La riforma della prescrizione nella l. 3/2019

18 Gennaio 2019

Come è noto, nella legge 3/2019, di riforma della corruzione (c.d. spazza-corrotti - D.D.L. n. C. 1189, presentato dal Ministro della Giustizia Bonafede) è stato inserito un emendamento diretto ad ampliare la portata del D.D.L. ben oltre la materia della corruzione. La legge interviene radicalmente in materia di riforma della prescrizione del reato, con un intervento non limitato alla corruzione e agli altri delitti contro la P.A. ma di portata più generale...
Abstract

Come è noto, nella legge 3/2019, di riforma della corruzione (c.d. spazza-corrotti - D.D.L. n. C. 1189, presentato dal Ministro della Giustizia Bonafede) è stato inserito un emendamento diretto ad ampliare la portata del D.D.L. ben oltre la materia della corruzione.

La prescrizione espressione del sistema penale

La legge interviene radicalmente in materia di riforma della prescrizione del reato, con un intervento non limitato alla corruzione e agli altri delitti contro la P.A. ma di portata più generale (GATTA, Prescrizione bloccata dopo il primo grado: una proposta di riforma improvvisa ma non del tutto improvvisata, in Dir. pen. cont.).

Il chiaro intento è quello di sopperire alla endemica lentezza dei processi che supera i sei anni indicati dalla Corte europea dei diritti dell'Uomo.

Orbene, va preliminarmente osservato che la prescrizione, muovendosi a cavallo tra tutela della società e salvaguardia delle garanzie per i singoli, è fra i temi attualmente più tormentati, sul piano politico, nonché su quello tecnico e su quello della tutela multilivello dei diritti: un settore caldo ove spesso i diritti individuali dei singoli vengono sacrificati per evitare la sconfitta della società e dello Stato, con conseguente vittoria dei delinquenti.

È tuttavia innegabile che i risvolti negativi della prescrizione dovrebbero essere combattuti con un intervento strutturale e sintonico con i principi costituzionali che fondano il sistema complessivo di giustizia penale, in un'ottica di razionalità strumentale rispetto alla strategia penalistica ad orientamento costituzionale, a sua volta funzionale alla valorizzazione delle garanzie individuali, e non mediante interventi estemporanei ed emergenziali che intervengono sul farmaco (la prescrizione) e non sulla malattia (la lunghezza cronica dei processi).

Sotto tale aspetto, la disciplina della prescrizione, pur relegata istituzionalmente tra le cause di estinzione del reato e della pena, contribuisce a definire le linee di fondo del sistema penale.

Segnatamente, in uno stato liberale e democratico, lo Stato non può tenere sotto scacco (e, tendenzialmente, sotto ricatto) il cittadino; viceversa, in uno Stato autoritario, il suddito è sempre nelle mani del potere, che può decidere di tenerlo in sospeso sine die.

Le modifiche dello spazza corrotti

Questo tipo di verifica impone una analisi attenta del novum legislativo.

La legge 3/2019 mira, tramite la sostituzione del secondo comma dell'art. 159 c.p. e la contestuale abrogazione del terzo e del quarto comma del medesimo articolo, oltre che del primo comma dell'art. 160 c.p., a bloccare il corso della prescrizione dopo la sentenza (di condanna o di assoluzione) di primo grado (o dopo il decreto di condanna) fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio (o della irrevocabilità del decreto di condanna).

Resta ferma la pregressa disciplina della prescrizione fino alla sentenza di primo grado.

È evidente la prospettiva autoritaria, in cui il cittadino è sempre nelle mani del potere, che può decidere di tenerlo in sospeso sine die.

Dunque, la riforma operata con l. 103/2017 aveva previsto – solo in caso di sentenza di condanna – una limitata dilatazione del tempo necessario a prescrivere il reato dopo il giudizio di primo grado, i cui effetti sui numeri della prescrizione risultano naturalmente ancora ignoti (sia consentito il rinvio a DELLA RAGIONE, La nuova disciplina della prescrizione, in G. Spangher (a cura di), La riforma Orlando, Pisa, 2017, 69 ss.).

La legge oggi approvata si spinge ben oltre, prevedendo una nuova ipotesi di sospensione della prescrizione (GATTA, cit.), anche se dal punto di vista tecnico la sospensione presuppone la possibile ripresa del corso della prescrizione, come avveniva nella pregressa disciplina ma che nel caso di specie non sarebbe appunto possibile, a fronte della esecutività della sentenza che definisce il giudizio.

