La ripartizione delle spese dell’ascensore: una soluzione controversa?

Gennaro Guida
17 Dicembre 2018

A differenza dell'installazione ex novo di un ascensore in un edificio in condominio, le cui spese vanno suddivise secondo l'art. 1123 c.c., ossia proporzionalmente al valore della proprietà di ciascun condomino, quelle relative alla manutenzione...
Massima

Stante l'identità di ratio delle spese di manutenzione e di ricostruzione delle scale ex art. 1124 c.c. e delle spese relative alla conservazione e alla manutenzione dell'ascensore già esistente, deve affermarsi che, al pari delle scale, l'impianto di ascensore, in quanto mezzo indispensabile per accedere al tetto ed al terrazzo di copertura, riveste la qualità di parte comune anche relativamente ai condomini proprietari di negozi o locali terranei con accesso dalla strada, poiché pure tali condomini ne fruiscono, quanto meno in ordine alla conservazione e manutenzione della copertura dell'edificio, con conseguente obbligo gravante anche su detti partecipanti, in assenza di titolo contrario, di concorrere ai lavori di manutenzione straordinaria ed eventualmente di sostituzione dell'ascensore, in rapporto ed in proporzione all'utilità che possono in ipotesi trarne.

Il caso

Il Condominio X richiedeva ed otteneva dal Tribunale di Latina, sezione distaccata di Terracina, decreto ingiuntivo nei confronti della condomina B per il pagamento delle spese dei lavori di sostituzione dell'impianto di ascensore. La condomina B proponeva opposizione al prefato monitorio, eccependo la nullità della ripartizione delle spese in questione operata dall'amministratore, essendo ella proprietaria di locali posti al piano terra ed aventi unico accesso dalla pubblica via e, quindi, non obbligata al pagamento dei lavori di sostituzione dell'ascensore condominiale.

Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 322/2008, accoglie l'opposizione a decreto ingiuntivo e dichiara la nullità della ripartizione delle spese di sostituzione dell'impianto di ascensore, evidentemente operata in violazione dei criteri legali di cui agli artt. 1123 e 1124 c.c.

Il Condominio X propone appello avverso la suddetta sentenza.

La Corte d'Appello capitolina, dopo aver premesso di non condividere il punto della sentenza di primo grado che aveva qualificato nulla (anziché meramente annullabile) la ripartizione delle spese operata dall'amministratore dopo l'assemblea dell'11 settembre 2005, pur non potendo riformare tale profilo in difetto di specifica censura, ha tuttavia evidenziato come il vigente regolamento contrattuale del Condominio X, all'art. 2 e art. 10, comma 3, prevedesse l'appartenenza dell'ascensore “in comproprietà pro indiviso ed indivisibile" a tutti i proprietari di unità immobiliari, ponendo a loro carico in proporzione dei rispettivi valori delle singole porzioni le spese per il rinnovamento o la manutenzione straordinaria dell'impianto di ascensore (stabilendosi, al contrario, l'esonero dall'obbligo di contribuzione per le spese ordinarie e di esercizio dell'ascensore per i condomini che non possono servirsene).

Su tali argomentazioni, la Corte territoriale, con sentenza n. 1559/2017, ha accolto l'appello proposto dal Condominio X negando l'invalidità del piano di riparto per aver esso incluso anche la condomina B fra gli obbligati a concorrere alle spese di sostituzione completa dell'ascensore, pur essendo la stessa proprietaria di locali posti al piano terra ed aventi unico accesso dalla strada pubblica.

Avverso tale sentenza, la condomina B ha proposto ricorso per cassazione, articolato in quattro motivi: 1) con il primo motivo, denuncia la violazione dell'art. 1137 c.c. e la “contraddittorietà processuale della motivazione”, negandosi che l'opposizione a decreto ingiuntivo avesse dedotto una nullità della deliberazione assembleare, essendosi la stessa limitata ad eccepire un contrasto del piano di riparto delle spese di rifacimento dell'ascensore con il regolamento condominiale; 2) il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1366, 1367, 1369 e 1370 c.c. quanto alla interpretazione delle norme del regolamento di condominio relative alla ripartizione delle spese per la sostituzione dell'ascensore (la ricorrente sostiene che le disposizioni regolamentari non contenessero alcuna espressa ed inequivoca previsione di partecipazione alle spese in questione dei proprietari dei locali aventi acceso dalla via pubblica); 3) con il terzo motivo, allega ancora la violazione e falsa applicazione degli artt. 1123, 1124 e 1363 c.c. e dell'art. 8 del regolamento di condominio; 4) infine, con il quarto motivo, censura la violazione e falsa applicazione dell'art. 1117 c.c. e dell'art. 2 del regolamento di condominio.

