Reati stradali e sanzioni accessorie: revoca della patente o inibizione al suo conseguimento?

05 Marzo 2019

La questione principale sollevata nei motivi di ricorso ed esaminata dalla Suprema Corte coinvolge il tema della tipologia di sanzione amministrativa accessoria applicabile in caso di omicidio stradale e la possibilità o meno che tale misura...
Massima

Secondo la previsione dell'art.222 cod. strada, la sanzione amministrativa accessoria che, conseguente al reato di cui all'art.589-bisc.p. viene disposta dal giudice, è la revoca della patente di guida. Tale sanzione non conosce modulazione temporale, diversamente dall'inibizione al conseguimento di (nuova) patente di guida, che ha durata differente a seconda che si tratti di omicidio stradale di cui rispettivamente al comma 1, ai commi 2, 3 e 4, o al comma 5 dell'art.589-bis c.p. ed è disposta per il caso specifico con provvedimento del prefetto.

Il caso

Con sentenza del 3 aprile 2018, il giudice dell'udienza preliminare del tribunale di Avellino, ai sensi dell'art. 444 cpp, ha applicato a De vito l. la pena concordata tra le parti, in ordine al reato di cui all'art. 589-bis,commi 1 e 4 c.p., disponendo altresì la revoca della patente di guida.

Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, a mezzo del proprio difensore di fiducia, deducendo: con un primo motivo, il vizio di motivazione in relazione all'applicazione della sanzione amministrativa ai sensi dell'art. 222 cod. strada (avendo il giudice omesso di motivare sull'applicazione della sanzione accessoria nel suo grado maggiormente afflittivo e sulla durata della stessa); con un secondo motivo il vizio di motivazione sotto il profilo dell'illogicità della decisione che dispone la più afflittiva delle sanzioni accessorie mentre esprime un giudizio positivo per l'incensuratezza ed il comportamento processuale dell'imputato, a cui sono state riconosciute le attenuanti generiche e la sospensione condizionale della pena.

La Suprema Corte, valutata la vicenda, ha dichiarato il ricorso infondato.

La questione

La questione principale sollevata nei motivi di ricorso ed esaminata dalla Suprema Corte coinvolge il tema della tipologia di sanzione amministrativa accessoria applicabile in caso di omicidio stradale e la possibilità o meno che tale misura possa essere commisurata dal giudice.

I giudici di legittimità, con un provvedimento molto conciso e sintetico, anche sotto il profilo motivo e argomentativo sono trancianti: l'unica sanzione accessoria applicabile nell'ipotesi di omicidio, così come contestata all'imputato, è la revoca della patente: misura questa sostanzialmente diversa dall'inibizione al conseguimento di nuova patente e di per sé non passibile di alcuna modulazione temporale.

Con la legge 41/2016, oltre all'introduzione delle due autonome fattispecie di omicidio colposo stradale (art. 589-bis c.p.) e di lesioni personali stradali gravi o gravissime (art. 590-bis c.p.), sono state modificate anche le relative sanzioni amministrative accessorie, previste all'art. 222 cod. strada.

In un' ottica di evidente inasprimento sanzionatorio, l'evento letale o lesivo derivante dal sinistro stradale, commesso con violazione delle norme del codice della strada, rappresenta un effetto della condotta del conducente (che potrà rilevare ai fini della entità della pena principale), nonché un criterio distintivo ai fini dell'applicazione della sospensione o della revoca della patente.

Nella sentenza in oggetto, pertanto, i giudici della Suprema Corte, richiamandosi a una precedente pronuncia (secondo la quale la revoca della patente – ai sensi del quarto e quinto periodo del comma 2 dell'art. 222 cod. strada – è disposta in caso di omicidio stradale e lesioni personali stradali gravi e gravissime, mentre si applica la sospensione ai sensi del primo, secondo e terzo periodo dell'art. 222, comma 2, cod. strada nel caso di altri reati con danni alla persona, omicidio colposo e lesioni personali gravi o gravissime commessi prima dell'entrata in vigore della legge 41/2016), ritengono che il ricorrente non abbia correttamente ricostruito la disciplina normativa applicabile per l'omicidio stradale, la cui sanzione amministrativa accessoria è solo la revoca della patente.

