Mutamento del giudice: il malfunzionamento delle realtà giudiziali può derogare alla rinnovazione dibattimentale?

Maria Hilda Schettino
14 Gennaio 2019

Il tema della rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale a seguito del mutamento del giudice-persona fisica è da sempre fonte di dubbi interpretativi, nonostante sul punto si siano pronunciate sia la Corte costituzionale che le Sezioni unite penali. l dibattito sorto in materia tra gli operatori del diritto ha visto contrapporsi...
Massima

Il tribunale ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 525, comma 2, 526, comma 1, e 511 c.p.p. affinché la Consulta valuti se i medesimi siano costituzionalmente illegittimi, in relazione all'art. 111 Cost., ove interpretati nel senso che, ad ogni mutamento della persona fisica di un giudice, la prova possa ritenersi legittimamente assunta solo se i testimoni già sentiti nel dibattimento depongano nuovamente in aula davanti al giudice-persona fisica che deve deliberare o se, invece, ciò debba valere solo allorquando non siano violati i principi costituzionali della effettività e della ragionevole durata del processo.

Il caso

Tra il 2007 e il 2009, i dirigenti di una azienda italiana venivano rinviati a giudizio innanzi al tribunale di Siracusa perché imputati dei reati di associazione per delinquere finalizzata ai delitti di interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità ed estorsione - previsti dagli artt. 416, 340 e 629 c.p. - in danno di alcuni lavoratori dipendenti, che si costituivano parte civile nel processo penale.

L'attività istruttoria aveva inizio nel 2010 ma, due anni più tardi, quando la maggior parte dei testi era stata sentita in dibattimento, il collegio giudicante subiva una prima modifica nella sua composizione.

A fronte del mancato consenso della difesa alla rinnovazione mediante lettura delle dichiarazioni rese davanti al precedente collegio, nelle udienze fissate tra il 2013 e il 2014, venivano ascoltati alcuni testi nuovi e altri già escussi in precedenza. Dal 2015 al 2018 il collegio giudicante subiva altre frequenti modifiche nella sua composizione e, ogni volta, per il diniego del consenso degli avvocati difensori alla lettura delle dichiarazioni già assunte, i testi venivano citati nuovamente. Tuttavia, il tribunale rilevava come, a richiesta del pubblico ministero, i testi si limitavano a confermare le dichiarazioni già rese alle udienze anteriori, mentre i difensori, che avevano chiesto la nuova citazione, non facevano alcuna domanda. All'ultima udienza del febbraio 2018, a fronte di un ulteriore mutamento nella composizione del collegio, il pubblico ministero evidenziava come ormai molte delle fattispecie contestate fossero prescritte e come fosse prossima la prescrizione delle restanti. Poiché anche in tale ultima occasione i difensori negavano il consenso alla rinnovazione mediante lettura, l'interpretazione letterale della norma avrebbe comportato la nuova citazione di tutti i testi che avevano già deposto, con la conseguente e inevitabile prescrizione definitiva di tutti i reati e l'insanabile pregiudizio anche delle istanze civilistiche delle parti civili. Per tale ragione, il Tribunale si rivolgeva alla Corte costituzionale al fine di valutare la legittimità di una interpretazione costituzionalmente orientata degli artt. 525, comma 2, 526, comma 1, e 511 c.p.p. – in forza dell'art. 111 della Cost. – tale da consentire di dare lettura alle dichiarazioni già rese e pervenire ad una pronuncia sul merito.

La questione

Ritenendo rilevante l'eccezione proposta dal pubblico ministero circa l'illegittimità costituzionale degli artt. 525, comma 2, 526, comma 1, e 511 c.p.p., in relazione all'art. 111 Cost., con l'ordinanza in commento il tribunale di Siracusa ha sollevato una questione di legittimità costituzionale in tema di mutamento del giudice e rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale.