La questione

Le clausole del regolamento condominiale, contenenti i criteri di ripartizione delle spese sono sindacabili in sede di legittimità?

Le unità immobiliari aventi accesso diretto dalla strada pubblica sono obbligate a contribuire alle spese di manutenzione straordinaria o di sostituzione dell'impianti di ascensore?

Le soluzioni giuridiche

Come più volte ribadito dalla II Sezione della Corte di Cassazione, le disposizioni contenute in un regolamento di condominio hanno natura regolamentare, organizzativa o contrattuale, sicché l'interpretazione o l'applicazione di esse fatta dal giudice del merito non può essere denunciata in sede di legittimità ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., come se si trattasse di violazione o falsa applicazione di norme di diritto, per tali intendendosi soltanto quelle risultanti dal sistema delle fonti dell'ordinamento giuridico.

L'omesso o errato esame di una disposizione del regolamento di condominio da parte del giudice di merito è sindacabile in sede di legittimità solo per inosservanza dei canoni di ermeneutica oppure per vizi logici sub specie del vizio di cui all'art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c.

Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo concernente il pagamento di contributi per spese, il condomino opponente non può far valere questioni attinenti alla annullabilità della delibera condominiale di approvazione dello stato di ripartizione. Tale delibera costituisce, infatti, titolo sufficiente del credito del condominio e legittima non solo la concessione del decreto ingiuntivo, ma anche la condanna del condomino a pagare le somme, data la perdurante efficacia esecutiva della deliberazione assembleare di approvazione della spesa e di ripartizione del relativo onere (Cass. civ., sez. un., 18 dicembre 2009, n. 26629; da ultimo, Cass. civ., sez. II, 23 febbraio 2017, n. 4672).

Il giudice deve quindi accogliere l'opposizione solo qualora la delibera condominiale abbia perduto la sua efficacia, per esserne stata l'esecuzione sospesa dal giudice dell'impugnazione, ex art. 1137, comma 2, c.c., o per avere questi, con sentenza sopravvenuta alla decisione di merito nel giudizio di opposizione ancorché non passata in giudicato, annullato la deliberazione (Cass. civ., sez. II, 14 novembre 2012, n. 19938; Cass. civ., sez. VI, 24 marzo 2017, n. 7741).

Infatti, la Corte di Cassazione ha chiarito, con orientamento che è stato ribadito, come nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di oneri condominiali, il limite alla rilevabilità, anche d'ufficio, dell'invalidità delle sottostanti delibere non opera allorché si tratti di vizi implicanti la loro nullità, trattandosi dell'applicazione di atti la cui validità rappresenta un elemento costitutivo della domanda (Cass. civ., sez. II, 12 gennaio 2016, n. 305).

Una deliberazione adottata a maggioranza di ripartizione degli oneri derivanti dalla manutenzione di parti comuni, in deroga ai criteri di proporzionalità fissati dagli artt. 1123 ss. c.c., va certamente ritenuta nulla, a differenza di quanto argomenta la Corte d'Appello in motivazione, occorrendo a tal fine una convenzione approvata all'unanimità, che sia espressione dell'autonomia contrattuale (Cass. civ., sez. II, 16 febbraio 2001, n. 2301; Cass. civ., sez. II, 4 dicembre 2013, n. 27233; Cass. civ., sez. II, 4 agosto 2017, n. 19651).

La nullità di una siffatta delibera può, quindi, essere fatta valere anche nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione dei discendenti contributi condominiali, trattandosi di vizio che inficia la stessa esistenza della deliberazione assembleare di approvazione della spesa (esistenza che il giudice dell'opposizione deve comunque verificare) e che rimane sottratto al termine perentorio di impugnativa di cui all'art. 1137 c.c.

Si ha allora riguardo, nella specie, alla ripartizione delle spese di completa sostituzione dell'impianto di ascensore condominiale.

