Risarcimento all'investitore inconsapevole per omissione degli obblighi informativi da parte dell'intermediario

Redazione Scientifica
29 Novembre 2018

La sottoscrizione da parte del cliente della segnalazione di inadeguatezza dell'operazione di investimento, ex art. 29 Reg. Consob n. 11522/1998 non costituisce una dichiarazione confessoria, non incide sul riparto del relativo onere di allegazione e prova e non costituisce prova dell'adempimento dell'obbligo informativo a carico dell'intermediario, bensì si limita a far sorgere una presunzione semplice che l'obbligo sia stato assolto.

IL CASO Una cliente affida al proprio Istituto di credito un ingente somma di denaro da investire, come consigliato dall'intermediario finanziario, in titoli argentini. Rivelatosi un investimento ad alto rischio, la cliente chiede alla banca il risarcimento del danno subito per violazione degli obblighi informativi. La Corte d'appello di Torino accoglie la domanda condannando l'istituto di credito al pagamento di € 65.000,00, ritenendolo colpevole di non aver assolto l'obbligo di fornire le dovute informazioni sui titoli acquistati dalla ricorrente, ad alta rischiosità, destinati ad investitori speculativi ed incompatibili con il portafoglio della cliente. La Corte aveva ritenuto ricompresa nella domanda anche la richiesta di risarcimento del danno, poiché proposta nell'atto di citazione. La Banca ricorre in cassazione con tre motivi.

DOMANDA NON TEMPESTIVA? In particolare con il primo motivo l'Istituto di credito denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 183, 184 e 107 c.p.c. per avere il giudice di merito accolto una domanda di risarcimento del danno non proposta tempestivamente nel giudizio, dal momento che gli attori avevano chiesto in citazione di dichiarare la nullità del contratto, risolvendolo per inadempimento, operando poi, nell'atto di riassunzione, «una indebita mutatio libelli, ivi introducendo la domanda risarcitoria per violazione degli obblighi informativi».

CORRETTA ANCHE SE DEDOTTA IN CITAZIONE La Cassazione ritiene infondato il motivo, e dichiara che la corte d'appello aveva correttamente accolto la domanda di risarcimento del danno, anche se la responsabilità della banca per violazione degli obblighi informativi non era stata esplicitamente avanzata dal ricorrente ma dedotta in citazione, con la richiesta della restituzione della somma investita, anche a titolo risarcitorio ex art. 2043 c.c., domanda esplicitata inoltre nell'atto di riassunzione «con la richiesta di condanna della banca al pagamento della predetta somma con qualsiasi motivazione».

VIOLAZIONE DEGLI OBBLIGHI INFORMATIVI La Suprema Corte ricorda che è consolidato il principio secondo cui la sottoscrizione da parte del cliente della segnalazione di inadeguatezza dell'operazione di investimento, ex art. 29 Reg. Consob n. 11522/1998 non costituisce una dichiarazione confessoria, non incide sul riparto del relativo onere di allegazione e prova e non costituisce prova dell'adempimento dell'obbligo informativo a carico dell'intermediario, bensì si limita a far sorgere una presunzione semplice che l'obbligo sia stato assolto (ex multis, Cass. civ. n. 10111/2018).

INVESTITORI INCONSAPEVOLI La Cassazione respinge infine anche il terzo motivo di ricorso, con cui la Banca lamentava violazione degli artt. 23, comma 6, TUF e 2697 c.c. per aver ravvisato la responsabilità in re ipsa della banca, avendole addossato, con la violazione degli obblighi informativi, l'onere di dimostrare insussistenza del danno lamentato e del nesso causale, ritenendo tale onere in capo esclusivamente ai clienti. Dichiara infatti che la corte territoriale aveva effettuato un ragionamento conforme a diritto ravvisando tale danno in re ipsa nella perdita della somma investita a causa di un investimento che i clienti, verosimilmente, non avrebbero autorizzato se fossero stati informati in modo corretto. Perché «in presenza di un comportamento illegittimo dell'intermediario, l'investitore inconsapevole si trova esposto ad un rischio che si sarebbe potuto accollare solo a seguito di adeguate informazioni». Fino a prova contraria, deve desumersi che il cliente correttamente informato non avrebbe corso quel rischio.

La Corte pertanto respinge il ricorso e condanna la banca al versamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

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