Contratto di vendita di cosa futuraInquadramentoTale tipo di vendita ha per oggetto una cosa futura, cioè una cosa attualmente non esistente: ai sensi dell'art. 1472 c.c. l'acquisto della proprietà si verifica ex nunc non appena la cosa viene ad esistenza. Il codice civile specifica che, se oggetto della vendita sono gli alberi o i frutti di un fondo, la proprietà si acquista quando gli alberi sono tagliati o i frutti sono separati. La vendita risulta nulla se la cosa non viene ad esistenza, a meno che le parti non abbiano voluto concludere un contratto aleatorio. Mentre secondo una tesi tale contratto è un negozio perfetto, che fa nascere a carico del venditore l'obbligazione di procurare al compratore l'acquisto della cosa (con la conseguenza che, qualora la cosa non venisse ad esistenza, il contratto sarebbe nullo per mancanza dell'oggetto), in base ad un altro indirizzo il contratto di vendita futura sarebbe incompleto, proprio perché difetterebbe l'oggetto, sicché dal negozio discenderebbero solo obbligazioni di tipo preliminare (come l'irrevocabilità del vincolo e l'obbligo di non impedire che la cosa venga ad esistere), ma non anche l'obbligazione di pagare il prezzo (anche se nulla vieterebbe che fosse versato nel frattempo un acconto). Alla stregua di questo secondo orientamento, non sussisterebbe un obbligo del venditore di adoperarsi attivamente per far sì che la cosa venga ad esistenza, con la conseguenza che, se la cosa non venisse ad esistenza, il contratto rimarrebbe una volta per tutte incompleto e la parte non inadempiente potrebbe avere la possibilità di chiedere la risoluzione del contratto. FormulaContratto di vendita di cosa futura Tra Sig. ... , nato a ... il ... , c.f. ... , residente in ... , alla via ... n. ... ; - Venditore - e Sig. ... , nato a ... il ... , c.f. ... , residente in ... , alla via ... , n. ... ; - Acquirente - Con il presente contratto, da valersi a tutti gli effetti di legge tra le parti, le parti convengono e stipulano quanto segue: 1) Il sig. ... vende e trasferisce al sig. ... , che accetta, il quantitativo di ... ancora da raccogliere nel fondo di sua proprietà in ... , alle seguenti condizioni dalle parti singolarmente pattuite ed integralmente accettate; 2) Il prezzo complessivo convenuto dalle parti è di € ... (€ ... / ... ) ed è così determinato: ... ; 3) Poiché oggetto del presente contratto è la vendita di cose future, l'Acquirente acquisterà la proprietà al momento in cui i frutti verranno ad esistenza; 4) Il prezzo della vendita, come determinato al punto 2), verrà corrisposto dall'Acquirente al momento della consegna del raccolto, secondo le seguenti modalità: ... ; 5) La consegna del raccolto all'Acquirente dovrà avvenire entro il termine del ... , scaduto il quale il presente contratto si intenderà risolto di diritto; 6) Si conviene espressamente la competenza esclusiva del Foro di ... per qualsiasi controversia inerente, connessa e conseguente questo contratto; 7) Le spese di registrazione e, ove necessario, di trascrizione con autentica delle firme della presente scrittura sono a carico della parte acquirente [1] ; 8) Per quanto non previsto nel presente contratto si applicano le disposizioni del codice civile. Luogo e data ... Letto, approvato e sottoscritto Firme ... 1. Mentre secondo la tesi della vendita obbligatoria (maggioritaria) la trascrizione sarebbe ammissibile interpretando in maniera estensiva l'art. 2643 del c.c. (pur non mancando chi sostiene che gli effetti della trascrizione, immediati o comunque prenotativi, cozzerebbero con l'efficacia differita e irretroattiva della vendita di cosa futura), per i sostenitori della tesi del contratto imperfetto la trascrizione non sarebbe, evidentemente, mai ammessa. CommentoLa natura giuridica e il regime giuridico. Nell'ipotesi di vendita di cosa futura (avente natura obbligatoria), l'effetto traslativo del diritto reale si verifica nel momento in cui la cosa viene ad esistenza, senza che possa rilevare la stipulazione, prevista per epoca successiva, dell'atto pubblico necessario alla trascrizione (Cass. II, n. 21607/2009). Vi è chi ravvisa nella venuta ad esistenza della cosa una condicio iuris sospensiva alla quale è sottoposta l'intera vendita. In particolare, l'effetto traslativo è rinviato al venire ad esistenza del bene, al cui avverarsi esso si produce