L'anticorruzione in Gazzetta ufficiale. Le novità della legge 3/2019

17 Gennaio 2019

La versione definitiva de D.D.L. anticorruzione è stata approvata dalla Camera il 18 dicembre 2018, dopo tre letture e un voto di fiducia al Senato. Sparito per oltre 3 settimane, il via libera è arrivato il 16 gennaio 2019 con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale della legge 9 gennaio 2019 n. 3, in vigore dal 31 gennaio 2019. Il provvedimento si compone di un solo articolo, ripartito in 30 commi, distinto in due parti...
Abstract

Nel corso dell'esame, in sede referente, del disegno di legge originario A.C. 1189, recante misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici, le Commissioni riunite Affari costituzionali e Giustizia hanno approvato numerose modifiche, tra le quali l'ampliamento del perimetro al tema della prescrizione del reato.

La versione definitiva – ribattezzata “spazzacorrotti” – è stata approvata dalla Camera il 18 dicembre 2018, dopo tre letture e un voto di fiducia al Senato. Sparito per oltre 3 settimane, il via libera è arrivato il 16 gennaio 2019 con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale della legge 9 gennaio 2019 n. 3, in vigore dal 31 gennaio 2019.

Il provvedimento si compone di un solo articolo, ripartito in 30 commi, distinto in due parti.

Per quanto qui rileva, i commi da 1 a 10 recano misure per il contrasto dei reati contro la P.A., nonché in materia di prescrizione del reato.

Le misure di contrasto della corruzione

A seguito delle misure già introdotte, prima dalla l. 6 novembre 2012 n. 190 – recante Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella P.A. – e poi dalla l. 27 maggio 2015 n. 69 – recante Disposizioni in materia di delitti contro la P.A. – vengono, oggi, previste rilevanti modifiche al codice penale, al codice di procedura penale, al codice civile, all'ordinamento penitenziario e ad alcune leggi speciali, con l'obiettivo di potenziare l'attività di prevenzione, accertamento e repressione dei reati contro la P.A.

Modifiche in materia di diritto penale sostanziale

In particolare, il comma 1 introduce modifiche al codice penale, attraverso le quali:

si esclude, negli artt. 9 e 10 c.p., la necessità della condizione di procedibilità costituita dalla richiesta del Ministro della giustizia o dall'istanza o dalla querela di parte, per punire, secondo la legge italiana, il cittadino o lo straniero che commetta alcuni reati contro la P.A. all'estero;

previa riformulazione dell'art. 32-quaterc.p., viene integrato il catalogo dei reati commessi in danno o a vantaggio di un'attività imprenditoriale alla cui condanna consegue la pena accessoria dell'incapacità di contrattare con la P.A.

previa riformulazione dell'art. 317-bisc.p., viene integrato il catalogo dei reati alla cui condanna, superiore a 2 anni di reclusione, conseguono le pene accessorie dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici e dell'incapacità in perpetuo di contrattare con la P.A.;

viene modificata la disciplina della sospensione condizionale della pena, stabilendo all'art. 165 c.p., tra gli obblighi del condannato in caso di delitti contro la P.A., che la concessione della stessa resti subordinata al pagamento del vantaggio indebitamente lucrato quale riparazione pecuniaria in favore dell'amministrazione lesa;

grazie all'integrazione recata al primo comma dell'art. 166 c.p., si introduce una deroga alla regola generale che – previa scissione degli effetti – consente al giudice, nella sentenza di condanna per specifici reati contro la P.A., di non estendere gli effetti della sospensione condizionale alle pene accessorie dell'interdizione dai pubblici uffici e dell'incapacità di contrattare con la P.A. – la previsione va letta in relazione a quanto previsto anche dal nuovo comma 1-ter dell'art. 445 c.p.p.;

viene introdotto un settimo comma all'art. 179 c.p.che, nell'introdurre una deroga alla regola generale di cui all'art. 178 c.p., stabilisce che la concessione della riabilitazione non ha effetto sulle pene accessorie perpetue, che possono essere dichiarate estinte decorso un termine di almeno 7 anni dalla riabilitazione, a condizione che il condannato abbia dato prove effettive e costanti di buona condotta;

grazie all'integrazione recata al primo comma dell'art. 316-terc.p., si introduce un'aggravante speciale, a efficacia speciale, del delitto di indebita percezione di erogazioni a danno della Stato, quando il fatto sia commesso da un P.U. o da un I.P.S. con abuso della sua qualità o dei suoi poteri, che prevede la reclusione da 1 a 4 anni;