Sono noti gli argomenti che militano contro la riforma “spazza-corrotti”, in quanto bloccare la prescrizione dopo il processo di primo grado espone l'imputato, anche se assolto, al rischio concreto di un processo lento nei successivi gradi di giudizio, proprio in considerazione del blocco della prescrizione, che guida la priorità nella fissazione delle udienze in Appello e in Cassazione.

Evidente il vulnus al principio costituzionale della ragionevole durata del processo (art. 111 Cost.).

L'orientamento favorevole alla riforma

Una attenta dottrina (GATTA, cit.) ha tuttavia affermato che nel merito «pare che la riforma proposta, e la polemica che ne è seguita, confermino un equivoco irrisolto: l'idea, radicata nel nostro Paese, che la prescrizione del reato sia funzionale alla ragionevole durata del processo […] se è così nei fatti, da noi, è perché il sistema, per trovare una cura alla patologica lentezza del processo, ha piegato ad altro fine l'istituto della prescrizione del reato, la cui ragion d'essere non ha nulla a che fare con la durata del processo penale. È patologico l'utilizzo della prescrizione come un farmaco emergenziale per curare la lentezza del processo (un farmaco che peraltro presenta, tra le controindicazioni, il possibile aumento del numero delle impugnazioni e delle strategie difensive volte a cercare di far maturare la prescrizione, allungando i tempi del processo)».

Ciò posto, prosegue l'orientamento in esame, «le tradizionali rationes della prescrizione del reato – cioè della previsione legale di un ‘tempo dell'oblio' – sono individuate: 1) nell'affievolirsi delle esigenze che giustificano la punizione, trascorso un certo tempo dalla commissione del reato; 2) nell'accrescersi col tempo delle difficoltà di ricostruzione probatoria del fatto, con ripercussioni negative sull'esercizio del diritto di difesa».

Ebbene, si conclude, «entrambe le ragioni hanno la loro plausibilità se riferite al lasso di tempo che decorre dalla commissione del reato all'attivarsi della pretesa punitiva dello Stato; ma perdono qualsiasi capacità persuasiva rispetto alla vigente disciplina italiana, caratterizzata da un termine prescrizionale massimo complessivo che continua a decorrere imperterrito anche dopo il rinvio a giudizio dell'imputato, e persino dopo la sentenza di condanna di primo grado».

Sotto tale aspetto, si evidenzia che la prescrizione del reato nel giudizio di appello o di cassazione è un segnale di inefficienza del sistema, precisando che «la prescrizione che interviene mentre l'autorità giudiziaria è in moto, e una sentenza di primo grado è stata pronunciata, ha il sapore amaro dell'ingiustizia e dell'impunità (se vi è stata condanna o una assoluzione messa in discussione), al di là delle pur possibili e non insignificanti considerazioni di tipo economico, sul dispendio inutile di risorse pubbliche. È questa la sensazione diffusa – l'istanza sociale di riforma dell'istituto – che la proposta oggi in discussione intercetta».

L'impostazione favorevole alla riforma ha poi cura di precisare che una riforma organica non possa non tenere conto dei possibili riflessi sulla durata del processo e, pertanto, dovrebbe essere accompagnata da rimedi compensativi per l'eccessiva durata del processo e da ulteriori interventi strutturali volti a incidere sulle plurime cause della lentezza del processo penale, come: 1) l'assunzione di personale (magistrati e ausiliari); 2) ovvero limitando l'incidenza della prescrizione tramite una riforma di ampio respiro che renda il processo penale più efficiente, investendo sulla giustizia penale con politiche di ampio respiro e di lungo corso, che diano attuazione al principio costituzionale della ragionevole durata del processo.

Osservazioni critiche alla luce della giurisprudenza costituzionale ed europea

Tale impostazione, sia pur finemente argomentata, si espone tuttavia a qualche rilievo critico.

È infatti pur vero che la prescrizione merita una rivisitazione ma la stessa va pur sempre calibrata sulle sue ragioni sostanziali e costituzionali (INSOLERA, La riforma giallo verde del diritto penale: adesso tocca alla prescrizione, in Dir. Pen. Cont.), rievocando così la disputa sulla natura processuale o sostanziale delle ragioni del ritrarsi della punibilità a seguito del trascorrere del tempo.

