La dichiarazione mendace integra un'autonoma causa di esclusione dalla gara
06 Marzo 2019
Il caso. La controversia concerne l'impugnazione di un provvedimento di cancellazione di una Impresa da un Elenco di ditte da invitare a talune procedure negoziate, adottato nel vigore del Codice di cui al D.Lgs. 163/2006 e s.m.i. in forza dell'omessa dichiarazione di una condanna penale recante il beneficio della non menzione a carico del legale rappresentante dell'Impresa.
Il nodo giuridico. Il TAR Lazio, nel riconoscere la piena legittimità del provvedimento di esclusione, ha valorizzato sia le disposizioni contenute nella lex specialis sia il valore giuridico che assume la dichiarazione resa ai sensi dell'art. 75, d.P.R. n. 445 del 2000 nell'ambito degli oneri dichiarativi discendenti dall'art. 38, comma 2, del richiamato Codice. Nella specie il TAR ha osservato che: (i) diversamente da quanto dedotto dall'Impresa ricorrente, la lex specialis contemplava espressamente la cancellazione delle imprese dall'elenco qualora, a seguito di verifiche, fosse stata riscontra la mancata sussistenza dei requisiti richiesti nella lettera di invito; (ii) in ogni caso la dichiarazione mendace, quando il bando stabilisce l'obbligo di fornire certe dichiarazioni, costituisce una autonoma fattispecie di esclusione, che trova la sua giustificazione, oltre che nelle regole della gara medesima, nell'art. 75, d.P.R. n. 445 del 2000, richiamato anche dall'art. 38, comma 2, del Codice in tema di autocertificazione, il quale prevede che “qualora dal controllo emerga la non veridicità del contenuto della dichiarazione, il dichiarante decade dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera” (in tal senso si veda anche T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 13 luglio 2012, n.6405). In tal quadro la fattispecie della dichiarazione “non veritiera” in quanto ostativa all'instaurazione di un rapporto contrattuale, non è sanabile attraverso l'istituto del soccorso istruttorio, nella configurazione di cui agli artt. 38, comma 2 bis, e 46, comma 1, ter del richiamato Codice n. 163/2006, atteso che tale rimedio non può essere utilizzato laddove non sia specificamente contestata la mancanza, l'incompletezza o l'irregolarità della dichiarazione bensì l'aver reso una dichiarazione non veritiera (si veda, altresì, T.A.R.Lazio, Roma, Sez. II, 06 giugno 2016, n.6488). Né, ai fini della cancellazione, incombeva sull'Amministrazione l'onere della previa valutazione della natura e della tipologia della condanna riportata ai fini dell'apprezzamento della “moralità professionale” del soggetto dichiarante in relazione all'oggetto dell'appalto, e ciò in quanto la dichiarazione mendace, ai sensi dell'art. 75 D.P.R. 445/2000 e della lex specialis, costituisce una ragione autonoma di esclusione. Nella gara pubblica, infatti, nel caso di omessa dichiarazione di condanne penali riportate dal concorrente, è legittimo il provvedimento di esclusione, non sussistendo in capo alla Stazione Appaltante l'ulteriore obbligo di vagliare la gravità del precedente penale di cui è stata omessa la dichiarazione, conseguendo il provvedimento espulsivo all'omissione della prescritta dichiarazione, che invece deve essere resa completa ai fini dell'attestazione del possesso dei requisiti di ordine generale e deve contenere tutte le sentenze di condanna subite, a prescindere dalla gravità del reato e dalla sua connessione con il requisito della moralità professionale, la cui valutazione compete esclusivamente alla stazione appaltante (si veda Consiglio di Stato sez. V, 04 dicembre 2017, n.5707). Ebbene, rilevando unicamente il dato formale della falsità della dichiarazione, ad una diversa conclusione non si perverrebbe neanche nel caso in cui il reato de quo fosse stato medio tempore depenalizzato. |