Le azioni giudiziarie per l'annullamento della delibera assembleare e/o della decisione dei soci.InquadramentoAi sensi dell'art. 2378 c.c., l'impugnazione della deliberazione assembleare va esperita mediante atto di citazione da notificarsi alla società, legittimata passiva, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, instaurando così ordinario giudizio a cognizione piena volto ad accertare e a dichiarare l'annullamento della deliberazione assembleare (ovvero della decisione dei soci) per cui vi è causa. Competente a conoscere della causa è il tribunale del luogo in cui ha sede la società: il riferimento è alla sede legale e non la sede effettiva diversa da quella legale. Il procedimento, disciplinato dall'art. 2378 c.c., si svolge nelle forme previste dagli artt. 163 ss. c.p.c. Il comma 3 dell'art. 2378 prevede la possibilità di chiedere, in via cautelare, la sospensione dell'esecuzione della deliberazione assembleare. Tale rimedio costituisce una misura cautelare tipica, in quanto espressamente prevista proprio dal comma 3 dell'art. 2378 c.c. e, come tale, richiede la delibazione della concorrente sussistenza dei due requisiti del “fumus boni iuris” e del “periculum in mora”. Pertanto, la sospensione dell'esecuzione della delibera cui è stata chiesta declaratoria di invalidità può essere concessa solo se il giudice accerta, da un lato che effettivamente, sia pure a livello di “fumus”, la delibera impugnata risulta essere inficiata da vizi di legittimità che ne comportino l'annullabilità e, dall'altro, che l'opponente, per effetto della mancata sospensione finirebbe per subire un danno illecito superiore a quello che legittimamente subirebbe la società ove la sospensione venisse invece accordata (c.d. “periculum in mora”) (cfr. Trib. Nap. sez. spec. Impresa, 22 novembre 2016). Quest'ultimo deve accertarsi mediante la comparazione tra il pregiudizio che l'opponente potrebbe illegittimamente subire per l'effetto della esecuzione di una delibera invalida e quello che, legittimamente, potrebbe subire la società per effetto della sospensione dell'esecuzione (cfr. Trib. Bologna IV, 22 maggio 2017). Il ricorso in questione deve essere depositato in uno con l'atto introduttivo del giudizio, ai fini della decisione di esso da parte dello stesso giudice competente a decidere in merito alla proposta impugnazione, ovvero, nei casi di eccezionale urgenza, con decreto da adottarsi da parte del Presidente del Tribunale prima ancora della designazione del suddetto giudice. Inoltre, in relazione ai rapporti di tale strumento cautelare tipico con quello residuale ex art. 700 c.p.c., la proposizione di quest'ultimo “in via alternativa e comunque sussidiaria rispetto a quello, tipicamente deputato allo scopo, dell'art. 2378, comma 3, c.c., è possibile soltanto quando quest'ultimo, per qualsivoglia motivo, non sia praticabile”. (cfr. Trib. Bologna 11 gennaio 2018). FormulaTRIBUNALE DI .... SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA ATTO DI CITAZIONE Nell'interesse del Sig. ....(C.F. .... ....) / della Società .... .... (C.F. e P. I. .... ....), residente in ..../ con sede legale in ...., in persona del proprio legale rappresentante pro tempore Sig. .... ...., rappresentato/a e difeso/a, giusta delega in calce / a margine del presente atto .... ...., dall'avvocato .... .... (C.F. ....), presso il cui Studio in .... .... è elettivamente domiciliato/a, con dichiarazione di voler ricevere le comunicazioni relative al presente procedimento al numero di fax ....e all'indirizzo di posta elettronica certificata .... - attore/attrice CONTRO la Società .... .... (C.F. e P.I. ....), con sede legale in ...., in persona del proprio legale rappresentante pro tempore, Sig. .... - convenuta FATTO 1. - in data ....l'assemblea ordinaria della Società ....ha adottato la deliberazione n. ...., riguardante [Indicare le specificità della deliberazione in questione]; 2. - la suddetta deliberazione non è stata presa in conformità alla legge giacché ....