La revoca, infatti, unica sanzione applicabile, è di per sé pena non commisurabile e non identificabile con l'inibizione al conseguimento della patente, che, contrariamente, ha durata diversa a seconda dei casi.

Si tratta di istituti differenti, posto che il comma 3 bis dell'art. 222 cod. strada connette alla revoca della patente di guida (quale sanzione amministrativa accessoria del reato di cui all'art. 589-bis c.p.), periodi di inibizione alla guida diversamente commisurati.

Ovvero:

  • se si tratta di revoca disposta per il reato di cui al primo comma dell'art.589-bis c.p., «l'interessato non può conseguire una nuova patente di guida prima che siano decorsi cinque anni dalla revoca» (termine raddoppiato se l'interessato è stato in precedenza condannato per i reati di cui all'art. 186, commi 2, lett. b) e c) e 2-bis; 187, commi 1 e 1-bis; termine ulteriormente aumentato sino a dodici anni se non ha ottemperato agli obblighi di cui all'art. 189, comma 1, e si è dato alla fuga);
  • nel caso previsto dal quinto comma «L'interessato non può conseguire una nuova patente prima che siano decorsi dieci anni dalla revoca» (termine elevato a venti anni se è stato in precedenza condannato per i reati del 186, commi 2, lett. b) e c) e 2-bis; 187 commi 1 e 1-bis; sino a trenta, se non ha ottemperato agli obblighi del 189 comma 1 e si è dato alla fuga);
  • infine, nei casi di cui all'art.589-bis c.p., secondo, commi 4 e 5, c.p., «L'interessato non può conseguire una nuova patente prima che siano decorsi quindici anni dalla revoca».

Quindi, il provvedimento di revoca fa venir meno il titolo che abilita alla guida e non conosce modulazioni temporali.

Diversamente accade per il periodo di inibizione al conseguimento di una nuova patente che viene determinato con specifico provvedimento dal prefetto e conosce significative escursioni rapportate alla particolare ipotesi di omicidio stradale: l'autorità amministrativa infatti non potrà rilasciare una nuova patente di guida se non risulta decorso il periodo di inibizione.

Concludono pertanto i giudici affermando il seguente principio di diritto «Secondo la previsione dell'art.222 cod. strada, la sanzione amministrativa accessoria che, conseguente al reato di cui all'art.589-bisc.p. viene disposta dal giudice, è la revoca della patente di guida. Tale sanzione non conosce modulazione temporale, diversamente dall'inibizione al conseguimento di (nuova) patente di guida, che ha durata differente a seconda che si tratti di omicidio stradale di cui rispettivamente al comma 1, ai commi 2, 3 e 4, o al comma 5 dell'art.589-bisc.p. ed è disposta per il caso specifico con provvedimento del prefetto»

Le soluzioni giuridiche

La netta presa di posizione manifestata dalla Corte anche nella sentenza qui in commento, mostra tuttavia per la dottrina rilevanti profili di criticità, quantomeno sotto il profilo di proporzionalità, progressività e ragionevolezza della sanzione penale, con evidenti ripercussioni di natura costituzionale e comunitaria.

Tuttavia, proprio in relazione alle lamentate violazioni dei principi di progressività e di proporzionalità anche delle sanzioni amministrative, ovvero alla discrezionalità vincolata del giudice, la Suprema Corte ha avuto modo di precisare, in ossequio all'interpretazione dell'art. 7 Cedu adottata dalla Corte di Strasburgo, che «la sanzione amministrativa di cui si discute (revoca della patente di guida) non presenta natura “sostanzialmente penale” in quanto non elude le garanzie del processo penale, essendo la stessa disposta all'esito del relativo giudizio penale (Cass. pen., Sez. IV, 20 giugno 2018), laddove la irrogazione della sanzione amministrativa deriva da una scelta legislativa rientrante nell'esercizio del potere del legislatore, più volte ritenuta dal giudice delle leggi non sindacabile sotto il profilo della ragionevolezza, e risulta fondata su finalità e natura diverse da quelle della sanzione penale, con marcati profili di prevenzione piuttosto che di repressione (Cass. pen., Sez. IV, 16 maggio 2017)».