automaticamente, senza che occorra un successivo atto di trasferimento; pertanto, nel caso in cui tale vendita futura abbia ad oggetto un immobile in costruzione, è necessario che l'atto contrattuale, ai sensi dell'art. 17 l. n. 47/1985, indichi, a pena di nullità, gli estremi della concessione ad edificare (Trib. Nola II, n. 23 settembre 2008). La produzione di effetti obbligatori ab initio si traduce nell'immediata facoltà, per i contraenti, di chiedere la risoluzione giudiziale del contratto, con facoltà di chiedere il risarcimento del danno esteso al c.d. «interesse positivo». Poiché tale tipo di vendita costituisce un negozio perfetto ab origine, con contenuto ed effetti obbligatori, di cui il principale per il venditore è quello di osservare un comportamento necessario perché la cosa venga ad esistenza, la mancata consegna della cosa stessa nel termine contrattualmente stabilito determina a carico del venditore l'insorgere del rischio per il ritardo nell'adempimento (c.d. perpetuatio obligationis, ex art. 1721 c.c.; Cass. II, n. 20998/2009). Nei contratti aventi ad oggetto il trasferimento della proprietà di immobili futuri, la forma scritta è necessaria solo per la stipulazione del contratto ad effetti obbligatori e non anche per l'individuazione del bene, la cui proprietà è trasferita non appena lo stesso viene ad esistenza (Cass. I, n. 9994/2016). In tema di trascrizione, anche la vendita di cosa futura, ove abbia per oggetto beni immobili, è soggetta, per opporne gli effetti ai terzi, a trascrizione, che grava inizialmente sul terreno e, in virtù del principio dell'elasticità del dominio, potenzialmente sulla costruzione, non rilevando in contrario che la proprietà del bene oggetto del contratto si trasferisca all'acquirente non alla data dell'accordo, bensì nel momento in cui il bene medesimo sia venuto ad esistenza (Cass. III, n. 16921/2009). Tuttavia, l'immediata trascrivibilità della vendita di cosa futura non può essere ammessa inquadrandola nell'ambito delle vendite sottoposte a termine o condizione (come tali immediatamente trascrivibili a norma dell'art. 2659, comma 2, c.c.) in cui la venuta ad esistenza del bene si atteggerebbe come una condicio facti. Invero, da un lato, desta perplessità la deduzione in condizione sospensiva della venuta ad esistenza del bene, trattandosi di un elemento essenziale del contratto, e, dall'altro, dal combinato disposto degli artt. 2643 e 2659 c.c. si desume che, quando il legislatore ha voluto consentire la trascrizione di un atto avente effetti reali differiti (come la vendita condizionata), ha espressamente previsto una norma ad hoc, che, invece, manca per la vendita di cosa futura. In realtà, esclusa l'assimilabilità della vendita di cosa futura a quella sottoposta a condizione sospensiva, va riconosciuto che la funzione tipica della trascrizione sta nel perseguimento del risultato della conoscibilità legale di un certo evento, sicché qualunque atto idoneo al trasferimento della proprietà - a prescindere dal momento in cui tale trasferimento effettivamente avvenga - deve essere trascritto. La trascrizione è valida quando, dal complesso della nota, il bene sia individuabile; esso sarà senza dubbio identificato con sufficiente chiarezza se si considera che sul medesimo si è appena concluso un contratto di compravendita. D'altro canto, la lettura dell'art. 2826 c.c., a seguito della riforma exl. n. 52/1985, richiede per i fabbricati in corso di costruzione l'indicazione dei dati catastali del terreno su cui essi insistono (in virtù del sopra citato principio dell'accessione), con ciò ovviando a presunti problemi di incertezze sui beni. Solo al momento della venuta ad esistenza del bene la trascrizione potrà esplicare in pieno i suoi effetti e risolvere il conflitto (ora divenuto attuale, ma prima solo potenziale) tra più acquirenti del medesimo bene futuro. Pertanto, l'acquirente deve trascrivere il suo acquisto per poterne opporre gli effetti, una volta che il bene sia stato completato (depositando un atto di individuazione catastale), a chi acquisti e trascriva successivamente diritti reali sul medesimo 1 . Il bene può dirsi esistente nel momento in cui si perfeziona il processo produttivo della cosa nelle sue componenti essenziali, cioè quando siano state eseguite le opere murarie, essendo irrilevante, a tali fini, l'esecuzione