Il costante orientamento interpretativo della Corte di Cassazione ha più volte affermato - nella vigenza della disciplina, qui operante, antecedente alla riformulazione dell'art. 1124 c.c. introdotta dalla l. n. 220/2012, ove espressamente si contempla l'intervento di sostituzione degli ascensori - che, a differenza dell'installazione ex novo di un ascensore in un edificio in condominio, le cui spese vanno suddivise secondo l'art. 1123 c.c., ossia proporzionalmente al valore della proprietà di ciascun condomino, quelle relative alla manutenzione e ricostruzione dell'ascensore già esistente vanno ripartite ai sensi dell'art. 1124 c.c. (Cass. civ., sez. II, 4 settembre 2017, n. 20713; Cass. civ., sez. II, 25 marzo 2004, n. 5975; Cass. civ., sez. II, 17 febbraio 2005, n. 3264).

Stante l'identità di ratio delle spese di manutenzione e di ricostruzione delle scale ex art. 1124 c.c. e delle spese relative alla conservazione e alla manutenzione dell'ascensore già esistente, deve dirsi che, al pari delle scale, l'impianto di ascensore, in quanto mezzo indispensabile per accedere al tetto ed al terrazzo di copertura, riveste la qualità di parte comune - tant'è che, dopo la l. n. 220/2012, esso è espressamente elencato nell'art. 1117, n. 3), c.c., anche relativamente ai condomini proprietari di negozi o locali terranei con accesso dalla strada, poiché pure tali condomini ne fruiscono, quanto meno in ordine alla conservazione e manutenzione della copertura dell'edificio, con conseguente obbligo gravante anche su detti partecipanti, in assenza di titolo contrario, di concorrere ai lavori di manutenzione straordinaria ed eventualmente di sostituzione dell'ascensore, in rapporto ed in proporzione all'utilità che possono in ipotesi trarne (v., in tema di scale, Cass. civ., sez. II, 20 aprile 2017, n. 9986; Cass. civ., sez. II, 10 luglio 2007, n. 15444; Cass. civ., sez. II, 6 giugno 1977, n. 2328).

Come tutti i criteri legali di ripartizione delle spese condominiali, anche quello di ripartizione delle spese di manutenzione e sostituzione degli ascensori può essere derogato, ma la relativa convenzione modificatrice della disciplina legale di ripartizione deve essere contenuta o nel regolamento condominiale (che perciò si definisce di “natura contrattuale”), o in una deliberazione dell'assemblea che venga approvata all'unanimità, ovvero col consenso di tutti i condomini (Cass. civ., sez. II, 4 agosto 2016, n. 16321; Cass. civ., sez. II, 17 gennaio 2003, n. 641; Cass. civ., sez. II, 19 marzo 2010, n. 6714; Cass. civ., sez. II, 27 luglio 2006, n. 17101; Cass. civ., sez. II, 8 gennaio 2000, n. 126).

Deve dirsi in tal senso corretta la decisione della Corte d'Appello di Roma, la quale ha escluso che la condomina B potesse dirsi esonerata dalla spesa intimatale in sede monitoria, non avendo rinvenuto nel regolamento del Condominio X alcuna esplicita disciplina convenzionale che differenziasse tra loro gli obblighi dei partecipanti di concorrere agli oneri di manutenzione e sostituzione degli ascensori, attribuendo gli stessi secondo criteri diversi da quelli scaturenti dall'applicazione degli artt. 1124, 1123, 1117 e 1118 c.c.

È perciò evidente l'errore di prospettiva della ricorrente, la quale si duole nelle sue censure dell'interpretazione delle clausole del regolamento del Condominio X prescelta dalla Corte d'Appello, e contesta che non sia in esse ravvisabile il fondamento del suo obbligo di partecipazione alla spesa di sostituzione dell'ascensore, laddove il fondamento di tale obbligo discende direttamente dalla legge, e le clausole regolamentari analizzate, secondo la plausibile interpretazione privilegiata dai giudici del merito, non contengono, al contrario, alcuna convenzione espressa che deroghi alla disciplina codicistica.

Per queste ragioni, il ricorso è stato rigettato e la ricorrente condannata a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio di cassazione.

