Richiesta di estradizione di un cittadino Ue da parte di Paese terzo e rapporti con il Mandato d'arresto europeo

Marina Ingoglia
20 Febbraio 2019

In pendenza di una richiesta di estradizione, dinanzi alla competente Corte territoriale ex art. 701 c.p.p., avanzata da un Paese terzo nei confronti di un cittadino dell'Unione, lo Stato membro richiesto deve informare in via prioritaria lo Stato membro di cui tale persona è cittadino, al fine di porlo in grado di chiederne la consegna nell'ambito di un mandato d'arresto europeo per perseguire tale persona per fatti commessi al di fuori del suo territorio nazionale.
Abstract

In pendenza di una richiesta di estradizione, dinanzi alla competente Corte territoriale ex art. 701 c.p.p., avanzata da un Paese terzo nei confronti di un cittadino dell'Unione, lo Stato membro richiesto deve informare in via prioritaria lo Stato membro di cui tale persona è cittadino, al fine di porlo in grado di chiederne la consegna nell'ambito di un mandato d'arresto europeo per perseguire tale persona per fatti commessi al di fuori del suo territorio nazionale.

Sebbene uno Stato membro non è tenuto a concedere a ogni cittadino dell'Unione che abbia circolato nel suo territorio la stessa protezione contro l'estradizione concessa ai propri cittadini, tuttavia, prima di estradarlo, lo Stato membro interessato deve privilegiare lo scambio d'informazioni con lo Stato membro di origine e consentirgli di chiedere la consegna del cittadino, a mezzo Mae, ai fini dell'esercizio dell'azione penale.

Le tutele del cittadino dell'Unione

Il tema è stato affrontato dalla Corte di Giustizia dell'Unione europea con la sentenza Petruhhin e con la sentenza Pisciotti e riguarda l'esigenza di fronteggiare una richiesta di estradizione da parte di uno Stato terzo in un contesto nel quale i cittadini dell'Unione circolano liberamente nei territori dei 28 Stati membri.

Il pensiero va inequivocabilmente a quello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, senza frontiere interne, previsto all'articolo 3, paragrafo 2, Tue, nel cui ambito a ciascuno cittadino dell'Unione è riconosciuta la libertà di circolare e di soggiornare sul territorio degli Stati membri, ai sensi dell'art. 21 T.F.Ue, ed è inoltre attribuito il diritto a non essere discriminato per il solo fatto di non trovarsi nel proprio Stato di appartenenza, al momento della sopravvenienza della richiesta di estradizione, stante il divieto di prevedere una differenza di trattamento anche nel caso in cui entra in gioco la nazionalità del cittadino, così come contemplato dall'art. 18 T.F.Ue.

La C.G.Ue ha esaminato le norme nazionali che colgono una distinzione tra cittadini di uno Stato membro, l'estradizione dei quali è vietata e cittadini di un altro Stato membro, la cui estradizione può essere consentita.

La Corte di Giustizia ha stabilito che a uno Stato membro non è richiesto di estendere il divieto di estradizione dei propri connazionali ad ogni cittadino dell'Unione. Tuttavia, se uno Stato membro riceve una richiesta di consegna da parte di uno Stato terzo ai fini dell'esercizio dell'azione penale, tale Stato deve informare lo Stato membro del quale la persona in questione è cittadino e lo Stato membro richiesto dovrebbe ottenerne la consegna a mezzo un mandato di arresto europeo vertente sui medesimi fatti contestatigli nella richiesta di estradizione, al fine di perseguirlo secondo le norme del proprio diritto penale, sebbene per fatti commessi fuori del territorio nazionale.

In sintesi, in tali circostanze, se lo Stato interessato emette un Mae, conformemente alle disposizioni della decisione quadro 2002/584 /Gae, la richiesta di consegna da Mae dovrà prevalere sulla richiesta di estradizione.

L'eventualità che la procedura di cooperazione tra Stati membri ostacoli una richiesta di estradizione verso uno Stato terzo dando priorità a un mandato d'arresto europeo va vista nell'ottica di un'azione meno lesiva dell'esercizio del diritto di libera circolazione (cfr. in tale senso sentenza Petruhhin).

In ogni caso, tale priorità non ha carattere automatico. Pertanto, al fine di salvaguardare l'obiettivo di evitare il rischio di impunità dell'interessato per i fatti che sono contestati nella richiesta di estradizione, occorre che il mandato di arresto europeo eventualmente emesso da uno Stato membro diverso dallo Stato membro richiesto verta quantomeno sui medesimi fatti e che lo Stato membro che emette tale mandato sia competente, in forza del suo diritto, a perseguire tale persona per fatti di tal genere quando questi ultimi sono commessi al di fuori del suo territorio.

Questa procedura è indifferente al fatto che esista o no un accordo internazionale sull'estradizione tra l'Unione europea e il Paese Tterzo interessato all'estradizione (cfr. in tale senso sentenza Pisciotti).

La Corte di giustizia ha inoltre chiarito che ogni Stato membro deve farsi carico di negare la richiesta di estradizione, in ossequio all'art. 19 della Carta di Nizza, allorquando sussista il reale rischio che la persona allontanata, espulsa o estradata possa essere sottoposta alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o a trattamenti inumani o degradanti.

La sentenza Petruhhin del 6 settembre 2016

Il caso.Le autorità russe hanno presentato una richiesta di estradizione del cittadino estone Petruhhin alle autorità della Lettonia, siccome indagato per traffico, in forma organizzata, di un'ingente quantità di stupefacenti. Petruhhin, in qualità di cittadino dell'Unione europea, trovandosi in Lettonia, vanta in realtà il diritto di muoversi liberamente entro i confini dei 28 Stati membri. Tuttavia, la Corte Suprema della Lettonia sottolinea che, conformemente a quanto previsto dagli accordi internazionali conclusi tra la Lettonia e, in particolare, la Russia, o gli altri paesi baltici, la protezione contro l'estradizione è prevista soltanto per i cittadini lettoni. Petruhhin allora ha affermato che – come cittadino dell'Unione – avrebbe il diritto di esercitare gli stessi diritti di un cittadino della Lettonia, essendo la Lettonia uno dei 28 Stati membri.

Principali questioni. In tale contesto, la Corte Suprema della Lettonia ha chiesto alla Corte di Giustizia in che termini interpretare l'articolo 18 T.F.Ue (divieto di discriminazione tra cittadini nazionali e dell'Unione) l'articolo 21 del T.F.Ue (diritto di circolare liberamente nello spazio dell'Unione) e l'articolo 19 della Carta di Nizza, che prevede il divieto allontanamento, di espulsione e di estradizione verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o a trattamenti inumani o degradanti.

Le risposte della Corte. Nella sentenza la Corte sottolinea anzitutto che gli articoli 18 e 21 T.F.Ue devono essere interpretati nel senso che, quando uno Stato membro riceve una richiesta di estradizione da uno Stato terzo, lo Stato richiesto deve informare lo Stato membro del quale la persona interessata è cittadino e dovrebbe, quindi, lo Stato membro richiesto consegnare il cittadino allo Stato di origine nell'ambito di un mandato d'arresto europeo per perseguire tale persona per fatti commessi al di fuori del suo territorio nazionale.

Le norme nazionali sull'estradizione introducono una differenza di trattamento a seconda che la persona interessata sia un cittadino nazionale o un cittadino di un altro Stato membro. La loro applicazione comporta, infatti, che ai cittadini di altri Stati membri, come il Sig. Petruhhin, non sia concessa la protezione contro l'estradizione di cui godono i cittadini nazionali.

In questo modo, tale differenza di trattamento comporta una limitazione della libertà di movimento contemplata dall'art. 21 T.F.Ue.

Tale restrizione può essere giustificata solo se è basata su considerazioni oggettive e se è proporzionata a un obiettivo legittimo perseguito dalla normativa nazionale.

L'obiettivo di evitare il rischio di impunità delle persone che hanno commesso un reato deve essere considerato legittimo nel diritto dell'Unione.

In assenza di norme del diritto dell'Unione disciplinanti l'estradizione tra gli Stati membri e uno Stato terzo, al fine di scongiurare il rischio di impunità tutelando nel contempo i cittadini dell'Unione contro misure che possano privarli del loro diritto di libera circolazione, è necessario, tuttavia, attuare tutti i meccanismi di cooperazione e di assistenza reciproca esistenti in materia penale in forza del diritto dell'Unione.

In tal senso, occorre privilegiare lo scambio di informazioni con lo Stato membro di cui l'interessato ha la cittadinanza, al fine di fornire alle autorità di tale Stato membro, purché siano competenti in base al loro diritto nazionale a perseguire tale persona per fatti commessi fuori dal loro territorio, l'opportunità di emettere un mandato d'arresto europeo ai fini dell'esercizio dell'azione penale. Cooperando in tal modo con lo Stato membro di cui l'interessato ha la cittadinanza e dando priorità a tale mandato d'arresto sulla domanda di estradizione, lo Stato membro ospitante agisce in maniera meno lesiva dell'esercizio della libera circolazione, evitando al tempo stesso, per quanto possibile, il rischio impunità.

La Corte rileva peraltro che, secondo la Carta di Nizza, nessuno può essere allontanato, espulso o estradato verso uno Stato in cui esiste il rischio reale di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti. Ne consegue che, quando l'autorità competente dello Stato membro richiesto dispone di elementi che attestano un rischio concreto di trattamento inumano o degradante delle persone nello Stato terzo interessato, essa è tenuta ad accertare l'esistenza di tale rischio (cfr. in tale senso sentenza Aranyosi and Caldararu).

A tal fine, l'autorità competente dello Stato membro richiesto deve fondarsi su elementi oggettivi, attendibili, precisi e adeguatamente aggiornati.

La sentenza Pisciotti del 10 aprile 2018

Il caso.Pisciotti, cittadino italiano, è stato accusato negli Stati Uniti d'America di avere partecipato a concertazioni e a intese anticoncorrenziali nel settore della vendita di tubi marini ed è stato oggetto di una richiesta di estradizione da parte delle autorità americane ai fini dell'esercizio dell'azione penale.

Nel 2010 è stato emesso nei suoi confronti un mandato di arresto della US District Court. Nel 2013, il Pisciotti, durante lo scalo all'aeroporto di Francoforte sul Meno (Germania) del suo volo, proveniente dalla Nigeria e diretto in Italia, è stato posto in stato di arresto e trattenuto in custodia cautelare ai fini dell'estradizione. In base all'accordo Ue-Usa sull'estradizione, è stato, dunque, estradato negli Stati Uniti dove è stato in seguito condannato a una pena pecuniaria e a una pena detentiva di due anni.

Prima della sua estradizione, Pisciotti ha proposto ricorso dinanzi al Landgericht Berlin (tribunale di Berlino) per ottenere la condanna della Germania al risarcimento dei danni. A suo avviso, la Germania ha violato il Diritto dell'Unione e, in particolare, il divieto generale di discriminazione per non avergli accordato il beneficio del divieto di estradizione previsto dalla Costituzione tedesca a favore di ogni cittadino tedesco, contemplato dall'art. 18 T.F.Ue.

Principali questioni. In tale contesto, il Landgericht Berlin ha chiesto alla Corte di Giustizia in che termini interpretare l'articolo 18 T.F.Ue (divieto di discriminazione tra cittadini nazionali e dell'Unione) atteso che l'art. 16 della Costituzione tedesca, in materia di richieste di estradazione provenienti da paesi terzi tratta in modo differente i propri cittadini nel senso di vietarne l'estradizione e i cittadini dell'Unione.

Con la sentenza odierna, la Corte constata anzitutto che la situazione di un cittadino dell'Unione, come il Sig. Pisciotti (oggetto di una richiesta di estradizione verso gli Stati Uniti e arrestato, ai fini dell'eventuale esecuzione di tale richiesta, in uno Stato membro – Germania – diverso da quello cui ha la cittadinanza) rientra nell'ambito di applicazione del diritto dell'Unione dal momento che tale cittadino, nel fare scalo in Germania durante il suo viaggio di ritorno dalla Nigeria, ha esercitato il suo diritto di circolare liberamente nel territorio dell'Unione e che la richiesta di estradizione è stata effettuata nell'ambito dell'accordo Ue-Usa. Il fatto che, al momento dell'arresto, il Sig. Pisciotti fosse unicamente in transito in Germania non rileva a tal fine.

La Corte constata inoltre che, in un siffatto caso, il diritto dell'Unione non osta a che lo Stato membro operi una distinzione, sulla base di una norma di diritto costituzionale, tra i suoi cittadini e i cittadini di altri Stati membri e che lo stesso autorizzi tale estradizione mentre vieta quella dei propri cittadini, una volta che ha preventivamente posto in grado le autorità competenti dello Stato membro di cui tale persona è cittadino (l'Italia) di chiederne la consegna nell'ambito di un mandato d'arresto europeo e quest'ultimo Stato membro non ha adottato alcuna misura in tal senso.

La Corte osserva che l'accordo Ue-Usa consente, in linea di principio, che uno Stato membro riservi, sulla base vuoi delle disposizioni di un accordo bilaterale (come il Trattato sull'estradizione Germania – Stati Uniti) vuoi di norme del suo diritto costituzionale (come la costituzione tedesca) una sorte specifica ai propri cittadini, vietando la loro estradizione.

E' vero che, in una situazione come quella di cui trattasi, la disparità di trattamento consistente nel consentire l'estradizione di un cittadino dell'Unione, avente la cittadinanza di un altro Stato membro si traduce in una restrizione della libertà di circolazione.

Tuttavia, l'obiettivo di evitare il rischio d'impunità delle persone che hanno commesso un reato è legittimo e può, in linea di principio, giustificare una siffatta restrizione.

Occorre, altresì, che la misura in questione sia necessaria a conseguire tale obiettivo e che questo non possa essere raggiunto mediante una misura meno restrittiva, quale la consegna del cittadino dell'Unione al suo Stato membro di origine, mediante mandato di arresto europeo vertente sui medesimi fatti contestatigli nella richiesta di estradizione.

Pertanto, occorre dare priorità alla scambio di informazioni con lo Stato membro del quale la persona è cittadino al fine di consentirgli, se del caso, di emettere un Mae allo scopo di perseguirlo nel proprio territorio. Tale meccanismo di cooperazione si applica non soltanto in un contesto caratterizzato dall'assenza di un accordo di estradizione, ma anche in una situazione, nella quale l'accordo tra l'Unione Europea e gli Stati Uniti dà allo Stato membro richiesto la scelta di non estradare i propri cittadini.

Lo scambio di informazioni non penalizza inevitabilmente una richiesta di estradizione di un cittadino dell'Unione da parte di uno Stato terzo, poiché dando priorità al Mae tale persona potrà essere perseguita nel proprio Stato d'origine, secondo la legislazione nazionale, sebbene i reati siano stati commessi fuori del suo territorio.

In conclusione

Le due pronunce della Corte di Giustizia dell'Unione europea offrono l'evidenza dell'esistenza di uno spazio comune di libertà, di sicurezza e di giustizia.

Da un lato, la Corte ha riconosciuto che l'obiettivo di evitare il rischio di impunità delle persone che hanno commesso un reato si colloca nel quadro della prevenzione della delinquenza e della lotta contro la criminalità comune e contro la criminalità organizzata. Dall'altro, la Corte precisa che tale obiettivo dovrà essere perseguito, in linea di principio, dalla Stato membro di cui la persona estradanda è cittadino, stando al sistema di tutele di cui egli gode ex artt. 18 e 21 T.F.Ue e soprattutto in forza dell'art. 19della Carta di Nizza, emettendo un mandato di arresto europeo per gli stessi fatti diretto allo Stato membro investito della richiesta di estradizione.

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