Le soluzioni giuridiche

Nel rinviare alla Corte costituzionale la soluzione del quesito di legittimità precedentemente emarginato, il tribunale di Siracusa fornisce una “propria” interpretazione costituzionalmente orientata delle norme citate. In particolare, si sostiene nell'ordinanza in commento come gli artt. 525, comma 2, e 526, comma 1, c.p.p. siano «convenzionalmente intesi come fonte dell'obbligo di sentire nuovamente i testimoni già assunti perché letti alla luce dei principi di oralità e immediatezza» (non espressamente menzionati nella Costituzione ma da essa pacificamente ricavabili) che, come è noto, impongono la rinnovazione dell'istruttoria nel caso di mutamento del giudice-persona fisica.

Tuttavia tali principi, secondo i giudici, non sono gli unici su cui si fonda il diritto processual-penalistico e talvolta possono entrare in conflitto con altri interessi fondamentali dell'ordinamento come in primo luogo, nel caso di specie, il principio della ragionevole durata del processo previsto dall'art. 111, comma 2, Cost. Di conseguenza, quando ciò si verifica, l'ordinamento impone che sia compiuto il c.d. bilanciamento in virtù del quale la portata applicativa di un principio viene temperata dall'esigenza di rispettare un altro interesse confliggente, purché dotato di pari rilievo.

In altri termini, ad avviso del collegio giudicante, l'attuale interpretazione delle citate disposizioni del codice di procedura penale, pur rispettosa di alcuni principi fondamentali desumibili in via interpretativa, permette che, a seguito dei potenzialmente infiniti mutamenti del giudice-persona fisica, il processo debba ripartire dall'apertura del dibattimento un infinito numero di volte e, pertanto, che esso abbia una durata infinita, in violazione del citato art. 111, comma 2, Cost.

Essendo questa una situazione che l'ordinamento non può tollerare, il Collegio propone una lettura costituzionalmente orientata delle norme processuali attraverso un bilanciamento che consenta di salvaguardare i principi di oralità e immediatezza, nel rispetto della ragionevole durata del processo penale. E, secondo il tribunale, tale bilanciamento è garantito soltanto qualora, a seguito del mutamento del giudice-persona fisica, sia possibile (e anzi doveroso) sentire nuovamente i testimoni già esaminati dinanzi al precedente giudicante, purché - come richiesto dalla c.d. legge Pinto - venga rispettato il limite massimo dei tre anni ritenuti ragionevoli per lo svolgimento del giudizio di primo grado. Viceversa, una volta superato tale limite, la prova testimoniale già validamente assunta nel contraddittorio delle parti dinanzi ad un giudice terzo ed imparziale, non potrà essere ripetuta e di essa dovrà essere data lettura ai sensi dell'art. 511 c.p.p.

I giudici rilevano, inoltre, come nel procedimento de quo la richiesta della difesa di procedere alla nuova audizione dei testi davanti al collegio giudicante - per garantire il rispetto del principio dell'oralità - si sia risolta nell'espletamento di una sterile formalità che ha avuto l'unico effetto di allungare i tempi processuali fino alla prescrizione dei reati, paventando una violazione del principio generale di divieto di abuso del diritto, inteso quale abuso del processo.

Inoltre, con riguardo alla prova testimoniale, i giudici evidenziano che una volta rispettato, nella sua prima assunzione, il principio fondamentale del contraddittorio sancito dall'art. 111, comma 4, Cost., essa deve ritenersi legittimamente acquisita, ragion per cui i relativi verbali, che a pieno titolo si trovano all'interno del fascicolo del dibattimento, possono formare oggetto di lettura ex artt. 511 ss. c.p.p.

Del resto, la circostanza che il giudice decidente sia una persona diversa da quella che ha condotto l'esame testimoniale, è una situazione che l'ordinamento ammette pacificamente, purché sia rispettato il fondamentale principio del contraddittorio nella assunzione della prova, come nelle ipotesi di incidente probatorio (artt. 392 ss. c.p.p.) o di acquisizione di verbali di prove di altri procedimenti (art. 238 c.p.p.), in cui il principio dell'oralità è legittimamente derogato.

