Stessa domanda sia in sede civile che in sede penale: quale decisione prevale?

21 Novembre 2018

Se la domanda risarcitoria o restitutoria è proposta sia dinnanzi al giudice civile, sia mediante la costituzione di parte civile nel processo penale e non venga rilevata la violazione del divieto di contemporaneo esercizio della medesima domanda nelle due sedi, l'eventuale contrasto fra giudicati che si viene a determinare si risolve con la prevalenza della sentenza emanata per ultima.

LA FATTISPECIE. Un'insegnante querelava un collega sostenendo che quest'ultimo avesse utilizzato artifizi e raggiri per conservare la titolarità della cattedra di educazione tecnica in una scuola media, costringendola così al trasferimento. Chiedeva, inoltre, l'annullamento della graduatoria per l'assegnazione della cattedra e il risarcimento dei danni subiti a causa del trasferimento. Si instauravano due giudizi paralleli, uno davanti al giudice del lavoro per l'annullamento della graduatoria e il risarcimento del danno e l'altro – penale – per i reati di truffa e diffamazione.

Il Tribunale di Cassino – in funzione di giudice del lavoro - accoglieva la domanda di annullamento della graduatoria, ma rigettava quella di risarcimento del danno. Nel parallelo giudizio penale a carico dell'uomo per i reati di truffa e falso, la donna si costituiva parte civile. Il Tribunale penale di Cassino assolveva l'uomo dai reati a lui ascritti.
A seguito di una complessa vicenda giudiziaria, la Corte d'appello di Roma accoglieva la domanda risarcitoria della donna e condannava l'uomo al pagamento di una somma equitativamente determinata a titolo di danno morale e di una somma a titolo di lucro cessante.
L'uomo ricorre in Cassazione.

STESSA DOMANDA IN DUE SEDI: CHE SUCCEDE? Il ricorrente censura il capo della sentenza in cui non è stata riconosciuta l'autorità del giudicato alla sentenza civile pronunciata dal giudice del lavoro. In particolare, la Corte d'appello avrebbe errato ad applicare, nel caso di contrasto di giudicati civile e penale, il criterio secondo cui deve prevalere la sentenza emanata per ultima. Tale principio, secondo il ricorrente, regolerebbe solamente il contrasto di giudicati civili, ma non sarebbe applicabile al contrasto fra un giudicato formatosi in sede civile e uno in sede penale.
La Corte di Cassazione respinge questa tesi e afferma che se la domanda risarcitoria o restitutoria è proposta sia dinnanzi al giudice civile, sia mediante la costituzione di parte civile nel processo penale e non venga rilevata la violazione del divieto di contemporaneo esercizio della medesima domanda nelle due sedi, l'eventuale contrasto fra giudicati che si viene a determinare si risolve con la prevalenza della sentenza emanata per ultima. In un caso simile, infatti, non si applica la regola che riguarda l'ipotesi in cui nel giudizio civile viene fatto valere il giudicato formatosi in sede penale circa la sussistenza o l'insussistenza di fatti materiali da cui dipende il riconoscimento di un diritto.

DANNO MORALE: GIUSTO CALCOLARLO EQUITATIVAMENTE SE… L'uomo, poi, lamenta che i giudici abbiano calcolato il risarcimento del danno morale in via equitativa. Il risarcimento avrebbe dovuto essere limitato al solo periodo in cui effettivamente la donna era stata costretta a spostarsi fuori sede per lavorare e, cioè, fino all'annullamento della graduatoria e non, invece, come era stato fatto, considerando tutto il tempo che era stato necessario per accertare i fatti.
Anche questa censura non merita accoglimento: la donna, nel corso del lungo lasso di tempo necessario per acclarare i datti, aveva subito un notevole patema d'animo determinato dall'incertezza determinatasi nella sua posizione lavorativa e dalla sofferenza ingenerata dalla gravità del comportamento del collega ricorrente che mirava proprio a pregiudicarla in graduatoria. La valutazione equitativa del danno che l'uomo contesta tiene conto della precarietà della posizione lavorativa della donna e della gravità del comportamento del collega ed è, pertanto, corretta.
Alla luce di quanto detto, la Suprema Corte rigetta il ricorso.

(FONTE: dirittoegiustizia.it)

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