Produzione, traffico e detenzione illeciti di stupefacenti: la Consulta “corregge” la pena minima edittale

Redazione Scientifica
11 Marzo 2019

La Corte costituzionale, sentenza 23 gennaio 2019 (dep. 8 marzo 2019), n. 40, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 73, comma 1, d.P.R. 309/1990 (T.U. stupefacenti) nella parte in cui prevede la pena minima edittale della reclusione nella misura di otto anni anziché sei.

La Corte costituzionale, sentenza 23 gennaio 2019 (dep. 8 marzo 2019), n. 40, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 73, comma 1, d.P.R. 309/1990 (T.U. stupefacenti) nella parte in cui prevede la pena minima edittale della reclusione nella misura di otto anni anziché sei.

La questione di legittimità costituzionale è stata sollevata dalla Corte d'appello di Trieste per contrasto con gli articoli 3, 25 e 27 Cost., nella parte in cui, per effetto della sentenza n. 32 del 2014 di questa Corte, prevede la pena minima edittale di otto anni anziché di quella di sei anni introdotta con l'art. 4-bis del d.l. 272/2005 conv. con modif. l. 49/2006.

La Corte costituzionale ha ritenuto le questioni fondate, ad eccezione di quella sollevata in riferimento all'art. 25, comma 2, Cost. (riserva di legge) che è stata dichiarata inammissibile.

La Consulta ha rilevato un'anomalia sanzionatorianella differenza di ben quattro anni tra il minimo di pena previsto per la fattispecie ordinaria (otto anni) e il massimo stabilito per quella di lieve entità (quattro anni), che si pone in contrasto con i principi di eguaglianza, proporzionalità, ragionevolezza (art. 3 Cost.), nonché con la funzione rieducativa della pena (art. 27 Cost.)

Precisano, però, i giudici delle leggi che : «la soluzione sanzionatoria adottata non costituisce un'opzione costituzionalmente obbligata e quindi rimane possibile un diverso apprezzamento da parte del legislatore, nel rispetto del principio di proporzionalità».

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