Ma vi è di più. Secondo i giudici remittenti, il diritto di esaminare nuovamente i testimoni già sentiti, deve conciliarsi non solo con il principio di ragionevole durata del processo ma anche con un altro principio di portata costituzionale ovvero quello della effettività del giudizio.

Orbene, il tribunale pone l'accento sul fatto che nelle realtà periferiche del Paese - come è quella di Siracusa -, la persona fisica del giudice cambia continuamente. Ciò è dovuto sia alla circostanza che i giudici siano solitamente di prima nomina e, maturato il termine, vengano trasferiti altrove, sia alla circostanza che vi siano continuamente vuoti da coprire e spostamenti interni per fare fronte alle diverse emergenze, sia alle maternità che giocano un ruolo determinante nelle piccole sedi con giudici di prima nomina.

Tutti questi elementi fanno sì che sia sostanzialmente impossibile che un processo complesso possa essere iniziato e portato a termine dagli stessi giudici, per cui il rispetto formale e categorico del principio dell'oralità in queste realtà determina l'oggettiva impossibilità che il processo possa essere definito, con inevitabile pregiudizio delle ragioni delle persone offese e con un inutile enorme dispendio delle attività processuali.

Una tale oggettiva compromissione della funzione del giudizio comporta, concludono i giudici, che il principio codicistico dell'oralità debba essere ritenuto subvalente non solo rispetto al principio costituzionale della ragionevole durata posto dal comma 2 dell'art. 111, ma anche al principio della effettività del giudizio, implicito nel comma 1 dell'articolo citato alla stregua del quale la giurisdizione si attua. Così, in una situazione di fatto che non consente la permanenza dello stesso giudice-persona fisica per più di qualche anno nello stesso Tribunale, il rispetto rigoroso dell'oralità comporta matematicamente che la giurisdizione non si attua.

Osservazioni

Il provvedimento che si commenta è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 36 del 12 settembre 2018 e non essendo stato, a oggi, ancora designato un giudice relatore si vogliono qui fornire alcune osservazioni in attesa che la Consulta si pronunci.

Il tema della rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale a seguito del mutamento del giudice-persona fisica è da sempre fonte di dubbi interpretativi, nonostante sul punto si siano pronunciate sia la Corte costituzionale (Corte cost., sent. 3 febbraio 1994, n. 17; Corte cost., ord. 11 dicembre 2001, n. 399; Corte cost., ord. 21 dicembre 2001, n. 431; Corte cost., ord. 15 marzo 2002, n. 59; Corte cost., ord. 10 giugno 2010, n. 205) che le Sezioni Unite Penali (Cass. pen., Sez. unite, 15 gennaio 1999, n. 2).

Il dibattito sorto in materia tra gli operatori del diritto ha visto contrapporsi: da un lato, chi sosteneva la necessità di una nuova escussione dei testimoni innanzi al giudice subentrato e, dall'altro, coloro che ritenevano possibile utilizzare le dichiarazioni già rese ai fini della decisione, attraverso la lettura dei relativi verbali, a prescindere dal consenso delle parti.

Per giungere ad un'equa soluzione del problema occorre premettere che, nel delineare le modalità̀ di formazione della prova nel procedimento penale, il legislatore ha stabilito che il diritto dell'imputato di difendersi provando possa essere garantito solo ove siano rispettati i principi del contraddittorio, dell'oralità e dell'immediatezza.

L'art. 111, comma 2, Cost., infatti, disponendo che ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità̀, davanti a un giudice terzo e imparziale, implica che il confronto dialettico debba svolgersi dinanzi al giudice, che tale dialettica si sviluppi necessariamente in forma orale e che il giudice, spettatore del contraddittorio, sia poi anche quello chiamato ad assumere la decisione nel merito dell'imputazione.

