Sanzioni pecuniarie. Il principio del reciproco riconoscimento tra Stati membri della Ue entra in azione

14 Dicembre 2018

Con il d.lgs 37/2016 l'Italia ha dato attuazione alla decisione quadro 2005/214/Gai in tema di mutuo riconoscimento delle sanzioni pecuniarie in ambito Ue. La disciplina contempla, per il caso di richieste di riconoscimento provenienti dall'estero, la competenza della Corte d'appello di più stretto collegamento oggettivo e soggettivo con la persona condannata e la procedura secondo le forme dell'art. 127 c.p.p. Nonostante la lunga gestazione del provvedimento...
Abstract

Con il d.lgs 37/2016 l'Italia ha dato attuazione alla decisione quadro 2005/214/Gai in tema di mutuo riconoscimento delle sanzioni pecuniarie in ambito Ue. La disciplina contempla, per il caso di richieste di riconoscimento provenienti dall'estero, la competenza della Corte d'appello di più stretto collegamento oggettivo e soggettivo con la persona condannata e la procedura secondo le forme dell'art. 127 c.p.p. Nonostante la lunga gestazione del provvedimento e lo sforzo definitorio finalizzato ad evitare incertezze interpretative, restano da sciogliere importanti nodi critici all'atto della sua effettiva applicazione, sia in ordine ad aspetti procedurali, sia alla stessa opportunità della scelta di gravare ulteriormente le Corti distrettuali di compiti aggiuntivi, sia circa la previsione della possibilità di riconoscimento di decisioni formalmente qualificate come condanne penali, ma in effetti assunte da mere autorità amministrative.

Premessa

Il d.lgs 15 febbraio 2016, n. 37 ha attuato, con oltre 10 anni di ritardo, la decisione quadro 2005/214/Gai del Consiglio del 24 febbraio 2005 in tema di riconoscimento reciproco delle sanzioni pecuniarie; il suddetto decreto fa parte di un corposo gruppo di provvedimenti di recepimento di diverse decisioni quadro attuate dal Consiglio europeo nell'ambito della cooperazione giudiziaria in materia penale, e cioè: 1) d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 34 in materia di squadre investigative comuni; 2) d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 35 in tema di esecuzione nell'unione europea dei provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro probatorio; 3) d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 36 in materia di reciproco riconoscimento alle decisioni sulle misure alternative alla detenzione cautelare tra gli stati membri dell'unione europea; 4) d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 31 in materia di reciproco riconoscimento alle decisioni pronunciate in assenza dell'imputato al processo; 5) d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 29 in materia di risoluzione dei conflitti relativi all'esercizio della giurisdizione nei procedimenti penali; 6) d.lgs. 12 maggio 2016, nn. 73, 74 e 75 in tema di scambio di informazioni estratte dal casellario giudiziario e sulla presa in considerazione di decisioni penali straniere; 7) d.lgs. 15 settembre 2016, n. 184 relativo al diritto di avvalersi di un difensore nel procedimento penale e nel procedimento di esecuzione del mandato d'arresto europeo. Con l'entrata in vigore del decreto legislativo in commento (dal 27 marzo 2016) si è quindi inaugurata una stagione di particolare impegno per i giudici nazionali chiamati a dare concreta risposta alle richieste di riconoscimento di decisioni su sanzioni pecuniarie provenienti da altri Stati membri dell'Ue attraverso questo nuovo strumento, che però nelle sue prime applicazioni ha confermato l'esistenza di alcune non minime criticità che la dottrina non aveva mancato di segnalare già all'indomani della pubblicazione del provvedimento.

La decisione quadro 2005/214/Gai del Consiglio del 24 febbraio 2005

Con tale decisione il legislatore europeo ha consolidato il percorso di realizzazione dello spazio giuridico europeo mediante il veicolo del reciproco riconoscimento. Esso, a partire dal provvedimento sul mandato d'arresto europeo (decisione quadro 2002/584/Gai) ha seguito il tracciato della semplificazione dei rapporti di cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri, con l'obiettivo di rafforzare il vicendevole affidamento fra le autorità giudiziarie. Tuttavia la convivenza di modelli processuali non uniformi nei vari Paesi dell'UE, ha condotto progressivamente alla consapevolezza circa la necessità di rendere il principio del mutuo riconoscimento particolarmente informato a standard minimi dei fondamentali diritti di difesa dell'imputato, mediante adozione di misure tese a riequilibrare il garantismo, tra cui spiccano le decisioni sul processo in absentia, anche in correlazione al diritto dell'imputato di essere personalmente sentito. In tale ottica (ed alla luce dei principi sanciti con l'adozione del Trattato di Lisbona (entrato in vigore l'1 dicembre 2009) occorre dunque interpretare anche la decisione quadro 2005/21/Gai, la quale rischia altrimenti di essere percepita (e applicata) come mero strumento di accelerazione dell'efficacia della cooperazione giudiziaria per l'esecuzione delle decisioni adottate negli Stati membri.

