Ricorso per riduzione del capitale sociale in caso di omessa riduzione da parte dell'assembleaInquadramentoAi sensi dell'art. 2446 c.c., la riduzione del capitale diventa obbligatoria qualora il capitale sia diminuito di oltre un terzo, in conseguenza di perdite. Nel caso in cui il minimo legale non sia stato intaccato (poiché altrimenti l'articolo di riferimento sarebbe il successivo 2447 c.c.) gli amministratori (o il consiglio di gestione) o nel caso di loro inerzia il collegio sindacale (o il consiglio di sorveglianza) hanno il dovere di convocare senza indugio l'assemblea straordinaria alla quale saranno tenuti a sottoporre una relazione sulla situazione patrimoniale della società, con le osservazioni del collegio sindacale. La situazione patrimoniale, la relazione e le osservazioni devono restare depositate presso la sede sociale della società durante gli otto giorni che precedono l'assemblea, cosicché i soci possano prenderne visione. L'assemblea convocata non è tenuta a decidere immediatamente sulla riduzione, potendo anche optare per un “rinvio a nuovo” delle perdite. Tuttavia, nel caso in cui entro l'esercizio successivo la perdita non risultasse diminuita a meno di un terzo, l'assemblea ordinaria (sottoposta comunque al controllo del notaio ex art. 2436 c.c., dal momento che ha pur sempre ad oggetto una modificazione statutaria) chiamata ad approvare il bilancio di tale esercizio, deve ridurre il capitale in proporzione delle perdite accertate. Qualora l'assemblea non provveda alla riduzione richiesta dalla legge, è previsto l'intervento del tribunale, chiamato a disporre la riduzione al posto dei soci. L'inerzia dell'assemblea può derivare sia dall'inattività degli amministratori che non l'hanno convocata, sia dal mancato intervento dei soci, sia dalla mancata approvazione della delibera assembleare della delibera di riduzione del capitale. Ai fini dell'emanazione del decreto di cui all'art. 2446, comma 2, c.c., l'autorità giudiziaria deve accertare sia la sussistenza di una situazione di perdita protrattasi per due esercizi consecutivi e superiore al terzo del capitale sociale, sia la mancata adozione di una delibera di riduzione del capitale sociale da parte dell'assemblea. FormulaTRIBUNALE DI .... SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA RICORSO EXARTT. 737 SS. C.P.C. E 2446, COMMA 2, C.C. Nell'interesse della società .... (C.F. e P.I. ....), con sede sociale in ...., via .... n. ...., in persona del proprio legale rappresentante pro tempore dott. ...., rappresentato e difeso, in forza di procura in calce al presente atto, dall'avv. .... (C.F. ....) del Foro di ...., ed elettivamente domiciliato presso lo Studio del difensore in ...., via ...., n. ...., il quale dichiara di voler ricevere ogni comunicazione inerente al presente procedimento al numero di telefax .... e all'indirizzo di posta elettronica certificata .... FATTO 1. - L'oggetto del presente ricorso La .... (indicazione del nominativo della società), con sede in .... alla via .... n. ...., svolge attività di ..... Nel corso degli ultimi due esercizi, così come si ricava dai due bilanci depositati rispettivamente in data .... e in data ...., il capitale sociale, in conseguenza di perdite, si è ridotto di oltre un terzo, pur senza oltrepassare la soglia del minimo legale. L'assemblea ordinaria, chiamata ad approvare il bilancio dell'ultimo esercizio, non ha manifestato il proprio consenso alla riduzione del capitale. Tale scelta è stata determinata dal fatto che i soci, a fronte dell'esame del bilancio, nonché della relazione sulla situazione patrimoniale e delle osservazioni del collegio sindacale (o del comitato per il controllo sulla gestione) hanno ritenuto infondati i dati indicati nei documenti analizzati e hanno manifestato la volontà di impugnare il bilancio. DIRITTO 2. - Sulla necessità di emissione del decreto da parte dell'Ill.mo Tribunale adito Conformemente a quanto disposto dall'art. 2446, comma 2, c.c., l'inerzia da parte dell'assemblea in merito alla approvazione della riduzione del capitale per perdite ha come conseguenza il fatto che vi provveda direttamente l'autorità giudiziaria, previo ricorso presentato da parte dell'organo amministrativo e, in caso di inattività di questi ultimi, da parte del collegio sindacale. 3. - Sulle conseguenze dannose derivanti dall'inerzia dell'assemblea (indicazione dei motivi per cui si rende necessaria la riduzione del capitale per perdite). La perdita di cui si discute è definibile come perdita rilevante, dal momento che, per due esercizi consecutivi, essa è sempre stata superiore ad un terzo: la riduzione, quindi, non è facoltativa, bensì obbligatoria. Essa si rende necessaria sia per tutelare l'affidamento dei terzi circa l'esistenza di un patrimonio netto pari almeno ad un terzo del capitale nominale, sia per tutelare l'interesse dei soci per quanto riguarda la distribuzione degli utili futuri, ai sensi dell'art. 2433, comma 3, c.c., sia, infine, per tutelare l'interesse della società ad evitare lo scioglimento. In ragione delle circostanze fin d'ora esposte, appare chiara, nel caso di specie, la sussistenza di una situazione di inerzia da parte dell'assemblea, tale da pregiudicare plurimi interessi. Tutti ciò premesso, la società ...., in persona del proprio rappresentante legale pro tempore dott. ...., come sopra rappresentata, difesa e domiciliata RICORRE all'll.mo Tribunale adito affinché, previa convocazione delle parti in udienza da designare, accerti la sussistenza di una situazione di perdita protrattasi per due esercizi consecutivi e superiore al terzo del