(oppure) allo statuto che agli artt. .... .... prescrive .... .... [Indicazione dei fatti che hanno dato luogo all'invalidità della deliberazione assembleare]; DIRITTO 3. - la natura dei vizi della delibera [Indicare le disposizioni di legge (es. violazione dell'art. 2373 c.c.) o dello statuto violate ovvero l'inosservanza dei principi generali di buona fede e di parità di trattamento dei soci avvenuta in una qualsiasi fase del procedimento (es. abuso nell'esercizio del diritto di voto da parte dei soci di maggioranza ove la deliberazione sia stata da loro adottata al solo scopo di danneggiare i soci di minoranza)]; 4. - il rispetto del limite temporale per l'impugnazione della delibera [Chiarimento riguardo al rispetto del termine di 90 giorni dalla data della deliberazione ovvero dall'iscrizione nel Registro delle Imprese ovvero dal deposito presso il Registro delle Imprese]; 5. - la legittimazione attiva della persona fisica/persona giuridica impugnante [Indicazione degli elementi da cui desumere la legittimazione attiva dell'attore in giudizio: nello specifico, dimostrare il possesso del numero di azioni previsto dal comma 3 dell'art. 2377 c.c. (cfr. art. 2378, comma 2 c.c.)]. Per tutto quanto premesso, il Sig./ la Società .... .... / ...., come sopra rappresentato/a e difeso/a, CITA la Società .... .... (C. F. e P.I. ....), in persona del proprio legale rappresentante pro tempore, con sede legale in .... ...., alla via/piazza ...., n .... .... a comparire dinanzi al Tribunale di ...., Sezione Specializzata in materia di Impresa, all'udienza del ...., ore di rito, con invito a costituirsi in Cancelleria nel termine di venti giorni prima dell'udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall'art. 166 c.p.c. ed a comparire, alla detta udienza, dinanzi al Giudice che sarà designato, con l'avvertimento che la costituzione oltre il suddetto termine implica le decadenze di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c., e che, in caso di mancata costituzione, si procederà in sua legittima contumacia, per ivi sentir accogliere le seguenti CONCLUSIONI voglia l'Ill.mo Tribunale adito, respinta ogni contraria eccezione e deduzione, previa ogni opportuna declaratoria, nel merito: - accertare che la delibera n. .... [Indicazione delle specificità della delibera impugnata] approvata dall'Assemblea ordinaria della Società ....in data ...., [Indicazione del/i vizio/i che comporta/no la non conformità alla legge o allo statuto della deliberazione assunta] è stata assunta in violazione degli artt. .... [indicazione delle disposizioni di legge o dello statuto violate]; - per l'effetto, disporne l'annullamento. Con il favore delle spese e competenze del presente giudizio. Il sottoscritto procuratore dichiara che il valore del presente procedimento è indeterminabile e, pertanto, il contributo unificato dovuto è pari ad Euro 1.036,00. Si depositano i seguenti documenti: 1) ....; 2) ....; 3) ....; 4) ....; 5) ....; Luogo e data .... Firma Avv. .... .... PROCURA ALLE LITI RELATA DI NOTIFICA (OVE NON SI NOTIFICHI A MEZZO PEC) Luogo e data .... Firma Avv . .... CommentoL'annullabilità delle deliberazioni assembleari e/o delle decisioni dei soci La disciplina generale dell'invalidità delle deliberazioni assembleari attesta il principio per il quale l'annullabilità costituisce la regola generale delle deliberazioni invalide. Infatti, sono semplicemente invalide tutte le deliberazioni “che non sono prese in conformità della legge e dello statuto” (art. 2377, comma 2, c.c.), mentre la sanzione della nullità scatterà solo nei tre casi più gravi ex art. 2379 c.c. (cfr. Cass. n. 15721/2005). Dal disposto del comma 5 dell'art. 2377 c.c. si traggono indicazioni in ordine ad alcune specifiche categorie di deliberazioni annullabili: - deliberazioni adottate grazie alla