Il decreto legislativo di attuazione n. 37/2016

Il provvedimento nazionale di attuazione giunto, come si è già detto, a ragguardevole distanza di tempo dalla decisione quadro, delinea nella sua struttura l'ambito e l'oggetto di sua applicabilità, stabilendo poi le modalità e gli effetti del procedimento e della decisione di riconoscimento. In particolare all'art. 2 il decreto contiene in conformità alla tecnica normativa europea la mappa definitoria secondo la quale si intende per decisione una decisione definitiva che applica una sanzione pecuniaria ad una persona fisica o giuridica, che sia stata adottata da: 1) una autorità giudiziaria che ha emesso un provvedimento penale di condanna; 2) una autorità diversa dall'autorità giudiziaria, che si è pronunciata in relazione a un fatto costituente reato, purché alla persona interessata sia stata data la possibilità di fare ricorso all'autorità giudiziaria penale; 3) una autorità diversa dall'autorità giudiziaria, che si è pronunciata in merito a una violazione amministrativa, purché alla persona interessata sia stata data la possibilità di fare ricorso all'autorità giudiziaria; 4) una autorità giudiziaria che ha emesso la decisione di cui al numero 3). Mentre per sanzione pecuniaria si intende l'obbligo di pagare:1) una somma di denaro a titolo di pena irrogata a seguito di condanna; 2) una somma di denaro dovuta a titolo di risarcimento delle vittime e liquidata dal giudice con la sentenza di condanna, qualora le vittime non si siano costituite parte civile nel processo penale; 3) una somma di denaro dovuta per condanna alle spese di procedimenti giudiziari o amministrativi connessi alla decisione; 4) una somma di denaro per la quale vi è condanna al versamento in favore di un fondo pubblico o di organizzazioni di assistenza alle vittime imposta nella stessa decisione. Quanto ai reati il decreto specifica l'elenco ai quali esso è applicabile, con la clausola che per le decisioni circa tali reati si fa luogo al riconoscimento indipendentemente dalla doppia incriminazione; e se ciò può essere considerato forse ragionevole per quanto riguarda la maggior parte delle fattispecie elencate (e corrispondenti a quelle già contemplate per il Mae), aspetti di criticità emergono per l'inserimento delle violazioni del codice della strada, comprese quelle relative alle ore di guida, ai periodi di riposo e violazioni delle norme sul trasporto pericoloso (art. 4 punto nn) ed alle ulteriori previste ai punti successivi.

La procedura attiva e passiva per il riconoscimento delle sanzioni pecuniarie nell'Unione europea

Quanto alla procedura attiva di riconoscimento, il decreto dispone che il pubblico ministero presso il tribunale che ha emesso la decisione sulle sanzioni pecuniarie, o nel cui circondario ha sede l'autorità amministrativa che si è pronunciata in merito alla sanzione amministrativa, provvede direttamente alla trasmissione della decisione sulle sanzioni pecuniarie all'autorità competente dello Stato membro in cui la persona condannata dispone di beni o di un reddito, ovvero risiede e dimora abitualmente, ovvero, se persona giuridica, ha la propria sede legale. Quanto invece alla procedura passiva di riconoscimento, per l'art. 8 del decreto 37/2016 la competenza a decidere sul riconoscimento è della Corte di appello nel cui distretto la persona condannata dispone di beni o di un reddito, ovvero risiede e dimora abitualmente, ovvero, se persona giuridica, ha la propria sede legale nel momento in cui il provvedimento è trasmesso dall'estero. Di particolare interesse risultano le modalità di presentazione della richiesta da parte degli Stati membri; infatti a norma dell'art. 11 del d.lgs. 37/2016, lo Stato richiedente deve inviare la decisione sulle sanzioni pecuniarie, corredata da un “certificato”, tradotto in lingua italiana, alla ricezione dei quali il procuratore generale presso la Corte di appello competente ai sensi dell'articolo 8 fa richiesta di riconoscimento senza ritardo alla medesima Corte di appello. Quanto agli aspetti procedurali esse sono previste nelle forme dell'art. 127 c.p.p. e la decisione sull'esistenza delle condizioni per l'accoglimento della richiesta è emessa entro il termine di venti giorni dalla data di ricevimento della decisione, prorogabile “per circostanze eccezionali” di trenta giorni. Contro la decisione della Corte di appello può essere proposto ricorso per cassazione. Si applicano le disposizioni di cui all'art. 22 della l. 22 aprile 2005 n. 69 (sul Mae) In caso di proposizione del ricorso per cassazione, il termine per il riconoscimento è prorogato di trenta giorni. Infine l'esecuzione della eventuale ordinanza di riconoscimento spetta al procuratore generale.

