Il Daspo dopo il d.l. sicurezza

06 Dicembre 2018

Il c.d. decreto sicurezza (d.l. 4 ottobre 2018, n. 113, conv. con modif., dalla l. 1 dicembre 2018, n. 132) incide in maniera assai significativa su diversi settori dell'ordinamento giuridico con modifiche tra loro legate da un unico filo conduttore costituito dalla finalità di garantire la “sicurezza pubblica”. Non poteva, dunque, mancare un intervento anche sul settore della prevenzione e, in particolare, per quel che riguarda l'analisi che segue, sul settore della prevenzione personale, che assume un ruolo sempre più centrale e rilevante al fine di soddisfare esigenze di tutela della comunità.
Abstract

Il d.l. 4 ottobre 2018, n. 113, convertito con modificazioni, dalla l. 1 dicembre 2018, n. 132 (Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell'interno e l'organizzazione e il funzionamento dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la gestione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Delega al Governo in materia di riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate) incide in maniera assai significativa su diversi settori dell'ordinamento giuridico con modifiche tra loro legate da un unico filo conduttore costituito dalla finalità di garantire la “sicurezza pubblica”.

Non poteva, dunque, mancare un intervento anche sul settore della prevenzione e, in particolare, per quel che riguarda l'analisi che segue, sul settore della prevenzione personale, che assume un ruolo sempre più centrale e rilevante al fine di soddisfare esigenze di tutela della comunità.

L'ampliamento dei soggetti passivi del Daspo “sportivo”

Il Legislatore concentra la sua attenzione potenziando la sfera applicativa dell'istituto del Daspo in tutte le declinazioni normative oggi vigenti.

Suddetta misura nasce quale mezzo di prevenzione dei fenomeni di violenza in occasione o a causa di manifestazioni sportive ed è disciplinato nella sua originaria struttura nell'art. 6, l. 13 dicembre 1989, n. 401 (Interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestini e tutela della correttezza nello svolgimento di manifestazioni sportive).

Si tratta del divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive specificamente indicate nonché del divieto di accesso ai luoghi interessati al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni medesime, a cui può essere accompagnato, quale prescrizione accessoria, l'obbligo di comparire personalmente una o più volte negli orari indicati, nell'ufficio o il comando di polizia competente in relazione al luogo di residenza dell'obbligato o in altro specificamente indicato, nel corso della giornata in cui si svolgono le manifestazioni per cui opera il divieto di accesso (art. 6, commi 1 e 2, l. 401 del 1989). Siffatta misura può essere disposta anche per le manifestazioni sportive che si svolgono all'estero, specificamente indicate, ovvero dalle competenti autorità degli altri Stati membri dell'Unione europea per le manifestazioni sportive che si svolgono in Italia.

Le misure di prevenzione previste all'interno della l. 401/1989 possono essere disposte nei confronti di soggetti maggiorenni e di soggetti minori degli anni diciotto, che abbiano compiuto il quattordicesimo anno di età, in tal caso, il provvedimento adottato deve essere notificato a coloro che esercitano la potestà genitoriale (art. 6, comma 1-bis, l. 401/1989).

Le categorie soggettive, potenzialmente, destinatarie sono indicate nell'art. 6, comma 1, l. 401/1989.