partecipazione in assemblea di persone non legittimate. Tali deliberazioni sono annullabili solo qualora la partecipazione dei soci non legittimati sia stata determinante ai fini della regolare costituzione dell'assemblea (cfr. artt. 2368 e 2369 c.c.). Ciò significa che la deliberazione in questione sarà annullabile (solo) nei casi in cui la presenza dei soggetti non legittimati sia stata necessaria ai fini del raggiungimento del quorum costitutivo (c.d. “prova di resistenza”) (cfr. Trib. Milano, sez. spec. Impresa, 28 novembre 2014 n. 35766); - deliberazioni adottate per l'invalidità di singoli voti o per il loro errato conteggio. Anche in tale caso risulta essere necessaria la c.d. “prova di resistenza” per la quale il voto invalido o l'errore di conteggio debbono essere stati determinati ai fini del raggiungimento della maggioranza richiesta ai fini dell'adozione della relativa deliberazione; - deliberazioni adottate nell'incompletezza o inesattezza del verbale. Tuttavia, se dal verbale, benché incompleto od inesatto in qualche sua parte, fosse possibile accertarne il contenuto, gli effetti e la validità della deliberazione, i suoi vizi risulterebbero giuridicamente irrilevanti. Al contrario, l'incompletezza o inesattezza del verbale che impedisce l'accertamento del contenuto, degli effetti e della validità della deliberazione, ne comporta l'annullabilità. Giova infine precisare che nel caso in cui il verbale manca completamente, la deliberazione assembleare si considera nulla (cfr. art. 2379 c.c.). Legittimati attivi Il comma 2 dell'art. 2377 c.c. contiene l'elencazione dei soggetti legittimati ad esperire l'azione di impugnazione della deliberazione. Essi sono: gli amministratori, il consiglio di sorveglianza, il collegio sindacale ed i soci. Legittimato all'impugnativa, sempre con riferimento a tutte le deliberazioni, è anche il rappresentante comune degli azionisti di risparmio. È pacifica la carenza di legittimazione attiva della società ad impugnare la delibera assembleare giacché l'art. 2377, comma 3 c.c. abilita – invece – direttamente gli organi che la impersonano, non residuando pertanto spazio per una “legittimazione dell'ente in sé che, a fronte della diretta imputazione della delibera, è individuato invece come soggetto controinteressato alla pronuncia di annullamento” (cfr. Trib. Milano, sez. spec. Impresa, 28 novembre 2014, n. 35766). Alla società spetta invece la legittimazione passiva all'impugnazione delle delibere assunte dalla propria assemblea. Nell'azione di impugnazione della delibera assembleare promossa da un socio, i restanti soci non sono titolari della legittimazione processuale passiva, la quale spetta esclusivamente alla società, “mentre i soci non impugnanti devono sottostare all'eventuale invalidazione della delibera” (cfr. Trib. Roma 20 ottobre 2016, n. 18690). La giurisprudenza ha inoltre chiarito che deve riconoscersi la legittimazione passiva del terzo, rispetto all'azione di annullamento della delibera nell'ipotesi in cui sia ravvisabile un interesse dell'attore a rendere opponibile la pronuncia oggetto di impugnativa al terzo stesso, il quale, nel caso contrario, risulterebbe estraneo alla controversia e, quindi, agli effetti della pronuncia (cfr. Cass. n. 4579/2009). La legittimazione dei soci La legittimazione dei soci risulta particolarmente articolata in quanto è fondata su un triplice ordine di presupposti: (i) i soci debbono essere assenti, dissenzienti ovvero astenuti; (ii) i soci (assenti, dissenzienti od astenuti) devono essere stati legittimati ad esercitare il diritto di voto in quella determinata deliberazione; (iii) i soci devono possedere tante azioni, aventi diritto di voto con riferimento alla deliberazione, che rappresentino una determinata quota di capitale sociale. Tale è stata stabilita nella misura dell'uno per mille nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio (e alle società