viene, ancora una volta (dopo la l. 190/2102 e la l. 69/2015), inasprita la pena della reclusione prevista dall'art. 318 c.p., per il delitto di corruzione per l'esercizio della funzione (c.d. corruzione impropria), sia nel limite edittale minimo (da 1) a 3 anni che nel limite massimo (da 6) a 8 anni, con conseguente aumento anche dei termini di prescrizione del reato;

viene aumentata la pena prevista dall'art. 646 c.p., per il delitto di appropriazione indebita, prevedendo la reclusione da 2 a 5 anni e la multa da 1.000 a 3.000 euro (contro la reclusione fino a 3 anni e la multa fino a 1.032 euro);

viene estesa (tramite la riformulazione della rubrica e l'aggiunta di 2 nuovi numeri al comma 1) la portata incriminatrice dell'art. 322-bisc.p.– concernente l'applicazione delle disposizioni sul peculato, peculato mediante profitto dell'errore altrui, concussione e corruzione nelle sue varie ipotesi e istigazione alla corruzione ai membri della Corte penale internazionale o degli organi delle Comunità europee e da funzionari Ue e di Stati esteri – nei confronti di chi esercita, nelle organizzazioni pubbliche internazionali, funzioni corrispondenti a quelle di P.U. o I.P.S. e ai membri di assemblee parlamentari internazionali o organizzazioni internazionali o sovranazionali nonché ai funzionari delle corti internazionali; inoltre, grazie alla soppressione dell'ultima parte del n. 2 del comma 2, viene ampliato l'ambito applicativo della disposizione con riguardo ai funzionari esteri, eliminando l'elemento finalistico dei reati di induzione indebita a dare o promettere utilità, di corruzione attiva e di istigazione alla corruzione;

grazie all'introduzione del nuovo art. 322-ter.1 c.p., si prevede la possibilità da parte dell'A.G. di affidare in custodia giudiziale alla P.G., che ne faccia richiesta per le proprie esigenze operative, i beni diversi dal denaro e dalle disponibilità finanziarie, oggetto di sequestro nell'ambito dei procedimenti penali relativi ai delitti contro la P.A. compresi tra gli articoli 314 e 320 c.p. – la previsione è modellata su quella per la custodia dei beni sequestrati nei procedimenti per reati tributari (art. 18-bisd.lgs. 10 marzo 2000, n. 74) e nel corso di operazioni di P.G. antidroga (art. 100 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309);

con le modifiche recate all'art. 322-quaterc.p., relativo alla disciplina della riparazione pecuniaria conseguente a condanne per reati contro la P.A., viene da un lato, esteso l'obbligo del pagamento anche al corruttore, dall'altro, soppresso il riferimento a quanto indebitamente ricevuto dal P.U. o I.P.S. e stabilito che la somma da pagare sia quella equivalente al prezzo o al profitto del reato a titolo di riparazione pecuniaria in favore della P.A. lesa dalla condotta illecita;

grazie all'introduzione del nuovo art. 323-ter c.p., al fine di incoraggiare forme di immediata e spontanea resipiscenza, si prevede una nuova causa speciale di non punibilità per alcuni delitti contro la P.A. (dai quali risultano irragionevolmente esclusi i reati di peculato, concussione, corruzione aggravata e traffico di influenze illecite), ancorata alle seguenti condizioni:

  1. autodenuncia volontaria, che intervenga prima che l'interessato abbia notizia di un'indagine a suo carico e comunque entro 4 mesi dal tempus commissi delicti;
  2. collaborazione con l'A.G. consistente: nel fornire indicazioni utili per assicurare la prova del reato e per individuare gli altri responsabili;
  3. messa a disposizione dell'utilità percepita o, in caso di impossibilità, di una somma di denaro di valore equivalente o indicazione di elementi utili per individuare il beneficiario effettivo dell'utilità - entro il medesimo termine di 4 mesi dal fatto.

