L'attività sotto copertura della P.G. per il contrasto dei fenomeni corruttivi. Gli interventi del legislatore del 2019

06 Febbraio 2019

La legge 9 gennaio 2019, n. 3 è finalizzata ad arginare il dilagare di fenomeni corruttivi attraverso la predisposizione di una specifica strategia repressiva che prevede l'impiego di operazioni sotto copertura di polizia giudiziaria. Nota alla pratica investigativa, in quanto già prevista in funzione di contrasto di altre fenomenologie criminose, l'attività under cover consente di acquisire significativi dati probatori ma deve essere sempre svolta nel rispetto delle garanzie individuali.
Abstract

La legge 9 gennaio 2019, n. 3 è finalizzata ad arginare il dilagare di fenomeni corruttivi attraverso la predisposizione di una specifica strategia repressiva che prevede l'impiego di operazioni sotto copertura di polizia giudiziaria. Nota alla pratica investigativa, in quanto già prevista in funzione di contrasto di altre fenomenologie criminose, l'attività under cover consente di acquisire significativi dati probatori ma deve essere sempre svolta nel rispetto delle garanzie individuali.

Premessa

La legge 9 gennaio 2019, n. 3, Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici (pubblicata nella Gazzetta ufficiale del 16 gennaio 2019, n. 13), rappresenta uno step significativo nella lotta alla corruzione; essa interpreta le istanze di disapprovazione sociale nei confronti di comportamenti lesivi del corretto funzionamento della pubblica amministrazione ma, soprattutto, traduce mere espressioni di biasimo – che in più sedi e oramai da tempo sono state manifestate – in prescrizioni dal valore cogente.

Le scelte politico-legislative sottese all'emanazione del provvedimento normativo in discorso sono indicative di una specifica intentio legis: ribadire nella sede normativa le esigenze di tutela del buon andamento della pubblica amministrazione equivale, per un verso, a volerle corroborare e, per altro verso, a stigmatizzare ogni comportamento che svilisce il senso e lo spessore del buon funzionamento della stessa pubblica amministrazione.

In tale ottica, il recente intervento del legislatore del 2019 si pone in linea con principi già sanciti nel diritto internazionale (si pensi alla Convenzione penale sulla corruzione del Consiglio d'Europa del 1999, ratificata dallo Stato italiano con la legge 28 giugno 2012, n. 110) che mirano ad arginare il dilagare di fenomeni corruttivi.

Per realizzare tale finalità di fondo, la novella del 2019 presenta una struttura sistematica articolata che spazia dall'ambito sostanziale a quello processuale (penale) ed interessa più settori sia della legge ordinaria che della legge speciale. Ne scaturisce un corpus normativo caratterizzato da disposizioni di ordine sostantivo e procedurale che, coordinate fra loro, generano – nel complesso – una precisa strategia di contrasto al crescente dilagare di episodi corruttivi fortemente lesivi di beni di primaria importanza.

La fase applicativa, poi, consentirà di verificare l'efficacia delle determinazioni tecnico-normative assunte di recente e soprattutto, testerà la validità degli strumenti giuridici introdotti in materia, nell'ottica complessiva del sistema.

La strategia anticorruzione prevista dall'art. 5 della legge 9 gennaio 2019, n. 3

Il comma 5 della legge 9 gennaio 2019, n. 3 ‒ rubricato Modifiche alla legge 16 marzo 2006, n. 146, Ratifica ed esecuzione della Convenzione e dei Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale, adottati dall'Assemblea generale il 15 novembre 2000 ed il 31 maggio 2001 ‒, ha incluso nell'ambito di applicazione proprio delle operazioni sotto copertura della polizia giudiziaria anche i comportamenti contra legem sussumibili nei fenomeni corruttivi. Ciò si è reso possibile in virtù della stabilita modifica al comma 1 dell'art. 9 della legge 16 marzo 2006, n. 146 e in particolare, alla relativa lettera a), il cui testo è stato sostituito dal comma 1 del citato comma 5 della legge 9 gennaio 2019, n. 3.

Come novellata, la lettera a) – testé menzionata – autorizza «gli ufficiali di polizia giudiziaria», siano essi esponenti della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri, del Corpo della guardia di finanza, della Direzione investigativa antimafia ovvero di organismi specializzati, a tenere particolari comportamenti – di seguito specificati.

