Contratto di merchandisingInquadramentoIl merchandising è un contratto atipico non regolato specificamente nel nostro ordinamento, che si è ampiamente diffuso nella prassi commerciale negli ultimi anni e ammissibile nel nostro ordinamento ai sensi dell'art. 1322, comma 2 c.c. Con il contratto di merchandising il titolare di un dato segno distintivo soggetto a privativa (marchio, diritti di immagine o d'autore), lo concede in utilizzo ad un terzo soggetto, in esclusiva o meno, per un dato periodo di tempo, affinché possa sfruttarlo per produrre beni in un settore diverso da quello in cui opera il titolare. La disciplina applicabile ad un rapporto di merchandising può definirsi “a geometria variabile”, tenuto conto che la stessa può variare a seconda della tipologia del segno distintivo concesso in licenza d'uso, così che sarà sottoposto, a seconda dei casi, alla tutela dei marchi, dei diritti dell'immagine o del diritto d'autore. Di seguito viene riportata la possibile formula di un contratto di merchandising avente ad oggetto la concessione in uso di un marchio registrato (i.e. la fattispecie di merchandising più comunemente diffusa nella prassi commerciale). Formula
CONTRATTO DI MERCHANDISING TRA la Società ...., con sede legale in ...., via ...., in persona del .... e legale rappresentante pro tempore Sig. ...., munito dei necessari ai sensi dello statuto sociale (di seguito anche “Licenziante”), E la Società ...., con sede legale in ...., via ...., in persona del .... e legale rappresentante pro tempore Sig. ...., munito dei necessari ai sensi dello statuto sociale (di seguito anche “Licenziataria”). Licenziante e Licenziataria congiuntamente nel prosieguo definite anche congiuntamente “Parti” e singolarmente “Parte”. PREMESSO CHE - la Licenziante è titolare del marchio [figurativo o denominativo] .... registrato presso L'Ufficio Italiano Brevetti [oppure il marchio comunitario registrato presso ....] avente registrazione n. .... del ...., in relazione alle seguenti classi merceologiche: .... (di seguito “il Marchio”), di cui la Licenziante ha l'esclusiva e piena proprietà; - il Marchio è dotato di un elevato standard di qualità e gode di ampia rinomanza presso il pubblico degli utenti sul seguente territorio ....; - la Licenziataria ha manifestato il proprio interesse a poter sfruttare economicamente il Marchio al fine di poter contrassegnare con lo stesso i propri prodotti di .... 1 appartenenti a una o più classi merceologiche diverse rispetto a quelle in cui opera la Licenziante; - la Licenziante ha manifestato la propria disponibilità a concedere tale diritto alla Licenziataria ai termini e condizioni meglio disciplinati nel prosieguo Tutto quanto premesso, tra le Parti come sopra rappresentate si conviene e stipula quanto segue. 1. La Licenziante concede alla Licenziataria, che accetta, licenza [esclusiva] per l'utilizzo del marchio in relazione alla produzione e commercializzazione di prodotti appartenenti alla seguente classe merceologica .... nel territorio di .... 2 . 2. La licenza d'uso viene concessa alla Licenziataria per n. .... anni ed è rinnovabile, previo accordo scritto delle Parti, da formalizzarsi almeno .... mesi prima della scadenza, per un ulteriore periodo di tempo espressamente concordato dalle Parti. 3. A fronte della concessione dell'utilizzo commerciale del Marchio ai sensi del presente contratto, la Licenziataria si obbliga a corrispondere alla Licenziante un corrispettivo pari ad una percentuale del .... del fatturato complessivo realizzato dalla Licenziataria con la vendita dei prodotti oggetto di licenza, da calcolarsi su base .... [mensile/trimestrale]. A tal fine la Licenziante dovrà fornire entro quindici giorni dalla scadenza di ciascun periodo di riferimento adeguata documentazione comprovante il numero di prodotti venduti e il relativo fatturato realizzato. [4. La Licenziataria si obbliga a corrispondere alla Licenziante un compenso minimo fisso trimestrale, e ciò indipendentemente dalle vendite di prodotti conseguite dalla Licenziataria nel periodo di riferimento, così come di seguito determinato: - € .... per il primo anno di licenza; - € .... per il secondo anno di licenza: - ....]. 5. I compensi così come sopra determinati dovranno essere corrisposti alla Licenziante entro .... giorni dallo scadere di ciascun periodo di riferimento. La Licenziataria si impegna inoltre a tenere complete ed accurate registrazioni contabili in relazione alla commercializzazione dei prodotti licenziati, obbligandosi sin d'ora a esibirle a richiesta della Licenziante con un preavviso minimo di 3 giorni lavorativi, da recapitarsi a mezzo raccomandata a/r o altro mezzo equipollente. 6. La Licenziataria non potrà immettere sul mercato nuovi prodotti contrassegnati dal Marchio senza il previo consenso manifestato per iscritto dalla Licenziante, nonché non potrà effettuare alcuna attività di pubblicizzazione dei prodotti recanti il Marchio senza il previo consenso della Licenziante. 