capitale sociale, nonché la mancata adozione di una delibera di riduzione del capitale sociale da parte dell'assemblea e, per l'effetto, emetta decreto con il quale provveda, d'ufficio, alla riduzione del capitale. Si dichiara che il valore del presente procedimento è indeterminabile e che, trattandosi di procedura prefallimentare, il contributo unificato è dovuto nella misura di Euro .... Si depositano in copia, oltre alla procura, i seguenti documenti: 1) ....; 2) ....; 3) ....; Luogo e data .... Firma .... CommentoQuando l'assemblea della società (o il consiglio di sorveglianza) non provvede alla riduzione, nonostante per due esercizi sia provato che la perdita del capitale sociale non sia diminuita a meno di un terzo, i componenti dell'organo amministrativo e di controllo sono tenuti a ricorrere al tribunale: come affermato dal Tribunale di Milano con sent. 22 settembre 1993, “si tratta di un obbligo gravante su ciascun componente”. Rimane ancora discusso in dottrina e in giurisprudenza se la riduzione giudiziale del capitale possa attuarsi in caso di mancata approvazione anche del bilancio di esercizio dal quale risulta il protrarsi della perdita, oppure nel caso in cui il bilancio sia stato impugnato. Nel caso in cui il bilancio non venisse impugnato, si ritiene che il Tribunale non possa decidere in merito alla copertura di perdite derivanti da un bilancio non approvato dai soci. In una situazione del genere, gli amministratori, invece di presentare ricorso al tribunale affinché emetta decreto volto alla riduzione del capitale sociale, dovrebbero verificare se si sia manifestata una causa di scioglimento della società, per esempio, per impossibilità di funzionamento. Vi è, tuttavia, una recente dottrina (cfr. Ferrucci-Ferrentino, Società di capitali, società cooperative e mutue assicurazioni, Milano, 1256), la quale sostiene che il tribunale, dal momento che dispone del potere di desumere l'esistenza di perdite anche dal progetto di bilancio redatto dagli amministratori, ben potrebbe, anche in caso di mancata approvazione del bilancio da parte dei soci, procedere con la riduzione giudiziale delle perdite. Nel caso in cui invece, i soci dovessero decidere di impugnare il bilancio, si ritiene che il procedimento di riduzione giudiziale debba rimanere sospeso fino al momento in cui il giudizio di impugnazione non venga definito. Nel caso in cui, quindi, si dovesse palesare una situazione di perdita perdurante, l'art. 2446, comma 2, c.c., pone l'obbligo in capo agli amministratori e (se la società adotta il modello tradizionale) in capo al collegio sindacale di adire il tribunale. L'utilizzo della congiunzione “e” ha fatto molto discutere, anche se l'opinione prevalente ritiene che la legittimazione attiva spetti in via primaria agli amministratori e, nel caso in cui costoro siano inerti, al collegio sindacale. Nel caso in cui la società avesse optato per il modello dualistico, si ritiene che sia chiamato ad intervenire il consiglio di sorveglianza, ovvero il medesimo organo che si suppone essere rimasto inerte. Il procedimento, avente natura di volontaria giurisdizione, originariamente era soggetto ad un procedimento speciale in camera di consiglio (artt. 25 e ss. del d.lgs. n. 5/2003), mentre oggi, a seguito dell'abrogazione del suddetto rito, si rendono nuovamente applicabili gli artt. 737-742-bis c.p.c. Il giudice adito mediante ricorso decide con decreto, che viene adottato sentito il pubblico ministero ma senza l'instaurazione del contraddittorio con la società, dal momento che la natura del giudizio non è contenziosa. Il provvedimento in questione sostituisce la delibera e dispone la riduzione del capitale con concomitante modifica dello statuto. Sarà compito degli amministratori curare l'iscrizione a ruolo del decreto presso il registro delle imprese. Avvero il suddetto decreto è ammesso reclamo alla Corte d'Appello, non più nel rispetto del termine di trenta giorni dall'iscrizione nel registro delle imprese (così come previsto originariamente dall'art. 2446 c.c.ante riforma), bensì nel termine di dieci giorni dalla comunicazione del provvedimento ex art. 739 c.p.c. L'interesse a presentare reclamo avverso il decreto di riduzione potrà ravvisarsi in capo ai soci che abbiano omesso di deliberare la riduzione del capitale sociale, invece, in caso di decreto che rigetti il ricorso potranno avere interesse ad agire gli organi sociali che abbiano adito il tribunale. La deroga temporanea dettata dal Decreto Liquidità Alla luce dell'emergenza sanitaria nazionale, il d.l. 8.4.2020, n. 23, c.d. Decreto Liquidità, pubblicato in pari data in G.U. e convertito con modificazioni dalla L. 5.6.2020, n. 40, all'art. 6 ha disposto la temporanea disapplicazione degli artt. 2446, 2° e 3° co., 2447, 2482 bis, 4° 5° e 6° co., e 2482 ter per il periodo compreso dalla data di entrata in vigore del decreto e sino al 31 dicembre 2020. Per lo stesso periodo di tempo, inoltre, ha stabilito l'inoperatività delle cause di scioglimento di cui agli artt. 2484, 1° co., n. 4, e 2545-duodecies. Il legislatore, infatti, si è preoccupato di porre rimedio alla situazione di perdita patologica di capitale di molte imprese, anche di quelle che, prima dell'epidemia da Covid-19, presentavano condizioni economiche stabili. Chiaramente, la scelta di disapplicare il secondo e il terzo comma dell'art. 2446 c.c. si spiega con il fato che il legislatore ha voluto evirare di imporre agli amministratori di scegliere tra la messa in liquidazione della società e l'assunzione di responsabilità per gestione non conservativa ai sensi dell'art. 2486 c.c. |