Questioni preliminari di merito e ordine delle questioni

Mauro Di Marzio
10 Dicembre 2018

Quello delle questioni preliminari di merito, cui il codice di rito dedica brevi riferimenti, è tema non soltanto di notevole rilievo teorico, giacché si intreccia con alcuni dei problemi fondamentali del processo civile, ma anche di importanti ricadute pratiche, dal momento che va a misurarsi con il modo in cui il giudice gestisce il processo e costruisce la decisione. L'articolo che segue, dopo un breve inquadramento complessivo della figura procede ad un'analisi di alcune fattispecie giurisprudenziali ed accenna al tema del rapporto tra questioni preliminari di merito e rispetto dell'ordine delle questioni.
Caratteri generali delle questioni preliminari

L'art. 187, comma 2, c.p.c., stabilisce che il giudice istruttore «può rimettere le parti al collegio affinché sia decisa separatamente una questione di merito avente carattere preliminare, solo quando la decisione di essa può definire il giudizio». Secondo l'art. 279, comma 2, n. 2, c.p.c., poi, il collegio pronuncia sentenza «quando definisce il giudizio, decidendo questioni pregiudiziali attinenti al processo o questioni preliminari di merito». Soggiunge il n. 4 della stessa disposizione che il collegio pronuncia altresì sentenza «quando, decidendo alcune delle questioni di cui ai numeri 1, 2 e 3, non definisce il giudizio e impartisce distinti provvedimenti per l'ulteriore istruzione della causa».

A fronte dell'esiguo dato normativo, che non esplicita la nozione di «questione preliminare di merito», ma la dà per presupposta, ed anzi a cagione, forse, della stessa laconicità della previsione normativa, la tematica concernente tali questioni è andata nel corso del tempo ad intersecarsi, nelle riflessioni della dottrina, con alcune delle principali problematiche del diritto processuale civile, quali quella degli accertamenti incidentali di cui all'art. 34 c.p.c., e quella dei limiti oggettivi sia del giudicato che delle impugnazioni. Assai schematicamente, possiamo contrapporre un'opinione, probabilmente minoritaria, la quale accoglie una nozione assai ristretta di «questioni preliminari di merito», identificate con le eccezioni in senso proprio di fatti estintivi o impeditivi del diritto azionato, sicché non ricorrerebbe una questione preliminare di merito ove venga in discussione la non integrità della fattispecie costitutiva del medesimo diritto, ed una opinione ampia, secondo la quale è preferibile accogliere una nozione di preliminare di merito che includa tutte le questioni di merito astrattamente idonee a determinare il rigetto della domanda, si tratti di eccezioni in senso proprio, di pregiudiziali di merito ex art. 34 c.p.c., di semplici questioni di fatto o diritto su elementi della fattispecie costitutiva del rapporto (si veda in proposito la D. Turroni, Questioni preliminari, in www.ilProcessoCivile.it).

L'aspetto distintivo delle questioni preliminari

Alla luce del dato normativo le questioni preliminari attengono al merito della causa: si tratta cioè di un sottoinsieme delle questioni di merito che il giudice deve scrutinare ai fini della decisione della causa. Occorre quindi verificare quali siano le condizioni in presenza delle quali una questione attinente al merito della causa debba essere qualificata come preliminare. Non sembra dubbio che l'espressione suggerisca l'idea di un rapporto di antecedenza logico-giuridica della questione preliminare rispetto alle altre questioni di merito concernenti la fondatezza della pretesa spiegata. Così, volendo ricorrere al più comune caso di questione preliminare di merito, ossia all'eccezione di prescrizione estintiva, il giudice, a fronte dell'eccezione di prescrizione, può optare per la pronuncia immediata della sentenza sul punto, senza ad esempio dare sfogo alle richieste istruttorie delle parti, giacché l'ipotetica fondatezza dell'eccezione renderebbe superflua ogni ulteriore indagine in ordine alla sussistenza del diritto fatto valere in giudizio. In tale prospettiva, dunque, la facoltà riconosciuta al giudice di decidere le questioni preliminari di merito separatamente dal resto risponde ad un'esigenza di economia, giacché gli consente di omettere lo svolgimento di attività processuali che potrebbero rivelarsi inutili. Il che non esclude, naturalmente, che, rimessa la causa a sentenza, il giudice rigetti poi l'eccezione di prescrizione e, disposta la prosecuzione del giudizio, dia corso a quell'attività istruttoria alla quale in un primo tempo aveva sbarrato la strada. E, per converso, in caso di rimessione della causa al collegio per la decisione di una questione preliminare di merito, il collegio stesso è investito del potere di decisione dell'intera controversia e, in mancanza di conclusioni istruttorie delle parti, ritenute rilevanti e concludenti, qualora non ritenga di disporre d'ufficio mezzi istruttori non vincolanti all'istanza di parte, deve decidere l'intera causa allo stato delle emergenze istruttorie eventualmente esistenti, definendo il giudizio nel relativo grado (Cass. civ., 23 febbraio 1993, n. 2215).