emittenti azioni quotate in mercati regolamentati o diffuse fra il pubblico in maniera rilevante – art. 2325-bis) e del cinque per cento nelle società c.d. “chiuse”. Pertanto, l'art. 2377 c.c. opera una sorta di trasformazione del diritto ad impugnare le delibere assembleari da diritto individuale a diritto della minoranza. Tuttavia, la norma attenua notevolmente il rigore del succitato requisito, in quanto prevede, da un lato, che la percentuale di capitale ritenuta necessaria per fondare la legittimazione ad impugnare può essere raggiunta anche congiuntamente, sommando cioè il portafoglio azionario di tutti i soci impugnanti; dall'altro lato, che lo statuto può comunque ridurre od escludere del tutto tale requisito, nel quale ultimo caso l'autonomia privata arriva a concedere a qualunque socio astenuto, assente ovvero dissenziente e munito di diritto di voto la possibilità di impugnare la deliberazione adottata dall'assemblea. Il diritto al risarcimento del danno spettante ai soci Il comma 4 dell'art. 2377 c.c., per non lasciare privi di tutela i soci che non raggiungono la percentuale di capitale richiesta ai fini dell'esperimento dell'azione di annullamento della deliberazione viziate, concede a questi ultimi il diritto di ottenere il risarcimento del danno cagionato loro dalla non conformità della deliberazione alla legge e allo statuto (si pensi, ad esempio, ai soci privi del diritto di voto limitatamente alla deliberazione lesiva dei propri diritti). Termine di decadenza dall'impugnazione Ai fini dell'impugnazione della deliberazione, la norma in commento prevede il termine di decadenza di novanta giorni a decorrere dalla data di assunzione della stessa deliberazione. Il termine si intende rispettato con la tempestiva notifica dell'atto di citazione per l'annullamento della delibera. L'art. 2377, comma 6, prevede inoltre che se la deliberazione è soggetta ad iscrizione nel Registro delle Imprese, il termine di tre mesi per impugnarla inizia a decorrere dalla data di iscrizione; lo stesso se la deliberazione è soggetta (non già all'iscrizione, bensì) al (mero) deposito presso l'Ufficio del Registro delle Imprese, nel qual caso, i tre mesi iniziano a decorrere dalla data del deposito. Effetti dell'annullamento L'annullamento della deliberazione avviene tramite l'emissione di una sentenza di tipo costitutivo che ha effetto rispetto a tutti i soci ed obbliga gli amministratori, il consiglio di sorveglianza ed il consiglio di gestione ad adottare tutti i conseguenti provvedimenti sotto la propria responsabilità. Restano sempre salvi i diritti dei terzi acquisiti in buona fede in base ad atti posti in essere in esecuzione della delibera assembleare impugnata ed annullata. Dalla natura costitutiva della sentenza di annullamento discende la necessità che essa passi in giudicato al fine della produzione dei propri effetti: da ciò deriva l'inammissibilità della provvisoria esecutorietà delle sentenze aventi efficacia costitutiva dato che essa concerne le sentenze di condanna e/o i capi che pronunciano la condanna. Tuttavia, se da un lato – almeno fino al proprio passaggio in giudicato – la sentenza di annullamento della deliberazione assembleare non può essere dotata della provvisoria esecutorietà, dall'altro lato nulla vieta che essa sia comunque efficacie e produca tutti i suoi effetti, quali che essi siano (di accertamento e costitutivi), anche se essi non saranno coercibili per l'ordinamento. L'annullamento della delibera elimina, con efficacia ex tunc, gli effetti della delibera nei confronti di tutti i soci, con il conseguente venir meno dell'interesse ad agire di soci co-impugnanti nonché in termini di preclusione riguardo ad impugnative future. Come anticipato, la norma fa salvi i diritti dei terzi acquistati in buona fede in base ad atti compiuti in esecuzione della deliberazione, nel rispetto della regola generale stabilita in tema di annullamento