Clausola statutaria di s.r.l. disciplinante la revoca dell'organo amministrativoInquadramentoLa cessazione degli amministratori dalla loro carica nelle s.r.l. non risulta disciplinata dal legislatore. È opportuno, pertanto, che sia l'atto costitutivo a regolare i vari aspetti della materia. Formula
ART. .... (AMMINISTRAZIONE) Gli amministratori possono essere revocati dall'assemblea in ogni tempo fatto salvo il diritto dell'amministratore revocato al risarcimento dei danni, qualora non ricorra una giusta causa [1] . Salvo espressa autorizzazione dell'assemblea, è causa di revoca l'assunzione da parte degli amministratori della qualità di soci illimitatamente responsabili in società concorrenti, l'esercizio di un'attività concorrente per conto proprio o di terzi, l'assunzione della carica di amministratore o di direttore generale in società concorrenti. Se nel corso dell'esercizio vengono a mancare uno o più amministratori, gli altri provvedono a sostituirli. Gli amministratori così nominati restano in carica fino alla successiva assemblea. Se viene meno la maggioranza degli amministratori nominati dall'assemblea quelli rimasti in carica devono convocare senza indugio l'assemblea perché provveda alla sostituzione dei mancanti. Gli amministratori così nominati scadono insieme a quelli in carica all'atto della nomina. La dottrina, tuttavia, considera legittima la previsione statutaria che esclude il diritto al risarcimento del danno nonostante l'assenza di giusta causa come pure la clausola disciplinante la revoca ad nutum. CommentoIn tema di s.r.l. il codice civile non disciplina la cessazione degli amministratori dalla loro carica. È così discusso innanzitutto se sia applicabile per analogia l'art. 2382 c.c. sulle cause di ineleggibilità e decadenza previste nella s.p.a.. A chi ritiene legittimo il ricorso all'analogia con conseguente applicazione della disciplina dettata in materia di s.p.a., si contrappone chi, invece, sostiene l'applicabilità delle norme previste per le società di persone. L'art. 2475 c.c. stabilisce che alla società a responsabilità limitata si applica l'art. 2383, comma 4, c.c. in tema di nomina degli amministratori. Con riferimento alla durata della loro carica, qualora l'atto costitutivo o l'atto di nomina nulla prevedano, è, invece, lecito supporre che gli amministratori siano stati nominati a tempo indeterminato. Nella specifica ipotesi di nomina a tempo determinato, la dottrina ritiene che la cessazione dall'ufficio abbia effetto dall'accettazione dei nuovi amministratori sulla base dell'applicazione dell'istituto della prorogatio. Relativamente alla cessazione dalla carica per revoca, la dottrina ritiene applicabile alla s.r.l. la disciplina prevista in tema di s.p.a. Resta, tuttavia, dubbia l'individuazione del soggetto legittimato alla revoca. Certo è che qualora la nomina sia rimessa ad una decisione dei soci, in conformità a quanto dispone l'art. 2475, comma 1, c.c., ad essi è riservata pure la decisione sulla revoca, decisione che potrebbe essere provocata dall'iniziativa degli altri amministratori o dai soci rappresentanti il terzo del capitale sociale. Nella diversa ipotesi di amministratori nominati dai soci muniti del relativo diritto particolare ai sensi dell'art. 2468, comma 3, c.c., la dottrina si divide tra quanti sostengono che la revoca possa avvenire ad opera dell'assemblea e ad nutum sulla base del disposto dell'art. 2383, comma 3, c.c., e quanti, invece, ritengono che la competenza spetti ai soli soci muniti del diritto particolare cioè agli stessi soggetti legittimati alla nomina, unitamente agli altri soci qualora ricorra una giusta causa. Il mancato richiamo dell'art. 2383 c.c. sul diritto al risarcimento del danno dell'amministratore revocato prima della scadenza del mandato senza che ricorra una giusta causa, si ritiene debba essere interpretato come segue: - gli amministratori sono sempre revocabili da parte dei soci con le modalità previste dallo statuto; - non è da riconoscersi il risarcimento del danno in caso di revoca senza giusta causa se gli amministratori sono stati nominati a tempo indeterminato; - è dovuto il risarcimento del danno in caso di revoca senza giusta causa degli amministratori nominato a tempo determinato (così Comitato Triveneto dei Notai, Massima I.C.29). In ordine alle altre cause estintive del rapporto, spetterà allo statuto individuarle unitamente agli effetti e alle modalità per provvedere alla sostituzione degli amministratori cessati. Molto interessante una pronuncia della Corte di Cassazione (sentenza n. 16526 del 05/08/2005) in merito alla definizione di giusta causa delle revoca dell'amministratore di società di capitali: “La giusta causa della revoca dell'amministratore di società, che ai sensi dell'art. 2383, terzo comma, cod. civ. esclude il diritto dell'amministratore al risarcimento del danno prodotto dall'anticipato scioglimento del rapporto, può derivare anche da fatti non integranti inadempimento, ma richiede pur sempre un "quid pluris" rispetto al mero dissenso (alla radice di ogni recesso "ad