Clausola di squeeze out

Marco Nagar

Inquadramento

La circolazione delle azioni e delle quote sociali è rispettivamente regolata dagli articoli 2355 e seguenti c.c. e dall'articolo 2469 c.c. Le norme citate, da un lato, sanciscono il principio generale della libera circolazione delle partecipazioni sociali, tipico delle società di capitali, dall'altro riconoscono alla stessa autonomia statutaria di derogarvi, prevedendo la facoltà per i soci di stabilire diversamente attraverso una contraria disposizione contenuta nell'atto costitutivo od in una successiva modificazione dello stesso.

Dal tenore dell'articolo richiamato, dottrina e giurisprudenza dominanti evincono l'ammissibilità, per tale tipo societario, di clausole statutarie che vietino del tutto il trasferimento della partecipazione sociale, tanto inter vivos che in ambito mortis causa.

Dalla lettura delle norme, è chiaro l'intento del legislatore, ma le clausole che impongono limiti disciplina appare pertanto chiara, ci sembra invece che vada esaminato con molta attenzione il costante indirizzo dottrinale e giurisprudenziale, il quale ammette - senza limitazione alcuna - la clausola di intrasferibilità mortis causa della quota di s.r.l. Tale opinione va infatti vagliata tenendo in debito conto le operazioni societarie conseguenti al decesso del socio e strumentali alla liquidazione della quota in favore dei suoi eredi, valutando ulteriormente la conformità di queste ultime ai principi generali ed inderogabili delle società di capitali, primo fra tutti quello della «tipicità» delle ipotesi di riduzione del capitale sociale. Qualora dette operazioni risultassero in contrasto con i suddetti principi - come qui si ritiene -, dovremo dunque comprendere quale sia il reale ambito di applicazione del disposto dell'art. 2469 c.c., individuando la tipologia di clausole limitative della circolazione mortis causa della quota che potranno essere legittimamente inserite nello Statuto sociale.

Formula

CLAUSOLA DI SQUEEZE OUT

Il socio che abbia acquistato una percentuale di quote sociali, pari ad un quota superiore al 95% del capitale sociale, ha il diritto di acquistare dagli altri soci le rimanenti quote di partecipazione alla società.

Commento

Si tratta della clausola con la quale si riconosce ad un socio, che abbia acquistato una preponderante quantità delle quote sociali il diritto di acquistare dagli altri soci le rimanenti quote, ponendo in essere un'azione quasi espropriativa.  Si tratta di un vero e proprio diritto di riscatto a favore del socio acquirente della maggioranza delle azioni; tale socio, preponderante in termini di quote detenute(che si trovi nella situazione di fatto costituente il presupposto del diritto) avrebbe il potere di costringere gli altri soci a cedergli le quote in loro possesso e, nel caso di rifiuto, quello di promuovere il procedimento per il rilascio coattivo (se s.p.a.) ovvero il potere di chiedere l'accertamento giudiziale del trasferimento a suo favore (se s.r.l.).

Il meccanismo appare consistere in un procedimento espropriativo, in esito al quale il socio riluttante al trasferimento della propria quota verrebbe privato della titolarità di essa, ricevendone in corrispettivo il prezzo, che in ogni caso non potrebbe essere inferiore al valore come previsto per il recesso.

La clausola sarebbe predisposta per il soddisfacimento dell'interesse esclusivo di quel socio che in futuro si trovasse nella situazione indicata come condizione per l'esercizio del diritto; a questa soddisfazione si accompagnerebbe il vantaggio della società attesa una gestione di essa più serena.

Appare discutibile per la dottrina che da ultimo se ne è occupata specificamente la compatibilità di dette clausole nelle società chiuse con l'ordinamento in quanto, si osserva che l'art. 42 della Costituzione al terzo comma dispone che la proprietà privata può essere nei casi previsti dalla legge e salvo indennizzo espropriata per motivi di interesse generale (Salafia, Squeeze out statutario, in Soc., 2007, 1450 ss., il quale ritiene illegittima la clausola di squeeze out, cioè quella clausola che prevede un meccanismo espropriativo delle partecipa-zioni del socio di minoranza a favore di quello di maggioranza, in quanto il fondamento del potere espropriativo e la natura dell'interesse sotteso contrasterebbero con la disposizione di cui all'art. 42, comma 3, Cost.).

La clausola, di cui si tratta, non è norma di legge e l'interesse che intende soddisfare è evidentemente privato (diverse sono la categoria delle azioni riscattabili in quanto trovano nella legge il proprio fondamento).

Infine, l'art. 111 TUF, riconosce a chi abbia acquisito in esito ad una offerta pubblica più del 98% delle azioni di una società quotata, il diritto di acquistare le azioni residue entro quattro mesi dalla conclusione dell'offerta, a condizione che abbia dichiarato nel documento d'offerta l'intenzione di avvalersi del diritto. La norma ha chiaramente natura eccezionale, ed in quanto tale, non tollera interpretazioni estensive o analogiche.

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