Atto di diffida nei confronti del socio moroso nella s.r.l.

Marco Nagar

Inquadramento

La posizione del socio moroso di s.r.l. è specificamente disciplinata dall'art. 2466 c.c., la cui disciplina è applicabile non solo ai casi in cui il socio conferente abbia versato presso una banca il venticinque per cento dei conferimenti in denaro e l'intero sovrapprezzo (ovvero l'intero ammontare se si tratta di società unipersonale) ma anche quando siano scadute o divengano inefficaci la polizza assicurativa o la fideiussione bancaria presentata dal socio a garanzia dei conferimenti, salvo che il socio non le sostituisca con il versamento del corrispondente importo in denaro.

Dunque, decorso inutilmente il termine di trenta giorni dalla diffida ad adempiere (obbligatoria) da parte degli amministratori, il socio moroso non può più partecipare ai procedimenti di adozione delle decisioni sociali. Rispetto all'analoga disciplina prevista per la s.p.a. (art. 2344 c.c.), rimane ferma, alternativamente alla proposizione di normale azione giudiziaria, la facoltà per la società di vendere in maniera coattiva le quote del socio moroso. Nella s.r.l. è previsto che il socio moroso non possa partecipare alle decisioni dei soci. Secondo una tesi, si deve ritenere che il socio moroso non solo non possa votare, ma neanche intervenire in assemblea. Altra dottrina ritiene che il legislatore abbia utilizzato l'espressione "partecipare alle decisioni", invece di "esercitare il diritto di voto" per includervi anche le decisioni assunte con metodo extra-assembleare. Di conseguenza il socio non potrebbe esercitare il diritto di voto, ma gli spetterebbe il diritto di intervento. Conferma tale impostazione, Cass. 585/2015, secondo cui “Il socio che ometta il pagamento della quota nel termine prescritto non può esercitare il diritto di voto, giusta l'art. 2477 cod. civ. (nel testo, applicabile "ratione temporis", anteriore alla modifica introdotta dal d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5), malgrado non sia stato destinatario di uno specifico atto di costituzione in mora o di una diffida ad eseguire quel pagamento entro trenta giorni, dovendogli quest'ultima essere indirizzata al solo scopo di dare inizio alla vendita in danno dell'intera quota sottoscritta”.

Si aggiunga che la quota del socio moroso, a norma dell'art. 2466 c.c., deve essere preventivamente offerta in opzione agli altri soci, proporzionalmente alla loro partecipazione e per il valore risultante dall'ultimo bilancio approvato. Per tale ragione, la diffida al socio moroso rappresenta il primo step per iniziare la procedura di vendita della quota dello stesso. Inoltre, se mancano offerte di acquisto da parte dei soci, è possibile procedere alla vendita all'incanto solo se l'atto costitutivo lo consente. Da ciò emerge chiaramente il carattere (maggiormente) personalistico della società a responsabilità limitata. Nei casi in cui non avvenga la vendita a causa della mancanza di compratori, gli amministratori escludono dalla compagine sociale il socio moroso, trattenendo le somme riscosse: in tal caso, il capitale sociale deve essere senza indugio ridotto, proprio perché la società a responsabilità limitata non può mai (a differenza della s.p.a.) possedere quote proprie.

Formula

[su carta intestata della s.r.l.]

ATTO DI DIFFIDA A SOCIO MOROSO

Egregio

Sig. ....

Via ....

[CAP e città]

OGGETTO: DIFFIDA AI SENSI DELL'ART. 2466 C.C.

Il sottoscritto Dott. ...., nato a ...., il ...., residente in ...., via ...., n. ...., (C.F. ....), in qualità di Presidente del Consiglio di amministrazione / Amministratore Unico della Società .... s.r.l., con sede legale in ...., alla via ...., n. ...., (C.F., P.I. e numero di iscrizione al Registro delle Imprese di ....)

PREMESSO

- che il Sig. ...., socio della Società .... risulta non avere ancora eseguito i seguenti pagamenti dovuti:

(i) ....;

(ii) ....;

(iii) .... / adempiuto agli obblighi assunti verso la società con atto in data ....

per un totale complessivo di Euro ...., poiché, per quanto a conoscenza della società, egli dispone di una quota sociale del seguente valore ....;

- che, prima di procedere in via esecutiva ai fini del recupero del credito, il sottoscritto Sig. ...., nella sua qualità di Presidente del Consiglio di amministrazione / Amministratore Unico della Società ...., ai sensi e per gli effetti dell'art. 2466 c.c., è obbligato a promuovere il presente atto di diffida

DIFFIDA

ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 2344 c.c., il Sig. ...., in qualità di socio della predetta società, ad effettuare il versamento dei .... decimi da lui ancora dovuti sulle quote da lui sottoscritte per un totale di Euro .... / ad adempiere agli obblighi assunti verso la società con atto in data .... nel termine di trenta giorni (o termine maggiore) dal ricevimento della presente, con l'avvertimento che in mancanze, si procederà alla vendita delle predette quote a suo rischio e pericolo agli altri soci in proporzione alla loro partecipazione, per il valore risultante dal bilancio approvato in data ...., salva ogni ulteriore azione prevista dalla legge.