Con l'intento di evitare strumentalizzazioni dell'istituto, la causa di non punibilità non si applica quando l'autodenuncia sia preordinata - premeditata - rispetto alla commissione del reato e in favore dell'agente sotto copertura che abbia agito in violazione delle disposizioni di cui all'art. 9 l. 16 marzo 2006 n. 146 (anch'esso modificato dalla legge in esame);

viene abrogato il delitto di millantato credito, previsto dall'art. 346 c.p., per essere assorbito nella nuova formulazione del delitto di traffico di influenze illecite, di cui all'art. 346-bis c.p.(inserito dalla l. 190/2012), che, nel colpire le condotte prodromiche, punisce oggi il venditore di influenze illecite che sfrutta o “vanta” relazioni esistenti o “asserite” (id est veritiere o mendaci) con il P.U. o l'I.P.S. rispetto ai fatti di cui all'art. 318 c.p., con la pena della reclusione da 1 a 4 anni e 6 mesi, ed estende il prezzo dell'intermediazione illecita ad altra utilità (anche di natura non patrimoniale); l'attività preparatoria posta in essere in relazione ai fatti di cui all'art. 319 c.p., invece, viene spostata all'interno del comma 4, con estensione della circostanza aggravante speciale, a effetto comune, già prevista per l'ipotesi in cui il fatto sia commesso in relazione all'esercizio di attività giudiziarie (ex art. 319-ter c.p.);

grazie all'integrazione recata all'art. 649-bisc.p., viene estesa la procedibilità d'ufficio di alcuni reati contro il patrimonio alle ipotesi di danno di rilevante gravità e di incapacità per età o infermità della persona offesa.

Modifiche in materia di intercettazioni

Il comma 3 consente l'intercettazione di comunicazioni tra presenti nelle abitazioni o in altri luoghi di privata dimora (di cui all'art. 614 c.p.), mediante inserimento di un captatore informatico su dispositivo elettronico portatile (c.d. Trojan horse), abrogando la norma che esclude questa possibilità quando non vi sia motivo di ritenere che in tali luoghi si stia svolgendo l'attività criminosa (art. 6, comma 2,d.lgs. 29 dicembre 2017,n. 216) – la previsione ha natura di coordinamento con quanto previsto dall'art. 266 c.p.p. come modificato dalla legge in esame.

Modifiche in materia di diritto penale processuale

Il comma 4 introduce modifiche al codice di procedura penale attraverso le quali:

grazie all'integrazione recata all'art. 266, comma 2-bis, c.p.p. (introdotto dalla l. 216/2017), viene ampliato l'uso delle intercettazioni tra presenti mediante trojan nei procedimenti per delitti contro la P.A. puniti con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a 5 anni;

con la novella all'art. 267 c.p.p. viene estesa la deroga, in relazione alle intercettazioni con uso dei citati trojan nei procedimenti per delitti contro la P.A. puniti con la reclusione non inferiore nel massimo a 5 anni, alla regola generale che prevede che il decreto motivato del Gip debba indicare le circostanze di tempo e di luogo, anche indirettamente determinati, in relazione ai quali è consentita l'attivazione del microfono;

grazie all'introduzione del nuovo art. 289-bisc.p.p., si prevede che con il provvedimento che dispone il divieto di contrattare con la P.A., il giudice disponga l'interdizione temporanea dell'imputato (id est fin dalla fase processuale) dal concludere contratti con la P.A., che per i delitti contro la P.A. può essere adottata anche in deroga ai limiti di pena previsti per le misure interdittive (reclusione superiore nel massimo a 3 anni);

viene introdotto il comma 3-bis all'art. 444 c.p.p. ai sensi del quale la parte, nel formulare la richiesta di applicazione pena (patteggiamento) nei procedimenti per i più gravi delitti contro la P.A. - solo in parte coincidenti con quelli elencati nel comma 1-ter in relazione ai quali l'ammissibilità della richiesta di patteggiamento è subordinata alla restituzione integrale del prezzo o del profitto del reato - può subordinarne l'efficacia del negozio processuale all'esenzione dall'interdizione dai pubblici uffici o all'estensione degli effetti della sospensione condizionale anche a tale pena accessoria: se il giudice non ritiene di accedere alle indicate condizioni rigetta la richiesta di patteggiamento;

viene introdotto il comma 1-ter all'art. 445c.p.p. che affida alla discrezionalità del giudice l'applicazione dell'interdizione dai pubblici uffici nel caso di patteggiamento per il catalogo degli stessi delitti contro la P.A. elencati al nuovo comma 3-bis dell'art. 444; inoltre, grazie alla clausola di salvezza introdotta al comma 1, si introduce una deroga ai sensi della quale l'applicazione della citata pena accessoria può essere valutata dal giudice anche in caso di pena concordata fino a 2 anni di reclusione - la previsione va letta in relazione a quanto previsto anche dall'integrazione recata al primo comma dell'art. 166 c.p.;

con l'integrazione recata al comma 1 dell'art. 578-bisc.p.p. (introdotto dal d.lgs. 1 marzo 2018 n. 21, recante Riserva di codice nella materia penale), viene estesa la competenza del giudice dell'impugnazione, a fronte della dichiarazione di estinzione del reato per amnistia o prescrizione e previo accertamento della responsabilità dell'imputato, sulla decisione circa la misura ablativa reale della confisca allargata o per equivalente di cui all'art. 322-ter c.p.;

con la novella al comma 1 dell'art. 683 c.p.p. viene assegnata al tribunale di sorveglianza anche la competenza a dichiarare l'estinzione della pena accessoria nel caso previsto dal nuovo comma 7 (introdotto dalla legge in esame) dell'art. 179 c.p. - decorsi 7 anni dall'intervenuta riabilitazione e in presenza di prove effettive e costanti di buona condotta del condannato.