Si tratta delle persone che risultano denunciate o condannate, anche con sentenza non definitiva, nel corso degli ultimi cinque anni per uno dei reati di cui all'art. 4, commi 1 e 2, l. 18 aprile 1975, n. 110 (Norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi); all'art. 5, l. 22 maggio 1975, n. 152 (Disposizioni a tutela dell'ordine pubblico); all'art. 2, comma 2, d.l. 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla l. 25 giugno 1993, n. 205 (Misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa); all'art. 6-bis, commi 1 e 2, l. 401 del1989 (Lancio di materiale pericoloso, scavalcamento e invasione di campo in occasione di manifestazioni sportive); all'art. 6-ter, l. 401/1989 (Possesso di artifizi pirotecnici in occasione di manifestazioni sportive); all'art. 2-bis, d.l. 8 febbraio 2007, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla l. 4 aprile 2007, n. 41 (Misure urgenti per la prevenzione e per la repressione di fenomeni di violenza connessi a competizioni calcistiche nonché norme a sostegno della diffusione dello sport e della partecipazione gratuita dei minori alle manifestazioni sportive); per uno dei delitti contro l'ordine pubblico e dei delitti di comune pericolo mediante violenza, di cui al libro II, titolo V e titolo VI, capo I, c.p.; per i delitti di cui all'art. 380, comma 2, lett. f) ed h) c.p.p.ossia, rispettivamente, rapina (art. 628 c.p.) ed estorsione (art. 629 c.p.) e per il delitto di cui all'art. 73, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), ad eccezione dell'ipotesi di cui al comma 5. L'art. 6, comma 1, l. 401/1989 indica come ulteriori destinatari anche coloro che abbiano preso parte attiva ad episodi di violenza su persone o su cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive o che, nelle medesime circostanze, abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza nonché coloro che, sulla base di elementi di fatto, risultano aver tenuto, anche all'estero, una condotta sia singola sia di gruppo, evidentemente finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza, di minaccia e di intimidazione, tali da porre in pericolo la sicurezza pubblica o a creare turbative per l'ordine pubblico in occasione o a causa di manifestazioni sportive. Al di fuori dell'area applicativa dal menzionato precetto, la misura del divieto di accesso può essere disposta, per un periodo di cinque anni, nei confronti di chi sia stato denunciato o condannato per uno dei reati di cui all'art. 3, l. 13 ottobre 1975, n. 654 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione internazionale sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale) ovvero nei confronti di persone denunciate o condannate per uno dei reati previsti dalla l. 9 dicembre 1967, n. 962 (Prevenzione e repressione del delitto di genocidio) (art. 2, comma 3, d.l. n. 122/1993, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 205/1993). Infine gli artt. 1-sexies ed 1-septies, d.l. n. 20 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla l. 88/2003 prescrivono altre ipotesi in cui è possibile disporre le prescrizioni di cui all'art. 6, commi 1 e 2, l. 401/1989.

È proprio la delimitazione soggettiva di tale misura che è stata oltremodo ampliata con il d.l. n. 113 del 2018 che estende l'applicazione degli istituti citati nei confronti dei soggetti di cui all'art. 4, comma 1, lett. d), d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia) ossia gli indiziati di uno dei reati previsti dall'art. 51, comma 3-quater, c.p. e coloro che, operanti in gruppi o isolatamente, pongano in essere atti preparatori, obiettivamente rilevanti, ovvero atti esecutivi diretti a sovvertire l'ordinamento dello Stato, con la commissione di uno dei reati previsti dal Capo I, Titolo VI, del Libro II, del codice penale o dagli artt. 284, 285, 286, 306, 438, 439, 605, 630 c.p. nonché alla commissione dei reati con finalità di terrorismo anche internazionale ovvero a prendere parte ad un conflitto in territorio estero a sostegno di una organizzazione che persegue le finalità terroristiche di cui all'art. 270-sexies c.p.

Invero, appare assai discutibile tale scelta, poiché rivolta nei confronti di soggetti la cui pericolosità è variamente ricollegata alla matrice terroristica, anche internazionale, che con difficoltà sembrerebbe almeno, prima facie, riconnettersi con la specifica funzione preventiva che è sottesa all'applicabilità degli strumenti ante delictum di cui all'art. 6, l. 401/1989 ossia il pericolo per la sicurezza pubblica declinato, però, nel limitato ambito delle manifestazioni sportive. Si potrebbe, però, pensare ad eventuali infiltrazioni ovvero al pericolo che si realizzino eventuali infiltrazioni anche nel settore delle tifoserie, potendo rappresentare, dunque, gli eventi sportivi obiettivi sensibili di potenziali attacchi terroristici, per cui i mezzi in parola potrebbero rappresentare un primo efficace strumento di tutela.