Le diverse posizioni sono dotate di astratta plausibilità, si dice, ed è in fondo vero (INSOLERA, cit.).

Ma la riforma in esame – va detto chiaramente – si espone a tensioni con i principi di natura costituzionale e sovraordinati di recente consacrati dalla Corte costituzionale – e accettati dalla Corte di Giustizia – nel caso Taricco.

Procedendo con ordine, va ricordato che la risposta all'interrogativo sulla natura sostanziale o processuale della prescrizione, a ben vedere, appare fondamentale al fine dell'inquadramento nel relativo contesto dei principi normativi sovraordinati di riferimento.

Basti pensare che l'attrazione al diritto penale sostanziale comporterebbe il necessario rispetto del principio costituzionale di stretta legalità e di tutti i suoi sotto-corollari ex art. 25, comma 2, Cost., con conseguente assunzione degli scopi positivo/integratrici della pena costituzionalmente presidiati secondo scansioni di tipo struttural/funzionalistico (MAIELLO, Prove di resilienza del nullum crimen: Taricco versus controlimiti, in Cass. pen., 2016, 1250 ss.; sia consentito il rinvio a DELLA RAGIONE, La nuova disciplina della prescrizione, cit., 69 ss.) a fondamento del sistema penale, dei suoi principi di riferimento e delle stesse categorie dommatiche aventi funzione esplicativa dei presupposti della punibilità.

Basti pensare che la natura processuale della prescrizione consentirebbe l'applicazione del principio del tempus regit actum, mentre la natura sostanziale imporrebbe l'applicazione della lex mitior regel, al cui fondamento vanno collocate le funzioni di prevenzione/integrazione della pena.

Orbene, vale la pena di ricordare che la sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea (Graznde Sezione, Taricco, 8 settembre 2015) pareva optare per l'attrazione della prescrizione nell'alveo delle disposizioni processuali, mediante previsione di un'efficacia estintiva del procedimento penale, non già del reato, e di una sospensione del suo corso coincidente con l'esercizio dell'azione penale.

L'opzione per la natura processuale della prescrizione avrebbe salvato la riforma in esame da rilievi di costituzionalità.

La tesi esposta è stata tuttavia contraddetta espressamente dalla giurisprudenza costituzionale, che ha ritenuto coperti dalla garanzia della riserva di legge tutti gli «aspetti inerenti alla punibilità”, “fra i quali, indubbiamente, rientrano quelli inerenti la disciplina della prescrizione e dei relativi atti interruttivi o sospensivi» (Corte cost., n. 324 del 2008; Corte cost., 28 maggio 2014, n. 143; Corte cost. n. 45/2015; anche nella vicenda Taricco, Corte cost. ordinanza n. 24/2017, ha riconosciuto la natura sostanziale della prescrizione in quanto “istituto che incide sulla punibilità della persona”, e la conseguente soggezione del “regime legale della prescrizione (…) al principio di legalità in materia penale”; da ultimo l'impostazione è confermata da Corte Cost. 10 aprile 2018 n. 115).

Nella medesima vicenda Taricco, con la sentenza cd. Taricco II (Grande Sezione, sent. 5 dicembre 2017, causa C-42/17), è stata poi ribadita la significatività, anche in proiezione sovranazionale, del nucleo duro del principio di stretta legalità penale, sub specie prevedibilità, determinatezza e irretroattività della legge penale applicabile, ricollegandolo agli artt. 49 e 51 della Carta, alle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e all'art. 7, § 1 Cedu; è stata riconosciuta, in assenza di alcuna armonizzazione sul punto, la natura sostanziale nel nostro ordinamento dell'istituto della prescrizione e la sua conseguente sottoposizione alle garanzie del principio di legalità (quantomeno con riferimento alla data dei fatti di cui al procedimento principale), conformemente alla nostra tradizione penalistica ed alla costante giurisprudenza costituzionale.

Dunque, la prescrizione deve rientrare, secondo le scansioni argomentative della Corte costituzionale e della Corte di Giustizia, nell'ambito dei presupposti e delle condizioni della punibilità e, in ragione di tale dimensione ne viene affermata la natura sostanziale, con conseguente riconoscimento della garanzia dell'irretroattività e dell'inquadramento nelle funzioni della pena.

