“Guardiania mafiosa” dei cantieri edili. Il regolare svolgimento dell'attività lavorativa non esclude il reato

Redazione Scientifica
19 Novembre 2018

Sussiste il delitto di estorsione di cui all'art. 629 c.p. ogni qual volta l'assunzione presso un determinato cantiere di lavoro viene imposta al titolare dietro la rappresentazione di gravi danni ai beni o alla persona in caso di rifiuto...

«Sussiste il delitto di estorsione di cui all'art. 629 c.p. ogni qual volta l'assunzione presso un determinato cantiere di lavoro viene imposta al titolare dietro la rappresentazione di gravi danni ai beni o alla persona in caso di rifiuto sussistendo sia il danno ingiusto, costituito dalla forzata assunzione avvenuta in assenza di libera contrattazione e per effetto della forza intimidatrice della minaccia, nonché il profitto ingiusto costituito dalla acquisizione di una posizione lavorativa con conseguente diritto alla retribuzione».

Il principio è stato affermato da Cass. pen., Sez. II, n. 50168 depositata il 7 novembre 2018, che ha, per queste ragioni, respinto ilo ricorso proposto da L. avverso la sentenza di condanna della Corte d'appello di Bari a 7 anni e 6 mesi di reclusione, nonché 6.000 € di multa, per il reato di estorsione.

Tra i vari motivi il ricorrente lamentava la mancanza e illogicità della motivazione ex art. 606, lett. e) c.p.p. in relazione all'affermazione di responsabilità per il rato contestato dato che dalle risultanze istruttorie emergeva l'effettivo svolgimento dell'attività lavorativa da parte del ricorrente nel cantiere.

Di diverso avviso i giudici di legittimità secondo i quali la fattispecie contestata era perfettamente riconducibile alla “guardiania” mafiosa dei cantieri edili che viene imposta ai datori di lavori dietro la rappresentazione del controllo di quel determinato territorio e della concreta raffigurazione di gravi danni a strutture, materiali e a mezzi di cantiere qualora si dovesse rifiutare la richiesta di assunzione del “guardiano” imposto.

In tale contesto, risulta del tutto irrilevante che l'attività lavorativa svolta sia “regolare” o “in nero”, in quanto il delitto di estorsione è comunque configurato a fronte delle reiterate minacce rivolte e alla rappresentazione della concreta possibilità di subire gravi danneggiamenti ove non avesse assunto l'imputato: «il delitto appare consumato indipendentemente dallo svolgimento della prestazione lavorativa con assiduità, perizia o meno, poiché il momento consumativo va certamente individuato nell'assunzione ottenuta a seguito di minaccia».

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