Modifiche in materia di reati societari

Il comma 5 interviene sulle disposizioni penali in materia di società, consorzi ed altri enti privati contenute nel codice civile, per prevedere – previa abrogazione dei commi che ne prevedono la punibilità a querela della persona offesa – la procedibilità d'ufficio, in attuazione del modello della lotta alla corruzione di stampo pubblicistico, per:

il delitto di corruzione tra privati, di cui all'art. 2635 c.c. (introdotto dalla l. 190/2012 e, poi, modificato dal d.lgs. 15 marzo 2017, n. 38, recante Lotta contro la corruzione nel settore privato), che punisce con la reclusione da 1 a 3 anni colui che, rivestendo una posizione apicale di amministrazione o di controllo in una società privata, sollecita o riceve, per sé o per altri, denaro o altra utilità non dovuti, o ne accetta la promessa, per compiere o per omettere un atto in violazione degli obblighi inerenti al proprio ufficio o degli obblighi di fedeltà. Se, invece, il fatto è commesso da chi nella società ricopre una posizione non apicale, si applica la pena della reclusione fino a 1 anno e 6 mesi. Le medesime pene si applicano al corruttore. Un'aggravante speciale, ad efficacia speciale, che prevede il raddoppio della pena, è prevista quando i fatti siano commessi nell'ambito di società con titoli quotati in borsa. È prevista, infine, la confisca per equivalente di valori non inferiori al valore delle utilità date, promesse o offerte;

il delitto di istigazione alla corruzione tra privati, di cui all'art. 2635-bis c.c. (anch'esso introdotto dal citato d.lgs. 38/2017), che punisce, dal lato attivo, chiunque offra o prometta denaro o altre utilità non dovute a coloro che svolgono funzioni apicali, di amministrazione o di controllo, di società o enti privati, nonché a chi svolge in essi un'attività lavorativa con l'esercizio di funzioni direttive, al fine del compimento od omissione di atti in violazione degli obblighi inerenti il proprio ufficio o degli obblighi di fedeltà, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata. Dal lato passivo, è prevista la punibilità del soggetto interno alla società che solleciti una promessa o dazione di denaro o altra utilità, al fine del compimento o dell'omissione di atti in violazione dei medesimi obblighi, qualora tale proposta non sia accettata. La disposizione, per entrambe le ipotesi di reati di pericolo, stabilisce la pena della reclusione da 8 mesi a 2 anni, ovvero la pena di cui all'art. 2635 c.c ridotta di un terzo.

Modifiche all'ordinamento penitenziario

Per quanto riguarda la fase dell'esecuzione della pena, i commi 6 e 7 apportano modifiche alla l. 26 luglio 1975, n. 354:

da un lato, con la novella all'art. 4-bis ord. penit., per inserire alcuni delitti contro la P.A. nel catalogo dei reati ostativi (che destano particolare allarme sociale e tendenzialmente riferibili a contestati di criminalità organizzata) che precludono, in caso di condanna, l'accesso ai benefici penitenziari – assegnazione al lavoro all'esterno e fruizione dei permessi premio – e alle misure alternative alla detenzione, a meno di collaborazione con la giustizia;

dall'altro, previa integrazione del comma 12 dell'art. 47 ord. penit., per escludere che l'esito positivo del periodo di prova in affidamento al servizio sociale estingua anche le pene accessorie perpetue.