Ciò detto, il proprium delle questioni preliminari di merito, tenuto conto del combinato disposto delle due norme poc'anzi richiamate, sta — come pure per le questioni pregiudiziali attinenti al processo — nell'idoneità di esse «a definire il giudizio». Ma si è appena visto che detta idoneità opera su un piano meramente astratto, essendo ben possibile che il giudice, pur avendo rimesso la questione al collegio per la decisione separata, potendo essa definire il giudizio, disattenda infine la questione, dando spazio all'ulteriore corso del processo. Al contrario, se non idonea, neppure in astratto, alla definizione del giudizio, la questione non può essere ascritta al novero dei preliminari di merito.

In definitiva, la «questione preliminare di merito» è tale perché idonea a decidere sulla domanda giudiziale proposta: o, beninteso, almeno su di una di esse, in caso di cumulo, come nell'ipotesi in cui, ad esempio, il creditore agisca in giudizio per riscuotere diversi crediti, aventi titoli diversi, ed il convenuto formuli l'eccezione di prescrizione soltanto rispetto ad uno di essi.

Alcune fattispecie

La necessità che la questione preliminare di merito abbia attitudine, sia pure astratta, a definire il giudizio, è posta in luce dalla giurisprudenza della Suprema Corte riguardante il rigetto dell'istanza di integrazione del contraddittorio in appello ai sensi dell'art. 331 c.p.c.. È stato detto, infatti, essere inammissibile il ricorso per cassazione proposto — sull'assunto che il provvedimento abbia natura di sentenza parziale ai sensi del n. 4 del secondo comma dell'art. 279 c.p.c. — avverso l'ordinanza con cui in sede di giudizio di appello sia stata rigettata l'istanza di integrazione del contraddittorio ai sensi dell'art. 331 c.p.c., poiché la questione circa la ricorrenza dei presupposti per l'ordine di integrazione non costituisce né una questione preliminare di merito né una questione pregiudiziale attinente al processo ai sensi del suddetto secondo comma dell'art. 279, dato che le questioni alle quali fa riferimento tale norma sono soltanto quelle idonee — ove decise in un certo senso — a definire il giudizio, mentre la decisione sulla ricorrenza o meno di una situazione di integrazione del contraddittorio agli effetti dell'art. 331 c.p.c., tanto se positiva, quanto se negativa, non può mai di per sé porre fine al processo (Cass. civ., 12 gennaio 2007, n. 449). Nello stesso senso è stato detto che la questione dell'integrazione del contraddittorio non costituisce, per se stessa, questione preliminare di merito ai sensi dell'art. 279, comma 2, nn. 2 e 4, c.p.c., ma, piuttosto, questione processuale; né, inoltre, costituisce, comunque, questione pregiudiziale attinente al processo ai sensi della stessa norma, dato che le questioni pregiudiziali prese in considerazione dall'art. 279, cit., sono esclusivamente quelle idonee — ove decise in un certo senso — a definire il giudizio, mentre la decisione sulla integrazione del contraddittorio, sia essa positiva o negativa, non può mai porre fine al processo, che invece prosegue in ogni caso, dovendo, anche in ipotesi di decisione positiva (nell'ipotesi opposta il giudizio prosegue puramente e semplicemente tra le parti originarie), disporsi l'integrazione del contraddittorio nei confronti del litisconsorte pretermesso, e non certo definirsi il giudizio con una pronuncia di mero rito. Pertanto l'ordinanza in proposito emessa dal giudice ha in ogni caso contenuto e natura meramente ordinatori, giammai decisori, e, conseguentemente, non può mai costituire sentenza non definitiva suscettibile di separata impugnazione o riserva di appello e, in difetto, di passaggio in giudicato (Cass. civ., 15 luglio 2004, n. 13104; v. però in senso diverso Cass. civ., 28 agosto 1997, n. 8158).