Tuttavia, al riguardo, si pongono delle condizioni: in virtù del comma 3 dell'art. 9 della legge 16 marzo 2006, n. 146, le operazioni investigative da compiersi sotto copertura devono essere preventivamente autorizzate dai vertici gerarchici dell'ufficiale che deve agire under cover; inoltre, i comportamenti dell'investigatore simulato devono essere assunti entro i «limiti delle proprie competenze», devono inserirsi nell'ambito di peculiari azioni investigative e devono tendere – in modo esclusivo – a individuare dati probatori per l'accertamento di taluno dei delitti specificamente indicati dalla stessa norma.

Infatti, l'elencazione di tali delitti è tassativa e annovera svariate fattispecie illecite, contemplate, talune, nel codice penale e talaltre, nella legislazione speciale. Nella specie, sono interessati dalla norma in discorso i seguenti reati: concussione (art. 317 c.p.), corruzione per l'esercizio della funzione (art. 318 c.p.), corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio (art. 319 c.p.) – anche in forma aggravata (art. 319-bis c.p.) –, corruzione in atti giudiziari (art. 319-ter c.p.), induzione indebita a dare o promettere utilità (art. 319-quater) – nell'ipotesi prevista dal relativo comma 1 –, corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio (art. 320 c.p.), delitto ex art art. 321 c.p. (che prevede l'irrogazione di sanzioni a carico del corruttore), istigazione alla corruzione (art. 322 c.p.), peculato, concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione e istigazione alla corruzione di membri della Corte penale internazionale e degli organi delle Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri (art. 322-bis c.p.), traffico di influenze illecite (art. 346-bis c.p.), turbata libertà degli incanti (art. 353 c.p.), turbata libertà del procedimento di scelta del contraente (art. 353-bis c.p.), falsificazione di monete, spendita e introduzione nello Stato, previo concerto, di monete falsificate (art. 453 c.p.), alterazione di monete (art. 454 c.p.), spendita e introduzione nello Stato, senza concerto, di monete falsificate (art. 455 c.p.), contraffazione di carta filigranata in uso per la fabbricazione di carte di pubblico credito o di valori di bollo (art. 460 c.p.), fabbricazione o detenzione di filigrane o di strumenti destinati alla falsificazione di monete, di valori di bollo o di carta filigranata (art. 461 c.p.), contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi ovvero brevetti, modelli e disegni (art. 473 c.p.), introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi (art. 474 c.p.), estorsione (art. 629 c.p.), sequestro di persona a scopo di estorsione (art. 630 c.p.), usura (art. 644 c.p.), riciclaggio (art. 648-bis c.p.), impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (art. 648-ter c.p.).

Sono altresì annoverati sia i delitti previsti nel Libro II (Dei delitti in particolare), Titolo XII (Dei delitti contro la persona), Capo III (Dei delitti contro la libertà individuale), Sezione I (Dei delitti contro la personalità individuale) del codice penale - ergo quelli disciplinati dagli artt. 600-604 c.p. -, sia i delitti in tema di armi, esplosivi e munizioni e quelli previsti dai commi 1, 3, 3-bis e 3-ter dell'art. 12 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero) – come novellato per effetto di provvedimenti normativi successivi alla sua emanazione -, sia i delitti di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza) e sia, infine, i delitti ex art. 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75 (Abolizione della regolamentazione della prostituzione e lotta contro lo sfruttamento della prostituzione altrui) ed ex art. 260 (Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti) del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale).

Analizzando l'elenco dei reati riportato nel testo dell'comma 5 della recente legge 9 gennaio 2019, n. 3, si nota il coinvolgimento di vari settori ordinamentali, tra cui spiccano – nell'incipit del comma 1 della stessa norma - le norme stabilite in funzione di contrasto dei fenomeni corruttivi: l'ampio ventaglio di delitti annoverato al riguardo dimostra l'intentio legis di tutelare – il più possibile - il corretto funzionamento dell'amministrazione pubblica; e detta tutela pare esplicarsi (proprio) mercé l'adozione di un'efficace strategia di contrasto in relazione ad un numero di delitti decisamente cospicuo, tutti riconducibili alla materia in discorso.

Inoltre, nel disegno del legislatore del 2019, spicca un ulteriore dato, ossia l'espressa previsione di attività sotto copertura della polizia giudiziaria come possibile deterrente alla perpetrazione di condotte lesive di beni giuridici ricompresi nel concetto di pubblica amministrazione.

