Clausola statutaria di s.p.a. disciplinante la revoca senza giusta causa e senza risarcimento dei danni

Gaetano Vladimiro Colonna

Inquadramento

Gli amministratori sono rieleggibili e possono essere revocati dall'assemblea in ogni tempo salvo il diritto al risarcimento del danno, se la revoca avviene senza giusta causa.

Formula

CLAUSOLA DISCIPLINANTE LA REVOCA SENZA GIUSTA CAUSA E SENZA RISARCIMENTO DEI DANNI

ART ….:

la revoca dell'amministratore può essere deliberata anche in assenza di giusta causa [1] ed in tal caso l'amministratore non ha diritto al risarcimento del danno posto che l'assunzione dell'incarico da parte degli amministratori comporta accettazione da parte degli stessi della presente clausola [2] .

1. La clausola che esclude il diritto al risarcimento dei danni per gli amministratori revocati senza giusta causa è opponibile soltanto agli amministratori nominati successivamente alla sua adozione (Comitato Triveneto dei Notai Massima H.C.10).

2. L'art. 2383, comma 3, c.c. essendo norma derogabile, consente di inserire nello statuto una clausola che escluda il diritto al risarcimento del danno per gli amministratori revocati senza giusta causa.

Commento

L'art. 2383, comma 3, c.c. stabilisce che, salvo diversa disposizione statutaria, gli amministratori sono rieleggibili e sono revocabili dall'assemblea in ogni tempo, anche se nominati nell'atto costitutivo e salvo il diritto al risarcimento dei danni per l'amministratore revocato senza giusta causa. Il potere di revoca spetta sempre all'assemblea ordinaria anche quando gli amministratori siano stati nominati in altro modo. Sarebbe nulla una clausola che attribuisse il potere di revoca ad altri soggetti. La questione è comunque dubbia posto che in dottrina si sono rilevate alcune eccezioni alla regola testé esposta, come tra l'altro, nell'ipotesi di revoca disposta dall'autorità giudiziaria ex art. 2409 c.c., nei casi più gravi di irregolarità.

La revoca può intervenire in ogni momento salvo il diritto al risarcimento del danno in assenza di giusta causa.

La dottrina si divide in ordine all'inserimento o meno nell'ordine del giorno della revoca: per parte di essa infatti, la possibilità di revocare in ogni tempo non esclude la necessità di indicare la revoca nell'ordine del giorno; per altra parte, al contrario, ammessa la possibilità della revoca implicita è consentita la revoca in assenza del suo inserimento nell'ordine del giorno.

Una ipotesi legale di revoca implicita si ha nel caso di delibera assembleare dell'azione sociale di responsabilità che comporta la cessazione immediata dell'amministratore contro cui l'azione è proposta. In dottrina si ritiene che anche la modifica del sistema di governance sia una giusta causa di cessazione anticipata del rapporto.

In assenza di giusta causa e con specifico riferimento al risarcimento del danno l'amministratore ha diritto al ristoro sia della perdita subita sia del mancato guadagno che siano conseguenza diretta ed immediata della revoca. Per la prassi notarile è legittimo prevedere statutariamente una indennità che ristori l'amministratore per l'anticipata cessazione del rapporto a causa del cambiamento del sistema di governance (cfr. Comitato Triveneto dei Notai Massima H.C.13).

Per la giurisprudenza la giusta causa di revoca può essere soggettiva se riferita alla persona dell'amministratore, oggettiva in presenza di fatti esterni alla persona dell'amministratore ma che tuttavia menomano il rapporto di fiducia tra costui e la società.

La norma di cui all'art. 2383, comma 3, c.c. ha carattere dispositivo per cui ne è consentita la deroga come proposto dalla clausola statutaria di cui alla formula. L'opponibilità della clausola in parola riguarda soltanto gli amministratori nominati successivamente al suo inserimento nello statuto (cfr Comitato Triveneto dei Notai Massima H.C.10).