Mutuo riconoscimento delle decisioni sulle sanzioni pecuniarie e ricadute sul sistema italiano

Qualsiasi valutazione sulle effettive ricadute che l'applicazione pratica del decreto d'attuazione alla decisione quadro 2005/214/Gai in tema di mutuo riconoscimento nell'UE delle sanzioni pecuniarie potrà determinare sul sistema italiano, è ancora prematura. Ed infatti, ad oltre due anni e mezzo dalla sua entrata in vigore, sembra che la disciplina non abbia ancora trovato un utilizzo diffuso, come è dato rilevare dai dati forniti in occasione delle cerimonie di inaugurazione degli Anni Giudiziari 2017 e 2018 nei vari distretti delle Corti d'appello. Tuttavia, e soprattutto nelle Corti distrettuali “di confine”, dove il movimento transfrontaliero è più frequente, le prime richieste di riconoscimento sembrano per il momento avere principalmente ad oggetto proprio quelle decisioni, relative alle infrazioni del codice della strada, che nel nostro Paese rivestono per lo più natura di mera violazione amministrativa. Non pare però azzardato ritenere che, anche per tale ragione, la scelta di individuare la competenza delle Corti d'appello, in molti casi già fortemente impegnate a smaltire un arretrato sproporzionato agli organici ed alle prese con una mole davvero ingente di procedimenti per Legge Pinto, possa alla lunga rivelarsi come fattore di ulteriore aggravamento del carico, soprattutto ove trovasse conferma l'applicabilità del meccanismo qui in commento per il riconoscimento, alla stregua di sanzioni pecuniarie, delle spese dei procedimenti giudiziari o ammnistrativi connessi alla decisione.