Osservazioni

Le motivazioni della sentenza annotata circa l'efficacia esecutiva in sede monitoria del piano di riparto delle spese condominiali, approvato dall'assemblea, fino ad un eventuale provvedimento di sospensione da parte del giudice dell'impugnazione del relativo deliberato, sono pienamente condivisibili, così come le conclusioni circa il potere del giudice dell'opposizione di disapplicare la deliberazione condominiale affetta da nullità, perché semmai adottata in violazione dei criteri legali di cui agli artt. 1123 ss. c.c.

Non appare, invece, condivisibile il breve, ma significativo intervento della Suprema Corte circa l'estendibilità degli obblighi contributivi per le spese di manutenzione straordinaria o di sostituzione dell'impianto di ascensore alle unità immobiliari aventi accesso diretto dalla pubblica strada, in quanto contraria ad un'adeguata e corretta interpretazione del dato normativo.

Come si è più volte ribadito, il legislatore del 1942 nel disciplinare i criteri ripartizione delle spese per ogni tipo di manutenzione o innovazione in condominio, data la specialità della materia rispetto all'intero codice civile, ritenendo che il c.d. criterio della “proprietà” dei beni condominiali non potesse pienamente soddisfare le esigenze di ogni fattispecie, stabilì che due dei tre criteri riportati nell'art. 1123 del codice facessero riferimento esclusivamente all'uso e alla utilità di ciascun condominio, a prescindere dall'imputazione dei diritti di comproprietà (Cass. civ., sez. II, 13 luglio 1996, n. 6359; Cass. civ., sez. II, 29 aprile 1993, n. 5064; Cass. civ., sez. II, 18 novembre 1987, n. 8484), senza necessariamente sfociare nell'ulteriore fattispecie, di chiara creazione giurisprudenziale, del c.d. condominio parziale (Cass. civ., sez. II, 2 febbraio 1995, n. 1255).

Così il comma 3 della citata norma riferisce testualmente che «qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell'intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità».

Il successivo art. 1124 c.c., rubricato a seguito della riforma «Manutenzione e sostituzione delle scale e degli ascensori», applicabile ad ogni tipo di manutenzione, sia ordinaria sia straordinaria di detti beni condominiali, ivi compresa la totale ed integrale ricostruzione delle scale e sostituzione dell'ascensore, nella prima parte del suo primo comma, riprendendo sostanzialmente il concetto del rapporto di “servizio” o dipendenza e strumentalità tra unità immobiliari ed i beni condominiali, esordisce affermando che «le scale e gli ascensori sono mantenuti e sostituiti dai proprietari delle unità immobiliari a cui servono».

I due termini della connessione strumentale cui fa riferimento la norma sono senza dubbio le scale o gli ascensori, da una parte, e le singole unità immobiliari, dall'altra. Per questa ragione non è neppure immaginabile che il legislatore abbia con questa disciplina voluto valorizzare il possibile, e in alcuni casi improbabile, nesso esistente tra tre elementi dell'edificio in condominio, ovvero le singole unità immobiliari, scale o ascensori e la copertura del fabbricato.

Il rispetto delle regole di ermeneutica impone all'interprete e al giurista di non far dire alla norma qualcosa che essa non contiene e che neanche indirettamente vuole esprimere con applicazioni autoritativamente dimidiate dell'art. 1124 c.c., che finirebbe per diventare una norma sostanzialmente nuova e diversa, come nel caso della ripartizione delle spese di pulizia ed illuminazione delle scale (Cass. civ., sez. II, 12 gennaio 2007, n. 432; Cass. civ., sez. II, 15 gennaio 2001, n. 483; Cass. civ., sez. II, 3 ottobre 1996, n. 8657).

Chiarito che il presupposto ineludibile che fa sorgere l'obbligo di contribuzione alle spese di manutenzione ordinaria e straordinaria delle scale e dell'ascensore si rinviene nel rapporto di servizio tra le singole unità immobiliari e detti beni condominiali, la seconda parte del comma 1 dell'art. 1124 c.c. specifica che «la spesa relativa è ripartita tra essi, per metà in ragione del valore delle singole unità immobiliari e per l'altra metà esclusivamente in misura proporzionale all'altezza di ciascun piano dal suolo”. In questo modo, la giusta metà delle spese viene imputata tra le unità immobiliari che se ne servono in ragione del valore della proprietà, con l'implicito richiamo del comma 1 dell'art. 1123 c.c., mentre la seconda metà in ragione del criterio dell'uso, di cui al secondo comma del medesimo articolo del codice.