completa delle opere di rifinitura o di altri accessori non indispensabili per la utilizzazione del bene. In particolare, riguardo ai beni immobili, in assenza di disposizione contraria, il parametro di riferimento è quello del «rustico», ossia l'edificio comprensivo delle mura perimetrali e della copertura, ex art. 2645-bis, comma 6, c.c. (così Cass. n. 2126/1997). L'obbligo del venditore di cosa futura di provvedere alla costruzione della cosa, ancorché collegato, con rapporto di causa ad effetto, con quello fondamentale del venditore di procurare l'acquisto della cosa e di consegnarla, è da esso distinto, oltre che in sé insuscettibile di coercibilità, essendo inammissibile l'esecuzione specifica della prestazione di dare una cosa inesistente in natura (così Trib. Arezzo, n. 247/2017, in una fattispecie in cui nella scrittura privata il venditore non aveva assunto alcun obbligazione ulteriore rispetto a quella di trasferimento del bene, non obbligandosi alla realizzazione del garage, sicché la pattuizione de qua era da ritenersi nulla per mancanza di oggetto). Il contratto preliminare di vendita di cosa futura non può essere oggetto di esecuzione in forma specifica dell'obbligo di concludere un contratto ex art. 2932 c.c. quando i contraenti hanno espressamente subordinato la stipula del contratto definitivo all'avvenuta edificazione degli immobili oggetto dello stesso (così Trib. Roma X, n. 20979/2016, in un caso di due appartamenti ancora da costruirsi). Il rimedio della garanzia per vizi, apprestato dall'art. 1490 c.c. a tutela del compratore, opera anche nell'ipotesi di vendita di cosa futura (Cass. II, n. 5202/2007). Mentre nella vendita di cosa futura (come i frutti del fondo o i parti degli animali) la venuta ad esistenza della cosa non dipende in modo esclusivo dalla volontà dell'uomo, nella vendita di immobile da costruire, al contrario, la volontà umana assume rilievo centrale perché dipende dall'adempimento dell'obbligo di edificare, di cui si è fatto carico il venditore. Nel caso in cui la res non venga ad esistenza, il contratto sarebbe nullo nella vendita di cosa futura propriamente detta (negozio privo di un elemento essenziale), risolubile nell'altra ipotesi dell'alienazione di immobile edificando (per inadempimento dell'obbligo di costruire). Edificio da costruire Una delle ipotesi più frequenti di applicazione dell'istituto è la vendita di edificio ancora da costruire. In questo caso, vi può essere una commistione con il contratto di appalto, poiché di norma l'acquirente è anche committente e incarica una ditta di eseguire la costruzione dell'immobile. Invero, il contratto avente ad oggetto la cessione di un fabbricato non ancora compiutamente realizzato o da ristrutturare, con previsione dell'obbligo del cedente, che sia anche imprenditore edile, di eseguire i lavori necessari a completare il bene o a renderlo idoneo al godimento, può integrare gli estremi della vendita di cosa futura se nel sinallagma contrattuale l'obbligo di completamento dei lavori assume un rilievo soltanto accessorio e strumentale rispetto al trasferimento della proprietà (Cass. n. 21773/2005; conf . Cass. II, Sentenza n. 23110/2021). La difficoltà maggiore nella qualificazione giuridica del negozio sussiste quando l'appaltatore è proprietario del suolo su cui insisterà l'edificio. Il contratto di configurerà, rispettivamente, come compravendita o come appalto, a seconda che le parti abbiano dato prevalenza al trasferimento dell'immobile oppure all'opera dell'appaltatore (tesi della c.d. prevalenza); secondo altra posizione, il criterio da utilizzare sarebbe, invece, quello della serialità, che impone la ricostruzione in termini di vendita quando l'opera è realizzata dal costruttore in serie, senza che il committente dia un contributo fattivo. Il contratto di vendita di edificio da costruire richiede l'allegazione del titolo abilitativo, laddove già rilasciato (es. permesso di costruire). La trascrizione di questo tipo di contratto è ammessa o meno, in base alla scelta di una delle tesi sopra richiamate. Si può, invece, considerare sempre ammissibile la trascrizione immediata del contratto quando abbia ad oggetto la vendita del suolo o del diritto di superficie. Figure affini Occorre innanzitutto distinguere la vendita di cosa futura dal contratto preliminare di vendita