nutum"), ossia esige situazioni sopravvenute (provocate o meno dall'amministratore stesso) che minino il "pactum fiduciae", elidendo l'affidamento inizialmente riposto sulle attitudini e le capacità dell'organo di gestione, in modo tale da poter fondatamente ritenere che siano venuti meno, in capo allo stesso, quei requisiti di avvedutezza, capacità e diligenza di tipo professionale che dovrebbero sempre contraddistinguere l'amministratore di una società di capitali”. Quanto alla giusta causa della revoca, la Cassazione di recente, ha ribadito la regola per cui le ragioni della rimozione dell'organo gestorio debbono essere espressamente indicate nella delibera che assume la decisione. Cass. n. 21495/2020 in tal senso: “In tema di revoca dell'amministratore di società per azioni, le ragioni che integrano la giusta causa, ai sensi dell'art. 2383, comma 3, c.c., devono essere specificamente enunciate nella delibera assembleare che adotta tale decisione senza che sia possibile la successiva deduzione in sede giudiziaria di ragioni ulteriori”. In caso di cessazione dalla carica, in assenza di specifica clausola statutaria, la dottrina ritiene non applicabile l'analoga disciplina delle s.p.a. in tema di cooptazione posto che nell'ambito delle s.r.l., la nomina dell'organo amministrativo è in ogni caso riservata alla competenza dei soci. Il meccanismo suddetto può però, come anticipato, formare oggetto di apposita disciplina nello statuto. In tal caso il potere di cooptare può essere riservato al presidente del consiglio di amministrazione oppure ad un comitato. È riconosciuta all'autonomia statutaria la possibilità di prevedere altresì la clausola cd. simul stabunt simul cadent. Ne consegue che l'eventuale clausola di uno statuto di s.r.l. che preveda che a seguito della cessazione di uno o più amministratori cessino tutti gli amministratori, opererà anche nel caso di coamministrazione congiuntiva o disgiuntiva. Così come l'operatività della clausola non è limitata dal venire meno di un solo amministratore (Comitato Triveneto dei Notai, Massima I.C.23). Sempre in tema di clausola simul stabunt simul cadent occorre distinguere a seconda che essa faccia riferimento o meno all'art. 2386, comma 5, c.c. ai sensi del quale nel caso che venga meno l'amministratore unico o tutti gli amministratori, l'assemblea per la nomina dell'amministratore o dell'intero consiglio deve essere convocata d'urgenza dal collegio sindacale, il quale nel frattempo può compiere gli atti di amministrazione ordinaria. La Massima n. 49 del Consiglio Notarile di Milano ha precisato a tale riguardo: “Quando lo statuto stabilisce che il consiglio è composto da due amministratori – o da un numero di amministratori variabile da un minimo di due ad un massimo determinato ovvero, nella s.r.l., da due o più amministratori – si ritiene legittima la clausola che prevede la nomina anche di un solo consigliere delegato (o che disciplina, anche in via generale, la delega dei poteri) senza la contestuale previsione della decadenza dell'intero consiglio in caso di disaccordo sulla revoca del consigliere delegato. Il distinguo tra la previsione statutaria del richiamo al quinto comma dell'art. 2386 c.c. assume rilevanza in ordine all'efficacia della cessazione dall'ufficio degli amministratori. Nella ipotesi in cui manchi una previsione statutaria che renda applicabile il comma 5 dell'art. 2386 c.c. la rinuncia di uno o di alcuni amministratori, comporta che: - gli amministratori non rinuncianti rimangono in carica fino a quando l'organo amministrativo non si è ricostituito; - gli amministratori rinuncianti cessano immediatamente sino a quando rimanga in carica la maggioranza degli amministratori; le cessazioni per rinuncia successive, sono efficaci dal momento in cui l'organo amministrativo si è ricostituito. - gli amministratori rimasti in carica hanno l'obbligo di convocare l'assemblea per la nomina del nuovo organo amministrativo. Nella ipotesi, invece, in cui sussista una disposizione statutaria che renda applicabile il comma 5 dell'art. 2386 c.c. e sia presente il collegio sindacale, la cessazione di tutti gli amministratori è immediatamente efficace, cosicché il collegio sindacale dovrà convocare di urgenza l'assemblea per la nomina del nuovo organo amministrativo (Comitato Triveneto dei Notai, Massima I.C.28). La cessazione degli amministratori dall'ufficio, da qualunque causa essa dipenda, deve essere iscritta nel termine di trenta giorni, a cura del collegio sindacale, nel Registro delle Imprese. Una recente Cass. (sentenza n. 22351 del 15/07/2022) distingue tra revoca dell'amministratore sic et sempliciter e revoca dell'amministratore per messa in liquidazione della società: “In caso di cessazione dalla carica di amministratore per messa in liquidazione della società non sono dovuti i danni per revoca senza giusta causa, atteso che la nomina dei liquidatori non dà luogo ad una revoca (tacita o implicita) riconducibile al disposto dell'art. 2383, comma 3, c.c., venendo meno l'organo gestorio e la continuità dell'amministrazione”. |