Nella lettura critica della pronuncia in commento, appare decisivo il comma 2 dell'art. 1124 c.c. in base al quale «al fine del concorso nella metà della spesa, che è ripartita in ragione del valore, si considerano come piani le cantine, i palchi morti, le soffitte o camere a tetto e i lastrici solari, qualora non siano di proprietà comune», con la conseguenziale esclusione dalla contribuzione per qualsiasi tipo di manutenzione, sia delle scale sia degli ascensori, dei lastrici solari di proprietà comune o condominiali.

Per questo, non si giustifica affatto la soluzione adottata dalla Suprema Corte, la quale vorrebbe un concorso alle sole spese di manutenzione straordinaria o di sostituzione dell'ascensore delle unità immobiliari, che pur non avendo con esso un diretto rapporto di servizio, ne trarrebbero comunque un vantaggio indiretto in quanto mezzo indispensabile per accedere al tetto ed al terrazzo di copertura”, probabilmente condominiali.

La soluzione interpretativa della Cassazione avrebbe delle ulteriori difficoltà applicative nel caso in cui la copertura dell'edificio condominiale non fosse assolutamente raggiungibile per mezzo dell'ascensore per veri e propri impedimenti strutturali, ovvero qualora esso non consentisse affatto l'accesso od il collegamento al terrazzo od al tetto del palazzo, semmai accessibili da una scala di servizio.

Emerge, dunque, che per ripartire correttamente le spese dell'impianto di ascensore occorre fare applicazione, in primo luogo, del regolamento contrattuale e delle tabelle millesimali in esso contenute (che nella stragrande maggioranza dei casi non prevedono la partecipazione del piano terra) e poi dei criteri legali di ripartizione del codice civile, tenendo conto «più che delle massime riportate nelle riviste giuridiche, delle concrete fattispecie» (Visco, Le case in condominio, vol. II, 752).

È, altresì, discutibile che possa essere utile a sostenere la tesi dell'obbligo contributivo a carico delle unità immobiliari che hanno ingresso esclusivo dalla strada pubblica l'inclusione dell'ascensore, dopo l'entrata in vigore della l. n. 220/2012, nel n. 3) dell'art. 1117 c.c., perché anche detta norma ritiene di proprietà comune “i manufatti di qualunque genere destinati all'uso comune”, così valorizzando sempre il vincolo di destinazione dei beni condominiali in questione.

Per questo motivo, la giurisprudenza e la dottrina in tema di ripartizione delle spese di manutenzione ordinaria o straordinaria e di ricostruzione delle scale (in verità anch'essa molto discutibile), pur riconoscendo numerose analogie con quelle sull'impianto di ascensore non possono essere mutuate, e ciò al fine di evitare un esito infelice come nel caso che ci occupa, difficilmente rimediabile con un intervento chiarificatore del nostro malandato legislatore, che in questo caso pare essere ancora comprensibile.

Possiamo, quindi, concludere che, salvo diversa convenzione: a) l'art. 1124 c.c. prevede la contribuzione alle spese di manutenzione e di sostituzione dell'ascensore o ricostruzione delle scale solo delle unità immobiliari a cui detti beni condominiali servono (per la conformazione, struttura o funzione della cosa), limitando la contribuzione di cantine, palchi morti, soffitte o camere a tetto e dei lastrici solari di uso o proprietà esclusiva alla sola metà delle spese ripartite in base al criterio del valore della proprietà; b) le coperture o i lastrici solari di proprietà comune o condominiale non contribuiscono alle spese di manutenzione delle scale e degli ascensori, perché non devono essere considerati come piani, ossia è lo stesso legislatore a non valorizzare l'eventuale rapporto di servizio tra coperture condominiali e le scale o gli ascensori.

Guida all'approfondimento

Salis, Il condominio negli edifici, Torino, 1959, 195;

Peretti Griva, Il condominio delle case divise in parti, Torino, 1960, 350;

Visco, Le case in condominio, Milano, 1967, 744;

Branca, Condominio negli edifici, in Commentario del codice civile a cura di Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1982, 489;

Terzago, Il condominio. Trattato teorico-pratico, Milano, 2015, 602;

Celeste - Scarpa, Il condominio negli edifici, Milano, 2017, 940;

Triola, Il nuovo condominio, Torino, 2017, 781;

Celeste, Codice del condominio, Milano, 2018, 507.

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