Sulla rideterminazione della c.d. pena incostituzionale in sede di esecuzione

Angelo Salerno
04 Febbraio 2019

Il ricorso su cui si è pronunciata la Corte di cassazione pone preliminarmente una questione di natura sostanziale, relativa agli effetti di una sentenza dichiarativa di incostituzionalità di una norma di sfavore, diversa dalla norma incriminatrice. Più nello specifico, quali sono gli effetti sul giudicato di condanna della sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014, con cui è stata dichiarata l'incostituzionalità del...
Massima

Il giudice dell'esecuzione, ove il trattamento sanzionatorio non sia stato ancora interamente eseguito, deve rideterminare la pena in favore del condannato pur se il provvedimento "correttivo" da adottare non è a contenuto predeterminato, potendo egli avvalersi di penetranti poteri di accertamento e di valutazione, fermi restando i limiti fissati dalla pronuncia di cognizione in applicazione di norme diverse da quelle dichiarate incostituzionali.

Il caso

Il giudice dell'esecuzione si è pronunciato con ordinanza su un'istanza volta ad ottenere la rideterminazione della pena a seguito della sentenza n. 32 del 2014 della Corte Costituzionale.

Avverso la predetta ordinanza è stato proposto ricorso per cassazione, lamentando l'assenza di alcun rapporto di proporzionalità rispetto la sanzione originariamente applicata, sul presupposto che il giudice a quo avrebbe dovuto ricalcolare la pena sulla base della normativa vigente a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014, la cui elusione aveva determinato l'incongruità del trattamento sanzionatorio originariamente applicato all'imputato.

Ulteriore doglianza attiene all'individuazione, quale violazione più grave ai sensi dell'art. 81 cpv. c.p., da parte del giudice dell'esecuzione, di un delitto diverso da quello indicato dal giudice di cognizione, che a parere del ricorrente determinerebbe una ipotesi di reformatio in peius.

La questione

Il ricorso su cui si è pronunciata la Corte di cassazione pone preliminarmente una questione di natura sostanziale, relativa agli effetti di una sentenza dichiarativa di incostituzionalità di una norma di sfavore, diversa dalla norma incriminatrice.

Più nello specifico, quali sono gli effetti sul giudicato di condanna della sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014, con cui è stata dichiarata l'incostituzionalità del d.l. 272 del 2005, artt. 4-bis e 4-vicies, con conseguente eliminazione ex tunc del trattamento più severo per lo spaccio delle cc.dd. droghe leggere, ripristinando il più mite trattamento sanzionatorio previgente?

Nel contempo, si pone una questione, di matrice processuale, relativa ai poteri e ai limiti per il giudice dell'esecuzione in sede di rideterminazione della pena, con particolare riferimento all'incidenza sulla sua discrezionalità delle statuizioni della sentenza di merito.

Il giudice dell'esecuzione è vincolato e in che termini alla decisione di merito? Può individuare un reato diverso come violazione più grave ai fini della continuazione e a che condizioni?

Le soluzioni giuridiche

La Prima Sezione penale della Corte di cassazione, nel risolvere la prima questione, relativa alla individuazione degli effetti della citata sentenza n. 32 del 2014 della Corte costituzionale, ha aderito, richiamandolo, al principio di diritto già affermato dalle Sezioni unite della Corte di cassazione sull'argomento.

Con sentenza del 29 maggio 2014, n. 42858, imp. Gatto, il Supremo Consesso ha infatti escluso che potesse continuare a trovare applicazione una norma dichiarata incostituzionale dopo la sentenza definitiva, con conseguente illegittimità della pena irrogata sulla scorta di tale disposizione, evidenziando che altrettanto illegittima doveva ritenersi in siffatte ipotesi l'esecuzione del giudicato.

Nella sentenza in commento viene quindi citato il principio di diritto affermato nella sentenza del 2014 delle Sezioni unite, secondo cui «Successivamente a una sentenza irrevocabile di condanna, la dichiarazione d'illegittimità costituzionale di una norma penale diversa dalla norma incriminatrice, idonea a mitigare il trattamento sanzionatorio, comporta la rideterminazione della pena, che non sia stata interamente espiata, da parte del giudice dell'esecuzione».

I giudici di legittimità si soffermano quindi sul ruolo del giudice dell'esecuzione nel dare attuazione, in concreto, a tale principio di diritto, sostenendo che questi sia chiamato ad una valutazione di carattere preliminare, volta ad accertare se la norma dichiarata incostituzionale abbia effettivamente inciso sulla pena irrogata.