Modifiche in materia di operazioni sotto copertura

Sotto il profilo delle indagini, il comma 8, previa riscrittura della lett. a) del comma 1 dell'art. 9 l. 16 marzo 2006, n. 146, estende la disciplina relativa alle operazioni di polizia sotto copertura – che esclude la punibilità degli ufficiali di P.G. che pongano in essere condotte penalmente rilevanti (in quanto scriminate) al solo fine di acquisire elementi di prova –al contrasto di alcuni reati contro la P.A. In merito, si ricorda che la giurisprudenza, sia della Cedu che della Cassazione, ha tracciato una netta distinzione tra la figura dell'infiltrato - la cui attività risulta legittima quando costituisce in via prevalente un'attività di osservazione, controllo e contenimento delle azioni illecite altrui – e quella dell'agente provocatore – la cui condotta consiste nell'induzione e nell'incitamento al reato, che assume rilevanza causale nel fatto commesso dal provocato nel quale venga suscitato un intento delittuoso prima inesistente – che, non trovando esplicita definizione normativa, risulta inammissibile e che determina non solo la responsabilità penale dell'agente, ma anche l'inutilizzabilità della prova acquisita, per contrarietà ai principi del giusto processo e rende l'intero procedimento suscettibile di un giudizio di non equità ai sensi dell'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (cfr. Cass.pen., Sez. III, 16 settembre 2013, n. 37805).

Modifiche in materia di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche

Il comma 9 reca alcune modifiche alla disciplina sulla responsabilità amministrativa dipendente da reato, prevista dal d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231:

nello specifico, previa riscrittura dell'art. 25, comma 5, d.lgs. 231/2018, si prevede un inasprimento della durata - tra 4 e 7 anni, se autore del reato sia persona che riveste funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente e tra 2 e 4 anni, ove il reato sia commesso da persona sottoposta alla direzione di uno dei soggetti che rivestono nell'ente le posizioni apicali sopraindicate – delle sanzioni interdittive – interdizione dall'esercizio dell'attività; sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell'illecito; divieto di contrattare con la P.A.; esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e revoca di quelli già concessi; divieto di pubblicizzare beni o servizi - che possono essere comminate alle persone giuridiche, alle società e alle associazioni anche prive di personalità giuridica, riconosciute amministrativamente responsabili di una serie di delitti contro la P.A. Inoltre, grazie all'introduzione del nuovo comma 5-bis, viene stabilita una minore durata delle sanzioni interdittive – non inferiore a 3 mesi e non superiore a 2 anni – quando, prima della sentenza di I grado, l'ente si sia adoperato per evitare ulteriori conseguenze del reato, abbia collaborato con l'autorità giudiziaria per assicurare le prove dell'illecito e per individuarne i responsabili, e abbia attuato modelli organizzativi idonei a prevenite nuovi reati della stessa specie;

per coordinamento, viene modificato l'art. 13, comma 2, d.lgs. 231/2001;

infine, è introdotta all'art. 51 d.lgs. 231/2001 una modifica che cancella il rinvio all'art. 13, comma 2, d.lgs. 231/2001 e individua direttamente la durata massima delle misure cautelari a carico degli enti. Da un lato, si prevede che il giudice, nel disporre quale misura cautelare una sanzione interdittiva, non possa determinarne la durata in misura superiore a 1 anno; dall'altro, sistabilisce che, anche in caso di condanna di primo grado, la durata della misura cautelare non possa superare 1 anno e 4 mesi.

Impegnativa del Governo

Il comma 10 dispone che il Governo non proceda al rinnovo, alla scadenza (1 ottobre 2019), delle riserve che l'Italia ha apposto di non accettare certe clausole della Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999 e ratificata dal nostro Paese con la l. 28 giugno 2012 , n. 110.

Si tratta delle riserve di:

non configurare come infrazione penale gli atti di corruzione passiva di agenti pubblici stranieri e dei componenti di assemblee pubbliche straniere, ad esclusione dei casi in cui si tratti di cittadini di Stati membri dell'UE, di violazioni commesse in Italia (art. 6 c.p.) e d'infrazioni commesse da agenti pubblici al servizio della Repubblica italiana, che abusino della loro autorità o violino degli obblighi inerenti alle loro funzioni (art. 7 c.p.);

subordinare l'apertura di un procedimento contro atti corruttivi attivi e passivi nel settore privato, ai sensi degli artt. 2635, 2635-bis e 2635-terc.c. e dell'art. 25-ter,comma 1, lett. s-bis) d.lgs. 231/2001, al deposito di una denuncia della vittima a esclusione dei casi in cui sia intervenuta una distorsione della concorrenza in relazione all'acquisto di beni e servizi;

non configurare come infrazioni penali le condotte contemplate dall'art. 4 della Convenzione che implichino dei membri delle assemblee parlamentari di organizzazioni internazionali di cui l'Italia è parte.

Fanno eccezione – e, quindi, saranno oggetto di rinnovo – le riserve relative alle condotte di corruzione passiva da parte di P.U. stranieri, e alle condotte di corruzione, attiva e passiva, dei membri delle assemblee pubbliche straniere, fatta eccezione per quelle dei Paesi membri della Ue e delle assemblee parlamentari internazionali.