Si teme, però, che un eccessivo ampliamento dei destinatari degli strumenti di cui alla l. 401/1989 costituisca “solo” un mezzo surrettizio con cui prevedere un controllo sulla libera circolazione di determinati soggetti, senza una particolare connessione con la specifica forma di pericolosità che essi intendono prevenire.

Le novità in materia di Daspo “urbano”

Le misure volte a garantire la “sicurezza urbana” sono contenute nel d.l. 20 febbraio 2017, convertito, con modificazioni, dalla l. 18 aprile 2017, n. 48 (Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città) ed hanno lo scopo di tutelare il decoro delle città e di prevenire la criminalità, in particolare di tipo predatorio.

Le misure interdittive contenute negli artt. 10 e 13 del provvedimento in analisi, infatti, impedendo l'accesso in luoghi determinati nei confronti di soggetti che hanno posto in essere condotte considerate, a tali fini, pericolose contribuiscono a rafforzare le differenti modalità di intervento ideate dal legislatore in un ottica propriamente preventiva.

L'art. 9, d.l. 14/2017, convertito, con modificazioni, dalla l. 48/2017 disciplina l'ordine di allontanamento che costituisce il presupposto giuridico necessario per permettere, in caso di reiterazione delle condotte, all'autorità di pubblica sicurezza, a norma del successivo art. 10 di disporre la misura di prevenzione del divieto di accesso.

Esso prevede che, salvo quanto previsto dalla normativa vigente a tutela delle aree interne delle infrastrutture, fisse o mobili, ferroviarie, aeroportuali, marittime e di trasporto pubblico locale, urbano ed extraurbano, e delle relative pertinenze, chiunque ponga in essere condotte che impediscono l'accessibilità e la fruizione delle predette infrastrutture, in violazione dei divieti di stazionamento o di occupazione di spazi ivi previsti, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma di denaro da euro 100 a euro 300. Contestualmente all'accertamento della condotta predetta, viene ordinato al trasgressore l'allontanamento dal luogo in cui è stato commesso il fatto (art. 9, comma 1, d.l. 14/2017, convertito, con modificazioni, dalla l. 48/2017).

Il medesimo provvedimento di allontanamento è, altresì, assunto nei confronti di chi, nelle aree sopra specificate, si trova in stato di ubriachezza (art. 688 c.p.), compie atti contrari alla pubblica decenza (art. 726 c.p.), esercita il commercio abusivo (art. 29, d.lgs. 31 marzo 1998, n. 114, Riforma della disciplina relativa al settore del commercio) ovvero esercita, abusivamente, avvalendosi anche di altre persone o determina altri ad esercitare abusivamente l'attività di parcheggiatore o guardiamacchine (art. 7, comma 15-bis, d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, Nuovo codice della strada), condotte, peraltro, già autonomamente sanzionate rispetto alla specifica disposizione prevista nel comma 1, che, limitatamente a tale aspetto, non trova dunque applicazione (art. 9, comma 2, d.l. 14/2017, convertito, con modificazioni, dalla l. 48/2017).

I regolamenti di polizia urbana possono individuare aree su cui insistono scuole, plessi scolastici o siti universitari, musei, aree e parchi archeologici, complessi monumentali o altri istituti e luoghi della cultura o, comunque, interessati da consistenti flussi turistici ovvero adibite a verde pubblico, alle quali si applicano i precetti contenuti nell'art. 9, commi 1 e 2, d.l. 14 del 2017, convertito, con modificazioni, dalla l. 48/2017 (art. 9, comma 3, d.l. n. 14 del 2017, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 48/ 2017).