Pertanto, solo qualora il giudice abbia assistito al momento dinamico della prova, potrà effettivamente valutarla ai fini della decisione, poiché avrà potuto cogliere contestualmente, oltre che gradualmente, i diversi aspetti del significato probatorio. Soltanto così, cioè, potrà essere garantito il corretto esercizio della funzione valutativadecisoria, poiché solo dal contatto diretto con la fonte di prova è possibile per il giudice «cogliere tutti i connotati espressivi anche quelli di carattere non verbale, particolarmente prodotti dal metodo dialettico dell'esame e del controesame; connotati che possono rivelarsi utili nel giudizio di attendibilità del risultato probatorio, così da poterne poi dare compiutamente conto nella motivazione ai sensi di quanto previsto dall'art. 546, comma 1, lett. e), c.p.p.»(Corte cost., ord. 10 giugno 2010, n. 205).

Ciò è confermato dal fatto che il comma 2 dell'art. 525 c.p.p. sanziona con la nullità assoluta la sentenza quando alla deliberazione non concorrano gli stessi giudici che hanno partecipato al dibattimento - e acquisito le prove -, esprimendo così proprio i principi di immediatezza della deliberazione e dell'immutabilità del giudice, fondamentali in un sistema processuale imperniato sull'oralità e sull'esame incrociato.

Seguendo questo ragionamento, le Sezioni unite penali (Cass. pen., Sez. unite, 15 gennaio 1999, n. 2) hanno chiarito che, «nel caso di rinnovazione del dibattimento a causa del mutamento della persona del giudice monocratico o della composizione del giudice collegiale, la testimonianza raccolta dal primo giudice non è utilizzabile per la decisione mediante semplice lettura, senza ripetere l'esame del dichiarante, quando questo possa avere luogo e sia stato richiesto da una delle parti».

In quest'ottica, la rinnovazione del dibattimento non è un mero formalismo, ma è un atto dovuto volto a determinare la ripetizione della fase nella quale si forma la prova, in modo che il convincimento del giudice non sia fondato esclusivamente su elementi formatisi in precedenza e dei quali non ha avuto diretta percezione.

Fatta questa premessa, è chiaro che i principi costituzionali di oralità, immediatezza e immutabilità del giudice non possano essere intesi in termini assoluti, ammettendo sì delle deroghe ma nei casi espressamente previsti dal legislatore. In altri termini, stante, la copertura costituzionale assicurata loro dall'art. 111 Cost., gli stessi potranno essere derogati solo attraverso previsioni normative che ne bilancino i contenuti con valori contrapposti da garantire, come accade proprio nelle ipotesi di incidente probatorio e di acquisizione di verbali di altri procedimenti richiamati dall'ordinanza in commento.

Il mutamento del giudice-persona fisica crea effettivamente un problema sul piano della tutela del principio di ragionevole durata del processo espresso dal comma 2 dell'art. 111 Cost. e l'effettività della funzione giurisdizionale potrebbe realmente essere messa in pericolo.

Ma possono questi ultimi principi essere salvaguardati ad ogni costo!? La risposta non può che essere negativa. L'art. 111, comma 1, Cost., infatti, non si limita a prevedere solo che la giurisdizione si attua - come rilevato dal collegio - ma continua affermando che la stessa si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge. E, seguendo il costante orientamento della giurisprudenza nazionale (Cass. pen., Sez. V, 7 maggio 2013, n. 28645; Cass. pen., Sez. III, 29 novembre 2012, n. 5854) e sovranazionale (Corte Edu, 5 luglio 2011, Dan c. Moldavia; Corte Edu, 5 marzo 2013, Manolachi c. Romania; Corte Edu, 16 settembre 2014, Mischie c. Romania), il processo è giusto nella misura in cui sia in grado di garantire i diritti sanciti dalle Carte sui diritti fondamentali, tra i quali emerge, seppure indirettamente, il principio di immediatezza (artt. 111 Cost. e 6 Cedu).