di cosa futura. Invero, il contratto preliminare di vendita di cosa futura ha come contenuto la stipulazione di un successivo contratto definitivo e costituisce, pertanto, un contratto in formazione, produttivo dal momento in cui si perfeziona di semplici effetti obbligatori preliminari (aventi appunto per contenuto l'obbligo di porre in essere un successivo negozio), distinguendosi dal contratto di vendita di cosa futura che si perfeziona ab initio (sia pure con effetti obbligatori e non reali) ed attribuisce lo ius ad habendam rem nel momento in cui la cosa venga ad esistenza (Cass. I, n. 24396/2010; Cass. III, n. 21739/2010; Cass. n. 6383/1992; Cass. II, n. 4888/2007). A differenza del contratto preliminare, infatti, la vendita di cosa futura non integra gli estremi del contratto in formazione, ma, pur non comportando il passaggio della proprietà della cosa al compratore simultaneamente e per effetto della semplice manifestazione del consenso, configura un'ipotesi di vendita obbligatoria perfetta sin dall'origine (Cass. n. 8863/1987) e di per sé sufficiente (ai sensi dell'art. 1472, comma 1 c.c.) a produrre automaticamente l'effetto traslativo della proprietà al momento in cui la cosa verrà ad esistenza (o anche in un momento successivo, qualora le parti, nell'esercizio della loro autonomia negoziale, abbiano espressamente differito l'effetto medesimo ad un momento posteriore a quello in cui la cosa viene ad esistenza: Cass. 18 giugno 1980, n. 3875), senza che occorra un successivo atto di trasferimento (Cass. n. 18129/2006). Nel preliminare di vendita di cosa futura, all'obbligazione delle parti di stipulare il successivo contratto definitivo può aggiungersi, ove si tratti di cosa da costruire, quella — a carico del promettente venditore — avente ad oggetto la realizzazione del bene, obbligazione del cui adempimento lo stesso risponde secondo la comune disciplina in materia di responsabilità contrattuale (Cass. n. 1623/2007). In particolare, quando il venditore (costruttore) è tenuto anche alla realizzazione del bene (e in base alla specifica composizione degli interessi operata tra le parti si è in presenza di un contratto misto di compravendita ed appalto con prevalenza dell'uno o dell'altro a seconda della concreta prestazione a cui il debitore si è impegnato), avendo assunto l'obbligazione di prestare l'attività necessaria alla produzione della cosa, risponde per inadempimento contrattuale, qualora non dimostri che la prestazione promessa è venuta a mancare per causa a lui non imputabile (Cass. n. 4772/1989). Se il venditore, viceversa, non assume alcuna obbligazione ulteriore rispetto a quella di trasferire il bene, ricorre la diversa ipotesi della vendita di cosa futura, soggetta alla condicio iuris della sua venuta ad esistenza ad opera di un terzo (cd. emptio rei speratae; v. postea), la cui mancata realizzazione comporta non già la risoluzione del contratto per inadempimento, bensì la nullità del medesimo per mancanza di oggetto, ex art. 1472 c.c. (Cass. II, n. 1623/2007). Il contratto avente ad oggetto l'impegno a trasferire la proprietà di un'area in cambio di uno o più unità immobiliari da costruire (da erigersi sulla parte di fondo non ceduta) è qualificabile come preliminare di permuta di cosa futura ove l'intento concreto delle parti abbia ad oggetto il reciproco trasferimento dei beni (presente e futuro), restando meramente strumentale l'obbligo di erigere i fabbricati, mentre integra un appalto se tale obbligazione assume rilievo preminente e ad essa corrisponda quella di versare il corrispettivo (eventualmente sostituito, nella forma atipica do ut facias, dal trasferimento dell'area), anche in compensazione rispetto al prezzo per la vendita immobiliare funzionalmente collegata (Cass. II, n. 11234/2016). In particolare, la distinzione tra appalto e vendita (e vendita di cosa futura) si basa su due elementi: da un lato, la volontà dei contraenti e, dall'altro, il rapporto fra il valore della materia (prestazione di dare) ed il valore della prestazione d'opera (prestazione di fare), bensì avuto riguardo alla comune intenzione dei contraenti. Pertanto, si è in presenza d'un contratto d'appalto o d'opera se l'oggetto effettivo e prevalente dell'obbligazione assunta dal produttore-venditore è la realizzazione d'un opus unicum od anche d'un opus derivato dalla