Congedo straordinario per l’assistenza al genitore disabile: spetta anche al figlio non convivente?

30 Gennaio 2019

Il congedo straordinario per l'assistenza a persona in condizioni di disabilità grave spetta solo al familiare già convivente, ovvero può competere anche a colui che intende instaurare una convivenza con la persona disabile?
Massima

La normativa sui congedi straordinari per l'assistenza di un familiare affetto da disabilità grave, contenuta nel d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151, è viziata da illegittimità costituzionale nella parte in cui non prevede, all'art. 42, comma 5, d.lgs. n. 151/2001 che anche il figlio non convivente all'epoca della domanda, ma che intraprenderà successivamente la convivenza, possa fruire del congedo straordinario per assistere il genitore.

Il caso

Un dipendente pubblico, agente penitenziario, richiede il congedo straordinario retribuito previsto dal d.lgs n. 151/2001 per assistere il padre malato. Il Ministero di Giustizia, constata l'assenza del requisito della convivenza tra figlio e padre, rigetta l'istanza.

Il lavoratore impugna il rigetto con ricorso cautelare accolto dal TAR, ma l'ordinanza viene poi riformata dal Consiglio di Stato, il quale richiama a fondamento della legittimità della decisione del Ministero di Giustizia «la contestata sussistenza del requisito della convivenza col genitore disabile».

Nel corso del giudizio di merito per l'annullamento del provvedimento di diniego, il TAR considera insuperabile l'elemento della pregressa convivenza, previsto in modo tassativo dalla norma e, non potendosi superare questa preclusione per via interpretativa ipotizza l'illegittimità della stessa per violazione di diversi parametri costituzionali.

La questione

Il congedo straordinario per l'assistenza a persona in condizioni di disabilità grave spetta solo al familiare già convivente, ovvero può competere anche a colui che intende instaurare una convivenza con la persona disabile?

Le soluzioni giuridiche

La Consulta dichiara fondata la questione e pronuncia l'illegittimità costituzionale dell'art. 42, comma 5, d.lgs. n. 151/2001, nella parte in cui non annovera tra i beneficiari del congedo straordinario, alle condizioni stabilite dalla legge, il figlio che al momento della presentazione della richiesta non conviva con il genitore disabile, ma che tale convivenza successivamente instauri, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge, o del partner dell'unione civile, del padre e della madre, anche adottivi, di altri figli conviventi, di fratelli o sorelle conviventi, dei parenti o affini entro il terzo grado conviventi, che sono i soggetti legittimati a richiedere il beneficio in via prioritaria secondo l'ordine determinato dalla legge.

La previsione della convivenza all'epoca della domanda quale requisito per l'ammissibilità della stessa viola gli artt. 2,3,29 e 32 Cost. poiché sacrifica in maniera irragionevole e sproporzionata l'effettività dell'assistenza e dell'integrazione del disabile nell'ambito della famiglia.

Il requisito della convivenza ex ante, inteso come criterio prioritario per l'identificazione dei beneficiari del congedo, si rivela idoneo a garantire, in linea tendenziale, il miglior interesse del disabile.

Tale presupposto, tuttavia, non può assurgere a criterio indefettibile ed esclusivo, così da precludere al figlio, che intende convivere ex post, di adempiere in via sussidiaria e residuale i doveri di cura e di assistenza, anche quando nessun altro familiare convivente, pur di grado più lontano, possa farsene carico.

Osservazioni

La platea dei soggetti che possono fruire del congedo straordinario è stata progressivamente allargata prima ad ad opera del legislatore e poi con una serie di pronunce della Corte costituzionale, fino alla sentenza additiva in commento.

Inizialmente il congedo era fruibile dai soli genitori e, in loro assenza dai fratelli e sorelle conviventi con un persona affetta da almeno cinque anni da una disabilità grave. Con la legge finanziaria del 2004 il legislatore rimosse il limite dei cinque anni di condizione di disabilità. Successivamente una pronuncia della Corte costituzionale (Corte cost. n. 233/2005) estese il diritto al congedo a fratelli e sorelle anche nell'ipotesi che i genitori siano anche essi inabili all'assistenza e non solo in caso di loro mancanza o morte; con la sentenza n. 158/2007 la Consulta pose il coniuge (ed ora anche la persona unita civilmente) in posizione prioritaria rispetto agli altri congiunti.

Con la sentenza n. 19/2009 la Corte costituzionale attribuì anche al figlio convivente, in caso di assenza di altri soggetti, il diritto al congedo straordinario.

La pronuncia Corte cost. n. 203/2013 aprì in via residuale anche a parenti o affini entro il terzo grado conviventi, in caso di mancanza, decesso o patologie invalidanti degli altri soggetti individuati dalla norma.

In questo processo di allargamento della platea dei soggetti che possono fruire del congedo è sempre stato valorizzato l'elemento della convivenza; la convivenza è stata al centro anche della sentenza Corte cost. n. 213/2016 (v. F. Pisano, Anche il convivente more uxorio della persona affetta da handicap grave può fruire dei permessi retribuiti in ilFamiliarista.it) in tema di permessi ex legge n. 104/1992 con la declaratoria di incostituzionalità dell'esclusione del partner convivente dalla platea dei soggetti che possono ottenere i permessi.

A proposito delle coppie conviventi, è possibile che in futuro la Corte costituzionale possa essere sollecitata sulla mancata previsione del diritto al congedo straordinario anche per il convivente more uxorio; ed è prevedibile che la censura sia accolta, in linea proprio con la pronuncia Corte cost. n. 213/2006 sui permessi.

Al contrario che nelle pronunce sopra richiamate, nel caso in esame la Corte ha considerato che il requisito della convivenza potesse condurre ad una eterogenesi dei fini: pensato come strumento per valorizzare il diritto del disabile a ricevere cura ed assistenza nella propria comunità familiare, in una continuità di relazioni affettive e di assistenza, diviene causa di impedimento, per la persona disabile priva di familiari conviventi, di godere dell'assistenza di un figlio pronto a intraprendere una convivenza con lui.

La soluzione è quella di mantenere la convivenza come requisito prioritario, ma non più esclusivo, ricostruendo il sistema a partire dalla rilevanza costituzionale dell'interesse della persona con disabilità a ricevere cura ed assistenza nell'ambito delle proprie relazioni affettive, a tutela del suo diritto alla salute psicofisica ed alla dignità.

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