Inapplicabile l'art. 156 c.c. al mancato pagamento del mantenimento per il figlio non matrimoniale

Edoardo Rossi
04 Gennaio 2019

Qual è lo strumento da utlizzare per obbligare il terzo, creditore del genitore inadempiente, a corrispondere direttamente all'altro genitore quanto stabilito per il mantenimento di un figlio nato fuori dal matrimonio?
Massima

Il disposto dell'art. 156, comma 6, c.c. è inapplicabile nel caso di mancato pagamento del contributo al mantenimento in favore del figlio da parte di genitore non coniugato, dovendo invece trovare applicazione l'art. 3, comma 2, l. n. 219/2012, con attribuzione all'avente diritto del potere di agire in via stragiudiziale, senza necessità dell'intervento del giudice.

Il caso

A seguito di ricorso con cui Tizia chiedeva l'applicazione dell'art. 156, comma 6, c.c. e conseguentemente l'ordine al terzo, datore di lavoro dell'inadempiente, di versamento diretto del contributo dovuto dall'obbligato a titolo di contributo al mantenimento per il figlio nato fuori dal matrimonio, il Tribunale di Milano rigettava la richiesta, ritenendo non applicabile detta norma nel caso di figli nati fuori del matrimonio. A seguito di reclamo depositato dalla creditrice, la Corte d'appello di Milano rigettava il reclamo, condividendo integralmente le motivazioni già espresse dal Tribunale nel giudizio di primo grado.

La questione

Ci si chiede quale sia lo strumento per obbligare il terzo, creditore del genitore inadempiente, a corrispondere direttamente all'altro genitore quanto stabilito per il mantenimento di un figlio nato fuori del matrimonio.

Le soluzioni giuridiche

La Corte d'appello di Milano, nella pronuncia in commento, ritiene che il procedimento ex art. 156, comma 6, c.c. debba trovare esclusivamente applicazione nei casi di separazione di genitori coniugati, mentre la fattispecie in esame, concernente il mancato adempimento dell'obbligo di mantenimento del figlio riconosciuto da parte di genitore non coniugato, debba essere disciplinata dalle disposizioni di cui alla legge n. 219/2012 (cd. decreto filiazione) e specificamente dall'art. 3, comma 2, l. n. 219/2012 il quale sancisce che «il giudice può ordinare ai terzi, tenuti a corrispondere anche periodicamente somme di danaro all'obbligato, di versare le somme dovute direttamente agli aventi diritto, secondo quanto previsto dall'art. 8, comma 2 ss., legge 1 dicembre 1970, n. 898» (legge divorzile). Detta norma - nella sua infelice formulazione - richiama, per un verso, l'istituto della legge divorzile, ma per altro verso fa riferimento al sistema di garanzie previsto per il procedimento di separazione coniugale: le differenze tra i due istituti sono sostanziali ed evidenti. In materia di separazione, infatti, l'iter che determina il cosiddetto ordine di distrazione al terzo “debitor debitoris” di parte dei crediti spettanti al genitore obbligato al versamento dell'assegno di mantenimento, fa capo - ai sensi dell'art. 156, comma 6, c.c. - ad un provvedimento giudiziale in cui la distrazione stessa è costituita per effetto della decisione del giudice, mentre nel rito divorzile la situazione è del tutto diversa, in quanto - in caso di inadempimento - non è previsto l'intervento del giudice. In tale ultimo caso, la legge prescrive che sia lo stesso beneficiario interessato a rivolgersi al terzo dopo la costituzione in mora del coniuge onerato richiedendo il versamento diretto dell'assegno (dandone contestualmente notizia all'inadempiente). Ove poi il terzo non adempia, l'interessato ha azione esecutiva diretta nei suoi confronti per il recupero del dovuto. In sede divorzile è pertanto prevista un'azione diretta dell'interessato, assoggettata ad una serie di adempimenti (messa in mora del debitore, notifica del titolo al terzo con raccomandata, comunicazione al debitore dell'avvenuta notifica al terzo con invito a provvedere direttamente).