serie, ma oggetto di sostanziali adattamenti o modifiche a richiesta del destinatario, laddove la fornitura della materia è un semplice elemento concorrente nel complesso della realizzazione dell'opera e di tutte le attività a tal fine intese. Al contrario, si è in presenza d'un contratto di compravendita, se le attività necessarie a produrre il bene costituiscono solo l'ordinario ciclo produttivo del bene, che può anche concludersi con l'assemblaggio delle sue componenti presso il destinatario, ma è la sola consegna del bene stesso l'effettiva obbligazione del produttore-venditore (Cons. St. IV, n. 3421/2014). In sostanza, mentre nella compravendita oggetto dell'obbligazione è un dare, nel contratto d'appalto o d'opera oggetto dell'obbligazione è un facere. In quest'ottica, integra gli estremi della permuta di cosa presente con cosa futura il contratto avente ad oggetto il trasferimento della proprietà di un'area fabbricabile in cambio di parti dell'edificio da costruire, in tutto o in parte, sulla stessa superficie, a cura e con i mezzi del cessionario, e ciò tutte le volte in cui sia proprio il risultato traslativo, consistente nell'attribuzione di una determinata opera da realizzare, ad essere assunto come oggetto del contratto e come termine di scambio con la cosa presente. A tal fine, in applicazione delle norme sulla vendita, in quanto compatibili, l'effetto traslativo si verifica ex art. 1472 c.c. non appena la cosa viene ad esistenza, momento che si identifica, quando la cosa futura consista in una porzione dell'edificio che il permutante costruttore si è impegnato a realizzare, nella conclusione del processo edificatorio nelle sue componenti essenziali, ossia nella realizzazione delle strutture fondamentali, senza che abbiano rilevanza le rifiniture o gli accessori, così come conforta la lettera dell'art. 2645-bis, ultimo comma, c.c. (Cass. II, n. 24172/2013 e, di recente, Cass. II, n. 13398/2024). La differenza tra il contratto di appalto e quello di compravendita, per quanto riguarda la commissione a fornire cosa futura prodotta o fornita da chi compie il lavoro, risiede nella prevalenza, non solo quantitativa, ma soprattutto funzionale, secondo l'intenzione dei contraenti, della fornitura della materia o cosa (vendita) ovvero del lavoro (appalto d'opera). Per aversi un contratto di vendita, in particolare, è necessario che l'oggetto primario della prestazione consista nel trasferimento del bene, rispetto al quale l'eventuale lavorazione deve avere natura di obbligazione meramente accessoria (Trib. Chieti 25 gennaio 2008). Ai fini della qualificazione in termini di "contratto di vendita di cosa futura" della vendita di immobile da costruire su fondo di proprietà del cedente, il quale si assume la realizzazione dell'opera a proprio rischio e con la propria organizzazione, non costituiscono ostacolo, in favore della diversa qualificazione di contratto misto di vendita (del suolo) ed appalto (dell'opera da costruire), i seguenti elementi del contenuto contrattuale: a) la previsione del pagamento di un acconto sul prezzo finale (contrariamente, invece, alla previsione di acconti in corso d'opera in relazione a stati di avanzamento dei lavori, propri dell'appalto e, come tali, giustificabili in virtù di una parziale esecuzione dell'oggetto del contratto, mentre nella vendita di cosa futura l'adempimento dell'alienante si realizza esclusivamente con il completamento del bene); b) la previsione di un termine di ultimazione dei lavori, giacché il contratto di vendita di cosa futura prevede pur sempre come attività accessoria quella della realizzazione dell'opera da parte dell'alienante; c) la previsione dell'obbligo dell'alienante di realizzare l'opera "a perfetta regola d'arte", in quanto anche nella vendita di cosa futura devono essere preventivamente individuate le caratteristiche tecniche dell'opera medesima (Cass. S.U., n. 11656/2008). La vendita di un'autovettura designata solo per marca, tipo e accessori, non è una vendita di cosa altrui o cosa futura, ma una vendita di cosa appartenente a genere limitato, che fa sorgere a carico del venditore il duplice obbligo di individuare la res e di consegnarla nel luogo pattuito. L'individuazione necessaria all'effetto reale deve essere fatta col concorso di entrambe le parti, sicché la mancata importazione del veicolo dal luogo di produzione a quello di consegna rende il venditore inadempiente ad entrambe le dette obbligazioni (Cass. VI, n. 14025/2014). L'impossibilità di utilizzare le presunzioni in riferimento ai contratti aleatori — in ragione della loro eccezionalità, sì da richiedere che essi risultino da una espressa volizione delle parti e da clausole appositamente stabilite o accettate — esclude soltanto la possibilità di affermare che, in luogo di una vendita di cosa sperata (art. 1472, comma 1, c.c.) sussista una ipotesi di "vendita di speranza" (art. 1472, comma 2 c.c.), ma non impedisce di affermare sulla base di presunzioni esistenti che un contratto di vendita di cosa futura, ex art. 1472 c.c., sia stato in ogni caso concluso (Cass. III, n. 26022/2011). Nell'ipotesi di emptio spei speratae, a norma dell'art. 1472, comma 2, c.c., la vendita è soggetta alla condicio iuris della venuta ad esistenza della cosa alienata, la cui mancata realizzazione comporta non già la risoluzione del contratto per inadempimento, bensì la sua nullità per mancanza dell'oggetto. E poiché, ove si tratti dei frutti naturali della cosa, il passaggio di proprietà avviene, a mente dell'art. 821 c.c., con la separazione dei primi dalla seconda, ne consegue che il rischio del verificarsi di eventi che impediscano la venuta ad esistenza dei frutti naturali della cosa, al pari del rischio della mancata venuta ad esistenza di quest'ultima, è a carico del venditore, giacché grava su di esso, salvo patto contrario, l'obbligazione di separazione dei frutti dalla cosa principale che si trovi nel suo dominio e possesso e, dunque, nella sua disponibilità giuridica e materiale (Cass. II, n. 14461/2011). Premesso che la vendita di cosa futura dovrebbe riguardare soltanto cose future determinate, la configurabilità di tale figura andrebbe esclusa in caso di vendita di cose future determinate soltanto nel genere, fattispecie nella quale, per il verificarsi dell'effetto traslativo, vi è la necessità di un ulteriore atto: l'individuazione. Da non confondere con la figura in esame è altresì la vendita di cosa generica. La vendita di cose generiche, appartenenti ad un genus limitandum , è ammissibile, in virtù del principio di conservazione del negozio giuridico, anche rispetto agli immobili, relativamente al genus limitatum costituito dal complesso di un determinato fondo. Sicché, laddove un terreno debba essere distaccato da una maggiore estensione e sia indicato soltanto quantitativamente, nella misura della sua superficie, sussiste il requisito della determinabilità dell'oggetto, quando sia accertato che le parti avevano considerato la maggior estensione di proprietà del venditore come genus , essendo stata la stessa perfettamente individuata nel contratto, nonché stabilito la misura della estensione da distaccare e sempre che per la determinazione del terreno non debba richiedersi una nuova manifestazione di volontà delle parti, null'altro occorrendo, ai fini della sussistenza del suddetto requisito, se non l'adempimento del venditore che deve prestare la cosa determinata solo nel genere exart. 1178 c.c .. Ne deriva che il requisito di determinabilità dell'oggetto sussiste quando nel contratto siano contenuti elementi prestabiliti dalle parti, che possono consistere anche nel riferimento a dati di fatto esistenti e sicuramente accertabili, i quali siano idonei alla identificazione del terreno da trasferire mediante un procedimento tecnico di mera attuazione, che ne individui la dislocazione nell'ambito del fondo maggiore, per cui la consegna di una parte piuttosto che di un'altra risulti di per sé irrilevante, essendo i diversi tratti di terreno del tutto equivalenti, escluso ogni margine di dubbio sulla identità del terreno oggetto del contratto. In applicazione di tale principio, Cass. II, Sentenza n. 14585 del 26/05/2021 ha confermato la sentenza di merito, che aveva dichiarato la nullità del contratto preliminare di permuta di cosa presente contro cosa futura - avente per oggetto il 75% del terreno di proprietà delle promettenti venditrici contro il 25% delle costruzioni che il promettente permutante avrebbe realizzato sui suddetti fondi - per la indeterminabilità dell'esatta collocazione della parte di terreno e dell'esatta collocazione delle costruzioni risultando, in concreto, omesse sia la dimensione, sia l'esatta ubicazione dei fabbricati edificandi . In linea generale, può dirsi che ricorre emptio rei speratae quando l'incertezza riguardi la quantità o la qualità del bene, emptio spei ove l'incertezza investa la futura esistenza del bene medesimo. Le conseguenze, in termini di disciplina, sono rilevanti. Nella emptio rei speratae, ove il bene non venga ad esistenza, il contratto è nullo, nella emptio spei il negozio rimane perfettamente valido ed efficace. Solo in questa seconda ipotesi il rischio economico dell'operazione, (comprendente non solo i vizi della cosa, ma anche il pericolo che la medesima non venga ad esistenza) viene sopportato dall'acquirente. Il contratto con cui uno dei comproprietari di un immobile da costruire ne promette la cessione (per l'intero) a un terzo configura una promessa di vendita di cosa parzialmente altrui e futura, con efficacia interamente obbligatoria, disciplinata dagli artt. 1472 e 1478 c.c. Con un tale atto, il promittente venditore rende edotta la controparte che l'oggetto del contratto stesso è da costruire (quindi futuro) per cui egli assume l'obbligo sia di farlo venire in esistenza con le caratteristiche pattuite sia, in quanto (ove costruito) di proprietà parzialmente altrui, di farne acquistare la proprietà al proprio acquirente o acquistando egli direttamente la parte di proprietà altrui, o procurando il consenso degli altri comproprietari alla vendita. Consenso che, trattandosi di un preliminare, il promittente venditore ha tempo di ottenere fino alla stipula del contratto definitivo cui è, parimenti, obbligato. Un tale contratto è, pertanto, perfettamente valido ed efficace (Cass. II, n. 16362/2007). La differenza fra il contratto di affitto di fondo rustico e quello di vendita di cosa futura va individuata, in primis, nel diverso scopo perseguito dai due contratti. Il primo si propone, infatti, di garantire all'affittuario, previo pagamento del prezzo, la detenzione qualificata e duratura del fondo mentre il secondo mira a trasferire, sic et simpliciter, al compratore la proprietà dei frutti quando essi verranno ad esistenza. Ne deriva che, mentre l'affitto include, come elemento essenziale ed imprescindibile, la detenzione qualificata del bene, la stessa, nella vendita di cosa futura, riveste un ruolo meramente accessorio ed eventuale perché al compratore viene garantita la possibilità di asportare i frutti ma non di utilizzare il fondo (App. Salerno, n. 896/2007). Profili fiscali Il presupposto impositivo dell'IVA si verifica per la cessione di immobili, al momento del passaggio di proprietà degli stessi. Qualora, in previsione degli effetti reali, venga versato un anticipo del prezzo, l'operazione si considera effettuata alla data del pagamento, ma solo limitatamente all'importo pagato. Nella specie, in cui è stato stipulato un solo preliminare di compravendita, avente ad oggetto una cosa futura, gli effetti reali si sarebbero verificati al momento del contratto definitivo, o, al più, alla nascita della cosa promessa in vendita (Cass. sez. trib., n. 7348/2003). Quando oggetto del contratto è una cosa da prodursi da parte dell'obbligato, il criterio della prevalenza del facere sul dare, che distingue l'appalto dalla vendita di cosa futura, va inteso con riguardo alla comune intenzione delle parti, ricorrendo tale prevalenza allorché essi abbiano considerato l'attività produttiva non come strumento per ottenere il bene da trasferire, ma come oggetto dell'obbligazione. La circostanza che l'obbligato sia solito produrre cose del medesimo genere non qualifica il contratto come vendita di cosa futura se quest'ultimo debba svolgere attività superiori rispetto alle sue ordinarie per dotare la cosa di caratteristiche richieste dal cliente tali da differenziare la cosa da quelle prodotte normalmente (Comm. trib. centr. XI, n. 2274/1996). [1] 1. A livello operativo, si ricorre ad un procedimento modellato sulla falsa riga della trascrizione del negozio sospensivamente condizionato, come tale articolato in due fasi: una prima fase, coeva alla stipula del contratto, in cui viene trascritto il contratto di vendita menzionando l'immobile quale bene futuro; una seconda fase, coincidente con la venuta ad esistenza del bene, in cui la menzione relativa al differimento dell'effetto reale viene cancellata, ai sensi dell'art. 2668 comma 3 c.c.. |