Da queste coordinate costituzionali è possibile affermare che «ove, invero, la relazione tra reato e pena si sviluppasse secondo automatismi irrefragabili ed in una prospettiva nella quale il processo mai avrebbe potuto frapporre alla punibilità edittale del reato accertato il raggiungimento di proprie, specifiche finalità, la prescrizione avrebbe dovuto considerarsi, coerentemente, appannaggio di una logica interna all'universo della procedibilità” (MAIELLO, cit., 1250 ss.). “La funzionalità dei meccanismi di non punibilità – vuoi riguardo al piano della efficienza, vuoi rispetto alla loro proiezione garantistico-individuale – dipende anche dalla stabilità della disciplina in materia di tempi di prescrizione e, correlativamente, dall'affidamento ragionevole che su di essa abbiano riposto i soggetti titolari del diritto di fruirne, e cioè gli imputati» MAIELLO, cit., 1250 ss ).

In chiave realistica, invero, l'allungamento sine die dei termini di prescrizione mette sotto scacco il diritto del singolo di beneficiare dei vantaggi premiali connessi alla scelta dei riti speciali, con implicazioni pregiudizievoli sul principio di uguaglianza e sulla dimensione di giustizia del trattamento sanzionatorio.

A soffrirne, sarebbero le più generali istanze e funzioni politico-criminali destinate a travolgere – unitamente al principio di uguaglianza, a quello personalistico ed al fascio di tutela che ruota intorno alla libertà individuale – la connotazione contrattualistica della fattispecie penale di garanzia; in sostanza, la dimensione di complessiva informazione su tutti i presupposti della punibilità.

Su queste basi, la distinzione della disciplina del termine ordinario di prescrizione del reato e quella della sua interruzione (l'una riconducibile al paradigma della pena, l'altra alla ragionevole durata del processo) rischia di creare tensioni in relazione all'ottica garantistica del principio di stretta legalità, considerato che la determinazione della durata della prescrizione sconta bilanciamenti di interessi e di valori che le risorse e le potenzialità dialettico-deliberative della sede parlamentare possono implementare in termini di più spiccata ragionevolezza.

La processualizzazione della prescrizione determina poi esiti paradossali di indubbia violazione dell'eguaglianza sostanziale dei cittadini innanzi alla legge e, pertanto, di pregiudizio degli scopi normativi di prevenzione/integrazione.

In definitiva, nell'ottica delle funzioni della pena costituzionalmente garantite, la prescrizione si innerva sull'esigenza di governare le vicende del decorso temporale nell'ottica delle funzioni della pena.

Segnatamente, il trascorrere del tempo riduce l'utilità sociale della pena, o meglio ne relativizzi il valore, stando a testimoniare che più si distanziano nel tempo il reato e la condanna, meno essa corrisponde alle finalità originarie, sino a perderle del tutto.

In un'ottica special-preventiva, poi, il decorso del tempo estingue la punibilità dal momento che incide sulla personalità dell'individuo, trasformandolo in qualcosa di diverso da ciò che egli era nell'istante in cui ha compiuto l'azione illecita; una condanna tardiva rischierebbe così di essere costituzionalmente disarmonica e addirittura illegittima la norma che la consentisse.

Del resto, ove non si riconoscesse al tempo una funzione estintiva dello ius puniendi, ogni autore di reato, in perdurante attesa della pena, si troverebbe privato della possibilità di preventivare la propria esistenza, la propria attività lavorativa, finanche di coltivare normalmente i propri affetti.

Esercitabile e modificabile in eterno, il legittimo diritto di punire finirebbe così per espropriare ab imis i suoi destinatari della possibilità di compiere le più comuni scelte esistenziali, come sanzione ulteriore, e magari più invasiva, di quella prevista per lo specifico reato commesso. Ma v'è di più. In un ordinamento a carattere personalistico, qual è il nostro, in cui la persona umana viene elevata a bene primario, e i suoi diritti fondamentali sottratti alla disponibilità del Legislatore, l'esistenza della prescrizione trova un diretto fondamento costituzionale. E non solo, com'è ovvio, in virtù dell'art. 2 Cost., che assicura – anche al reo – la tutela dei «diritti inviolabili dell'uomo», tra i quali va annoverato, innanzi tutto, il “diritto alla vita” (cfr. l'art. 6 del Patto internazionale dei diritti civili e politici), che viene appunto salvaguardato dalla delimitazione temporale del potere punitivo. Ma anche in forza di quel reticolo di norme costituzionali (v. gli artt. 3, 4, 29, 35, 37, ecc.) che impongono allo Stato (il quale per questa ragione viene definito “sociale”) compiti positivi, volti cioè a rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona.

