L'estinzione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo e la portata oggettiva del conseguente giudicato

Giusi Ianni
11 Dicembre 2018

Nella sentenza in commento i Giudici di legittimità prendono le mosse dal generale principio di diritto in forza del quale il giudicato sostanziale copre il dedotto e il deducibile in relazione al medesimo oggetto, per cui devono intendersi coperte da giudicato non solo le ragioni giuridiche e di fatto esercitate in giudizio, ma anche tutte le possibili questioni, proponibili in via di azione o eccezione, che, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono precedenti logici, essenziali e necessari, della pronuncia.
Massima

Il principio secondo cui l'autorità del giudicato spiega i suoi effetti non solo sulla pronuncia esplicita della decisione, ma anche sulle ragioni che ne costituiscono sia pure implicitamente il presupposto logico-giuridico, trova applicazione anche in riferimento al decreto ingiuntivo di condanna al pagamento di una somma di denaro, il quale, in mancanza di opposizione o quando quest'ultimo giudizio sia stato dichiarato estinto, acquista efficacia di giudicato non solo in ordine al credito azionato, ma anche in relazione al titolo posto a fondamento dello stesso, precludendo ogni ulteriore esame delle ragioni addotte a giustificazione della relativa domanda in altro giudizio. (Nella specie la Suprema Corte ha ritenuto preclusa dal giudicato, formatosi a seguito dell'estinzione della causa di opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto da una banca in relazione al saldo passivo di un conto corrente, la successiva domanda, proposta dal correntista, tesa ad ottenere la ripetizione delle somme indebitamente trattenute dall'istituto di credito in forza di clausole negoziali invalide).

Il caso

Gli eredi di V.C. convenivano innanzi al tribunale di Milano la Deutsche Bank, chiedendo la condanna della banca convenuta alla restituzione delle somme indebitamente percepite a titolo di interessi anatocistici e commissioni di massimo scoperto, in relazione a rapporto di conto corrente con il de cuius. In data successiva alla notifica dell'atto di citazione, la Deutsche Bank otteneva l'emissione di un decreto ingiuntivo nei confronti degli attori eredi V. per il pagamento del saldo negativo del medesimo rapporto di conto corrente. Gli eredi V. proponevano opposizione al decreto ingiuntivo contestando la sussistenza del credito anche con riguardo alla clausola relativa al tasso degli interessi. In data 2.11.98, le parti concludevano una transazione relativa al suddetto giudizio, con pagamento alla banca di una certa somma a saldo e stralcio dei residui crediti per capitale, interessi e spese, con abbandono della causa di opposizione, compensate le spese. Nel giudizio di restituzione somme intrapreso dagli eredi V., il Tribunale, in primo grado, accoglieva la domanda degli attori, condannando la Deutsche Bank al pagamento della somma di Euro 286.835,00 oltre interessi legali. La banca proponeva appello, formulando un preliminare motivo d'inammissibilità della domanda degli attori per la preclusione del giudicato sul credito fondato sul rapporto di conto corrente. La Corte d'appello di Milano accoglieva l'impugnazione, dichiarando le domande degli eredi V. precluse dal giudicato formatosi in relazione al decreto ingiuntivo opposto. Ciò in quanto l'estinzione del giudizio di opposizione aveva determinato il giudicato circa l'accertamento della sussistenza e dell'entità delle ragioni di credito fatte valere dalla banca in relazione al rapporto di conto corrente intercorso tra le stesse parti, sicché l'accoglimento della domanda di ripetizione d'indebito proposta dai correntisti avrebbe comportato effetti diretti sulla determinazione del saldo del conto corrente, divenuto intangibile in seguito all'estinzione del giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo. Si osservava, inoltre, che le questioni inerenti alla validità delle clausole del contratto di conto corrente erano già state dedotte nel giudizio d'opposizione, per cui il credito oggetto del giudizio di ripetizione dell'indebito costituiva oggetto di quello che sarebbe stato deducibile nell'altro giudizio.