In molte pronunce viene qualificata come questione preliminare di merito quella concernente la «competenza» degli arbitri a pronunciarsi in ordine ad una determinata domanda nel quadro di un arbitrato rituale: dal che si è tratta la conseguenza che tale statuizione debba essere oggetto di impugnazione immediata ai sensi dell'art. 827, comma 3, c.p.c. (Cass. civ., 10 aprile 2014, n. 8457, sulla scia di Cass. civ., 6 aprile 2012, n. 5634; Cass. civ., 21 novembre 2006, n. 24681). La più recente delle decisioni si misura con la pronuncia di una corte territoriale che, nel fare applicazione dell'art. 827, comma 3, c.p.c., laddove prevede che «il lodo che risolve alcune delle questioni insorte senza definire il giudizio arbitrale è impugnabile solo unitamente al lodo definitivo», aveva ritenuto che detta disposizione intendesse escludere l'impugnabilità immediata delle decisioni non definitive riguardanti questioni non di merito, quale per l'appunto quella concernente la «competenza» degli arbitri: viceversa, secondo la Suprema Corte, il lodo parziale in discorso, avendo escluso il potere di decidere degli arbitri in relazione a una specifica domanda, aveva deciso una questione preliminare di merito ai sensi dell'art. 279, comma 2, n. 4, c.p.c. in riferimento alla ipotesi di cui allo stesso art. 279, comma 2, n. 2, sicché, in definitiva, il dictum arbitrale, pur relativo a una questione relativa alla validità della clausola compromissoria e alla «competenza» degli arbitri, aveva pertanto inciso parzialmente sul merito. Analogamente è stato affermato che in caso di domanda di nullità del lodo, la qualificazione dell'arbitrato come rituale o irrituale costituisce un fatto impeditivo, modificativo o estintivo del diritto tutelato, non potendo quindi qualificarsi come domanda o eccezione nuova, in quanto non si tratta di questione attinente alla competenza ma preliminare di merito (Cass. civ., 31 gennaio 2014, n. 2127). Bisogna tuttavia considerare che tale indirizzo giurisprudenziale affonda le radici in un arco temporale in cui è prevalso l'indirizzo in forza del quale il fenomeno arbitrale era da intendere quale fenomeno esclusivamente privato, come tale estraneo al complessivo sistema dell'esercizio della giurisdizione: orientamento che, come si sa, è stato abbandonato da Cass. civ., Sez. Un., 25 ottobre 2013, n. 24153. La qualificazione in termini di questione preliminare di merito è riconosciuta anche all'eccezione con la quale si deduca l'esistenza (o si discuta dell'ampiezza) di una clausola compromissoria per arbitrato irrituale: la suddetta eccezione non ha pertanto natura processuale ma sostanziale (Cass. civ., 27 marzo 2007, n. 7525).

In generale, le questioni relative all'interesse ad agire rientrano tra le questioni preliminari di merito, attenendo alle condizioni della azione (Cass. civ., 5 luglio 1979, n. 3831). L'indubbia natura di questione preliminare di merito riconosciuta senz'altro all'eccezione di prescrizione, ad esempio ai fini dell'individuazione dello scaglione tariffario da applicarsi per la liquidazione delle spese di lite (Cass. civ., 30 novembre 2011, n. 25553). Ad esempio, ha natura di questione preliminare di merito quella concernente la prescrizione della pretesa tributaria (Cass. civ., 22 ottobre 1975, n. 3493). In tale prospettiva, rientra tra le questioni preliminari di merito quella concernente l'individuazione, oltre che della durata, del momento iniziale di decorrenza della prescrizione invocata dal convenuto (Cass. civ., 13 marzo 1982, n. 1642). Parimenti costituisce questione preliminare di merito quella introdotta dalla parallela eccezione di decadenza: in proposito è stato osservato che la rinunzia da parte dell'appellante, nel corso del giudizio di secondo grado, all'eccezione di decadenza della controparte dal diritto in contestazione, riguardando unicamente una questione preliminare di merito, non concretizza, di per sé, una rinunzia all'azione che, come tale, impone una pronuncia di cessazione della materia del contendere (Cass. civ., 27 aprile 2000, n. 5390). Dà luogo ad una questione preliminare di merito l'improcedibilità della domanda, derivante da un patto di natura privatistica che implica rinunzia temporanea all'esercizio dell'azione, condizionata ad un particolare adempimento (Cass. civ., 29 agosto 1966, n. 2292).

In giurisprudenza la qualifica di questione preliminare di merito è stata più volte riconosciuta all'eccezione di carenza di legittimazione passiva (Cass. civ., 1° marzo 2016, n. 4047; v. pure Cass. civ., 1° marzo 2007, n. 4795), al fine di stabilire se l'impugnazione sul punto proposta in via incidentale dalla parte totalmente vittoriosa in primo grado avesse o meno natura di gravame condizionato. Negli stessi termini, a fronte di una sentenza non definitiva contenente una statuizione sulla litispendenza o sulla competenza e la decisione di una questione preliminare di merito, quale quella di legittimazione, è stato detto che la parte può alternativamente proporre regolamento facoltativo di competenza o impugnare con appello insieme alla sentenza definitiva (Cass. civ., 3 aprile 2007, n. 8354).

