Tempo determinato: il rinvio al contratto collettivo non rende specifica la causale apposta al contratto a termine
24 Gennaio 2019
Massima. Il requisito di specificità della causale apposta ai contratti a tempo determinato disposto dall'art. 1, d.lgs. n. 368 del 2001, è ineludibile, al pari della forma scritta ad substantiam del contratto, imposta dall'art. 4 del medesimo decreto, sicché il predetto requisito non risulta soddisfatto dal generico richiamo alle previsioni della contrattazione collettiva, soprattutto se la causale non reca alcun preciso riferimento alle esigenze eventualmente previste dal contratto collettivo in materia di lavoro a tempo determinato.
Il caso. La Corte d'appello di Lecce aveva rigettato il gravame avverso la decisione, pronunciata dal locale giudice del lavoro, con la quale era stata respinta la domanda di un lavoratore volta ad ottenere declaratoria di nullità dei termini finali, apposti a contratti di lavoro stipulati per lo svolgimento di lavori stagionali, tra gli anni 2004 e 2008 dalle stesse parti, con conseguente conversione di un unico rapporto a tempo indeterminato e connesso risarcimento danni.
Secondo la Corte territoriale i rapporti de quibus erano stati validamente concordati in base al d.lgs. n. 368 del 2001, nella specie applicabile, in quanto, come pure rilevato dal primo giudicante, la causale era stata ben delineata per iscritto in relazione sia al c.c.n.l. n.u. aziende private per il lavoro stagionale aggiuntivo richiesto in estate per le operazioni di r.s.u. in sito turistico, sia ai contratti individuali, in riferimento ai quali e ai motivi dell'assunzione temporanea era stata data tempestiva comunicazione all'Ufficio per l'Impiego di zona.
Inoltre, la necessità dell'aumento temporaneo del fabbisogno di manodopera durante il periodo estivo era stata puntualmente riportata nella relazione tecnica di appalto tra il Comune e la società appaltatrice, sicché il lavoratore era ben conscio della limitazione temporale dei rapporti di lavoro pattuiti, per cui nessun equivoco poteva sorgere in merito.
Avverso la sentenza di appello il lavoratore proponeva ricorso per cassazione.
Il rinvio al contratto collettivo non rende specifica la causale apposta al contratto a termine. Per la Corte di cassazione appaiono fondate, in punto di diritto, le doglianze del ricorrente, segnatamente per quanto concerne la lamentata violazione di legge, falsamente applicata nel caso in esame, laddove “la Corte di merito ha ritenuto sussistente il requisito di specificità, però ineludibile ai sensi della disciplina in tema di rapporti di lavoro a tempo determinato, dettata dal d.lgs. n. 368 del 2001, requisito che allo stato risulta mancante, non essendo soddisfatto di certo in base al generico richiamo delle previsioni della contrattazione collettiva, per giunta senza alcuno specifico riferimento alle esigenze eventualmente previste dal c.c.n.l. in materia di lavoro a tempo determinato”.
Fatti salvi i principi affermati in generale dalla giurisprudenza di legittimità in materia, non può sottacersi - prosegue la Corte - come nel caso di specie non sembra integrato il requisito della complessità aziendale, in assenza di qualsiasi elemento indicativo in tal senso, tenuto conto, d'altro canto, che, oltre al requisito di specificità occorrente ex art. 1, d.lgs. n. 368, è la parte datoriale che deve altresì dimostrare l'effettività di quanto enunciato nella clausola contrattuale per giustificare l'apposizione del termine (va, infatti, attribuito alla parte datoriale l'onere di dimostrare le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, giustificanti l'apposizione del termine al contratto di lavoro subordinato, ai sensi dell'art. 1, d.lgs. n. 368, cit., in quanto regime derogatorio alla forma comune del rapporto di lavoro, che è a tempo indeterminato, di guisa che inoltre tale onere a fortiori è a carico di parte datoriale rispetto a quello, esplicitamente disciplinato dall'art. 4 del medesimo decreto n. 368 in ordine all'ipotesi di proroga del termine; v. Cass. 21 gennaio 2016, n. 1058; v. anche Cass. 24 novembre 2014, n. 24954, nonché Cass. sez. 6 - L, 27 aprile 2016, n. 8319).
Per i giudici di legittimità (Cass., sez. lav., 13 gennaio 2015, n. 343), il d.lgs. 6 settembre 2001, n. 368, art. 1, richiedendo l'indicazione, da parte del datore di lavoro, delle "specificate ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo", ha inteso stabilire, in conformità alla direttiva 1999/70/CE, come interpretata dalla Corte di giustizia (Corte giust. 23 aprile 2009, in causa C-378/07 ed altre; Corte giust. 22 novembre 2005, in causa C-144/04), un onere di indicazione sufficientemente dettagliata della causale con riguardo al contenuto, alla sua portata spazio-temporale e, più in generale, circostanziale, sì da assicurare la trasparenza e la verificabilità di tali ragioni. Ne consegue che la suddetta specificazione può risultare anche solo indirettamente nel contratto di lavoro e, "per relationem", da altri testi accessibili alle parti, tra i quali gli accordi collettivi (conforme Cass. n. 8286 del 2012).
Infine, la Corte Suprema richiama Cass., sez. lav., 18 ottobre 2013, n. 23702, secondo cui, in tema di contratto a tempo determinato, costituisce regola generale l'obbligo di apporre nel contratto individuale di lavoro la ragione giustificativa del termine, la cui enunciazione deve essere specifica nel regime previsto dal d.lgs. 6 settembre 2001, n. 368, mentre nella vigenza della l. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23 - con cui era stata affidata alla contrattazione collettiva, nazionale o locale, la possibilità di autorizzare contratti a termine per causali, di carattere oggettivo o anche meramente soggettivo, ulteriori rispetto a quelle previste l. 18 aprile 1962, n. 230 - era sufficiente il richiamo, nel contratto stesso, alla previsione del contratto collettivo, così da consentire, anche in tale evenienza, il controllo giudiziario sull'operato delle parti ed evitare l'arbitrio che il silenzio avrebbe consentito.
La Corte di cassazione accoglie infine il ricorso. |