La questione

Avverso la decisione del giudice del gravame interponevano ricorso per cassazione gli eredi V., ad avviso dei quali la Corte d'appello non aveva tenuto conto dell'orientamento secondo cui il giudicato formatosi nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo ha portata ed effetti diversi da quelli inerenti ai giudizi a cognizione piena e non si estenderebbe alle questioni non dedotte ma deducibili, anche considerandosi il fatto che l'azione di ripetizione dell'indebito per interessi anatocistici era stata basata su un fatto nuovo, costituito dalla sentenza della Corte costituzionale n. 425/2000 e dalle modifiche normative che a tale pronuncia avevano fatto seguito. Erroneamente, inoltre, secondo la prospettazione dei ricorrenti, la Corte d'appello aveva ritenuto il giudicato preclusivo, non avendo essi, nel giudizio estinto, proposto una domanda, ma solo eccezioni rispetto alla domanda della banca. Il ricorso era giudicato infondato dalla Corte di cassazione.

Le soluzioni giuridiche

Nella sentenza in commento, in particolare, i Giudici di legittimità prendono le mosse dal generale principio di diritto in forza del quale il giudicato sostanziale copre il dedotto e il deducibile in relazione al medesimo oggetto, per cui devono intendersi coperte da giudicato non solo le ragioni giuridiche e di fatto esercitate in giudizio, ma anche tutte le possibili questioni, proponibili in via di azione o eccezione, che, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono precedenti logici, essenziali e necessari, della pronuncia. Il principio in questione, secondo i Giudici di legittimità, trova applicazione anche in riferimento al decreto ingiuntivo di condanna al pagamento di una somma di denaro, il quale, ove non sia proposta opposizione, acquista efficacia di giudicato non solo in ordine al credito azionato, ma anche in relazione al titolo posto a fondamento dello stesso, precludendo in tal modo ogni ulteriore esame delle ragioni addotte a giustificazione della relativa domanda in altro giudizio.

Applicando tali principi generali al caso concreto, la Suprema Corte trae le conclusioni che il giudicato formatosi sul decreto ingiuntivo ha efficacia tale da involgere anche le questioni che i correntisti avrebbero potuto proporre nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto dalla Banca in relazione allo scoperto del medesimo conto corrente (quale la richiesta di ripetizione d'indebito per la registrazione in conto corrente degli interessi anatocistici), come diritti deducibili in quanto fondati sul medesimo rapporto di conto corrente, a nulla rilevando che la legge sul divieto dell'anatocismo del 2000 sia successiva all'inizio del rapporto oggetto di causa, non costituendo ciò un limite alla preclusione derivante dal giudicato (formatosi, peraltro, antecedentemente alla sentenza della Corte Costituzionale n. 425/10, che dichiarava l'incostituzionalità dell'art. 25, comma 3, d.lgs. n. 342/1999, circostanza che portava i Giudici di legittimità a ritenere assorbito il relativo motivo di ricorso).

Osservazioni

È principio pacifico in seno alla giurisprudenza di legittimità quello per cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile in relazione al medesimo oggetto: sono coperte da giudicato sostanziale, quindi, non solo le ragioni giuridiche e di fatto esercitate in giudizio ma anche tutte le possibili questioni, proponibili in via di azione o eccezione, che, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono precedenti logici, essenziali e necessari, della pronuncia (cfr., tra le tante, Cass. civ., Sez. Un., n. 13916/2006; Cass. civ., Sez. Lav., n. 3488/2016; Cass. civ., Sez. Lav., n. 14535/2012; Cass. civ., sez. 1, n. 22520/2011). Tale principio, invero, è stato in un primo momento mitigato con riguardo all'efficacia di giudicato acquistata dal decreto ingiuntivo non opposto: si è osservato, infatti, che la commisurazione dell'ambito oggettivo del giudicato non solo al dedotto, ma anche al deducibile, non sarebbe compatibile con le peculiarità del procedimento per ingiunzione, strutturato, almeno nella fase propriamente monitoria, secondo regole finalizzate ad accertare non già la fondatezza o la infondatezza della pretesa creditoria, ma esclusivamente la sussistenza di elementi sufficienti a giustificare l'ingiunzione (Cass. civ., Sez. Lav., n. 9857/2002; Cass. civ., Sez. Lav., n. 5854/2003). La giurisprudenza più recente si è, invece, consolidata nel senso che anche il giudicato sostanziale conseguente alla mancata opposizione di un decreto ingiuntivo copre non soltanto l'esistenza del credito azionato, del rapporto di cui esso è oggetto e del titolo su cui il credito ed il rapporto stessi si fondano, ma anche l'inesistenza di fatti impeditivi, estintivi e modificativi del rapporto e del credito precedenti al ricorso per ingiunzione e non dedotti con l'opposizione, mentre non si estende soltanto ai fatti successivi al giudicato ed a quelli che comportino un mutamento del petitum ovvero della causa petendi in seno alla domanda rispetto al ricorso esaminato dal decreto esecutivo (Cass. civ., sez. III, n. 11360/2010; Cass. civ., sez. III, n. 28318/2017; Cass. civ., sez. VI - 3, n. 19113/2018). A contribuire all'affermarsi della tesi dell'efficacia piena di giudicato del decreto ingiuntivo non opposto hanno contribuito anche l'evoluzione giurisprudenziale della teoria del giudicato implicito (ad esempio in punto di giurisdizione, con l'intervento di Cass. civ., Sez. Un., n. 2067/2011 o con l'affermazione del principio della rilevabilità d'ufficio del giudicato esterno da parte della Corte di Cassazione, come sancito da Cass. civ., Sez. Un., n. 13916/2006 o, ancora, con le conclusioni tratte in materia di giudizi sull'invalidità negoziale, quale ambito in cui si è giunto ad affermare che, fatte salve le ipotesi in cui il giudice pervenga al rigetto della domanda contrattuale in base alla ragione più liquida, omettendo quindi deliberatamente l'esame dei presupposti di validità del contratto, ovvero senza fornire in motivazione inequivoche indicazioni sulla validità del contratto, l'accoglimento della domanda ex contractu implica l'accertamento, con efficacia di giudicato, della non nullità del contratto: Cass. civ., Sez. Un., nn. 26242/2014 e 26243/2014) nonché l'elaborazione della figura dell'abuso del diritto, con specifico riferimento all'abuso del diritto di azione nel processo civile (basti pensare alle varie pronunce sul c.d. frazionamento del credito, a partire da Cass. civ., Sez. Un., n. 23726/2007 fino alla recente Cass. civ., sez. VI - 2, n. 19898/2018).

Evidenti appaiono le ricadute pratiche dell'accoglimento dell'uno piuttosto che dell'altro orientamento interpretativo: ove, infatti, si opti per una portata limitata del giudicato implicito in presenza di decreto ingiuntivo non opposto, la preclusione derivante dal giudicato attiene esclusivamente al bene della vita indicato nel ricorso monitorio, con la conseguenza che, nel successivo giudizio ordinario od anche nel successivo procedimento d'ingiunzione, il creditore istante potrà azionare un diverso credito od anche una diversa frazione del medesimo credito derivante dal medesimo rapporto, essendo diversi i petita dei diversi giudizi. Ove, invece, si concluda per la piena equiparazione della efficacia di giudicato del decreto monitorio non opposto a quello della sentenza non più impugnabile, l'efficacia preclusiva dell'accertamento è destinata ad estendersi anche alle questioni presupposte che non siano state fatte valere in sede di opposizione, non essendo più consentito al debitore – convenuto ovvero opponente – nel successivo giudizio avente ad oggetto l'accertamento del diverso credito, porre in discussione la validità ed efficacia del medesimo rapporto in cui aveva trovato titolo il credito non opposto.

La pronuncia in commento segna un ulteriore tassello nell'evoluzione interpretativa finora descritta, in quanto estende il principio della piena efficacia di giudicato del decreto ingiuntivo divenuto inoppugnabile anche al caso in cui l'opposizione sia proposta, ma il giudizio si sia chiuso con pronuncia di estinzione. L'estinzione del giudizio di opposizione, infatti, ha quale effetto quello di rendere definitivamente esecutivo il decreto ingiuntivo opposto (artt. 653-654 c.p.c.). Anche, quindi, qualora il giudizio di opposizione non si sia chiuso con una pronuncia di merito, il decreto ingiuntivo divenuto definitivo ha effetto preclusivo della proposizione in separato giudizio delle questioni che avrebbero potuto essere fatte valere in sede di opposizione, perché inerenti a fatti impeditivi, estintivi e modificativi del rapporto e del credito oggetto del ricorso per ingiunzione.

Riferimenti
  • Trapuzzano, Efficacia del giudicato esterno con riferimento al decreto ingiuntivo non opposto, in www.ilProcessoCivile.it;
  • Trapuzzano, Limiti oggettivi del giudicato formatosi sul decreto ingiuntivo, in www.ilProcessoCivile.it;
  • Verde, Considerazioni inattuali su giudicato e poteri del giudice, in Riv. Dir. Proc., 2017, 1, 13.

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