L'autorizzazione a “vendere” beni ereditari

21 Marzo 2019

Quale è il giudice competente ad autorizzare la vendita di un bene di un soggetto minore sottoposto alla responsabilità genitoriale, pervenuto per successione?

Quale è il giudice competente ad autorizzare la vendita di un bene di un soggetto minore sottoposto alla responsabilità genitoriale, pervenuto per successione?

La questione ha visto sempre contrapposte diverse tesi in ragione della stratificazione della normativa codicistica che non ha certamente brillato per coordinamento.

La norma fondamentale è l'art. 747 c.p.c..

La competenza è quella del tribunale del luogo in cui si è aperta la successione (precisandosi che il riferimento alla “vendita” si deve intendere rivolto anche a tutti gli altri atti di disposizione e di straordinaria amministrazione).

Con la riforma del diritto di famiglia del 1975, l'art. 320 c.c. fu riformulato prevedendo al terzo comma, che «I genitori non possono alienare, ipotecare o dare in pegno i beni pervenuti al figlio a qualsiasi titolo, anche a causa di morte, accettare o rinunziare ad eredità o legati, accettare donazioni procedere allo scioglimento di comunioni, contrarre mutui o locazioni ultranovennali o compiere altri atti eccedenti l'ordinaria amministrazione né promuovere, transigere o compromettere in arbitri giudizi relativi a tali atti, se non per necessità o utilità evidente del figlio dopo autorizzazione del giudice tutelare».

La nuova formulazione della norma portò, in un primo momento, ad affermare l'implicita abrogazione dell'art. 747 c.p.c..

Un diverso orientamento, solamente dottrinale, ritenne, al contrario, la tesi della “doppia autorizzazione”.

Una terza posizione sostenne, invece, la tesi secondo la quale il tribunale del luogo di apertura della successione, ai sensi dell'art. 747 c.p.c., fosse l'unico organo competente, deputato a valutare tutti gli interessi in gioco e che il parere del giudice tutelare, previsto dal secondo comma della norma, fosse limitato al profilo dell'interesse del minore.

La Cassazione a Sezioni Unite, poi, con la sentenza n. 1593/1981, affermò questa ultima tesi: «Anche dopo la riforma del diritto di famiglia, la competenza ad autorizzare la vendita di beni immobili ereditari del minore soggetto alla potestà dei genitori appartiene al giudice tutelare del luogo di residenza del minore, a norma del comma 3 dell'art. 320 c.c., unicamente per i beni che, provenendo da una successione ereditaria, si possano considerare acquisiti definitivamente al patrimonio del minore; l'autorizzazione spetta invece – sentito il giudice tutelare – al tribunale del luogo dell'apertura della successione, in virtù del comma 1 dell'art. 747 c.p.c., tutte le volte in cui il procedimento dell'acquisto iure hereditario non si sia ancora esaurito, come quando sia pendente la procedura di accettazione con il beneficio dell'inventario, e ciò sia perché in tal caso l'indagine del giudice non è limitata alla tutela del minore, alla quale è soltanto circoscritta dall'art. 320 cit., ma si estende a quella degli altri soggetti interessati alla liquidazione dell'eredità, sia perché altrimenti si determinerebbe una disparità di trattamento tra minori in potestate e minori sotto tutela, sotto il profilo della diversa competenza a provvedere in detta ipotesi per i primi (giudice tutelare, ai sensi dell'art. 320 c.c.) e per i secondi (tribunale quale giudice delle successioni, in base all'art. 747 c.p.c.)».

Il problema giustamente sollevato, a questo punto, era ed è il discrimine per il quale ritenere un bene acquisito al patrimonio del minore o ancora sottoposto alla disciplina dell'acquisto ereditario che, come è noto, deve avvenire con beneficio di inventario.

Al di la di qualche indicazione del legislatore per il quale, ad esempio a mente dell'art. 493 c.c., per i beni mobili facenti parte di un eredità accettata col beneficio di inventario l'autorizzazione non è più necessaria decorsi cinque anni dalla dichiarazione di accettazione con beneficio di inventario, non vi sono norme certe.

Dal canto suo la giurisprudenza non ha mai tenuto una posizione netta e ciò per ovvie ragioni, stante il lacunoso assetto normativo.

Ad esempio: «Competente ad autorizzare la vendita di beni immobili ereditari del minore soggetto alla potestà dei genitori è il tribunale del luogo dell'apertura della successione, in virtù dell'art. 747 c.p.c., sentito il giudice tutelare, tutte le volte in cui il procedimento dell'acquisto iure hereditario non si sia ancora esaurito, come nel caso in cui sia pendente la procedura di accettazione con beneficio d'inventario» (Cass. civ., sez. I , 29 ottobre 1997, n. 10637).

La dottrina che se ne è occupata, la cui elaborazione non può trovare adeguato spazio in questa sede, ha cercato di definire il periodo oltre il quale i beni pervenuti per successione possano considerarsi definitivamente entrati nel patrimonio personale.

Ciò ha fatto distinguendo differenti ipotesi con riferimento sia alla natura dei beni che ai diversi procedimenti di liquidazione dell'eredità in caso di accettazione con beneficio di inventario, come è prescritto per il minore.

Pertanto si può affermare chela competenza sia attribuita al giudice delle successioni ex art. 747 c.p.c. sino a quando non si possa ritenere che il bene ereditato sia acquisito definitivamente al patrimonio del minore, momento dal quale si renderà applicabile l'art. 320 c.c..

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