L'ultimo comma dell'art. 8 l. div. fa salva la possibilità per l'interessato di richiedere al giudice - ove sorga il pericolo di inadempimento (e quindi già prima dell'inadempimento) - il sequestro dei beni dell'obbligato. Pertanto anche la disciplina del sequestro è differenziata tra separazione e divorzio, prevedendosi per la separazione, quale presupposto del sequestro, l'inadempimento, mentre per il divorzio è sufficiente il pericolo di inadempimento (che fa scattare la possibilità di un sequestro che in sede divorzile ha quindi natura cautelativa e non sanzionatoria).

Occorre segnalare che gli indirizzi giurisprudenziali sono diversi e non univoci nell'interpretazione della norma di cui all'art. 3, comma 2, legge n. 219/2012.

La Corte d'appello di Milano ha di fatto confermato una costante giurisprudenza del Tribunale ordinario che si era già in precedenza pronunciato sul medesimo argomento. Con decreto 24 aprile 2013, infatti, il Tribunale di Milano aveva dichiarato l'inammissibilità della domanda proposta dall'avente diritto per ottenere il provvedimento di distrazione a mezzo dell'intervento giudiziale, ritenendo non necessario procedere all'instaurazione di procedimento giudiziale alcuno.

La Corte d'appello, facendo proprie le motivazioni del Tribunale ordinario, dà un'interpretazione correttiva a quanto dispone l'art. 3 legge n. 219/2012, ritenendo predominante il richiamo all'art. 8 l. div. rispetto alla previsione che l'ordine debba provenire dal giudice, interpretazione che viene avvalorata in ragione dei principii di economia e semplificazione processuale, nonché per evitare disparità di trattamento tra figli matrimoniali e figli non matrimoniali. L'ordine al terzo, debitore del genitore inadempiente, di versare quanto da lui dovuto nelle mani dell'altro genitore per il mantenimento del figlio minore è pertanto un ordine stragiudiziale, che viene formulato dal creditore della prestazione di mantenimento.

Diametralmente opposta una decisione del Tribunale di Bari (Trib. Bari, sez. I civ., 25 marzo 2014) secondo cui spetta sempre al Giudice l'adozione degli strumenti di garanzia dei crediti in questione. La decisione riguardava una madre di un figlio minore nato al di fuori del matrimonio, la quale chiedeva al Tribunale - ex art. 3 legge n. 219/2012 - di ordinare, con effetto immediato, al datore di lavoro del padre del suddetto minore, il versamento diretto del contributo al mantenimento del figlio, posto a carico del padre resosi inadempiente. Il Tribunale di Bari rigettava l'eccezione di inammissibilità della domanda sollevata dal convenuto, affermando che il richiamato art. 3 legge n. 219/2012 prevede espressamente, in caso di richiesta di versamento diretto da parte del terzo, che vi sia un apposito provvedimento del Giudice, con un preciso comando giurisdizionale, in quanto il soggetto dell'art. 3 legge n. 219/2012 è sempre il Giudice e conseguentemente, la stessa voluntas legis è indirizzata ad esigere che l'adozione di tutti gli strumenti di garanzia dei crediti in questione passi attraverso la garanzia giurisdizionale di cognizione. La domanda, pertanto, veniva dichiarata fondata.

Di parere diverso, quasi ad indicare un “tertium genus”, è la decisione del Tribunale di Roma, sez. I, 7 gennaio 2015.

Il Tribunale, chiamato a decidere in merito all'applicazione dell'ordine di pagamento diretto ex art. 156, comma 6, c.c., ha chiarito che l'unico strumento utilizzabile a garanzia dell'assegno di mantenimento per la prole non è né quello dell'ordine di pagamento diretto previsto a tutela dell'assegno per il coniuge separato (art. 156, comma 6, c.c.), né quello previsto a tutela dell'assegno per il coniuge divorziato (art. 8 l. n. 898/1970), bensì quello introdotto dall'art. 3 l. n. 219/2012. Il Tribunale di Roma ha optato quindi per una diversa soluzione, stabilendo che l'art. 3 l. n. 219/2012 configuri un modello completamente nuovo, applicabile a garanzia degli assegni di mantenimento dovuti per tutti i figli, indipendentemente dalla relazione tra i genitori.

Tale modello prevede:

- il pregresso inadempimento dell'obbligato;

- il ricorso al Giudice che può emettere l'ordine;

- l'azionabilità, una volta ottenuto l'ordine giudiziale di distrazione, della procedura di cui all'art. 8 l. n. 898/1970, con la conseguente possibilità di azione esecutiva diretta nei confronti del terzo inadempiente.

Osservazioni

La disciplina delle garanzie poste a tutela delle obbligazioni di mantenimento a favore dell'ex coniuge e/o dei figli non è uniforme. Come su evidenziato, in caso di inadempimento alle obbligazioni di separazione, è infatti necessario l'intervento del giudice ex art. 156 c.c., mentre per il medesimo obbligo disposto in sede divorzile è lo stesso beneficiario interessato a pretendere il versamento diretto di quanto dovuto ex art. 8 legge n. 898/1970.

L'introduzione dell'art. 3 legge n. 219/2012 ha poi creato diversi dubbi interpretativi sull'effettivo ambito di applicazione. L'orientamento prevalente limita infatti il richiamo alla nuova normativa alla tutela dei soli figli nati fuori dal matrimonio, mentre una parte della dottrina ritiene trattarsi di norma di carattere generale, introdotta non solo per colmare una lacuna con riferimento alla filiazione naturale, ma applicabile in tutti i casi, unificando la tutela per tutti i figli, sia in sede di separazione, sia in sede di divorzio e sia in caso di filiazione fuori dal matrimonio, con conseguente abrogazione tacita delle norme che, nella separazione e nel divorzio regolano il sistema della tutela patrimoniale anche dei figli.

L'infelice formulazione dell'art. 3, comma 2, legge n. 219/2012 rende poi incerte le modalità con le quali l'avente diritto possa rivolgere al terzo l'ordine di pagamento. Invero, soltanto interpretando la nuova norma alla luce di quanto dispone la legge sul divorzio, a cui essa fa peraltro espresso riferimento, si può evitare una disparità di trattamento tra figli matrimoniali e figli non matrimoniali, una disparità in aperta contraddizione con la ratio ispiratrice della legge sulla filiazione, con la quale sono state eliminate quelle differenze che trovavano giustificazione nella natura del vincolo o del rapporto che intercorre tra i genitori.

Alla luce delle suesposte riflessioni, pare preferibile la lettura che della norma è stata avanzata dalla giurisprudenza milanese, considerato che il rinvio operato alla disciplina di cui all'art. 8 l. div. non può avere altro significato che quello di aprire la strada ad una interpretazione che favorisca l'accesso alla via stragiudiziale per la formulazione dell'ordine di pagamento nei confronti del terzo debitor debitoris.

Guida all'approfondimento

F. Danovi, La crisi della famiglia. Il processo di separazione e divorzio, in Trattato di diritto civile e commerciale, già diretto da Cicu - Messineo - Mengoni, continuato da Schlesinger, IV, Milano, 2015, 688;

G. Servetti Le garanzie patrimoniali nella famiglia. Corresponsione diretta, sequestro, ipoteca, Milano, 2013;

G. Servetti, Garanzia dei provvedimenti patrimoniali in materia di alimenti e mantenimento della prole nell'art. 3 della legge 219/2012, in Dir. fam. pers., 2013, 1521 ss;

G. Buffone, Le novità del “decreto filiazione” Giuffrè, 2014;

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