Come già osservato – in altre materie - in precedenti interventi normativi di analogo tenore prescrittivo, nel testo del citato art. 5 della legge 9 gennaio 2019, n. 3, si specificano i comportamenti che l'ufficiale sotto copertura può assumere durante lo svolgimento di attività investigativa per taluno dei delitti anzidetti. In particolare, si stabilisce che i detti ufficiali under cover, «anche per interposta persona», possono porre in essere una serie di condotte di regola vietate: nella specie, possono fornire asilo ovvero sostegno agli affiliati ad una compagine criminale; possono acquistare, ricevere, sostituire o nascondere soldi o una diversa forma di guadagno, nonché «armi, documenti, sostanze stupefacenti o psicotrope, beni ovvero cose che sono oggetto, prodotto, profitto, prezzo o mezzo per commettere il reato»; possono accettarne «l'offerta o la promessa» o, ancora, ostacolare in altro modo l'identificazione della relativa derivazione oppure permetterne l'uso; possono dare denaro o concedere benefici diversi per consentire l'attuazione di un patto contra legem ormaistipulatoad opera di ulteriori soggetti; sono legittimati ad impegnarsi a pagare una certa somma in denaro oppure ad accordare un diverso benefit al «pubblico ufficiale» o anche all'«incaricato di pubblico servizio» che li abbia pretesi; inoltre, possono dare denaro o fornire un diverso tornaconto, a titolo di corrispettivo, per un intervento ex lege vietato nei confronti di «un pubblico ufficiale» ovvero di «un incaricato di pubblico servizio» o al fine di ricompensare un soggetto dotato delle predette qualità; infine, sono legittimati a porre in essere atti a ciò preliminari e funzionali.

Condotta dell'ufficiale sotto copertura e causa di giustificazione ex art. 51 c.p.: qualche riflessione

Alla luce delle considerazioni appena formulate, le condotte che gli agenti di polizia giudiziaria possono assumere sotto copertura sono – di norma – proibite; tuttavia, per specifiche esigenze investigative nonché per scopi di acquisizione probatoria, i predetti soggetti sono legittimati a tenere i comportamenti innanzi descritti allorché si proceda – tra l'altro – per reati sussumibili in fenomeni corruttivi, elencati in modo tassativo nel testo del comma 5 della legge 9 gennaio 2019, n. 3 – come si è visto.

A fronte di ciò, però, viene spontaneo interrogarsi sull'aspetto dell'incriminabilità dell'ufficiale under cover in relazione ai contegni assunti per ragioni connesse all'ufficio da costui ricoperto – in modo simulato.

In effetti, le prescrizioni dettate dal comma 5 della legge 9 gennaio 2019, n. 3 devono essere combinate con il testo dell'art. 9, comma 1, della legge 16 marzo 2006, n. 146 che, a sua volta, richiama la disposizione ex art. 51 c.p. In definitiva, dal coordinamento delle anzidette norme, si evince che in materia di operazioni sotto copertura della polizia giudiziaria deve essere ritenuta operativa una precisa causa di giustificazione, ossia l'esercizio di un diritto o l'adempimento di un dovere, anche in simili situazioni; e ciò deve considerarsi valido anche in tema di delitti riconducibili a fenomeni corruttivi.

Una determinazione legislativa di siffatto tenore sembra essere motivata dalla necessità di non penalizzare un esponente delle forze dell'ordine che, nell'ambito di attività investigativa, abbia dovuto assumere fittiziamente determinati comportamenti – soltanto – per adempiere ai compiti connessi alle proprie mansioni e per acquisire elementi di prova a carico dei presunti colpevoli di reati contro la pubblica amministrazione.

Sicché, ogniqualvolta emerga la legittimità della condotta assunta dall'investigatore sotto copertura, trova applicazione la scriminante prevista dal citato art. 51 c.p.; diversamente, lo stesso investigatore sotto copertura si vedrà diretto protagonista di un procedimento penale instaurato a suo carico per i comportamenti tenuti in modo non regolare durante l'operazione under cover.

La tutela della pubblica amministrazione a confronto con le garanzie individuali

Sin dalla fase di elaborazione della legge 9 gennaio 2019, n. 3, non sono mancate voci critiche su taluni particolari aspetti connessi alla repressione di delitti contro la pubblica amministrazione. L'esigenza di contrastare siffatti fenomeni corruttivi ha comportato scelte di politica legislativa a tratti poderose.