Solo in caso di esito positivo di tale verifica preliminare, il giudice dell'esecuzione è chiamato a rideterminare il trattamento sanzionatorio, prendendo le mosse dalla ricostruzione del fatto operata dal giudice di merito, in quanto dato vincolante nella fase esecutiva.

Del pari, si richiama il principio di diritto già espresso con sentenza della medesima Sezione, n. 53019 del 4 dicembre 2014, imputato Schettino, per cui «il giudice dell'esecuzione, ove il trattamento sanzionatorio non sia stato ancora interamente eseguito, deve rideterminare la pena in favore del condannato pur se il provvedimento "correttivo" da adottare non è a contenuto predeterminato, potendo egli avvalersi di penetranti poteri di accertamento e di valutazione, fermi restando i limiti fissati dalla pronuncia di cognizione in applicazione di norme diverse da quelle dichiarate incostituzionali».

In linea con tali premesse, nella sentenza in commento la Prima Sezione penale sancisce che il giudice dell'esecuzione non è vincolato dalle valutazioni operate dal giudice di cognizione in merito alla dosimetria della pena, pur essendo chiamato a fare applicazione delle norme vigenti al momento della condanna, ad eccezione di quelle dichiarate incostituzionali.

Nel caso sottoposto ai giudici di legittimità, l'ordinanza impugnata è stata dunque confermata, con rigetto del ricorso, dal momento che la diversa individuazione della violazione più grave e la pena, così come rideterminata dal giudice dell'esecuzione, costituivano diretta conseguenza della mutata cornice edittale dell'art. 73, comma 4, d.P.R. 309/1990, per effetto della sentenza della Corte costituzionale.

Osservazioni

La sentenza in commento, pur se ricognitiva dei principi di diritto già affermati dalle Sezioni unite nel 2014 e dalla stessa Prima Sezione penale, lo stesso anno, presenta profili di particolare interesse riguardo alla peculiare ma sempre più frequente ipotesi di rideterminazione della c.d. pena incostituzionale in sede di esecuzione.

La pronuncia ha il merito di scandire i passaggi fondamentali attraverso cui il giudice dell'esecuzione è chiamato a elidere gli effetti della norma dichiarata costituzionale, a partire dall'accertamento preliminare circa la sua effettiva incidenza sulla pena irrogata.

Particolare attenzione è inoltre dedicata a chiarire quali siano i vincoli che discendono, per il giudice dell'esecuzione, dalla decisione di merito, con particolare riferimento all'accertamento in fatto – che vincola il giudice nella fase esecutiva – nonché all'applicazione delle norme vigenti al momento della condanna, fatta tuttavia eccezione per quelle norme che siano state espunte dall'ordinamento giuridico da parte del giudice costituzionale.

Si afferma chiaramente, in sentenza, che per quanto attiene invece alla rideterminazione della pena essa è rimessa alla discrezionalità del giudice dell'esecuzione, il quale è altresì chiamato ad operare una nuova individuazione della violazione più grave – nelle ipotesi di reato continuato – senza alcun vincolo derivante dalla sentenza di merito, allorché la cornice edittale dei reati avvinti dal vincolo della continuazione risulti mutata per effetto della declaratoria di incostituzionalità.

Emerge dunque il ruolo centrale che il giudice penale, in funzione di giudice dell'esecuzione, riveste nel garantire la legalità della pena, tanto nelle ipotesi espressamente regolate dal codice di procedura penale, quanto in quelle sempre più frequenti che l'evoluzione giurisprudenziale, nazionale e sovrannazionale (si pensi all'incidenza delle sentenze della Corte di Strasburgo o della Corte di Giustizia sul giudicato penale), ha posto negli ultimi anni.

Guida all'approfondimento

GAMBARDELLA, Lex mitior e giustizia penale, Torino, 2013;

CAPRIOLI, Giudicato e illegalità della pena: riflessioni a margine di una recente sentenza della Corte costituzionale, in BARGIS (a cura di), Studi in ricordo di M.G. Aimonetto, Milano-Varese, 2013, p. 263-292;

PECORELLA, La rideterminazione della pena in sede di esecuzione: le Sezioni Unite danno un altro colpo all'intangibilità del giudicato, in Dir. proc. pen., 2/2015, 181 ss.

LAVARINI, Incostituzionalità della disciplina penale in materia di stupefacenti e ricadute ante e post iudicatum, in Giur. cost., 2/2014, 1903 ss.

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