Non v'è ragione di escludere, infatti, che un tale coacervo di “diritti sociali” riguardi anche il soggetto potenzialmente punibile, verso il quale la Costituzione ammette sì l'eventuale uso della forza (cfr. il combinato disposto tra gli artt. 13 e 25 Cost.) ma non certo la volatile menomazione delle proprie prerogative fondamentali, che discenderebbe, viceversa, dalla persistente prospettiva di una sanzione da scontare. In quest'ottica, anche la disciplina della prescrizione mira a garantire le libere scelte di azione del cittadino, riallaciandosi con la ratio del principio di legalità in materia penale.

Sotto tale aspetto, la riforma che di fatto cancella, sospendendolo senza possibilità di ripresa, l'istituto della prescrizione dopo la sentenza di primo grado, si espone a seri dubbi di legittimità costituzionale.

E invero, come visto, con l'ordinanza n. 24/2017, la Corte costituzionale ha affermato la natura sostanziale dell'istituto e i relativi riferimenti costituzionali, riconducibili alle funzioni della pena (Corte cost., n. 115/2018).

È stato altresì chiaramente affermato che non convince «l'individuazione di una istanza sociale di riforma dell'istituto, per il sapore amaro di ingiustizia e di impunità che si ingenera per l'inefficienza del sistema dimostrata dalla prescrizione maturata in appello o in cassazione. Ho espresso in altre occasioni la mia diffidenza verso la divinazione di istanze sociali: si potrebbe dire che è molto diffusa, per talune forma di criminalità l'idea di “buttar via la chiave”, anche se la pena è espiata, o di praticare la castrazione chimica. Ma, soprattutto, il congegno escogitato con l'emendamento, dopo la condanna in primo grado, consente di far dormire sonni tranquilli ai giudici delle impugnazioni. Lo stesso in caso di assoluzione impugnata dall'accusa. Ebbene, l'efficienza del processo, con queste premesse, non coincide forse con una presunzione di colpevolezza?» (INSOLERA, cit.).

Prescrizione e reato continuato

La legge in esame ha poi sostituito il primo comma dell'art. 158 c.p. con il seguente: «il termine della prescrizione decorre per il reato consumato dal giorno della consumazione; per il reato tentato dal giorno in cui è cessata l'attività del colpevole; per il reato permanente o continuato dal giorno in cui è cessata la permanenza o la continuazione».

La fissazione, in caso di continuazione, del tempus commissi delicti, al momento della cessazione della continuazione si confronta con la nota l'elasticità dei criteri giurisprudenziali nella identificazione del medesimo disegno criminoso.

Il novum rischia di consentire una eccessiva discrezionalità nel portare comunque in avanti il dies a quo del termine prescrizionale.

Senza considerare che tale individuazione del tempus commissi delicti si colloca in controtendenza con l'orientamento dottrinale secondo il quale il reato continuato va considerato unico o plurimo in modo da farne derivare effetti favorevoli al reo.

La riforma, per contro, considera il reato continuato come unico al fine di spostare il aventi il termine di prescrizione anche di fatti molto datati, con effetti evidentemente sfavorevoli al reo ed avallati dalla già citata tendenza giurisprudenziale a maneggiare con elasticità il c.d. “medesimo disegno criminoso”.

Profili di diritto penale intertemporale

Deve infine essere segnalata la specifica disciplina di diritto intertemporale che posticipa l'entrata in vigore del novum peggiorativo in tema di prescrizione al 1° gennaio 2020, vale a dire di un anno rispetto alla approvazione.

Orbene, è certo che in forza dell'art. 25, coomma 2, Cost. e di quanto suesposto la nuova disciplina della prescrizione, essendo più sfavorevole di quella precedente, si applicherà solo ai fatti commessi dopo l'entrata in vigore della legge.

Nel caso di specie, tuttavia, non ci si limita ad adottare la soluzione più garantistica in termini di irretroattività ma si ottiene altresì il risultato di spostare in avanti, e di molti anni, il momento in cui la riforma produrrà degli effetti concreti.

Così, la netta applicazione del principio d'irretroattività conferma la natura sostanziale della prescrizione.

La conferma decisa della natura sostanziale della prescrizione non sembra tuttavia del tutto congruente con la “processualizzazione” che viene affermata con il rivoluzionamento della disciplina, introducendo un requisito di intrinseca contraddittorietà all'interno della legge.