dei contratti di cui all'art. 1445 c.c. La buona fede dei terzi deve intendersi in senso oggettivo, quale ignoranza dei vizi inficianti la deliberazione. Sostituzione della delibera annullabile I commi 8 e 9 dell'art. 2377 prevedono che l'annullamento non può avere luogo se la deliberazione impugnata è sostituita con altra adottata in conformità alla legge e allo statuto. Ai fini della sostituzione è necessario che la nuova deliberazione abbia lo stesso oggetto di quella sostituita e, dalla delibera sostitutiva, deve risultare (anche implicitamente) la volontà dell'assemblea di sostituire la precedente deliberazione invalida. La sostituzione impedisce l'annullamento della deliberazione impugnata, ma non si rivela decisiva rispetto alla domanda decisoria. Infatti anche se sia avvenuta una valida sostituzione della deliberazione invalida, il Giudice dovrà pronunciare lo stesso in merito al risarcimento dell'eventuale danno cagionato dalla domanda di deliberazione sostituita, anziché limitarsi a dichiarare l'estinzione del giudizio. Il comma 9 della disposizione in esame contempla espressamente la salvezza dei diritti acquistati dai terzi in buona fede sulla base della deliberazione sostituita. L'art. 2479- ter c.c.: l'invalidità delle decisioni dei soci Ai sensi del comma 1 dell'art. 2479-ter del c.c., in tema di s.r.l. “le decisioni dei soci che non sono prese in conformità alla legge o all'atto costitutivo possono essere impugnate dai soci che non via hanno consentito, da ciascun amministratore e dal collegio sindacale entro novanta giorni dalla loro trascrizione nel libro delle decisioni dei soci. Il Tribunale, qualora ne ravvisi l'opportunità e ne sia fatta richiesta dalla società o da chi ha proposto l'impugnativa, può assegnare un termine non superiore a centottanta giorni per l'adozione di una nuova decisione idonea ad eliminare le cause dell'invalidità”. Inoltre, ai sensi del comma 4 della medesima disposizione “Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 2377, primo, quinto, settimo, ottavo e nono comma 2378, 2379-bis, 2379-ter e 2434-bis”. Anche in tema di s.r.l. la categoria dell'annullabilità assurge al ruolo di regola generale in tema di invalidità delle deliberazioni assembleari in cui rientrano sia i vizi formali che quelli sostanziali, concernenti il contenuto delle deliberazioni impugnate. La nullità riguarda invece specifiche ipotesi considerate eccezionali e tassative in relazione alla propria applicazione ed interpretazione. Il primo caso di invalidità delle decisioni dei soci riguarda le decisioni che non sono conformi alla legge o all'atto costitutivo; esse possono essere impugnate dai soci che non vi hanno consentito, dagli amministratori e dal collegio sindacale. Le decisioni invalide sono sanabili per il mezzo di “una nuova decisione idonea ad eliminare la causa di invalidità”. Il Tribunale, può accordare con decisione discrezionale un termine non superiore a centottanta giorni con il quale la decisione può essere adottata. Ai fini della sanatoria di una delibera annullabile è sufficiente che l'organo di gestione ed i soci manifestino espressamente un intento univoco riguardo all'eliminazione del vizio di cui era “affetta” la precedente deliberazione e la volontà di sostituire la precedente delibera con un'altra esente da vizi (cfr. Trib. Bologna 18 agosto 2005). L'art. 2479-ter ult. co., c.c. richiama l'art. 2377, comma 5 ovverosia l'applicabilità di fattispecie che costituiscono ipotesi di non conformità alla legge, non rilevando tuttavia come vizio di invalidità alla presenza di determinati presupposti. Pertanto, anche nelle s.r.l., la decisione dei soci non può essere impugnata nei casi di: (i) mancanza di legittimazione alla partecipazione in assemblea, salvo che senza la partecipazione dei soggetti non legittimati l'assemblea non sarebbe stata regolarmente costituita; (ii) invalidità di singoli voti o del