È stata considerata quale questione preliminare di merito quella concernente l'esistenza e validità di un contratto (Cass. civ., 30 marzo 2012, n. 5148). Questione preliminare di merito è così quella relativa alla vigenza della polizza al tempo della morte dell'assicurato (Cass. civ., 23 febbraio 1993, n. 2215). Costituisce questione preliminare di merito l'affermazione della sussistenza di una transazione sui diritti invocati dall'attore (Cass. civ., 14 gennaio 1977, n. 174).

Costituisce altresì questione preliminare di merito, sottratta alla libera disponibilità delle parti, quella relativa alla decadenza sostanziale del contribuente dal diritto ad ottenere il rimborso IVA (Cass. civ., 30 novembre 2011, n. 25500). Sempre in tema di contenzioso tributario, la questione del mancato rispetto del contraddittorio nella fase amministrativa di accertamento dei presupposti impositivi non attiene alla regolare instaurazione del processo, ma riguarda l'efficacia della pretesa tributaria, oggetto della impugnativa, atteggiandosi pertanto come questione preliminare di merito. Essa deve essere quindi sollevata nel corso del giudizio di primo grado, non essendo consentito al contribuente di prospettare con l'atto di appello motivi non proposti nei precedenti gradi di giudizio ovvero nuove ragioni implicanti valutazione di fatti e situazioni precedentemente non dedotti (Cass. civ., 18 luglio 2003, n. 11265).

Preliminari di merito e ordine delle questioni

In linea generale il codice di rito, con l'art. 276 c.p.c., pone una precisa gerarchia tra questioni pregiudiziali attinenti al processo e decisione sul merito, sicché il giudice non può pronunciare sulla fondatezza della domanda, se prima non ha deciso le questioni di rito e le ha respinte.

In giurisprudenza si è tuttavia affermato il principio secondo cui, in applicazione del principio processuale della «ragione più liquida», desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost., la causa può essere decisa sulla base della questione ritenuta di più agevole soluzione, anche se logicamente subordinata, senza che sia necessario esaminare previamente le altre, imponendosi, a tutela di esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio, un approccio interpretativo che comporti la verifica delle soluzioni sul piano dell'impatto operativo piuttosto che su quello della coerenza logico sistematica e sostituisca il profilo dell'evidenza a quello dell'ordine delle questioni da trattare ai sensi dell'art. 276 c.p.c. (da ult. Cass. civ., 11 maggio 2018, n. 11458).

D'altro canto, non v'è dubbio che l'inosservanza dell'ordine delle questioni non costituisca di per sé vizio della decisione tale da giustificare l'accoglimento dell'impugnazione: e cioè occorre che l'inosservanza di detto ordine si ripercuota sulla conformità della decisione a diritto.

Si deve inoltre aggiungere che, a partire da Cass. civ., Sez. Un., 9 ottobre 2008, n. 24883, la giurisprudenza adotta il criterio cd. della «decisione implicita», in forza del quale la pronuncia sul merito «implica» il rigetto della pregiudiziale di rito e comporta il conseguente onere di impugnare formalmente la statuizione implicita, pena il suo passaggio in giudicato: caso tipico è ormai quello della decisione di merito, la quale implica di necessità il riconoscimento da parte del giudice della propria giurisdizione, con la conseguenza che una volta che detta statuizione implicita non sia stata impugnata con l'appello, essa diviene intangibile in sede di legittimità per essersi sul punto formato il giudicato interno.

Un discorso analogo può farsi con riguardo al rapporto tra preliminari di merito e complessivo merito della causa: si immagini il convenuto che abbia simultaneamente formulato eccezione di prescrizione del credito fatto valere ex adverso, ma abbia anche eccepito di aver pagato, producendo la relativa quietanza. In un caso simile, cioè, ben può il giudice di merito, allo stato dell'attuale giurisprudenza, respingere la domanda prendendo atto dell'intervenuto pagamento dimostrato dalla quietanza, senza scrutinare l'eccezione di prescrizione. Se, viceversa, il giudice omette di esaminare l'eccezione di prescrizione, ed accoglie la domanda, l'impugnazione non può appuntarsi sul mero dato formale del mancato rispetto dell'ordine delle questioni, ma deve rivolgersi contro la sostanziale erroneità-ingiustizia della decisione adottata.

Riferimenti
  • Carbonara, Questioni di merito e idoneità al giudicato, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2003, 683;
  • Dalfino, Questioni di diritto e giudicato, Torino, 2008;
  • Garbagnati, Questioni preliminari di merito e questioni pregiudiziali, in Riv. dir. proc., 1976, 260;
  • Mandrioli-Carratta, Diritto processuale civile, II, XXV ed., Torino, 2016, 100;
  • Verde, Diritto processuale civile, II, IV ed., Bologna, 2015, 145.

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