È poi vero che il riconoscimento della natura sostanziale della prescrizione si salda con il rispetto dei principi costituzionali che governano il diritto penale sostanziale a orientamento costituzionale, imponendo una corrispondenza biunivoca tra prontezza della sanzione penale, in grado di orientare i consociati e rieducare gli autori dei reati,e uguaglianza strumentale alle funzioni della pena, ma è altrettanto vero che non si comprendono le ragioni giuridiche che, nell'ottica legislativa, hanno posticipato di un anno (1° gennaio 2020) l'entrata in vigore della riforma, che dunque posticiperà ulteriormente gli effetti e non risolverà, per il momento, i problemi della giustizia penale contemporanea.

In conclusione

Lo strumento impiegato per curare il male, dunque, si colloca in contrasto con il modello di prescrizione delineato dalla Costituzione.

E invero, anziché andare ad alterare il collegamento tra prescrizione e funzioni positivo integratrici della pena, tramite la ‘processualizzazione' della prescrizione connessa alla nuova causa “sospensiva”, sarebbe stato più razionale e proporzionato ridefinire con intervento sistematico il tempo necessario a prescrivere, nel rispetto del più volte invocato approccio struttural/funzionalistico, vale a dire tramite un criterio di connessione tra le funzioni della pena ed il significato che il decorso del tempo esprime in relazione alle prime ed al disvalore astratto di classi di reati, secondo le scansioni argomentative già delineate.

Dunque, non siamo al cospetto di una riforma di ampio respiro e del tutto conforme ai dettami costituzionali, bensì ad un intervento asistematico che da la sensazione al cittadino di un “disorientamento culturale”, con conseguente possibile pregiudizio anche per la percezione della sanzione penale applicata a grande distanza di tempo come giusta.

Dunque, la attuale situazione che comporta una significativa distanza tra il tempus commissi delicti e la conclusione del relativo procedimento penale non può che essere consapevolmente accettata con la consapevolezza delle tensioni costituzionali che la alimentano rispetto alla forse eccessiva dilatazione dei tempi del giusto processo, con effetti negativi sia sulla tutela della vittima che sulla presunzione di innocenza e sulla stessa funzione rieducativa della pena.

Sarebbe invece stato preferibile, in linea con i princìpi costituzionali, ridurre i tempi del processo penale, con la salvaguardia di tutte le garanzie per le persone coinvolte, delineando un sistema che rispetti la tradizione illuministico-liberale dell'Europa e tuteli le libertà individuali. In tale ottica, si dovrebbe intervenire sulle criticità del processo, rendendo più efficace il sistema delle notifiche – magari telematiche – e in generale gestendo più razionalmente le esigue risorse esistenti, e sperabilmente sul versante della copertura di tutti gli organici ancora vuoti, sia per quel che attiene ai magistrati che per quel che concerne il personale amministrativo.

Per quanto riguarda gli aspetti riconducibili al diritto penale sostanziale, la via maestra per abbreviare i tempi del processo dovrebbe essere rappresentata dalla selettività garantistica della sfera del penalmente rilevante, tramite abrogazioni e depenalizzazioni sistematiche nel rispetto delle strategie penalistiche ad orientamento costituzionale, segnatamente dei principi di stretta legalità, offensività/materialità, proporzionalità/sussidiarietà/extrema ratio, nonché di colpevolezza e personalità della responsabilità penale, a loro volta tutti strumentali agli scopi positivo integratrici del diritto penale.

Guida all'approfondimento

DELLA RAGIONE, La nuova disciplina della prescrizione, in G. Spangher (a cura di), La riforma Orlando, Pisa, 2017, 69 ss.;

GATTA, Prescrizione bloccata dopo il primo grado: una proposta di riforma improvvisa ma non del tutto improvvisata, in Dir. pen. cont., 5 novembre 2018;

GIUNTA – MICHELETTI, Tempori cedere. Prescrizione del reato e funzioni della pena nello scenario della ragionevole durata del processo, Torino, 2003;

INSOLERA, La riforma giallo verde del diritto penale: adesso tocca alla prescrizione, in Dir. pen. cont., 9 novembre 2018;

MAIELLO, Prove di resilienza del nullum crimen: Taricco versus controlimiti, in Cass. pen., 2016, 1250 ss.

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