Indubbiamente, ciò giova in funzione di contrasto di un fenomeno criminoso di significativo rilievo, poiché dimostra una decisa volontà di avversare severamente determinati comportamenti illeciti capaci di minare i capisaldi di uno Stato di diritto. Tuttavia, la (ri)affermazione dello spessore dei valori coinvolti nella sfera della pubblica amministrazione corrisponde, almeno in alcuni momenti, ad un paventabile detrimento dei diritti individuali.

In particolare, sul piano processuale penale, occorre soffermarsi sulla conciliabilità fra un processo penale che ambisce - ognora - a definirsi “giusto” – secondo i dettami dell'art. 111 Cost. – e tecniche di investigazione che tendono ad annichilire potestà fondamentali dell'individuo. Ci si riferisce, nello specifico, a “special investigative technique”, come denominate nel testo dell'art. 20 della Convenzione Onu sul Crimine Organizzato Transnazionale. L'adozione di questo particolare metodo investigativo legittima un ufficiale delle forze dell'ordine a compiere atti (investigativi) in forma mimetizzata, ossia non rivelando – a priori – la propria identità né, tanto meno, palesando il ruolo istituzionale ricoperto.

Ciò inevitabilmente accentua il disequilibrio tra la posizione dell'investigatore e quella dell'investigato: se già in forma non simulata si registra una situazione di svantaggio da parte di chi è sottoposto ad indagini rispetto a chi, invece, le svolge nei suoi confronti – aspetto, questo, a cui si è voluto reagire con l'introduzione dell'archetipo del processo penale accusatorio –, a fortiori il detto svantaggio pare aumentare quando l'investigato è inconsapevole di trovarsi ad interagire, nella sua quotidianità, con un esponente delle forze dell'ordine di cui ignora l'ufficio da costui realmente ricoperto.

Un simile profilo problematico non è sfuggito in sede esegetica. La dottrina ha più volte richiamato l'attenzione sul punto. Finanche la Corte europea dei diritti dell'uomo, chiamata in varie occasioni a pronunciarsi in argomento, ha rimarcato l'importanza del disposto dell'art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e nel contempo, ha stigmatizzato ogni provocazione posta in essere dall'agente sotto copertura allo scopo di indurre il soggetto provocato ad assumere una condotta ex lege vietata, quantunque la detta provocazione si giustifichi per ragioni di giustizia.

Ma vi è di più. Nel ribadire il principio della discovery, la stessa Corte europea dei diritti dell'uomo ha cercato di sanare il gap notato tra “provocatore” e “provocato” anche nella fase successiva allo svolgimento di attività investigativa under cover, rimarcando il diritto di difesa dell'imputato e la necessità di non svilirne la corretta applicazione nella concreta realtà processuale (penale).

In conclusione

L'attività investigativa compiuta in forma simulata deve tendere esclusivamente a scopi probatori; solo in quest'ottica, essa trova legittimazione. Gli atti posti in essere dall'ufficiale under cover non possono esorbitare dai confini delle rispettive competenze e devono sempre inscriversi entro i limiti del corretto operare in funzione anticorruzione. Né è di poco conto la tutela dei diritti individuali, che giammai deve subire un detrimento.

A fronte di tali considerazioni, si desume la necessità di individuare il giusto punto di equilibrio tra i diversi interessi coinvolti che possa orientare le azioni dell'agente sotto copertura. In ogni caso, la stretta legalità deve essere assunta a criterio-guida di ogni iniziativa investigativa: la consapevolezza di dover agire per ragioni di giustizia deve costituire in sé una naturale tensione verso il legittimo espletamento dei propri compiti.

Ciò è valido in linea di principio. Tuttavia, il momento della concreta adozione di ogni disposizione legislativa può rivelare taluni aspetti problematici e pertanto, occorre vagliarne attentamente la tenuta nell'ottica d'insieme del sistema ordinamentale.

Nella sede applicativa, quindi, bisognerà sperimentare la validità delle specifiche opzioni politico-legislative del legislatore del 2019 e soprattutto, occorrerà verificarne i punti di forza e le eventuali criticità nel raffronto tra metodo investigativo under cover e regole della pubblica amministrazione, materia complessa e delicata al tempo stesso, caratterizzata dal coinvolgimento di valori di primario rilievo che vanno garantiti in maniera efficace da ogni possibile pregiudizio ed in special modo, salvaguardati dalla capacità offensiva propria di qualsivoglia comportamento di tipo corruttivo.

