Violazione degli obblighi di assistenza familiare: il reato non sussiste se il figlio è maggiorenne

Redazione Scientifica
14 Gennaio 2019

La Cassazione penale, Sez. VI, con sentenza n. 1342, depositata l'11 gennaio 2019, ha affermato che non può ritenersi integrato il reato di cui all'art. 570 c.p., Violazione degli obblighi di assistenza familiare, quando il figlio è maggiorenne. Tale soluzione, a parere del Supremo Collegio, è imposta dal tenore letterale della norma di riferimento, che al comma 2, n. 2 incrimina...

La Cassazione penale, Sez. VI, con sentenza n. 1342, depositata l'11 gennaio 2019, ha affermato che non può ritenersi integrato il reato di cui all'art. 570 c.p., Violazione degli obblighi di assistenza familiare, quando il figlio è maggiorenne.

Tale soluzione, a parere del Supremo Collegio, è imposta dal tenore letterale della norma di riferimento, che al comma 2, n. 2 incrimina la condotta di chi «fa mancare i mezzi di sussistenza al ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro […]».

Pertanto, motivano i giudici di legittimità «non integra il reato in parola la mancata corresponsione dei mezzi di sussistenza a figli maggiorenni non inabili a lavoro, anche se studenti: l'onere di prestare i mezzi di sussistenza, penalmente sanzionato, ha infatti un contenuto soggettivamente e oggettivamente più ristretto di quello delle obbligazioni previste dalla legge civile, potendo sussistere la fattispecie delittuosa di cui all'art. 388 c.p. qualora ricorrano i requisiti previsti da tale norma».

Nel caso di specie la Corte d'appello di Ancona, confermando la sentenza del tribunale di Ascoli piceno, condannava il ricorrente per il reato di cui all'art. 570, comma 2, n. 2 c.p. per aver omesso di versare le somme stabilite dal giudice in favore della figlia. L'imputato presentava ricorso in Cassazione lamentando a) la violazione di legge e il vizio di motivazione per aver la Corte d'appello erroneamente omesso di qualificare il fatto ai sensi dell'art. 388 c.p., Mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice; b) l'errata applicazione dell'art. 570 c.p. per aver la Corte d'appello integrato il reato nonostante la figlia maggiorenne avesse liberamente scelto di abbandonare il domicilio domestico dopo la morte della madre e avesse raggiunto una condizione di autosufficienza economica.

La Sez. VI della Cassazione penale, per i suddetti motivi, ha dichiarato il secondo motivo fondato e assorbente rispetto al primo, ritenendo insussistenti i presupposti per la configurazione dell'incriminazione, in quanto alla data dell'inizio del delitto permanente la figlia era già maggiorenne e non inabile al lavoro, dato che svolgeva un lavoro con contratto part-time.

La sentenza oggetto dell'impugnazione è stata pertanto annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste.

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