Furto di portafoglio all'interno di un supermercato. Quando il reato può definirsi consumato?

Cristina Ingrao
12 Febbraio 2019

La questione oggetto di esame attiene al reato di furto avvenuto all'interno di un supermercato, che però non ha ad oggetto la merce esposta negli scaffali...
Abstract

Non si configura il tentativo ma l'ipotesi consumata del reato nel caso di furto nel supermercato consistente nella sottrazione di un portafogli ai danni di un cliente dello stesso, effettuata con l'aiuto di un complice che ha distratto la vittima, qualora gli addetti alla sorveglianza intervengano dopo che l'agente si sia impossessato dell'oggetto, sottraendolo, in via definitiva, al soggetto passivo, persona diversa dai titolari della signora sulla merce a tutela del quale il servizio di monitoraggio a distanza era stato predisposto.

Il caso

La vicenda in esame trae origine da una sentenza del tribunale di Nola, con la quale, all'esito di rito abbreviato, si condannava D.L.V., alla pena di anni uno, mesi due di reclusione ed euro 200 di multa, per il reato di cui agli artt. 110, 624 e 625, comma 1, n. 4, c.p., con la concessione delle circostanze attenuanti generiche equivalenti all'aggravante.

Avverso la suddetta sentenza l'imputata, tramite il proprio difensore, proponeva ricorso alla Suprema Corte deducendo, nel relativo atto di impugnazione, tre vizi.

In particolare, con il primo motivo si lamentava

il

vizio di motivazione ed erronea applicazione degli artt. 56 e 624 c.p. I giudici di merito, infatti, a parere dell'imputata, avevano disatteso la sua richiesta di qualificare il reato come tentato, ritenendo avvenuto l'impossessamento della res. Invece, secondo la ricorrente la refurtiva (il portafogli) non era entrata nell'esclusiva signoria dell'imputata, trattandosi di una azione avvenuta sotto la diretta percezione degli agenti, addetti alla sicurezza, essendo attivo il sistema di video sorveglianza.

Con il secondo motivo di ricorso, invece, si assumeva l'erronea applicazione dell'art. 625 c.p., comma 1, n. 4, avendo l'agente approfittato della distrazione della vittima del borseggio.

Infine, con il terzo motivo si censurava la motivazione sotto il profilo dell'entità della pena, reputata non motivata e, comunque, eccessiva.

La questione

La questione oggetto di esame attiene al reato di furto avvenuto all'interno di un supermercato, che però non ha ad oggetto la merce esposta negli scaffali dello stesso ma piuttosto cose di pertinenza di una cliente del supermercato, mentre la stessa si trovava all'interno esercizio commerciale, con la borsa appesa al carrello. In tali casi, può operare la tradizionale giurisprudenza elaborata dalla Corte di Cassazione in tema di furto nel supermercato al fine di qualificare lo stesso come reato consumato o tentato? Inoltre, quando opera l'aggravante della destrezza, di cui all'art. 625, comma 1, n. 4?

Le soluzioni giuridiche

La Corte di cassazione risolve il caso sottoposto alla sua attenzione rigettando il ricorso dinnanzi alla stessa promosso.

Innanzitutto, si ritiene infondato il primo motivo di ricorso addotto, relativo al vizio di motivazione ed erronea applicazione degli artt. 56 e 624 c.p.

Secondo la Suprema Corte, infatti, risultano correttamente applicati, dai giudici di merito, i principi dettati dalla stessa Corte di legittimità in materia di furto consumato. In particolare, non appare corretto il riferimento della difesa all'orientamento giurisprudenziale, fatto proprio dalle Sezioni unite della Corte di cassazione, secondo cui in caso di furto in un supermercato, il monitoraggio della azione furtiva in essere, esercitato attraverso appositi apparati di rilevazione automatica del movimento della merce, o la diretta osservazione da parte della persona offesa, dei dipendenti addetti alla sorveglianza o delle forze dell'ordine presenti nel locale ed il conseguente immediato intervento difensivo, impediscono la consumazione del delitto di furto che resta allo stadio del tentativo, non avendo l'agente conseguito, neppure momentaneamente, l'autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, non ancora uscita dalla sfera di vigilanza e di controllo del soggetto passivo (Sez. unite, 17 luglio 2014, n. 52117). Ciò in quanto, nel caso di specie, gli addetti alla vigilanza non avevano operato alcun preventivo monitoraggio della res, perché il furto ha riguardato un portafogli di una cliente che si trovava nel supermercato, sottratto con l'aiuto di una complice che si era occupata di distrarre la vittima, fatto accidentalmente ripreso dalle telecamere installate nell'esercizio commerciale. Gli stessi addetti alla sorveglianza erano intervenuti quando l'imputata si era già impossessata del portafogli sottraendolo, in via definitiva, al soggetto passivo, persona diversa dai titolari della signoria sulla merce, bene a tutela del quale il servizio di monitoraggio a distanza era stato predisposto. Si tratta, pertanto, come correttamente ritenuto dai giudici di secondo grado, di una ipotesi di furto consumato, in quanto la res era stata definitivamente sottratta alla sua titolare, pur tenendo conto della breve durata dell'impossessamento.

La Corte di cassazione ritiene infondato anche il secondo motivo di ricorso, con cui si assume l'erronea applicazione dell'art. 625, comma. 1, n. 4, c.p. (cioè dell'aggravante della destrezza), avendo l'agente, secondo la difesa, approfittato della distrazione della vittima del borseggio.

Secondo la Suprema Corte, invece, nel caso di specie, le circostanze in cui era avvenuta la sottrazione del portafogli, come descritte dalla sentenza di merito, non erano limitate al mero approfittamento di un momento di distrazione della vittima. Pertanto, secondo la sentenza in commento, i giudici di merito hanno correttamente utilizzato i principi elaborati dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione in tema di furto con destrezza (Sez. U., 27 aprile 2017, n. 34090), avendo accertato che, nel caso in esame, era stato predisposta dall'imputata, una situazione contingente, grazie alla quale la sorveglianza della vittima era stata senz'altro meno rigorosa, e ciò grazie anche all'aiuto di una complice che si era occupata di distrarre la persona offesa che teneva la borsa appesa al carrello. La giurisprudenza sul punto ha, infatti, chiarito che l'approfittamento di una condizione favorevole, appositamente creata dall'agente per allentare la sorveglianza da parte del possessore della res, integra la circostanza aggravante della destrezza in caso di rapidità dell'azione nell'impossessamento, non potuto percepire dalla persona offesa opportunamente distratta (Cass., Sez. 4, 29 novembre 2017,n. 2340).

In tema di furto, in particolare, è condiviso il principio secondo cui la circostanza aggravante della destrezza sussiste qualora l'agente abbia posto in essere, prima o durante l'impossessamento del bene mobile altrui, una condotta caratterizzata da particolari abilità, astuzia o avvedutezza ed idonea a sorprendere o anche solo attenuare o eludere la sorveglianza del detentore sulla res. Sicché tale aggravante non è esclusa nemmeno nel caso in cui il soggetto passivo si accorga della manovra furtiva durante la sua esecuzione (Cass. pen., Sez. II, 7 dicembre 2017, n. 12851).

Infine, la Suprema Corte ritiene manifestatamente infondato anche il terzo motivo di ricorso, con il quale si censura la motivazione della sentenza di merito sotto il profilo dell'entità della pena, reputata non motivata e, comunque, eccessiva.

La Corte di cassazione interessata, in particolare, ritiene che la misura della pena trova, nel provvedimento impugnato, adeguata, congrua e non contraddittoria motivazione, priva di vizi logici, in quanto commisurata alla pericolosità sociale dell'imputata e alla negativa personalità della stessa, desunta dai precedenti penali specifici su di essa gravanti.

Osservazioni

Dopo una ricostruzione precisa del fatto e il richiamo alla giurisprudenza consolidata in tema di furto nel supermercato, la Suprema Corte, in relazione al caso di specie, conclude nel senso che il reato di furto contestato alla ricorrente si considera consumato e non tentato, in quanto gli addetti alla vigilanza del supermercato non avevano operato alcun preventivo monitoraggio della res, perché il furto riguardava il portafogli di una cliente che si trovava nel supermercato, sottratto con l'aiuto di una complice che si era occupata di distrarre la vittima, fatto accidentalmente ripreso dalle telecamere installate nell'esercizio commerciale. Gli addetti alla sorveglianza erano intervenuti, pertanto, quando l'imputata si era già impossessata dell'oggetto sottraendolo al suo titolare, persona diversa, però, dai titolari della signoria sulla merce, bene a tutela del quale il servizio di monitoraggio a distanza era stato predisposto.

Allo stesso modo, la Suprema Corte ritiene correttamente sussistente l'aggravante della destrezza, ex art. 625, comma 1, n. 4, c.p., alla luce della consolidata giurisprudenza sul punto, che ha chiarito come l'approfittamento di una condizione favorevole, appositamente creata dall'agente per allentare la sorveglianza da parte del possessore della res, integri la circostanza aggravante della destrezza in caso di rapidità dell'azione nell'impossessamento, non in grado di essere percepito dalla persona offesa volutamente distratta, come avvenuto nel caso di specie, in cui era stata predisposta dalla ricorrente una situazione grazie alla quale la sorveglianza della vittima era stata meno rigorosa, anche con l'aiuto di una complice che si era occupata di distrarre la persona offesa che teneva la borsa appesa al carrello.

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