Guida all'approfondimento

In dottrina: Amato, La definizione della posizione processuale dell'«agente provocatore»: riflessi sulla capacità a rendere testimonianza, in Cass. pen., 1996, p. 2393 ss.; Amato, Sull'ambito di operatività, sostanziale e processuale, della scriminante dell'acquisto simulato di sostanze stupefacenti, in Cass. pen., 1999, p. 1614 ss.; Apa, Note in tema di testimonianza dell'agente provocatore, in Giur. it., 1999, p. 139 ss.; Balsamo, Lo Pipero, La prova “per sentito dire”. La testimonianza indiretta tra teoria e prassi applicativa, Milano, 2004; Barrocu, Le operazioni sotto copertura nel d.d.l. anticorruzione: facciamo chiarezza, www.quotidianogiuridico.it, 2018, p. 1 ss.; Cisterna, Attività sotto copertura, arriva lo statuto, in Guida dir., 2006, n. 17, p. 78 ss.; Dell'andro, voce Agente provocatore, in Enc dir., I, Milano, 1958, p. 866 ss.; Frigoli, Sul regime transitorio del divieto di testimonianza indiretta degli agenti ed ufficiali di polizia giudiziaria, in Nuovo dir., 2006, p. 1216 ss.; Giordano, Le indagini preliminari. Poteri e limiti del Pubblico Ministero e della Polizia giudiziaria, Padova, 2002; Landolfi, L'acquisto simulato di stupefacenti, in Cass. pen., 1994, p. 1983 ss.; Malinverni, voce Agente provocatore, in Noviss. dig. it., Torino, 1957, p. 397 ss.; Marini, Acquisto simulato di droga e pretese testimonianze dell'agente provocatore, in Giur. it., 1995, II, p. 58 ss.; Melillo, L'agire provocatorio fra ricerca della notizia di reato e ricerca della prova, in Arch. nuova proc. pen., 1999, p. 99 ss.; Minna, Sutera Sardo, Agente provocatore. Profili sostanziali e processuali, Milano, 2004; Neppi Modona, Il reato impossibile, Milano, 1965; Padovani, Diritto penale, Milano, 2002; Petralia, Salerno, Le operazioni sotto coperture in materia di armi e riciclaggio, in Riv. della Guardia di Finanza, 2003, n. 3, p. 948 ss.; Roccatagliata, Stampanoni Bassi, L'agente provocatore e l'agente sotto copertura come metodi di contrasto alla corruzione. Le opinioni di Domenico Pulitanò e Piercamillo Davigo, in Giurisprudenza Penale Web, 2018, p. 1 ss.; Romano, Sub artt. 1-84, in Aa.Vv., Commentario sistematico del codice penale, I, Milano, 1987, p. 585 ss.; Salama, L'agente provocatore, Milano, 1965; Tamietti, Agenti provocatori e diritto all'equo processo nella giurisprudenza della Corte europea dei Diritti dell'Uomo, in Cass. pen., 2002, p. 2922 ss.; Vallini, Il caso “Texeira de Castro” davanti alla Corte europea dei diritti dell'uomo ed il ruolo sistematico delle ipotesi “legali” di infiltrazione poliziesca, in Leg. pen., 1999, p. 198 ss.; Ventura, Le investigazioni under cover della polizia giudiziaria, Bari, 2008; Vignale, voce Agente provocatore, in Dig. disc. pen., I, Torino, 1987, p. 58 ss. Nella giurisprudenza sovranazionale: Corte europea dei diritti dell'uomo, 21 marzo 2002, in Foro ambr., 2002, p. 387; Corte europea dei diritti dell'uomo, 22 luglio 2003, E. e altro c. Regno Unito, in Leg. pen., 2004, p. 133; Corte europea dei diritti dell'uomo, 9 giugno 1998, T.d.C. c. Rep. Portogallo, www.hrcr.org, 10/01/2005; Gr. C., sent. 16 febbraio 2000, J. c. Regno Unito, in Leg. pen., 2000, p. 660. Inoltre, v. Relazione illustrativa allo Schema di disegno di legge (“Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione”) e Risoluzione su D.L. 18 ottobre 2001 n° 374, recante “Disposizioni urgenti per contrastare il terrorismo internazionale” (Relatori: Cons. Natoli e Cassano).

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario