Con la nuova famiglia di fatto viene meno il diritto al mantenimento anche in caso di separazione

Redazione Scientifica
09 Gennaio 2019

L'instaurazione di un nuovo aggregato familiare di fatto da parte del coniuge beneficiario dell'assegno di mantenimento comporta la rottura tra il preesistente tenore di vita e il nuovo assetto fattuale, di rilievo costituzionale in quanto voluto e cercato dal coniuge stesso.

Il caso. Tizia ha presentato ricorso avverso la sentenza con cui la Corte d'appello di Perugia aveva revocato l'assegno di mantenimento corrisposto da Caio in suo favore in considerazione del fatto che la stessa aveva instaurato una nuova famiglia di fatto.

La nuova famiglia di fatto esclude il proseguo del mantenimento. La Suprema Corte si allinea al suo consolidato orientamento secondo cui anche in tema di separazione dei coniugi, la convivenza stabile e continuativa, intrapresa con un'altra persona può comportare la cessazione dell'obbligo di corrispondere l'assegno di mantenimento che grava sull'altro.

Tale conseguenza trova la sua giustificazione nel principio di autoresponsabilità, «ossia nel compimento di una scelta consapevole e chiara, orgogliosamente manifestata con il compimento di fatti inequivoci» per aver dato luogo a una unione stabile e continuativa «che si è sovrapposta con effetti di ordine diverso, al matrimonio, sciolto o meno che sia».

In caso di separazione legale dei coniugi e di formazione di un nuovo nucleo familiare di fatto da parte del coniuge beneficiario del mantenimento, indipendentemente dalla risoluzione del rapporto coniugale, avviene una rottura tra il preesistente modello di vita e il nuovo assetto fattuale di rilievo costituzionale in quanto espressamente voluto e cercato dal coniuge beneficiario della solidarietà (ancora) coniugale.

La ricerca, la scelta e il concreto perseguimento di un diverso assetto di vita familiare da parte del beneficiario «fa scaturire un riflesso incisivo dello stesso diritto alla contribuzione periodica, facendola venire meno».

A nulla rileva la possibilità che i coniugi non divorziati possano astrattamente ricomporre la propria vita in comune in seguito a un ripensamento: anche in questo caso l'assegno non rivivrebbe ma tornerebbe a operare il precedente assetto di vita caratterizzato dalla ripresa della convivenza.

Per questi motivi, la Cassazione respinge il ricorso.

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