L'istanza di rinvio dell'udienza inviata a mezzo PEC è inesistente

Redazione scientifica
25 Febbraio 2019

L'istanza di rinvio dell'udienza per impedimento del difensore trasmessa a mezzo PEC è giuridicamente inesistente, con la conseguenza che è irrilevante la motivazione addotta dal giudice per disattenderla.

Istanza di rinvio dell'udienza trasmessa via PEC. Il Tribunale del riesame di Roma, accogliendo l'istanza del P.M. di aggravamento della misura cautelare degli arresti domiciliari, applicava all'imputato la custodia cautelare in carcere per il delitto di illecita detenzione di sostanze stupefacenti.
Questi ricorreva per Cassazione, deducendo, tra l'altro, la nullità del provvedimento per il mancato accoglimento dell'istanza di rinvio dell'udienza per un concorrente impegno professionale che era stata trasmessa a mezzo PEC.

Istanza giuridicamente inesistente. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso, precisando che, nel procedimento di appello avverso i provvedimenti de libertate, non si applica l'art. 420-ter c.p.p., con la conseguenza che il legittimo impedimento non può determinare il rinvio dell'udienza (Cass. pen., 20 gennaio 2016, n. 3899).
Il collegio, inoltre, ha rilevato che l'istanza di differimento è da ritenersi “irrituale”, poiché inoltrata a mezzo PEC, non essendo consentito alla parte privata l'uso della posta elettronica certificata nel processo penale.
A tal proposito, la Corte di cassazione ha ribadito il principio di diritto secondo cui alle parti private non è consentito effettuare comunicazioni e notificazioni mediante l'utilizzo della poste elettronica certificata (Cass. pen., 16 maggio 2017, n. 31314 e Cass. pen., 28 gennaio 2015, n. 18235). L'utilizzo della PEC, infatti, è stato permesso nei procedimenti penali, dal 15 dicembre 2014, soltanto per le notificazioni per via telematica da parte delle cancellerie a persona diversa dall'imputato.
Dalla riconosciuta irritualità della trasmissione, la Corte ha desunto che l'istanza di rinvio dell'udienza camerale trasmessa dalla difesa del ricorrente a mezzo PEC debba essere ritenuta “giuridicamente inesistente”, con conseguente irrilevanza della motivazione utilizzata dal Tribunale per disattenderla.

Altro indirizzo. È opportuno segnalare che un diverso orientamento, estendendo alla PEC la giurisprudenza formatasi in tema di trasmissione dell'istanza di differimento dell'udienza a mezzo fax, sostiene che la trasmissione dell'istanza a mezzo PEC, ancorché irregolare o irrituale, non è irricevibile, inammissibile o “giuridicamente inesistente”, con la conseguenza che il giudice, ove ne fosse venuto a conoscenza tempestivamente, deve valutarla, semmai rigettandola con congrua motivazione. Secondo questa impostazione, grava comunque sulla parte privata che ha adoperato un mezzo di trasmissione irrituale o irregolare, non procedendo al deposito in cancelleria richiesto dall'art. 121 c.p.p., il rischio dell'omessa tempestiva trasmissione dell'istanza al giudicante (Cass. n. 56392/2017; Cass. n. 47427/2014).

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