Casistica e problematiche applicative

Come sopra si è annotato, l'art. 2 declina il significato di sanzione pecuniaria quale di pagare una somma di denaro a titolo di pena irrogata a seguito di condanna. Ciò determina una evidente difficoltà interpretativa circa la possibilità o meno di estendere il procedimento anche a sanzioni di natura nettamente amministrativa (si v. Corte Appello Trento ordinanza 3. ottobre 2018 in proced. n. 12/18 promosso da Autorità Olandese) o ibrida (quali quelle relative a responsabilità dell'ente ex d.lgs. 231/2001 e corrispondenti normative in ambito Ue). Anche la norma sulla competenza nel caso di procedura passiva di riconoscimento appare suscettibile di trovare ampi spazi di discussione, soprattutto a seguito del confronto delle parti nel contraddittorio camerale. Ed ancora vistosi margini di problematicità emergono dalla previsione del già citato art. 11 del d.lgs. 37/2016 relativa al fatto che la richiesta di riconoscimento deve essere corredata dalla decisione di cui si richiede l'esecuzione in Italia unitamente al “certificato” debitamente compilato e tradotto nella lingua italiana. Tale certificato è in effetti un formulario con varie sezioni - da lettera a) a lettera k) - compilabili per lo più mediante barratura tra le varie opzioni, con evidente ampio margine di errori ed incompletezze, al punto che nella piena consapevolezza di ciò lo stesso decreto prevede che in caso di incompletezza del certificato o di manifesta difformità rispetto alla decisione sulle sanzioni pecuniarie o comunque di insufficienza del contenuto ai fini della decisione sul riconoscimento, la Corte di appello, anche tramite il Ministero della giustizia, può formulare richiesta allo Stato di emissione di trasmettere un nuovo certificato, fissando a tale scopo un termine congruo entro il quale il termine per la decisione resta sospeso sino alla ricezione del nuovo certificato (cfr. Corte appello Trento, ordinanza 1 dicembre 2017 in proced. n. 3/17 promosso da Autorità Olandese). Alcune questioni risultano peraltro già approdate all'esame della Suprema Corte per problematiche relative alla contestata retroattività della normativa in questione, che la Corte di Cassazione ha ritenuto tuttavia applicabile anche alle sentenze divenute esecutive prima della sua entrata in vigore, in quanto, avendo ad oggetto le modalità esecutive della sanzione, non contrasta con il principio di irretroattività ed, inoltre, l'eventuale conversione delle sanzioni pecuniarie è disciplinata dalla legge italiana, secondo un sistema applicabile fin dalla l. 24 novembre 1981, n. 689 (Cass. pen., Sez. VI, 13 febbraio 2018, n. 7803 - Rigetta, App. Ancona, 29/05/2017). Altra questione relativa al riconoscimento della decisione applicativa di una sanzione pecuniaria nei confronti del legale rappresentante di una persona giuridica, emessa dall'autorità giudiziaria o amministrativa di uno Stato dell'Unione Europea (nella specie, l'Olanda), è stata risolta nel senso che, ai sensi del d.lgs. 37/2016, esso è subordinato esclusivamente alla verifica delle condizioni previste dall'art. 9, d.lgs. cit. ed alla insussistenza dei motivi di rifiuto previsti dal successivo art. 12, dovendosi, a tal fine, prescindere dai presupposti e dai limiti previsti dal d.lgs. 8 giugno 2001 n. 231 in tema di responsabilità amministrativa degli enti. (Cass. pen. Sez. VI, 10 maggio 2018, n. 22334 - Rigetta, App. Milano, 16/03/2018). Infine anche nella fase esecutiva è emersa un'ulteriore dubbio, circa il fatto se l'immediata trasmissione alla Autorità straniera della decisione divenuta irrevocabile debba essere operata dalla Cancelleria della Corte ovvero dalla procura generale- Il Ministero della Giustizia. in risposta a specifico quesito, ha risposto, nel dicembre 2017, che: “in attesa di un auspicato intervento normativo e al fine di garantire la riscossione delle sanzioni pecuniarie inflitte da Stati membri dell'Unione e riconosciute nel territorio nazionale con riferimento all'individuazione del giudice dell'esecuzione nei procedimenti in esame, si ritiene di poter affermare che le attività di riscossione delle sanzioni pecuniarie di cui al d.lgs. 37 del 2016 possano essere affidate alla Corte di Appello che ha provveduto al riconoscimento della sentenza straniera”.

In conclusione

Per le Corti d'appello del Belpaese, già oberate di pendenze oltre il limite di sopravvivenza, il d.lgs. 16 febbraio 2016, n. 37 rischia di tradursi in un vero e proprio vaso di Pandora ove, dopo le prime ed ancora sporadiche applicazioni, la mole delle richieste di riconoscimento di sanzioni pecuniarie dovesse assumere dimensioni rilevanti, soprattutto con riferimento a tipologie di provvedimenti (quali quelle inerenti non tanto gravi reati, ma violazioni del codice della strada, ovvero al pagamento di spese processuali) emessi da Autorità anche diverse da quella giudiziaria. I dubbi interpretativi sulla natura penale di tali decisioni e sulla stessa possibilità di effettiva applicazione ad esse della normativa in discussione, porranno i giudici di fronte all'esigenza di stabilire chiari indirizzi interpretativi, che, la di là del rispetto formale dei diritti di difesa sanciti nel provvedimento, affermino il primato della valutazione giurisdizionale rispetto ad automatismi di recepimento di decisioni assunte in procedimenti, dove in concreto il destinatario della sanzione non ha nemmeno avuto la possibilità di esercitare tali diritti, non avendone forse neanche percepito la necessarietà, anche con riferimento all'eventuale natura prevalentemente amministrativa del procedimento, che potrà però determinare l'adozione di decisione di cui, alla pari di sentenze pronunciate dall'Autorità giudiziaria, potrà essere chiesto il riconoscimento internazionale.

Guida all'approfondimento

L. GIORDANO, L'attuazione della decisione quadro sul reciproco riconoscimento delle sanzioni pecuniarie, in Dir. Pen. Proc., vol. VIII, 2016, pag. 1024 e ss.;

P. DE PASQUALE, Sul reciproco riconoscimento delle sanzioni pecuniarie tra gli Stati membri dell'Unione europea, in Dir. Un. Eur., fasc. 3, 2007, pag. 541 e ss.

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