loro errato computo, salvo che senza tali voti, non risulti raggiunta la maggioranza necessaria all'adozione di quella determinata delibera; (iii) incompletezza ovvero inesattezza della decisione in tutti i casi ove non sia possibile ricostruirne il contenuto, gli effetti e la validità. A differenza di quanto previsto in tema di s.p.a. dall'art. 2377, comma 3, c.c., l'impugnazione della decisione prescinde dal possesso di una determinata categoria di percentuale di capitale sociale e, pertanto, in tema di s.r.l., non si applica nemmeno il rimedio risarcitorio previsto dall'art. 2377, comma 4, c.c. Il termine per l'esercizio dell'impugnativa è di novanta giorni decorrenti dalla data di trascrizione nel libro delle decisioni dei soci, di qualunque tipologia esse siano. Ai sensi dell'art. 2478 c.c., la trascrizione deve avvenire ad opera degli amministratori “senza indugio”: gli amministratori dovranno pertanto attivarsi prontamente a tal fine. Il comma 2 dell'art. 2479-ter c.c. introduce la specifica ipotesi di annullabilità concernente le decisioni dei soci adottate con la partecipazione determinante di soci che hanno, per conto proprio o di terzi, un interesse in conflitto con quello della società in tutti i casi in cui ciò possa comportare un danno alla società stessa (cfr. art. 2373 c.c.). Risulta necessario che il socio sia portatore di un interesse in conflitto con quello della società ma anche la dimostrazione, attraverso la c.d. “prova di resistenza”, che la sua partecipazione sia stata determinante nell'adozione della decisione e che da ciò possa derivare un danno anche solo potenziale per la società. Il comma 3 dell'art. 2478-ter concerne l'impugnabilità delle decisioni aventi oggetto impossibile od illecito (di quelle prese in assenza di informazione, di quelle che modificano l'oggetto sociale prevedendo attività impossibili o illecite). Tale norma riproduce la disposizione dell'art. 2379 in tema di nullità delle deliberazioni assembleari delle s.p.a.: le decisioni dei soci aventi oggetto impossibile o illecito sono impugnabili nel termine di tre anni decorrenti dalla data di trascrizione nel libro delle decisioni dei soci. Invece, quelle che modificano l'oggetto sociale prevedendo attività illecite o impossibile sono impugnabili senza alcun limite temporale. La legittimazione attiva spetta a chiunque vi abbia interesse, esattamente come avviene in tema di S.p.a. Tuttavia, l'art. 2479-ter introduce un'ulteriore ipotesi di nullità costituita dalla generica “assenza di informazione” che ricorre, ad esempio, allorché i soci non siano stati destinatari di alcuna informazione, con qualsiasi modalità e da chiunque provenisse, del luogo, della data e dell'ora dell'assemblea. Infine, l'ultimo comma dell'art. 2479-ter richiama, in quanto compatibili, gli artt. 2377, commi 1, 5, 7, 8 e 9, 2378, 2379bis, 2379ter e 2434-bis c.c. Cass. n. 2967/2021 “In tema di società cooperative, la deliberazione, nell'ambito di un piano di crisi aziendale, di una riduzione temporanea dei trattamenti economici integrativi del socio lavoratore e di forme di apporto anche economico da parte di questi, ex art. 6, comma 1, lett. d) ed e), della l. n. 142 del 2001, in deroga al principio generale del divieto di incidenza "in pejus" del trattamento economico minimo previsto dalla contrattazione collettiva, di cui all'art. 3 della predetta legge, è condizionata alla necessaria temporaneità dello stato di crisi e, quindi, all'essenziale apposizione di un termine finale ad esso, la cui carenza non determina una ipotesi di illiceità dell'oggetto o una violazione di norme volte ad impedire la deviazione dallo scopo economico pratico della società, che giustificano la sanzione più grave della nullità ex art. 2379 c.c., ma rientra nella regola generale dell'annullabilità delle delibere assembleari di cui all'art. 2377 c.c., con applicazione del relativo regime di impugnazione”. |