Le modifiche in materia di prescrizione del reato

Premessa sulla riforma Orlando. Di recente, la l. 23 giugno 2017, n. 103 aveva già recato un'importante riforma all'istituto della prescrizione:

ha inserito un ulteriore comma all'art. 158 c.p. stabilendo che, per una serie di delitti in danno di minori, il termine di prescrizione decorre dal compimento del 18° anno di età della persona offesa, salvo che l'azione penale sia stata esercitata in precedenza (in quest'ultimo caso, infatti, il termine di prescrizione decorre dall'acquisizione della notizia di reato);

per effetto della riforma all'art. 159 c.p. , il corso della prescrizione rimane sospeso:

• in ogni caso in cui la sospensione del procedimento o del processo penale o dei termini di custodia cautelare è imposta da una particolare norma di legge, oltre che nei casi di:

  1. autorizzazione a procedere. Il termine di sospensione inizia a decorrere dal provvedimento con il quale il P.M. presenta la richiesta e finisce il giorno in cui la richiesta è accolta;
  2. deferimento della questione ad altro giudizio. Il termine è sospeso fino al giorno in cui viene decisa la questione;
  3. sospensione del procedimento o del processo penale per ragioni di impedimento delle parti e dei difensori ovvero su richiesta dell'imputato o del suo difensore. In caso di impedimento delle parti o dei difensori, l'udienza non può essere differita oltre il sessantesimo giorno successivo alla prevedibile cessazione dell'impedimento, dovendosi avere riguardo, in caso contrario (di non fissazione, cioè, dell'udienza) al tempo dell'impedimento aumentato di 60 giorni per richiesta di rogatoria all'estero. Il termine massimo di sospensione è pari a 6 mesi dal provvedimento che dispone la rogatoria;

• dal termine per il deposito della motivazione della sentenza di condanna in primo grado, anche se emessa in sede di rinvio, fino alla pronuncia del dispositivo della sentenza che definisce il grado successivo, e comunque per un tempo non superiore a 1 anno e 6 mesi; dal termine per il deposito della motivazione della sentenza di condanna di II grado, anche se emessa in sede di rinvio, fino alla pronuncia del dispositivo della sentenza definitiva, e comunque per un tempo non superiore a 1 anno e 6 mesi. Tali periodi di sospensione del corso della prescrizione vengono ricomputati ai fini del calcolo del termine di prescrizione: in caso di proscioglimento dell'imputato nel grado successivo, di annullamento della sentenza di condanna nella parte relativa all'accertamento della sua responsabilità, ovvero di dichiarazione di nullità della decisione (in alcune specifiche ipotesi previste dall'art. 604 c.p.p.) con conseguente restituzione degli atti al giudice. Infine, in caso di concorso tra la causa di sospensione dovuta alle condanne nei gradi di merito e le altre cause sospensive previste dal primo comma dell'art. 159 c.p., il termine è prolungato per il periodo corrispondente;

infine, per effetto della riforma agli artt. 160 e 161 c.p., da un lato, si è inserito quale ulteriore atto interruttivo del corso della prescrizione l'interrogatorio reso davanti la P.G., su delega del P.M. e dall'altro, stabilito che per alcuni delitti contro la P.A. l'interruzione comporti un aumento massimo del termine di prescrizione della metà e non di un quarto.

La nuova sospensione della prescrizione del reato. Oggi, le lettere d), e) e f) del comma 1 recano una parziale riforma dell'istituto della prescrizione del reato, attraverso l'ulteriore novellazione degli artt. 158, 159 e 160 c.p.

In particolare:

previa modifica dell'art. 158, comma 1, c.p. viene individuato nel giorno di cessazione della continuazione il termine di decorrenza della prescrizione in caso di reato continuato (si tratta di un ritorno alla formulazione anteriore alla l. 5 dicembre 2005, n. 251, c.d. ex Cirielli, che ripristinata la disciplina originaria prevista dal codice Rocco);

previa modifica dell'art. 159, comma 2, c.p. viene estesa la sospensione del corso della prescrizione dalla data di pronuncia della sentenza di primo grado, o del decreto di condanna, fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio o alla data di irrevocabilità del citato decreto - per motivi di coordinamento con le nuove ipotesi di sospensione della prescrizione sono abrogati il terzo e il quarto comma dello stesso art. 159 c.p.;

per esigenze di coordinamento con il nuovo secondo comma dell'art. 159 c.p., viene abrogato il primo comma dell'art. 160 che individua come cause di interruzione del corso della prescrizione la pronuncia della sentenza di condanna e il decreto penale di condanna.

