Parodosso: è satira, non cronaca, e non deve riferire fatti veri

Redazione Scientifica
05 Dicembre 2018

La satira costituisce una modalità corrosiva e spesso impietosa del diritto di critica, sicché, diversamente dalla cronaca, è sottratta all'obbligo di riferire fatti veri, in quanto esprime mediante il paradosso e la metafora surreale un giudizio ironico su di un fatto, pur soggetta al limite della continenza e della funzionalità delle espressioni o delle immagini rispetto allo scopo di denuncia sociale o politica perseguito.

IL CASO Durante una puntata di una nota trasmissione televisiva di satira, un comico critica un'azienda di carni, collegando il ritrovamento di un'ingente quantitativo di carne avariata nei suoi capannoni (oggetto di indagine giudiziaria) al morbo BSE (c.d. mucca pazza). La società ricorre ora in Cassazione contro la decisione della Corte d'appello di Roma che aveva respinto l'impugnazione proposta contro il comico e contro la RAI per il risarcimento dei danni e per il pagamento della sanzione pecuniaria ex art. 12 l. n. 47/1948.

APPLICABILI I PRINCIPI IN TEMA DI SATIRA? In particolare, con il primo motivo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 51 e 595 c.p., dell'art. 30 l. n. 223/1990, art. 21 Cost. e artt. 2043, 2049, 2055 e 2059 c.c., denunciando come la Corte territoriale avesse fatto erronea applicazione al caso di specie dei principi in tema di satira e di critica, essendo la fattispecie ad essa estranea.

LA SATIRA NON DEVE RIFERIRE FATTI VERI La Cassazione dichiara infondato il motivo e ricorda che «la satira costituisce una modalità corrosiva e spesso impietosa del diritto di critica, sicché, diversamente dalla cronaca, è sottratta all'obbligo di riferire fatti veri, in quanto esprime mediante il paradosso e la metafora surreale un giudizio ironico su di un fatto, pur soggetta al limite della continenza e della funzionalità delle espressioni o delle immagini rispetto allo scopo di denuncia sociale o politica perseguito» (cfr. Cass. civ. n. 6919/2018).

.. E PUÒ ESSERE LESIVA DELLA REPUTAZIONE ALTRUI Quindi, se le espressioni non sono un'aggressione gratuita e distruttiva dell'onore e della reputazione del soggetto interessato, possono secondo la Suprema Corte essere di qualsiasi tipo, anche lesive della reputazione altrui, a patto che siano strumentalmente collegate alla manifestazione di un dissenso ragionato dell'opinione o comportamento preso di mira.

IL PARADOSSO Corretto quindi non ravvisare alcun comportamento sanzionabile nel programma satirico, che aveva ricostruito la vicenda in un modo grottesco, servendosi del c.d. parodosso. E proprio l'impiego del paradosso, concludono i Giudici, consente al pubblico di percepire il messaggio oggetto di comunicazione, fornendogli al contempo tutti gli strumenti cognitivi per non darvi credito.

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