Luogo ....e data ....

Firma ....

Commento

Diversamente dalla normativa previgente (art. 2477 c.c.), il tenore letterale dell'art. 2466 c.c. lascia chiaramente intendere che la diffida rappresenta oggi un passaggio obbligatorio, a prescindere dal mezzo di tutela che sarà poi esperito dagli amministratori, vendita in danno ovvero azione di adempimento. Peraltro, dato che nella vendita in danno vi è una fattispecie di “sostituzione legale” nella quale il potere di vendere è attribuito all'esito di un procedimento, si ritiene che la mancanza di diffida invalidi il procedimento, e, pertanto, l'eventuale compiuta vendita (cfr. Cass. n. 1874/1995, secondo cui «La diffida degli amministratori di società a responsabilità limitata al socio moroso, ad eseguire, nel termine di trenta giorni, il pagamento della quota di capitale sottoscritta, .... ha l'unico fine di dare inizio alla procedura di vendita il suo danno della quota da lui sottoscritta, vendita della quale costituisce il presupposto indispensabile». Si ritiene inoltre che il termine di trenta giorni possa essere ampliato ma non ridotto. Una volta scaduto tale termine, al socio moroso è inibito il diritto di concorrere all'assunzione delle decisioni assembleari. La giurisprudenza ha affermato che il socio moroso non può partecipare alle decisioni dei soci anche nel caso in cui non sia destinatario di uno specifico atto di costituzione in mora o della diffida ad eseguire il pagamento entro trenta giorni (cfr. Cass. n. 585/2015). Se gli amministratori decidono per la vendita della quota, quest'ultima deve essere offerta preventivamente a tutti gli altri soci in proporzione alle singole partecipazioni; ora, qualora uno o più soci non accettino e non vi sia nessuna previsione in merito da parte dell'atto costitutivo, l'inoptato, anche se è permessa la vendita al pubblico incanto, si ritiene debba essere in primo luogo offerto ai soci che abbiano accettato l'offerta. Inoltre, l'atto costitutivo può prevedere che l'offerta sia rivolta nei confronti di terzi in luogo dei soci, ovvero a questi ultimi ma in maniera non proporzionale rispetto all'entità delle rispettive partecipazioni al capitale.

Il riferimento all'“ultimo bilancio” approvato, quale criterio di determinazione del valore fisso a cui la quota va (prima offerta ai soci e poi) venduta all'incanto, e non a quello dell'ultimo esercizio, concede la possibilità di redigere un apposito bilancio infrannuale.

Non essendoci una regolamentazione specifica, si ritiene inoltre che l'(eventuale) esclusione del socio moroso produca gli effetti ordinari degli atti recettizi e che contro di essa il socio possa agire in giudizio attraverso l'ordinaria azione di accertamento di carenza dei presupposti di legge ai fini dell'assunzione della delibera di esclusione e, pertanto, chiederne l'annullamento. Ad essa accompagnandosi altresì, in via preliminare, la richiesta di sospensione di efficacia della medesima, salva la possibilità di agire immediatamente in sede cautelare ai fini di ottenere un provvedimento inibitorio della predetta efficacia ex art. 700 c.p.c.

Così come recentemente disposto dalla giurisprudenza di legittimità, in tema di società, nel caso di mora del socio nell'esecuzione dei versamenti, dovuti alla società a titolo di conferimento per il debito da sottoscrizione dell'aumento del capitale sociale deliberato dall'assemblea nel corso della vita della società, il socio non può essere escluso, essendo egli titolare della partecipazione sociale sin dalla costituzione della società; pertanto, ferma la permanenza del socio in società per la quota già posseduta, l'assemblea deve deliberare la riduzione del capitale sociale solo per la misura corrispondente al debito di sottoscrizione derivante dall'aumento non onorato, fatto salvo solo il caso in cui lo statuto preveda l'indivisibilità della quota (Cass. I, 21/01/2020, n. 1185).

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario