Convenzione di arbitrato per decisione secondo equità

Rosaria Giordano

Inquadramento

Mediante la convenzione d'arbitrato, anche rituale, come nell'esemplificazione proposta, le parti possono attribuire all'arbitro unico ovvero al collegio arbitrale il potere di decidere secondo equità. In tale ipotesi, il lodo non è impugnabile per nullità per violazione di regole di diritto sostanziale e ciò anche ove, in concreto, gli arbitri abbiano applicato norme di diritto ai fini dell'emissione dello stesso.

Formula

Tutte le controversie derivanti dal presente contratto, comprese quelle inerenti la sua formazione,

interpretazione, esecuzione, validità e giuridica esistenza, modificazione ed estinzione, purché

compromettibili in arbitri 1 , saranno devolute alla cognizione di un arbitro unico che sarà nominato d'accordo tra le parti o, in difetto, dal Presidente del Tribunale di ... 2 .

L'arbitro unico deciderà in via rituale e secondo equità 3 .

La sede dell'arbitrato è fissata in ... 4 .

Gli arbitri potranno condurre il procedimento senza formalità di procedura, salva l'osservanza del

principio del contraddittorio 5 e, più in generale, delle disposizioni inderogabili di legge.

Ove si vogliano dettare nel procedimento regole più puntuali: Per la regolamentazione del procedimento arbitrale, le parti stabiliscono, ai sensi dell'art. 816-bis c.p.c., le seguenti regole: - l'arbitro dovrà accettare la nomina per iscritto, con precisa indicazione della data e svolgere, dal momento dell'accettazione, le proprie funzioni con assoluta imparzialità; - la competenza degli arbitri sussisterà anche nell'ipotesi in cui sia messa in discussione la validità o l'efficacia della presente convenzione arbitrale; - l'arbitro potrà tentare la conciliazione delle parti, redigendo, in caso di esito positivo del tentativo, apposito verbale che dovrà essere sottoscritto da tutte le parti; - le parti avranno la facoltà, ma non l'obbligo, di farsi assistere o rappresentare da difensori; - nello svolgimento dell'attività istruttoria, l'arbitro potrà anche d'ufficio sentire testimoni, nominare consulenti tecnici, assumere informazioni da terzi, ordinare alle parti o richiedere a terzi documenti, effettuare interrogatori formali e liberi, assumere in genere qualsiasi mezzo di prova, anche se non espressamente previsto dalle vigenti norme procedurali; - le udienze gli atti istruttori, le deliberazioni dovranno essere posti in essere nel Comune di ... ; - è esclusa l'applicazione al giudizio arbitrale del giuramento della parte e dei testimoni; la perizia del consulente tecnico dovrà essere asseverata dinanzi al cancelliere del tribunale o dinanzi a notaio; - l'arbitro dovrà assegnare alle parti i termini - anche perentori - per presentare documenti e memorie, e per esporre le loro repliche; potrà fissare udienze di semplice audizione o di discussione, richiedere difese scritte od orali, comunicare con le parti ed i difensori in qualunque modo ritenuto opportuno; - ogni atto compiuto dall'arbitro dovrà essere redatto per iscritto o verbalizzato a cura dello stesso che curerà, lungo tutto il procedimento, il rispetto del principio del contraddittorio; - il lodo dovrà essere pronunziato entro ... giorni dall'accettazione della nomina, o dall'ultima accettazione. Il termine potrà essere prorogato, dagli stessi arbitri, per analogo periodo e per una sola volta, nell'ipotesi in cui debbano essere assunte al procedimento prove indispensabili per la soluzione della controversia; - il lodo arbitrale dovrà essere redatto in più originali, di cui il primo da acquisirsi agli atti della procedura arbitrale, ed inoltre uno per ciascuna parte in lite; - salve le regole come sopra prescritte, e le disposizioni inderogabili di legge, l'arbitro potrà svolgere le funzioni allo stesso affidate senza vincoli di procedura 6 .

Si applicano, per quanto non espressamente disposto, le disposizioni degli articoli 806 e seguenti del codice di procedura civile in tema di arbitrato rituale.

Luogo e data ...

Sottoscrizione 6 ...

Sottoscrizione ...

[1] 1. In un recentissimo precedente, la S.C. si è pronunciata sulla questione afferente i limiti entro i quali possono essere devolute ad arbitri le opposizioni esecutive. In particolare, si è ritenuto che la clausola compromissoria riferita genericamente a qualsiasi controversia nascente da un determinato rapporto giuridico cui essa inerisce può essere interpretata - con giudizio riservato al giudice di merito - nel senso che rientrano nella competenza arbitrale anche le opposizioni all'esecuzione forzata, salvo che si controverta di diritti indisponibili, mentre non sono compromettibili in arbitri le opposizioni agli atti esecutivi, in quanto la verifica dell'osservanza di regole processuali d'ordine pubblico riguarda diritti di cui le parti non possono mai liberamente disporre (Cass. III, n. 7891/2018).

[2] 2. Il Presidente del Tribunale competente per la nomina dell'arbitro è quello del luogo indicato dall'art. 810, comma 2 c.p.c., ossia quello nella cui circoscrizione ha sede l'arbitrato ovvero, se la stessa non è stata prevista, dove è stata stipulata la convenzione di arbitrato.

[3] 3. Le parti possono concordare, tuttavia, anche nell'arbitrato rituale, che il lodo sia pronunciato secondo equità. In questa ipotesi, peraltro, il sindacato sul “merito” della pronuncia arbitrale da parte della Corte d'appello oltre a non poter riguardare il rispetto delle norme di diritto è limitato dall'assunto per il quale il giudice dell'impugnazione non è tenuto a verificare l'applicazione in concreto dei criteri equitativi nella decisione della controversia, non essendo sindacabile il corretto esercizio dei suddetti poteri (Cass. I, n. 10805/2014).

[4] 4. In assenza di alcuna esplicitazione, l'art. 816 c.p.c. stabilisce che la sede dell'arbitrato deve coincidere con il luogo in cui è stato stipulato il patto compromissorio ovvero essere stabilita in Roma se tale luogo è all'estero. L'indicazione della sede tuttavia non vincola gli arbitri nel compimento delle loro funzioni, potendo infatti i medesimi, purché la convenzione arbitrale non lo escluda né espressamente né tacitamente, tenere udienza, compiere atti istruttori, deliberare e apporre le loro sottoscrizioni al lodo in qualunque altro luogo, anche fuori dal territorio nazionale. Tale determinazione consente invece di radicare, proprio presso il luogo in cui l'arbitrato ha sede, la competenza funzionale e inderogabile del tribunale e della corte d'appello che potranno essere aditi nei casi e nei modi di legge (Cavallini, Arbitrato rituale. Procedimento, in Treccani, Diritto on line, 2012).

[5] 5. Peraltro, il limite del rispetto del principio del contraddittorio va opportunamente adattato al giudizio arbitrale, dovendo essere offerta alle parti, al fine di consentire loro un'adeguata attività difensiva, la possibilità di esporre i rispettivi assunti, di esaminare e analizzare le prove e le risultanze del processo, di presentare memorie e repliche e conoscere in tempo utile le istanze e richieste avverse (Cass. I, n. 8331/2018).

[6] 7. Nell'ipotesi di clausola compromissoria contenuta in condizioni generali di contratto, le parti sono tenute ad approvare specificamente la stessa ai sensi dell'art. 1341 c.c.

Commento

L'arbitrato si fonda sulla volontà delle parti che si manifesta mediante la convenzione d'arbitrato che ha le proprie forme principali nel compromesso, disciplinato dall'art. 807 c.p.c., e relativo ad una determinata controversia già insorta tra le stesse, e la clausola compromissoria, inserita in un contratto con riferimento, in genere, a tutte le controversie derivanti dall'interpretazione ed esecuzione del medesimo.

In entrambe le ipotesi, la convenzione d'arbitrato è un negozio mediante il quale le parti deferiscono ad arbitri la decisione di una o più controversie che tra di esse siano insorte o possano insorgere in relazione ad un determinato rapporto giuridico sostanziale, di natura contrattuale o non contrattuale, e che preclude loro la possibilità far ricorso alla giurisdizione statale per la risoluzione delle controversie che ne sono oggetto.

La convenzione di arbitrato deve essere redatta in forma scritta ad substantiam.

La determinazione delle controversie che si intendono deferire agli arbitri, è anch'essa richiesta a pena di nullità, al fine di poter individuare i limiti della cognizione arbitrale, sebbene le parti possano limitarsi ad un'indicazione generica, purché inequivoca, dell'oggetto della controversia e quindi specificarne la portata con la sola domanda di arbitrato.

Vi è pertanto che, in caso di clausola compromissoria inesistente, il successivo comportamento delle parti non vale a sanare il vizio di carenza di potere degli arbitri (cfr. Cass. n. 2066/2022, la quale ha precisato che in senso contrario non può essere invocato il disposto dell'art. 829, comma 1, n. 4, c.p.c., in relazione all'art. 817 c.p.c., atteso che tale disposizione si riferisce al superamento, da parte degli arbitri, dei limiti loro imposti dal compromesso e non alla diversa ipotesi di originaria e totale carenza di potere, e dovendo escludersi la possibilità di una sua applicazione analogica, ponendosi la competenza arbitrale come derogatoria alla competenza del giudice naturale).

Le parti che sottoscrivono la convenzione d'arbitrato, oltre a dover coincidere con quelle titolari del rapporto controverso, devono essere titolari della capacità giuridica di esercitare il diritto sostanziale oggetto della lite e capaci di prendere parte all'eventuale e successivo procedimento arbitrale.

Inoltre, come previsto dall'art. 806 c.p.c., le controversie demandabili alla decisione degli arbitri sono esclusivamente quelle concernenti diritti disponibili.

È stato osservato che la disponibilità va riferita al diritto azionato e non alle questioni che possono porsi nell'iter logico-giuridico che conduce alla decisione, tranne il caso in cui si tratti di questioni che per legge devono essere decise con efficacia di giudicato (Merone, Arbitrato rituale, in Ilprocessocivile.it).

Tuttavia, in tema di arbitrato, l'indisponibilità del diritto che costituisce il limite al ricorso alla clausola compromissoria non va confusa con l'inderogabilità della normativa applicabile al rapporto giuridico, la quale non impedisce la compromissione in arbitrato, con il quale si potrà accertare la violazione della norma imperativa senza determinare con il lodo effetti vietati dalla legge (Cass. VI-1, n. 9344/2018).

Le Sezioni Unite hanno recentemente chiarito che In tema di arbitrato rituale, la previsione dell'art. 817, comma 2, secondo periodo, c.p.c., non preclude l'eccezione e rilevazione d'ufficio della non arbitrabilità della controversia, perché avente ad oggetto diritti indisponibili o per l'esistenza di una espressa norma proibitiva, in sede di impugnazione del lodo per nullità, anche qualora la relativa eccezione non sia stata formulata in sede arbitrale (Cass., S.U. n. 19852/2022). 

La clausola compromissoria, come quella proposta nella formula in esame, riferita genericamente alle controversie nascenti dal contratto cui essa inerisce va interpretata, in mancanza di espressa volontà contraria, nel senso che rientrano nella competenza arbitrale tutte e solo le controversie aventi causa petendi nel contratto medesimo.

Peraltro, la clausola compromissoria contenuta in un determinato contratto non estende i propri effetti alle controversie relative ad altro contratto, ancorché collegato a quello principale (Cass. III, n. 941/2017; cfr., nella recente esperienza applicativa, Tribunale Bergamo sez. I, 31/10/2022, n.2369, in dejure.giuffre.it, secondo cui, se nel contratto è presente una clausola compromissoria, ciò non impedisce di richiedere ed ottenere un decreto ingiuntivo per il credito scaturente dal contratto medesimo, ferma restando la facoltà per l'ingiunto di eccepire la competenza arbitrale in sede di opposizione, con conseguente necessità, per il giudice di quest'ultima, di revocare il decreto ingiuntivo ed inviare le parti dinanzi all'arbitro unico o al collegio arbitrale).

La questione, tradizionalmente discussa, afferente la natura dell'arbitrato rituale appare superata dalla riforma realizzata dal d.lgs. n. 40/2006, la quale ha previsto, mediante l'introduzione dell'art. 824-bis c.p.c., che il lodo rituale acquista, dalla data della sua ultima sottoscrizione, gli effetti della sentenza pronunciata dall'autorità giudiziaria. In dottrina si è osservato che pertanto l'arbitrato rituale è attività che hanatura oggettivamente giurisdizionale e sostitutiva della funzione dell'autorità giudiziaria (Merone, Arbitrato rituale, cit.).

Il procedimento arbitrale ha inizio con l'accettazione degli arbitri del mandato ricevuto, purché preceduta da una completa enunciazione della cd. domanda arbitrale, che individuando il petitum e la causa petendi consente la produzione di effetti sostanziali, ad esempio ai fini dell'interruzione del termine di prescrizione (v., per tutti, Verde, Effetti processuali e sostanziali dell'atto di nomina di arbitro, in Riv. arb., 1991, 296), equivalenti a quelli correlati alla proposizione della domanda giudiziale (Cass., n. 2472/2003).

L'istruttoria è disciplinata dall'art. 816-ter c.p.c., che, tra l'altro, prevede la possibilità per gli arbitri di delegare l'intera istruzione o i singoli atti a un solo componente del collegio; di assumere testimonianza, anche scritta, ovvero di acquisire la deposizione del testimone presso la residenza o l'ufficio di questi; di ricorrere, quando considerato opportuno, al presidente del tribunale competente affinché ordini la comparizione del testimone che si rifiuti di presenziare, con conseguente sospensione del termine per la pronuncia del lodo fino alla data fissata per l'assunzione della testimonianza; di farsi assistere da consulenti tecnici, siano esse persone fisiche o enti; di chiedere alla p.a. le informazioni scritte in suo possesso necessarie ai fini del giudizio.

Nel procedimento arbitrale non possono essere utilizzati mezzi di prova che implichino l'esercizio di poteri imperativi che presuppongono l'autorità propria del giudice, di talché vanno esclusi, ad esempio, l'ordine di esibizione a un terzo, il giuramento e la querela di falso (cfr. Cavallini, Arbitrato rituale. Il procedimento, cit.).

È previsto peraltro, pur nella libertà delle forme del procedimento, il rispetto del principio del contraddittorio che si estrinseca, essenzialmente, nel dovere degli arbitri di assegnare alle parti dei termini per la presentazione di documenti, il deposito di memorie e l'esposizione di eventuali repliche, dando piena attuazione al costituzionale diritto alla prova ed al principio della parità delle armi tra le parti.

Il lodo definitivo deve essere pronunciato entro il termine convenuto dalle parti e reso noto all'arbitro prima dell'accettazione della nomina o, in assenza di accordo, non oltre 240 giorni dall'accettazione medesima, ai sensi dell'art. 820 c.p.c. (che disciplina, pur rimettendosi ad una diversa decisione delle parti, i casi, le modalità ed i tempi di proroga del termine per il deposito del lodo). L'inutile decorso del termine fissato per la decisione non solo costituisce inadempimento all'obbligazione assunta dagli arbitri con l'accettazione della nomina, determinandone la responsabilità qualora l'omessa o impedita pronuncia dipenda da dolo o colpa grave di essi, ma si riflette altresì sulla validità del lodo eventualmente emesso fuori termine, anche se il relativo vizio deve essere tempestivamente eccepito dalla parte interessata (cfr. Cavallini, Arbitrato rituale. Il procedimento, cit.).

Il lodo deve essere pronunciato secondo diritto, salvo che risulti in qualsiasi modo manifestata la volontà delle parti di avvalersi di un giudizio di equità.

Gli arbitri autorizzati a pronunciare secondo equità sono svincolati, nella formazione del loro convincimento, dalla rigorosa osservanza delle regole del diritto oggettivo, avendo facoltà di utilizzare criteri, principi e valutazioni di prudenza e opportunità che appaiano i più adatti ed equi, secondo la loro coscienza, per la risoluzione del caso concreto.

È quindi preclusa l'impugnazione per nullità del lodo di equità per violazione delle norme di diritto sostanziale, o, in generale, per errores in iudicando, che non si traducano nell'inosservanza di norme fondamentali e cogenti di ordine pubblico, dettate a tutela di interessi generali e perciò non derogabili dalla volontà delle parti, né suscettibili di formare oggetto di compromesso (ex multis, Cass. I, n. 16533/2020).

A riguardo, occorre considerare l'incontroverso principio per il quale l'inammissibilità dell'impugnazione del lodo arbitrale per inosservanza di regole di diritto, ai sensi dell'art. 829, comma 2 c.p.c., nel caso in cui le parti abbiano autorizzato gli arbitri a decidere secondo equità, sussiste anche qualora gli arbitri abbiano in concreto applicato norme di legge, ritenendole corrispondenti alla soluzione equitativa della controversia, non risultando, per questo, trasformato l'arbitrato di equità in arbitrato di diritto (Cass. I, n. 23544/2013).

È stato inoltre chiarito che nel caso di arbitrato rituale di equità, ove non venga dedotta in sede di impugnazione la totale mancanza di potestas iudicandi degli arbitri per eccesso di potere derivante dall'esorbitanza dei limiti segnati dalle parti al loro potere decisorio, il giudice dell'impugnazione non è tenuto a verificare l'applicazione in concreto dei criteri equitativi nella decisione della controversia, non essendo sindacabile il corretto esercizio dei suddetti poteri (Cass. I, n. 10805/2014, la quale ha confermato la sentenza di rigetto dell'impugnazione del lodo che aveva pronunciato la risoluzione per inadempimento di un contratto di cessione di massa di scaglie di marmo presenti su di un terreno ritenendo infondate le censure proposte come error in procedendo ed attinenti ad un supposto difetto di concatenazione logica tra l'affermazione dell'inadempimento del venditore al trasferimento del sessantacinque per cento delle scaglie di marmo e la quantificazione delle restituzioni in denaro a favore dell'acquirente).

Nondimeno, poiché, in n tema di impugnazione di lodo arbitrale, l'art. 829, n. 5 c.p.c. richiama l'art. 823, n. 5, dello stesso codice, il quale, nel disporre che il lodo deve contenere l'esposizione sommaria dei motivi, non distingue tra lodo pronunciato secondo diritto e quello pronunciato secondo equità, lo stesso può essere impugnato per la mancata esposizione sommaria dei motivi, ossia per totale carenza di motivazione o per una motivazione che non consenta di comprendere la "ratio" della decisione e di apprezzare se l'iter logico seguito dagli arbitri, per addivenire alla soluzione adottata, sia percepibile e coerente (Cass. I, n. 16755/2013).

Profili fiscali

Il compromesso e la clausola compromissoria assumono rilevanza sia ai fini dell'imposta di registro sia ai fini dell'imposta di bollo.

Con riferimento all'imposta di registro, occorre fare riferimento, in mancanza di una specifica disciplina, alle norme generali del TU sull'imposta di registro.

In virtù di tali previsioni, non avendo natura patrimoniale, compromesso e clausola compromissoria sono soggetti a tassazione in misura fissa. Inoltre, in base alla forma dell'atto in questione, varia la modalità con cui adempiere all'imposta (in misura fissa se l'atto è contenuto in una scrittura privata autenticata o in un atto pubblico; oppure, in caso d'uso se l'atto è contenuto in scrittura privata, formato per corrispondenza o in un atto formato all'estero).

Quanto invece all'imposta di bollo, occorre distinguere tra compromesso e clausola compromissoria. Infatti, sul compromesso, l'imposta è dovuta in generale, fin dall'origine e in misura fissa (artt. 1-2, Allegato A, Tariffa, parte I d.P.R. n. 642/1972), ma solo in caso d'uso se formato all'estero (art. 30, Allegato A, Tariffa, parte II d.P.R. n. 642/1972) o mediante corrispondenza (art. 24, Allegato A, Tariffa, parte II d.P.R. n. 642/1972). Invece, la clausola compromissoria è soggetta all'imposta in base alla disciplina applicabile all'atto in cui è inserita (art. 13, comma 3, n. 15 d.P.R. n. 642/1972).

Gli atti del procedimento redatti dalle parti e dagli arbitri rilevano esclusivamente ai fini dell'imposta di bollo, senza essere considerati atti giudiziari.

Gli atti del procedimento non rilevano invece ai fini dell'imposta di registro, in quanto consistono in atti privati non aventi contenuto patrimoniale.

Nel caso in cui la nomina dell'arbitro venga effettuata con atto autonomo, deve essere assoggettata all'imposta di bollo quale atto del procedimento arbitrale.

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