Il comma 2 rinvia l'entrata in vigore della riforma al 1° gennaio 2020.

In conclusione

L'intervento teso a sterilizzare gli effetti dell'istituto della prescrizione dei reati - quale strumento che concorre a garantire la certezza dei rapporti giuridici e che impone un termine all'Autorità giudiziaria per processare ed eventualmente punire una persona - è stato oggetto, fin da subito, dell'unanime reazione critica dell'intera comunità dei giuristi, in quanto espressione di una concezione autoritaria del diritto penale e del processo, che arriva addirittura ad annullare la precedente riforma, con la quale erano stati allungati i termini per la fase delle impugnazioni.

La sospensione definitiva e sine die dei termini di prescrizione del reato a seguito della pronuncia di I grado, sia di condanna che di assoluzione, costituisce, peraltro, un ossimoro, atteso che il riferimento ultimo è alla esecutività della sentenza e, dunque, il tempo utile per la prescrizione non potrebbe mai riprendere a decorrere, in quanto ormai inesistente – in tal senso, una corretta collocazione sistematica avrebbe dovuto prevedere l'inserimento della novella all'interno dell'art. 157 c.p. (tempo necessario a prescrivere) o dell'art. 158 c.p. (decorrenza del termine di prescrizione), invece che nel secondo comma dell'art. 159 c.p..

Come osservato dall'Unione delle Camere Penali Italiane, unitamente all'Accademia - 150 professori, tra i quali il Maestro Ferrando Mantovani - con il parzialmente conforme parere anche del Consiglio Superiore della Magistratura, la riforma, oltre a frustrare le funzioni della pena che ispirano la ratio estintiva del trascorrere del tempo, sembra scontrarsi con diversi principi costituzionali e convenzionali.

Si pensi a:

il diritto di difesa, “inviolabile” ai sensi dell'art. 24, comma 2, Cost., che risulta gravemente pregiudicato: a distanza di molto tempo le possibilità di difendersi provando, nel contradditorio delle parti, si contraggono significativamente, essendo difficile non solo raccogliere eventuali prove a discarico, ma persino ricostruire compiutamente e correttamente i fatti;

la presunzione di innocenza (art. 27, comma 2, Cost. e art. 6 par. 2 Cedu), giacché considerare l'imputato - persino se assolto in I grado - quale “eterno giudicabile”, significa trattarlo alla stregua di un “presunto colpevole”, così trasformando il principio in dubio pro reo nel principio, illiberale, in dubio pro republica;

la funzione rieducativa della pena (art. 27, comma 3, Cost.), che viene profondamente compromessa da una sanzione che possa intervenire a notevole distanza di tempo rispetto al fatto commesso, quando l'autore “non è più la stessa persona”, e potrebbe non necessitare più di alcun trattamento rieducativo;

la durata necessariamente limitata e ragionevole del processo (art. 111, comma 2, Cost., art. 6 par. 1 Cedu e art. 14 patto internazionale sui diritti civili e politici, approvato il 16 dicembre 1966), che costituisce di per sé una poena naturalis e la sua protrazione illimitata implica una sofferenza - specie nei confronti di chi, poi, risulti innocente - tanto più intollerabile in un contesto ordinamentale dove i tempi della giustizia penale sono già irragionevolmente lunghi; e dove, in assenza di alcun correttivo o meccanismo compensativo, la prescrizione sostanziale rappresenta l'unico, estremo presidio garantistico a tutela dell'individuo - sia imputato, che persona offesa - contro un insopportabile “processo senza fine”.

Di ciò sembra essere, almeno in qualche modo, consapevole lo stesso legislatore della riforma, laddove ha fissato al gennaio 2020 l'entrata in vigore della riforma sulla prescrizione, benché non siano stati previsti ulteriori rimedi, in caso di mancata attuazione del disegno riformatore.

Guida all'approfondimento

L'aspetto più saliente della crisi dell'ordinamento giuridico si manifesta nella legislazione … l'enorme numero delle leggi e più ancora il suo aumento continuo e progressivo genera, da solo, una impressione di ipertrofia. … Alla moltiplicazione delle leggi non poteva non corrispondere lo scadimento della loro qualità, dal lato formale e sostanziale: «le leggi prodotte in serie … sono spesso leggi cattive». Da allora ad oggi, nell'uno e nell'altro aspetto, quantitativo e qualitativo, il fenomeno si è andato aggravando senza posa.