Se, dunque, ben si intendono i principi testé richiamati, non vi è alcuno spazio per ritenere che, in nome della ragionevole durata del processo, si possa dare lettura dei verbali delle dichiarazioni rese innanzi al giudice poi sostituito. Viceversa, la lettura è consentita in presenza del consenso dell'imputato. Altrimenti opinando non si farebbe altro che attuare la ragionevole durata di un processo ingiusto. In tal caso, ad avviso di chi scrive, la compressione del principio di ragionevole durata del processo non è inutile perché il rinnovamento istruttorio garantisce che la prova venga assunta davanti al giudice chiamato a decidere, consentendogli di percepirne ogni elemento utile.

Di conseguenza, nell'ipotesi di intervenuta modifica nella composizione del collegio, ove anche solo una delle parti lo chieda, il giudice del dibattimento è obbligato a disporre la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale attraverso la nuova assunzione delle prove acquisite dal precedente collegio. In assenza di tale attività, la sentenza emessa dal mutato collegio è affetta da nullità assoluta, rilevabile d'ufficio.

Peraltro la Corte costituzionale (Corte cost., ord. 10 giugno 2010, n. 205) ha, altresì, evidenziato che nel disporre la rinnovazione dell'istruttoria il giudice non può ritenere, ai sensi dell'art. 190 c.p.p., manifestamente superflua o irrilevante la nuova assunzione della prova orale.

Ricollocata la questione oggetto dell'ordinanza all'interno del perimetro così tracciato dalla Corte costituzionale e dalle Sezioni unite se ne coglie, ad avviso dello scrivente, la principale criticità. Il collegio di Siracusa, infatti, fornisce una interpretazione del dettato costituzionale non scevra da forzature e che giunge a un bilanciamento degli interessi non convincente.

In particolare non si comprende come il principio cardine del giusto processo, sotto i profili dell'oralità e dell'immediatezza, debba cedere il passo di fronte al principio della ragionevole durata del processo. A maggior ragione se il cedimento del primo si verifica per mere contingenze quali la presenza di magistrati di prima nomina, i continui trasferimenti o la maternità. Tali istanze, per quanto legittime, dovrebbero piuttosto passare per una rivisitazione dei criteri che sovraintendono al trasferimento dei magistrati. Non appare, cioè, sostenibile che esistano sedi di passaggio e che ciò debba tradursi in un sacrificio per l'imputato che del processo è il fulcro.

Non più convincente è l'argomento che fa leva sulla prescrizione dei reati. Esula dalle finalità della presente annotazione qualsiasi rilievo sul punto. Tuttavia, non può non osservarsi come anche in questo caso la soluzione non può essere la riduzione dei presidi e delle garanzie di chi è chiamato a difendersi. Di fronte, cioè, all'elevato numero di processi che si prescrivono, invece di far leva sulle istanze delle parte civili (che potranno farle valere nelle relativa sedi) e sul rischio di impunità, occorre battersi affinché si riesca a garantire la celebrazione di un processo che duri meno di dieci anni per il primo grado.

Resta da comprendere quali saranno le conclusioni cui giungerà la Corte costituzionale se, cioè, confermerà - come auspicato - il proprio consolidato orientamento o se, invece, detterà nuovi principi.

Guida all'approfondimento

Belvini L., Mutamento del giudice e nuova istruttoria: note sull'involuzione interpretativa, Proc. Pen. e Giustizia, 2016, 1, 168 ss.

Griffo M. (a cura di), Lezioni di Procedura penale, Napoli, 2012, 2 vol., 1167 ss.

Ruggieri F., Diritto processuale e pratiche criminali, Bologna, 2018, 302 ss.

Ruta
G., Note in materia di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale per mutamento del giudice, Giur. It., 2000, 89, 1699 ss.

Tonini P., Manuale di procedura penale, Milano, 2016, 676 ss.

Vele A., La rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, Dir. Pen. e Processo, 2014, 10, 1226 ss.

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