Il valore probatorio dell'accertamento tecnico preventivo nel giudizio di merito

Vito Amendolagine
26 Marzo 2019

L'accertamento tecnico disposto in sede di istruzione preventiva ha la specifica funzione di descrivere lo stato dei luoghi, la qualità e condizione delle cose ai sensi dell'art. 696 c.p.c.
Il quadro normativo

L'accertamento tecnico disposto in sede di istruzione preventiva ha la specifica funzione di descrivere lo stato dei luoghi, la qualità e condizione delle cose ai sensi dell'art. 696 c.p.c., mentre l'art. 698 c.p.c, disciplinante l'assunzione ed efficacia delle prove preventive nel giudizio di merito, dopo avere rinviato agli artt. 191 e ss. c.p.c. per la relativa assunzione, affermato il principio che l'assunzione preventiva dei mezzi di prova non pregiudica le questioni relative alla loro ammissibilità e rilevanza, né impedisce la loro rinnovazione nel giudizio di merito, afferma che i processi verbali delle prove non possono essere prodotti, né richiamati, né riprodotti in copia nel giudizio di merito, prima che i mezzi di prova siano stati dichiarati ammissibili nel giudizio stesso.

Il procedimento di istruzione preventiva ha quindi una sua unitarietà che lo distingue dal giudizio di merito, la cui proposizione è del tutto eventuale, non essendo la prosecuzione del primo rispetto al quale conserva una sua distinta entità processuale, con propri presupposti ed elementi.

Infatti la riforma del 2005 ha superato l'originaria funzione di fotografare lo stato dei luoghi o di cose, essendo attualmente possibile un'indagine da parte del CTU in sede di accertamento tecnico preventivo anche estesa ai profili squisitamente valutativi, avendo di conseguenza l'istruzione preventiva acquisito la sostanza di una fase processuale a sé, contraddistinta da una propria unitarietà rispetto al giudizio di merito.

Ciò lo si desume dall'art. 696 c.p.c. che al comma 2 prevede espressamente che l'accertamento tecnico di cui al comma 1 dell'anzidetta norma citata può comprendere anche valutazioni in ordine alle cause e ai danni relativi all'oggetto della verifica.

L'accertamento dello stato dei luoghi o della qualità delle cose descritti in sede di accertamento tecnico preventivo

L'accertamento dello stato dei luoghi o della qualità delle cose descritti in sede di accertamento tecnico preventivo possono essere valutati dal giudice del merito come fonte di prova e come base di una successiva indagine affidata ad un consulente tecnico nel corso del giudizio di merito.

Conseguentemente, il giudice tiene legittimamente conto della consulenza tecnica d'ufficio espletata nel procedimento di accertamento tecnico preventivo, come fonte di prova, in una situazione in cui i fatti si sono già verificati, ma le cose ne conservano le tracce, perché lo stato dei luoghi e delle cose può logicamente e, quindi, validamente consentire di risalire dagli eventi alle cause.

Infatti se è vero che l'accertamento tecnico preventivo non è un mezzo di prova, essendo finalizzato principalmente a fare verificare, prima del giudizio, lo stato dei luoghi o la qualità o la condizione di cose, che, suscettibili di mutamenti o alterazioni nel tempo, vanno accertati e documentati per essere portati poi alla cognizione del giudice prima che ciò possa accadere, per consentirgli di decidere sulla base delle prospettazioni e deduzioni fatte con riferimento a quelle condizioni ed a quello stato, è altrettanto vero che dagli accertamenti e rilievi compiuti in fase preventiva il giudice può trarre utili elementi che, apprezzati e valutati unitamente e nel contesto delle altre risultanze processuali, possono concorrere a fondare il suo convincimento in ordine alla fondatezza dell'uno o dell'altro assunto (Cass. civ., sez.II, 6 febbraio 2008, n.2800).

Inoltre, il giudice può decidere di assumere la descrizione dei luoghi e dello stato delle cose, compiuta nel corso dell'accertamento tecnico preventivo, a base dell'indagine che affida al proprio consulente, nel corso del processo, se lo ritiene necessario, perché risalire alle cause degli eventi richiede l'ausilio di competenze tecniche che il giudice non possiede.

La giurisprudenza di legittimità ha quindi in più occasioni precisato che gli eventi descritti in sede di accertamento tecnico preventivo – ovvero lo stato dei luoghi, la qualità e le condizioni delle cose – possano essere considerati dal giudice come fonte di prova delle loro cause, allorchè consentano logicamente di risalire alla conoscenza delle stesse, e come base dell'indagine affidata ad un consulente tecnico nel corso del processo, quando, per risalire dalla conoscenza degli eventi a quella delle loro cause, sia necessario l'ausilio di competenze tecniche (Cass. civ., sez. II, 22 marzo 2006, n.6319; Cass. civ., sez. III, 22 giugno 2001, n.8600).

Infatti, il giudice di merito, in virtù del principio del libero convincimento, ha facoltà di apprezzare in piena autonomia tutti gli elementi presi in esame dal consulente tecnico e le considerazioni da lui espresse che ritenga utile ai fini della decisione, onde ben può trarre materia di convincimento anche dalla consulenza espletata in sede di accertamento tecnico preventivo, ove non sia configurabile alcuna violazione del principio del contraddittorio per avere le parti partecipato all'accertamento tecnico anche nei punti esorbitanti dall'incarico, ovvero quando la relazione del consulente sia stata ritualmente acquisita agli atti senza che fossero sollevate eccezioni in rito dalla parte convenuta (Cass. civ., sez. III, 5 aprile 2016, n. 6591; Cass. civ., sez. III, 17 ottobre 2013, n. 23575; Cass. civ., sez. III, 9 marzo 2010, n. 5658).

Le considerazioni che precedono, sono valide anche in tema di risarcimento del danno da fatto illecito, essendo consentito al giudice del merito attingere elementi probatori da un accertamento preventivo ritualmente acquisito e dalla consulenza tecnica che si risolva in uno strumento non solo di valutazione, ma anche di accertamento e descrizione di situazioni di fatto rilevabili col ricorso a determinate cognizioni tecniche (Cass. civ.,sez.III, 19 gennaio 1987, n.433).

L'acquisizione dell'accertamento tecnico preventivo nel giudizio di merito: non necessità di un provvedimento formale ed effetti dell'acquisizione

Ciò nonostante, l'ingresso nel giudizio di merito della consulenza tecnica d'ufficio elaborata in sede di accertamento tecnico preventivo non può essere considerato automatico, dovendo il giudice del merito, in sede di giudizio ex art. 698 c.p.c., vagliare eventuali questioni insorte nel corso delle operazioni peritali tali da riverberarsi sulle risultanze e conclusioni della relazione tecnica, come nell'ipotesi in cui, in assenza di qualsivoglia domanda di acquisizione delle parti in tale senso, e, in generale, di istanze istruttorie, la mera produzione di copia delle conclusioni rassegnate dal CTU nel procedimento in questione è stato ritenuto che non consentiva di utilizzare le stesse ai fini della decisione della causa di merito (Trib. Arezzo, 2 maggio 2017, n. 517).

Le risultanze dell'accertamento tecnico preventivo non sempre si rivelano utili a raccogliere prove da fare valere nel successivo giudizio di merito, volto ad esempio, al riconoscimento del diritto al risarcimento del danno subito, perché non sempre le risultanze dell'istruzione preventiva vengono accolte dal giudice di merito, posto che l'art. 698, comma 2, c.p.c. permette al giudicante di rinnovare gli accertamenti effettuati in sede di accertamento tecnico preventivo, lasciando intatte le questioni relative alla sua ammissibilità e rilevanza (Trib. Firenze, 23 aprile 2014).

In tale ottica, secondo l'orientamento di legittimità l'acquisizione della relazione di accertamento tecnico preventivo tra le fonti che il giudice di merito utilizza per l'accertamento dei fatti di causa non deve necessariamente avvenire a mezzo di un provvedimento formale, bastando anche la sua materiale acquisizione, ed essendo sufficiente che quel giudice l'abbia poi esaminata traendone elemento per il proprio convincimento e che la parte che lamenti la irritualità dell'acquisizione e l'impossibilità di esame delle risultante dell'indagine sia stata posta in grado di contraddire in merito ad esse (Cass. civ., sez. II, 5 aprile 2016, n.6591, cit.; cfr. in senso conforme Cass. civ., sez. II, 9 novembre 2009, n.23693; Cass. civ., sez.II, 7 settembre 2004, n.17990; v. anche Cass. civ., sez. III, 9 marzo 2010, n.5658, cit.; in senso conforme la giurisprudenza di merito, tra cui da ultimo cfr. Trib. Frosinone, 17 luglio 2017, n.954).

In ogni caso, ai fini dell'assunzione e della efficacia delle prove assunte in sede di istruzione preventiva pur non occorrendo che intervenga un formale provvedimento che dichiari l'ammissibilità delle prove stesse, potendo ciò risultare indirettamente dal fatto che il giudice ne abbia esaminato l'esito traendone elementi formativi per il suo convincimento, è invece necessario che la controparte sia stata posta in condizioni di contraddire circa le risultanze delle prove preventive (Cass. civ., sez.III,21 settembre 1988, n.5183; Cass. civ., sez. III, 6 febbraio 1985, n. 852).

Il valore probatorio dell'accertamento tecnico preventivo nel giudizio di merito

L'accertamento tecnico preventivo che sia stato ritenuto ammissibile nel successivo giudizio di merito ha la stessa efficacia probatoria dei mezzi acquisiti nel corso del giudizio medesimo e pertanto il giudice può trarre elementi di convincimento anche dalle indagini che il consulente tecnico abbia compiuto eccedendo i limiti del mandato a lui conferito, purché nel rispetto del contraddittorio (Cass. civ., sez. III, 19 luglio 1976, n. 2864).

Infatti le risultanze di un accertamento tecnico preventivo, anche per la parte che esorbiti dalla mera verifica dello stato dei luoghi, ed attenga alla identificazione delle cause e dell'entità dei danni, sono utilizzabili dal giudice del merito se l'accertamento stesso sia stato ritualmente acquisito agli atti del processo sull'accordo delle parti (Cass. civ., Sez. Un., 5 gennaio 1979, n. 19).

Il giudice del merito, in virtù del principio del libero convincimento, ha facoltà di apprezzare in piena autonomia tutti gli elementi presi in esame dal consulente tecnico e le considerazioni da lui espresse che ritenga utili ai fini della decisione, onde può trarre materia di convincimento anche dalla consulenza espletata in sede di accertamento preventivo, pur se il consulente abbia ecceduto i limiti del mandato conferito, una volta che la relazione di quest'ultimo sia stata ritualmente acquisita agli atti senza opposizione delle parti, atteso che il consenso di queste elimina ogni eventuale vizio (Cass. civ.,sez. III, 6 luglio 1982, n. 4029).

Pertanto, anche sotto la vigenza dell'art. 696 c.p.c. nel suo vecchio testo normativo, le risultanze dell'accertamento tecnico preventivo ben potevano tessere utilizzate a fini decisori secondo il prudente apprezzamento del giudice del merito.

In tale ordine d'idee, Cass. civ., sez.III, 17 ottobre 2013, n.23575, affermava che lo sconfinamento dai limiti dell'accertamento tecnico preventivo - così come risultanti dal testo dell'art. 696 c.p.c. anteriore alle modifiche apportate dal d.l. 14 marzo 2005, art. 2, comma 3, lett. e bis convertito con modificazioni dalla l. 14 maggio 2005, n. 80, dava luogo ad una inutilizzabilità soltanto relativa dell'accertamento, conseguendo che, ove non fosse stata configurabile alcuna violazione del principio del contraddittorio per avere le parti effettivamente partecipato all'accertamento tecnico preventivo anche nei punti esorbitanti dall'incarico ovvero allorchè la relazione del consulente era stata ritualmente acquisita agli atti senza opposizione delle parti stesse, si realizzava la sanatoria del vizio, con la conseguente utilizzabilità dell'accertamento, che poteva essere liberamente apprezzato dal Giudice di merito in ogni sua parte e, quindi, anche in relazione alla causa del danno.

Il suddetto principio è stato più di recente ribadito anche da Cass. civ., sez. II, 28 novembre 2017, n.28376.

Inoltre, l'accertamento tecnico preventivo, una volta acquisito agli atti del successivo giudizio di merito, deve essere considerato un mezzo istruttorio e probatorio oltre che ai fini dell'identificazione delle cause del danno, anche ai fini della determinazione della sua entità (Cass. civ., sez. III, 5 maggio 1978, n. 2144).

Una risalente ma ancora attuale giurisprudenza ha altresì ritenuto che nell'ipotesi che sia stato ammesso ed eseguito un accertamento tecnico preventivo non soltanto per la descrizione dei luoghi e della qualità e delle condizioni delle cose, ma anche per la valutazione delle cause delle avarie riscontrate nelle cose stesse, l'accertamento medesimo non è nullo qualora nel successivo giudizio ordinario ne sia stata ammessa la produzione limitatamente alla descrizione dei luoghi e della qualità e delle condizioni delle cose e nel contempo sia stata disposta consulenza tecnica per la valutazione delle cause delle avarie (Cass. civ., sez. III, 10 giugno 1968, n. 1839).

Contrasto tra le conclusioni in sede di accertamento tecnico preventivo ed in sede di merito

Tuttavia, in caso di eventuale contrasto tra le conclusioni del consulente nominato in sede di istruzione preventiva e quelle del consulente nominato nel giudizio di merito in ordine alla causale del fatto accertata nella sua staticità dal primo consulente, il giudice del merito che ritenga di aderire al parere del primo consulente, anziché del secondo, ha il dovere di indicare specificamente le ragioni per cui il primo parere si riveli più esatto (Cass. civ., sez. II, 15 luglio 1980, n. 4581).

Guida all'approfondimento

Grasselli, L'istruzione probatoria nel processo civile, Padova, 2009, 761.

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