializzata” che, attraverso l'utilizzo di specifici macchinari nonché particolari prodotti chimici, accresce esponenzialmente la produttività. Inoltre, il progresso tecnologico consente oggi di ottenere prodotti definibili come agricoli la cui produzione prescinde tuttavia del tutto dallo sfruttamento della terra e dei suoi prodotti (es. allevamenti in batteria ovvero coltivazioni artificiali). Oggi, anche l'attività agricola può dar luogo a cospicui movimenti di capitali e, pertanto, richiedere esigenze di tutela non dissimili da quelle previste dalla disciplina delle imprese commerciali (fallimento). La seconda categoria di attività agricole è costituita dalle attività per connessione. In base al terzo comma dell'art. 2135 c.c., “Si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, (i) dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione di prodotti ottenuti prevalentemente da un'attività agricola essenziale, nonché (ii) le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata, ivi comprese quelle di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione di ospitalità come definite dalla legge”. Sia le une, sia le altre, sono attività oggettivamente commerciali. Tuttavia, se sono esercitate in connessione con una delle tre attività agricole essenziali, anch'esse sono, per legge, attività agricole. Ai fini di precisare di volta in volta quando un'attività intrinsecamente commerciale possa invece qualificarsi come agricola per connessione, le condizioni necessarie sono due: 1. la connessione soggettiva: è necessario che il soggetto che la esercita, sia già qualificabile come imprenditore agricolo; 2. la connessione oggettiva, ovverosia il c.d. “criterio della prevalenza”, per il quale è necessario e sufficiente che le attività connesse non prevalgano, per rilievo economico, su quell'attività agricola essenziale connessa. La fallibilità dell'imprenditore agricolo L'ampia nozione di imprenditore agricolo dettata dall'art. 2135 c.c. e la sua possibile interazione con le varie procedure concorsuali previste dall'ordinamento, ha tuttavia aperto una serie di rilevanti questioni in merito ai confini che escludono la fallibilità dell'imprenditore agricolo e la possibilità di utilizzare il recente istituto della composizione della crisi da sovraindebitamento previsto dalla legge n. 3/2012 citata. Infatti parte della dottrina ritiene che rappresenti un ingiustificato privilegio non estendere il fallimento a fattispecie che rischiano di fatto di non avere nulla di agricolo se non solo il prodotto commercializzato. A tal proposito la S.C. ha richiesto a più riprese un accertamento rigoroso in ordine alla sussistenza dei requisiti previsti dall'art. 2135 c.c. con particolare riferimenti al collegamento funzionale dell'impresa con il fondo, attribuendo la qualifica di impresa commerciale e, pertanto, assoggettabile al fallimento, tutte le volte in cui tale collegamento non aveva alcuna incidenza sul ciclo produttivo ed il fondo era stato di fatto degradato a mero bene fungibile (cfr. Cass. n. 17251/2002; Minutoli, “Il “nuovo” imprenditore agricolo tra non fallibilità e privilegio del coltivatore diretto, in Il Fallimento, 2003, 1157). D'altro canto, le imprese agricole possono avere volumi d'affari del tutto simili a quelli delle imprese commerciali ed un massiccio ricorso al credito, per cui si è sostenuto che l'unitarietà del concetto economico di impresa non può consentire ingiustificati trattamenti differenziati in base al concetto di agrarietà. In sostanza, i problemi più complessi sono connessi alla riflessione per la quale sarebbe ormai venuta meno la ragione di distinguere la posizione dell'imprenditore agricolo rispetto a quello commerciale, in quanto ormai vi sarebbe la possibilità di svolgere un'attività agricola anche senza l'utilizzazione del fondo, dato che questo può “assurgere a mero strumento di conservazione delle piante”, e l'attività agricola può essere ormai “limitata ad una sola fase necessaria del ciclo animale e vegetale” (cfr. Corte cost. n. 104/2012. La Corte costituzionale ha evidenziato inoltre che tale irrazionalità sarebbe ancor più evidente se relazionata alle attività di cui all'art. 2135, comma 3, c.c. giacché l'adozione del criterio della prevalenza consentirebbe di considerare “agricola anche l'attività di chi commerci, trasformi o conservi unitamente a quelli da lui prodotti, anche frutti naturali provenienti da altri fondi non da lui coltivati”.). La questione è stata affrontata in una recente pronuncia della Suprema Corte, la quale ha riconosciuto, al concorrere di determinate condizioni, l'assoggettabilità al fallimento del medesimo. Nello specifico, la S.C. ha affermato che “L'esenzione dell'imprenditore agricolo dal fallimento viene meno ove non sussista, di fatto, il collegamento funzionale della sua attività con la terra, intesa come fattore produttivo, o quando le attività connesse di cui all'art. 2135, comma 3, c.c., assumano rilievo decisamente prevalente, sproporzionato rispetto a quelle di coltivazione, allevamento e silvicoltura, gravando su chi invochi l'esenzione, sotto il profilo della connessione tra la svolta attività di trasformazione e commercializzazione dei prodotti ortofrutticoli e quella tipica di coltivazione ex art. 2135, comma 1, c.c., il corrispondente onere probatorio”: cfr. Cass. I, n. 16614/2016, ove, nella specie, la S.C. ha confermato la decisione impugnata, che aveva negato la qualità di imprenditore agricolo alla ricorrente in mancanza di prova che le attività di conservazione e commercializzazione da lei esercitate riguardassero prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del proprio fondo. |