E ancora «la previsione di una sanzione amministrativa irrogata all'esito di un giudizio penale non elude le garanzie proprie del processo penale, né pone un problema di estensione dell'applicazione del divieto del "ne bis in idem", non essendo l'imputato sottoposto ad un procedimento amministrativo e ad un procedimento penale per il medesimo fatto. (In motivazione la Corte ha precisato che l'obbligatorietà della sanzione amministrativa rientra nell'esercizio ragionevole della discrezionalità del legislatore nazionale, trattandosi di sanzione con chiara finalità preventiva e non repressiva)».

La revoca della patente, quindi, per la S.C. non ha natura sanzionatoria/repressiva e in caso di sentenza di condanna o di patteggiamento, per omicidio stradale o lesioni stradali gravi e gravissime, l'unica sanzione accessoria applicabile è la revoca della patente di guida.

Tale sanzione, non commisurabile, non va confusa con l'inibizione al conseguimento di una nuova patente, misura questa inflitta dal prefetto dopo il passaggio in giudicato della sentenza, con diversa durata a seconda della tipologia di reato stradale accertato.

Non è infatti compito del giudice, bensì del prefetto individuare tale periodo di inibizione, posto che, dopo avere ricevuto dalla cancelleria la sentenza penale irrevocabile, emette a sua volta ordinanza motivata, ricorribile entro 30 giorni al giudice di pace, individuando il suddetto periodo di inibizione all'interno delle cornici edittali previste dall'articolo 222 cod. strada.

L'applicazione automatica della sanzione accessoria della revoca della patente per i suddetti reati allorquando sia stata disposta la sospensione condizionale della pena, è questione affrontata dalla Corte anche con altra sentenza, e per esattezza la n. 46491 del 2018, nella quale si è stabilito che «Alla condanna, ovvero all'applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'art. 444 del codice di procedura penale, per i reati di cui agli artt. 589 bis e 590-bis del codice penale consegue la revoca della patente di guida. La disposizione del quarto periodo si applica anche nel caso in cui sia stata concessa la sospensione condizionale della pena […]. Le modifiche apportate dalla legge 41/2016 all'art. 222 cod. strada, si inscrivono nell'ambito della complessiva disciplina ispirata, tra l'altro, ad implementare, nell'ottica di un più accentuato rigorismo, la normativa sanzionatoria in precedenza prevista per i reati di omicidio colposo e di lesioni colpose aggravati dalla violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale di cui agli artt. 589, comma 2, e 590, comma 3, c.p. La riforma ha, infatti, ampliato la casistica delle ipotesi alle quali deve essere applicata la misura ablativa della revoca della patente di guida, contemplando tale previsione anche in relazione alle due nuove figure di reato previste dagli artt. 589 bis e 590 bis c.p. (…) la revoca della patente di guida, sanzione amministrativa accessoria, in quanto obbligatoria e non compresa nel patto tra le parti ai fini dell'applicazione della pena exart. 444 c.p.p., e nemmeno suscettibile di apprezzamenti discrezionali di merito, può ben essere applicata direttamente da questa Corte».

Conclusione

Saldo appare l'orientamento della giurisprudenza di legittimità circa la natura della sanzione accessoria della revoca della patente di guida, con prese di posizioni – sembrerebbe – irremovibili dinanzi alla possibilità di attribuire a tale misura una natura sostanzialmente penale, e, pertanto, eccessivamente afflittiva.

Specifica invero la Corte, nelle pronunce più rappresentative sopra riportate, come non vi sia margine alcuno per ritenere violati i principi del ne bis in idem, ovvero attribuire a tale misura una natura sostanzialmente penale, in quanto non vi è duplicazione alcuna di procedimenti, posto che la revoca consegue all'accertamento di determinate ipotesi delittuose (con le massime garanzie per l'imputato) e l'inasprimento sanzionatorio è stato dettato dalla necessità di responsabilizzare i comportamenti degli utenti della strada che mettono in pericolo la vita e l'incolumità altrui.

Nonostante tale orientamento unanime e granitico della giurisprudenza di Cassazione, la questione appare tutt'altro che risolta, se è vero come è vero che a pochi giorni di distanza dalla sentenza in esame, è intervenuta una pronuncia della Corte costituzionale che sembrerebbe ribaltare completamente tale visione, o quantomeno ridurre il rigorismo e l'interpretazione eccessivamente restrittiva dimostrata dalla Suprema Corte.

Proprio in merito alla questione, sollevata anche nel presente ricorso (e in particolare nel secondo motivo), che vedrebbe un contrasto nell'applicazione della revoca anche qualora sia concessa la sospensione condizionale della pena – questione sulla quale gli Ermellini non si sono espressi nella sentenza in esame, se non marginalmente – si è espressa la Corte costituzionale.

I giudici del tribunale di Torino, di Roma e di Trani, infatti, hanno sollevato questione legittimità costituzionale in relazione all'art. 590-quater c.p. (nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza e di equivalenza dell'attenuante speciale prevista dall'articolo 589-bis, settimo comma, del codice penale) e all'art. 222, commi 2 e 3-ter, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (nella parte in cui è prevista, rispettivamente, la revoca della patente di guida e l'impossibilità di conseguire una nuova patente prima che siano decorsi cinque anni dalla revoca, ovvero l'applicazione della medesima sanzione accessoria della revoca quinquennale della patente di guida a fronte di condanne per diversi reati). Ad avviso dei giudici remittenti, infatti, il legislatore, giungendo ad applicare la stessa sanzione accessoria a condotte molto diverse per offensività e grado di colpa – senza possibilità di gradazione - avrebbe violato i principi costituzionali di uguaglianza, ragionevolezza e proporzione della sanzione. Anche il raddoppio dei termini per ottenere la nuova patente per chi ha riportato in passato condanne per guida in stato di ebbrezza o sotto effetto di droghe è stato censurato, sul presupposto che il trattamento più severo non attenga alle modalità del fatto concreto. «Ciò che rileva ai fini della lamentata incostituzionalità è pertanto il fatto che la revoca sia una sanzione amministrativa, come tale connotata da finalità preventiva piuttosto che sanzionatoria: anche in relazione al perseguimento di tale obiettivo, infatti, il legislatore non può travalicare i limiti di ragionevolezza senza incorrere in censure di incostituzionalità».

Con comunicato stampa del 20 febbraio 2019 la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 222 del Codice della strada ove prevede l'automatica revoca della patente in tutti i casi di condanna per omicidio e lesioni stradali, esprimendosi in questi termini: «La legge n. 41 del 2016 che ha introdotto il delitto di omicidio stradale e quello di lesioni personali stradali gravi o gravissime inasprendone le sanzioni ha superato il vaglio di costituzionalità con riferimento al divieto, per il giudice, di considerare prevalente o equivalente la circostanza attenuante speciale della “responsabilità non esclusiva” dell'imputato (che comporta la diminuzione della pena fino alla metà) rispetto alle concorrenti aggravanti speciali previste per questi reati, tra cui la guida in stato di ebbrezza alcolica o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti. Tuttavia la Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 222 del Codice della strada là dove prevede l'automatica revoca della patente di guida in tutti i casi di condanna per omicidio e lesioni stradali.

In particolare, i giudici costituzionali hanno riconosciuto la legittimità della revoca automatica della patente in caso di condanna per reati stradali aggravati dallo stato di ebbrezza o di alterazione psicofisica per l'assunzione di droghe ma nelle altre ipotesi di condanna per omicidio o lesioni stradali hanno escluso l'automatismo e riconosciuto al giudice il potere di valutare, caso per caso, se applicare, in alternativa alla revoca, la meno grave sanzione della sospensione della patente.

Alla luce di questa pronuncia, che rimette quindi sul piatto la questione, smentendo -di fatto- la netta e rigida presa posizione della Cassazione, e stabilendo che la revoca automatica della patente in caso di omicidio stradale è incostituzionale (salvo per ipotesi specifiche aggravate dallo stato di alterazione psicofisica), sarà interessante comprendere in che modo la Suprema Corte riformulerà i propri giudizi, e come i Giudici di merito recepiranno il nuovo indirizzo, essendo liberi, caso per caso, di valutare, nelle diverse ipotesi di condanna per omicidio o lesioni stradali, quale sanzione accessoria applicare.

Una discrezionalità nella gradazione e nella scelta delle misure da molti invocata che, grazie all'intervento della Corte Costituzionale, torna oggi ad espandersi, restituendo alla misure accessorie, ed in particolare alla sospensione ed alla revoca della patente, il loro ruolo di “sanzione penale atipica” da ricomprendere nella categoria degli effetti penali della condanna, (così come qualificata in una risalente pronuncia dalla Cassazione - 27 ottobre 1961, in Giust. pen., 1962, II, 862).

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