La delibera che modifica lo statuto è altresì legittima se sottoposta a condizione, secondo quanto recentemente stabilito dalla Massima 199/2021 del Consiglio Notarile di Milano - Limiti, modalità e pubblicità delle deliberazioni sottoposte a condizione (art. 2436 c.c.). È legittima l'apposizione di condizioni sospensive o risolutive alle delibere assembleari e consiliari di s.p.a. e di s.r.l., anche aventi ad oggetto modifiche dello statuto, entro i medesimi limiti di legittimità previsti nella disciplina generale del contratto (artt. 1354 e seguenti c.c.). Gli effetti dell'avveramento della condizione, tuttavia, non retroagiscono al tempo in cui è stata assunta la deliberazione, bensì si producono al momento dell'avveramento della condizione. Qualora le delibere condizionate siano soggette a iscrizione nel registro delle imprese, il termine per il deposito decorre dal momento in cui esse sono state adottate, anche in caso di condizioni sospensive. Successivamente, al verificarsi della condizione, la società (e/o gli altri soggetti obbligati) sono tenuti a dare pubblicità agli effetti da ciò derivanti, nelle forme richieste dal contenuto della deliberazione condizionata.  Qualora le delibere condizionate abbiano ad oggetto una modificazione dello statuto, la verifica delle condizioni richieste dalla legge e della legittimità della modificazione condizionata, ai sensi dell'art. 2436, comma 1, c.c., è svolta dal notaio che ha verbalizzato la delibera condizionata, prima di effettuare la richiesta di iscrizione nel registro delle imprese. Avveratasi la condizione, gli amministratori devono depositare nel registro delle imprese il testo dello statuto nella sua redazione aggiornata in dipendenza della deliberazione condizionata, ai sensi dell'art. 2436, comma 6, c.c., senza che sia necessario un ulteriore intervento dell'assemblea straordinaria o dell'altro organo che ha assunto la deliberazione. Gli effetti della modifica condizionata, in ogni caso, si verificano al momento dell'avveramento della condizione, indipendentemente dall'esecuzione di tale successivo adempimento pubblicitario nel registro delle imprese.

È altresì possibile per la giurisprudenza che l'amministratore rinunci preventivamente al risarcimento del danno.

Su una ricostruzione giurisprudenziale del perimetro di applicazione della giusta causa di revoca, i giudici di legittimità hanno recentemente ribadito che la giusta causa di revoca consiste “nell'esistenza di circostanze sopravvenute, anche non integranti inadempimento, siano o no provocate dall'amministratore, le quali pregiudicano l'affidamento nel medesimo ai fini del migliore espletamento dei compiti della carica, e dunque nella compromissione del rapporto fiduciario”.

Merita un cenno anche una pronuncia del Tribunale di Milano (sent, 14 gennaio 2020) in merito alla clausola simul stabunt simul cadent: detta clausola “può prestarsi ad un uso strumentale ogni qual volta le dimissioni di quell'amministratore o di quegli amministratori capaci di provocare la decadenza di tutto l'organo di gestione siano dettate unicamente o prevalentemente dallo scopo di eliminare amministratori sgraditi, in assenza di giusta causa, e quindi eludendo l'obbligo di corresponsione degli emolumenti residui (ed in generale di risarcimento del danno) che spetterebbero loro se fossero cessati dalla carica non per effetto della clausola in discussione, ma per revoca ex art. 2383 comma 3 c.c. nelle S.p.A. ed ex art. 1723 comma 2 e 1725 c.c. nelle S.r.l. Deve considerarsi abusiva la condotta degli amministratori, i quali, al solo fine di eliminare amministratori sgraditi pur in assenza di giusta causa, attivano la clausola simul stabunt simul cadent. In tal modo, infatti, gli amministratori ‘revocati' vengono illegittimamente privati del loro diritto agli emolumenti residui e, in generale, al risarcimento del danno. Nel caso in cui voglia dimostrare l'utilizzo abusivo della clausola simul stabunt simul cadent, l'amministratore revocato dovrà fornire la prova tanto del collegamento oggettivo e soggettivo tra le dimissioni dei consiglieri decaduti dimissionari e la successiva immediata nomina di un nuovo consiglio composto dai precedenti componenti meno l'attore, quanto della finalità delle dimissioni finalizzate unicamente alla estromissione dal consiglio di amministrazione dell'attore stesso e, quindi, all'ottenimento in via indiretta del risultato di revocarlo senza corrispondergli alcunché.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario