Le presunzioni tributarie non costituiscono fonte di prova

Redazione Scientifica
20 Febbraio 2019

«Le presunzioni legali previste dalle norme tributarie non possono costituire di per sé fonte di prova della commissioni dei reati previsti dal d.lgs. 74/2000, potendo solamente essere fondamento di elementi indiziari atti a giustificare l'adozione di misure cautelari a carico del soggetto interessato».

«Le presunzioni legali previste dalle norme tributarie non possono costituire di per sé fonte di prova della commissioni dei reati previsti dal d.lgs. 74/2000, potendo solamente essere fondamento di elementi indiziari atti a giustificare l'adozione di misure cautelari a carico del soggetto interessato».

Il principio è stato affermato da Cass. pen., Sez. III, sentenza n. 7242 del 18 febbraio 2019.

L'imputato era stato condannato dal tribunale di Cosenza per i reati di dichiarazione infedele e dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 4 e 2 d.lgs. 74/2000), condanna successivamente confermata dalla Corte d'appello di Catanzaro.

L'imputato ricorreva quindi in Cassazione lamentando, tra l'altro, la contraddittorietà e la manifesta illogicità della sentenza impugnata nella parte in cui sono stati ricondotti a reddito, sulla base di una presunzione tipica del diritto di tributario, i prelievi di cassa operati dal ricorrente e nella parte in cui non sono stati provati gli impieghi di essi come costi riferiti al ciclo produttivo dell'impresa.

La Cassazione ha dichiarato il ricorso fondato motivando che le risultanze derivanti dalle presunzioni previste dal diritto tributario non possono costituire di per sé fonte di prova della commessione di un reato, esse costituiscono dei meri dati di fatto, che il giudice deve valutare insieme a elementi di riscontro che diano certezza della condotta criminosa.

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