È proprio in relazione a questo aspetto che interviene il d.l. 113 del 2018 stabilendo, in modo del tutto condivisibile, l'estensione delle zone di interdizione anche all'aree urbane su cui insistono presidi sanitari ovvero aree destinate allo svolgimento di fiere, mercati, pubblici spettacoli, ove in maniera sempre più frequente si realizzano condotte che mettono in pericolo la sicurezza urbana, tenuto conto dal potenziale numero di persone che giornalmente è presente in siffatti luoghi.

Copia dell'ordine di allontanamento viene trasmessa con immediatezza al questore competente per territorio nonché, ove necessario, ai competenti servizi socio-sanitari (art. 10, comma 1, d.l. 14/2017, convertito, con modificazioni, dalla l. 48/2017).

La comunicazione all'autorità di pubblica sicurezza rappresenta il mezzo attraverso cui consentire a quest'ultima di intervenire, nell'ipotesi di reiterazione delle condotte, con l'emissione del divieto di accesso, che costituisce, pertanto, l'ulteriore strumento di tutela della sicurezza urbana operante, però, nei casi con tutta evidenza espressivi di una maggiore gravità.

L'art. 10, comma 2, d.l. 14/2017, convertito, con modificazioni, dalla l. 48/2017 prevede, infatti, che, allorquando le condotte descritte nei commi 1 e 2 dell'art. 9 sono ripetute, il questore, qualora dal comportamento posto in essere possa derivare pericolo per la sicurezza, può disporre, con provvedimento motivato per un periodo non superiore a sei mesi, il divieto di accesso ad una o più aree individuate a norma del medesimo art. 9 espressamente stabilite nel decreto questorile, indicando, altresì, modalità applicative che siano compatibili con le esigenze di mobilità, salute e lavoro del destinatario dell'atto.

Sul limite massimo di durata del divieto è intervenuto il Legislatore del 2018 stabilendo che lo stesso possa essere applicato per un periodo non superiore a 12 mesi, pertanto, raddoppiando il limite massimo di applicabilità dello strumento interdittivo, allo scopo evidente di ampliare il raggio di operatività del mezzo di prevenzione.

Viene, altresì, introdotta una nuova fattispecie penale che punisce con l'arresto da sei mesi ad un anno l'eventuale contravventore, colmando così una lacuna che era stata in precedenza sottolineata ed intesa come foriera di una scarsa efficacia della misura adottata.

L'obiettivo di aggravare gli effetti conseguenti all'applicazione degli istituti in analisi emerge chiaramente, però, anche alla luce delle modifiche disposte sull'art. 10, comma 3, d.l. 14/2017, convertito, con modificazioni, dalla l. 48/2017, che regolamenta una ipotesi per così dire “aggravata” di divieto di accesso.

Qualora, infatti, le condotte descritte nell'art. 9, commi 1 e 2, d.l. 14/2017, convertito, con modificazioni, dalla l. 48/2017 siano poste in essere da soggetti condannati, con sentenza definitiva o confermata in grado di appello, nel corso degli ultimi cinque anni, per reati contro la persona o il patrimonio il divieto di accesso non poteva essere inferiore a sei mesi, né superiore a due anni. Ora il termine minimo è stato sollevato a 12 mesi ed, inoltre, è stato prescritto che la violazione del divieto de quo è punita con l'arresto da uno a due anni.

La formulazione di tale precetto solleva, in ogni caso, alcune perplessità.

Se, da un lato, può essere comprensibile la determinazione di un lasso di durata del divieto più ampio in ragione della circostanza che le condotte descritte dall'art. 9, d.l. 14/2017, convertito, con modificazioni, dalla l. 48/2017 sono poste in essere da soggetto che, in virtù dei precedenti penali specifici (sebbene non passati in giudicato), potrebbe causare un pericolo più concreto per la sicurezza urbana, dall'altro la struttura della norma presenta, però, ancora troppe carenze, tra cui, in particolare, il generico richiamo alle disposizioni dettate all'art. 6, commi 2-bis, 3 e 4, l.. 401/1989, il quale regolamenta fenomeni di pericolosità assai differenti rispetto a quelli rilevanti nel caso di specie.

La scarna dizione normativa rinvia, infatti, ai precetti, in quanto compatibili, di cui all'art. 6, commi 2-bis, 3 e 4, l. 401/1989. È possibile, pertanto, che il questore possa prescrivere, tenendo conto dell'attività lavorativa del prevenuto, di comparire personalmente una o più volte negli orari indicati nell'ufficio o comando di polizia competente in relazione al luogo di residenza dell'obbligato o in quello specificamente indicato nel provvedimento. È evidente che, rispetto all'analogo istituto di cui all'art. 6, comma 2, l. 401/1989, nel caso di specie non possa tale prescrizione essere collegata a singole giornate in cui si svolgono determinate manifestazioni sportive, ma debba essere calibrata in maniera differente, evidentemente più generica, in modo, però, da poter essere ugualmente idonea a soddisfare il requisito della specificità.

La previsione di una nuova misura di prevenzione personale: art. 13-bis, d.l. 14 del 2017

Il Legislatore del 2018 chiude l'intervento in questo settore, introducendo una nuova ipotesi di Daspo all'art. 13-bis, d.l. 14/2017, convertito, con modificazioni, dalla l. 48/2017, rubricato Disposizioni per la prevenzione dei disordini negli esercizi pubblici e nei locali di pubblico trattenimento, a conferma dell'estremo rilievo che l'istituto de quo riveste all'interno del settore della prevenzione penale, sebbene permangano diverse incertezze e lacune normative.

Si tratta di un precetto che completa l'area di operatività di una analoga misura la cui struttura, assai similare, è contenuta nel precedente art. 13, la quale prevede, per ragioni di sicurezza, un parallelo divieto di accesso in determinati luoghi, specificamente indicati nel decreto questorile, nei confronti di persone condannate con sentenza definitiva o confermata in grado di appello nel corso degli ultimi tre anni per la vendita o la cessione di sostanze stupefacenti o psicotrope, di cui all'art. 73, d.P.R. 309/1990, per fatti commessi all'interno o nelle immediate vicinanze di scuole, plessi scolastici, sedi universitarie, locali pubblici o aperti al pubblico.

Il precetto elaborato in sede di conversione del d.l. 113/2018 è rivolto, invece, nei confronti delle persone condannate con sentenza definitiva o confermata in grado di appello, nel corso degli ultimi tre anni, per reati commessi in occasione di gravi disordini avvenuti in pubblici esercizi ovvero in locali di pubblico trattenimento, per delitti non colposi contro la persona e il patrimonio, nonché per i delitti di cui all'art. 73, d.P.R. 309/1990, facendo ovviamente salve le ipotesi di vendita e cessione rilevanti ai sensi del citato art. 13. Il questore, infatti, può disporre, per ragioni di sicurezza, che a tali soggetti sia inibito l'accesso agli stessi locali o ad esercizi pubblici analoghi, specificamente indicati, ovvero lo stazionamento nelle immediate vicinanze degli stessi.

Il predetto divieto, che può essere limitato a specifiche fasce orarie, non può avere durata inferiore a sei mesi e superiore a due anni ed è disposto individuando modalità applicative compatibili con le esigenze di mobilità, salute e lavoro del destinatario (art. 13-bis, comma 2, d.l. 113/ 2018).

Il prevenuto può anche essere minore degli anni diciotto, che ha, però, compiuto il quattordicesimo anno di età. In tale eventualità il provvedimento è notificato a coloro che esercitano la potestà genitoriale (art. 13-bis, comma 3, d.l. 113/2018).

Il questore può, altresì, prescrivere, evidentemente nelle ipotesi connotate da una maggiore gravità, di comparire personalmente una o più volte negli orari indicati, nell'ufficio o il comando di polizia competente in relazione al luogo di residenza dell'obbligato o in quello specificamente indicato. Si applicano in siffatta ipotesi le disposizioni di cui all'art. 6, commi 3 e 4, l. 401/1989 (art. 13-bis, commi 4 e 5, d.l. 113/2018).

Le sequenze che si attivano sono, dunque, identiche a quelle dettate per il Daspo “sportivo”, con la conseguenza che rilevano anche i medesimi assetti interpretativi sedimentasi nel corso degli anni in riferimento a detto istituto, che, comunque, per completezza si rammentano. Le scansioni temporali previste dall'art. 6, comma 3, l. 401/1989 riecheggiano il tenore letterale dell'art. 13 Cost. Il pubblico ministero, infatti, se ritiene che sussistano i presupposti, entro le quarantotto ore dalla comunicazione del provvedimento, deve richiederne la convalida al giudice per le indagini preliminari. Le prescrizioni imposte perdono efficacia se nel suddetto termine non viene, con decreto motivato, avanzata richiesta di convalida ovvero se il giudice, nelle quarantotto ore successive, non la dispone (art. 6, comma 3, l. 401/1989). La mancata tempestiva convalida non impedisce, però, al questore di reiterare il medesimo decreto, non potendo semplicemente procedere ad una seconda notifica, ma dovendo riattivare una nuova procedura.

In riferimento ai poteri attribuiti all'autorità giudiziaria in sede di convalida, la Corte, a Sezioni unite (Cass. pen., Sez. unite, 27 febbraio 2004, Labbia, in Dir. pen. proc., 2005, p. 433), in riferimento alle misure contenute nella l. 401 del 1989, ha puntualizzato che il giudice deve approcciarsi alla verifica del provvedimento questorile, accertando, in primo luogo, che, in concreto, ricorra la necessità e l'urgenza dell'intervento; riscontrando se i fatti indicati possano costituire indice sicuro di pericolosità e valutando, infine, con particolare attenzione gli elementi indiziari raccolti, sequenza che non può non trovare applicazione anche nelle ipotesi in commento. Esaurita in senso positivo tale verifica, il giudice, infine, potrà sindacare, modificandolo, il contenuto delle prescrizioni imposte (art. 6, comma 3, l. 401/1989). Tale potere costituisce una importante garanzia per il prevenuto, consentendo di effettuare un controllo sostanziale sulle decisioni assunte dall'autorità di pubblica sicurezza, a cui si accompagna la possibilità, allorquando la durata della prescrizione accessoria ovvero le modalità di svolgimento della stessa appaiano pregiudizievoli nei confronti dell'interessato, di mutarne l'esecuzione.

La violazione della misura de qua è punita con la reclusione da sei mesi ad un anno e con la multa da 5.000 a 20.000 euro.

In conclusione

Il provvedimento novellistico in commento per quel che riguarda il sistema della prevenzione personale conferma l'importanza alla stessa affidato ai fini della tutela della sicurezza pubblica. È, altresì, assai significativa l'attenzione rivolta, in particolare, all'istituto del Daspo che, per la sua struttura agile, permette un intervento quasi “immediato” da parte dell'autorità di pubblica sicurezza in presenza di un panorama indiziario assai vago e indefinito. Il pericolo che si paventa è, dunque, un utilizzo troppo massiccio di siffatti mezzi ante delictum, che, seppur incidendo sulla libera circolazione del prevenuto, sono caratterizzati da cadenze procedimentali in cui si sacrifica in maniera significativa soprattutto il diritto di difesa dell'interessato.

Se, quindi, è indiscutibile l'importanza di garantire la sicurezza pubblica, essa non deve mai riverberarsi sulle insopprimibili esigenze di tutela dei diritti del proposto, come, invece, emerge anche dai precetti toccati dalla novella del 2018.

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