Ma così, limitata alla legislazione, l'osservazione della crisi era incompiuta e superficiale … Già nella tripartizione dei poteri o, come meglio si direbbe, delle fonti, quale s'è delineata un secolo e mezzo fa, è implicita l'idea di tale insufficienza. L'impressione di una anormalità nella produzione legislativa del diritto, se può dunque far sorgere il sospetto di una crisi dell'intero ordinamento … deve essere verificata … attraverso l'osservazione del contegno delle altre fonti …

Che cosa avviene, da un verso, nel campo giudiziario? Pure qui le cose sono a un punto che certo non si esagera accoppiando alla crisi della legge la crisi del processo. L'aspetto di quest'ultima più comunemente avvertito sta nella insufficienza, quantitativa e qualitativa, dei suoi organi all'esercizio della funzione. Chi s'avvicina a quel meccanismo, che prende nome, quasi per ironia, dalla giustizia, ne rimane mortificato. Noi siamo costretti ad augurarci che i discepoli non aggiungano alla lettura dei libri l'osservazione della realtà per paura dello scoraggiamento, anzi del disgusto che ne dovrebbero provare. Ciò che salterebbe ai loro occhi … è anche qui. Prima di tutto, un fenomeno di ipertrofia: come le leggi son troppe per coloro che le debbono osservare, così le cause son troppe per coloro che le debbono giudicare. E anche qui, naturalmente, al lato quantitativo del fenomeno non può non corrispondere il lato qualitativo: la produzione in serie pregiudica la bontà delle sentenze non meno che quella delle leggi. La formula della giustizia rapida e sicura ha oramai un sapore burlesco. Di fronte a questo disordine vien fatto di domandarci da che parte stia l'anormalità: è il fardello delle liti civili o delle denunce penali che si è fatto troppo grave o le spalle della giustizia si sono troppo indebolite? …

L'ipertrofia della legislazione e della giurisdizione trova nella ipotrofia dell'autonomia giuridica il termine correlativo.

… poiché la fonte legislativa non ha strutture sufficienti all'adempimento del compito così mostruosamente centuplicato, la legislazione si traveste da amministrazione: la diffusione del decreto legislativo, che ha sostanza di legge e forma di decreto, è il sintomo della crisi giunta al suo parossismo, onde il corso della legislazione sempre più gonfio straripa e gli argini vetusti ne sono travolti.

La conseguenza di ciò è che le parti, ossia gli interessati, sempre meno partecipi alla formazione dei comandi, vi obbediscono sempre meno. In altre parole la conformità del contegno al comando è sempre meno l'effetto di una volonterosa adesione e sempre più di una forzata soggezione

… L'interessato è sempre più un subditus e sempre meno un civis

Da una parte la prescrizione del contegno si fa sempre più complessa e particolareggiata. … Quanto meno il subditus si presta spontaneamente a fare ciò che vuole lo Stato, tanto più lo Stato deve spiegargli il suo volere. Quanto cresce la distanza tra l'uno e l'altro, tanto scema la possibilità che si comprendano tra di loro.

Nulla più nella legge può essere sottinteso; tutto deve essere esplicitamente pronunciato. Il suddito, sempre meno capace di fare la sua strada da sé, sempre più dallo Stato deve essere condotto per mano …

Ciò che si potrebbe chiamare l'elenfatiasi dei codici è di questo fenomeno la manifestazione più saliente: essi sono diventati un labirinto di articoli, dal quale gli stesi tecnici, senza l'aiuto di Arianna, non riescono a districarsi.

D'altro canto l'osservanza delle leggi, sempre meno dovuta all'adesione, sempre più deve essere affidata alla paura. Questo vuol dire una moltiplicazione delle sanzioni senza fine. Il legislatore spaventa in luogo di persuadere. Ma la paura presto si dilegua per la forza dell'abitudine. A forza di vedere il fantoccio con le braccia spalancate a guardia del grano, perfino i passeri ci pigliano confidenza …

Aumentano così, senza fine, i precetti e le sanzioni: in particolare i divieti e le pene. Quella ipertrofia delle leggi … somiglia alla boule de neige. L'ordinamento giuridico s'aggira frenetico in un dedalo senza uscita. Più comanda, più deve comandare. Più spaventa, più deve spaventare. In questi termini, il fenomeno non ha soltanto l'apparenza, ma veramente la sostanza di una degenerazione.

Così scriveva Francesco Carnelutti, ne La crisi del diritto (Giurisprudenza Italiana, 1946).

Sembra, tuttavia, che oggi, a distanza di oltre settant'anni, le cose non siano poi così diverse.

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