7. La Licenziataria non potrà in alcun modo concedere in sublicenza a terzi qualsivoglia utilizzo del Marchio senza il previo consenso espresso per iscritto della Licenziante, a pena di risoluzione del presente contratto. 8. Ciascuna Parte avrà diritto di recedere in qualsiasi momento dal presente contratto, previo preavviso minimo di tre mesi da recapitarsi all'altra Parte a mezzo raccomandata a/r o altro mezzo equipollente. 9. Nel caso di cessazione per qualsivoglia ragione degli effetti del presente contratto, alla Licenziataria è fatto obbligo di cessare immediatamente la fabbricazione dei prodotti oggetto di licenza, fatto salvo il diritto della Licenziataria di eseguire gli ordini in corso alla data di cessazione. Resta espressamente inteso tra le Parti che, decorso il termine di .... mesi dalla cessazione del contratto la Licenziataria sarà in ogni caso tenuta allo smaltimento di tutte le scorte di prodotti contrassegnati dal Marchio. Nel caso di cessazione per qualsivoglia ragione degli effetti del presente contratto, alla Licenziataria è fatto obbligo di cessare immediatamente la fabbricazione dei prodotti oggetto di licenza, fatto salvo il diritto della Licenziataria di eseguire gli ordini in corso alla data di cessazione. Resta espressamente inteso tra le Parti che, decorso il termine di .... mesi dalla cessazione del contratto la Licenziataria sarà in ogni caso tenuta allo smaltimento di tutte le scorte di prodotti contrassegnati dal Marchio 3 .
10. Le Parti si obbligano, ciascuna per quanto di propria competenza, ad adempiere e dare esecuzione in buona fede al presente contratto, impegnandosi a tal fine alla collaborazione reciproca. 11. In caso di violazione di una o più disposizioni del presente contratto di una Parte, la Parte non inadempiente potrà chiedere la cessazione della violazione entro i successivi 10 giorni. Qualora, entro il predetto termine la Parte inadempiente non abbia cessato o posto riparo alla violazione, la Parte non inadempiente avrà diritto di dichiarare risolto il contratto ex art. 1456 c.c. 12. Il presente contratto è soggetto alla legge italiana. 13. Per qualsiasi controversia derivante dal presente contratto o collegata allo stesso sarà esclusivamente competente il Tribunale di .... 3 . 14. Il presente contratto sarà registrato presso l'Ufficio Centrale Brevetti a cura della Parte più diligente e le relative spese saranno ripartite tra Licenziante e Licenziataria in parti uguali. Luogo e data .... Firma il Licenziante .... Firma il Licenziatario .... [1] [1] Indicare la tipologia di prodotti per i quali si intende attivare il merchandising. [2] [2]Indicare il territorio entro cui il diritto di commercializzazione è esercitabile. [3] [4]Le parti possono prevedere che la risoluzione delle controversie derivanti dal contratto o collegate allo stesso possano essere definite da un Collegio Arbitrale (clausola compromissoria). CommentoPremessa Il contratto di merchandising è un contratto sinallagmatico cd. “atipico”, che, nonostante la notevole estensione raggiunta nella prassi commerciale, non trova ancora una specifica disciplina all'interno dell'ordinamento italiano, ma ammissibile nel nostro ordinamento ai sensi dell'art. 1322, comma 2 c.c.. Già utilizzato sin dalla fine del XIX nei Paesi anglosassoni, la sua vera diffusione è avvenuta negli anni Trenta del Novecento con la riproduzione di alcuni personaggi dei cartoni animati Disney su gamme di prodotti diversi da quelli cui gli stessi erano stati destinati fino a quel momento. Successivamente, a partire dagli anni Sessanta, il merchandising è stato esteso al settore sportivo e, dagli anni Settanta, a quello cinematografico e, più in generale, del mondo dello spettacolo. Con il contratto di merchandising il titolare di un segno distintivo (ie: marchi, diritti di immagine e/o d'autore), definito “merchandisor” o “licenziante”, ne concede l'utilizzo per un dato tempo, ad un terzo (“licenziatario” o “merchandisee”), consentendogli di commercializzare prodotti in settori diversi rispetto a quelli in cui il segno ha acquisito notorietà. A fronte di tale concessione, il licenziante matura il diritto a percepire un compenso economico, generalmente parametrato sulla base dei risultati economici conseguiti dal licenziatario, da liquidarsi periodicamente, sulla scorta dei rendiconti periodici stabiliti su base contrattuale. Gli accordi tra le parti possono anche stabilire che il licenziante abbia in ogni caso diritto ad un compenso minimo, a prescindere dal risultato economico effettivamente conseguito dal licenziatario con l'utilizzo del segno, nonché che, in luogo del compenso, il licenziante possa acquistare i prodotti commercializzati dal licenziatario a condizioni più vantaggiose rispetto a quelle di mercato. La licenza di sfruttamento commerciale del segno distintivo oggetto del contratto di merchandising viene generalmente concessa dalla licenziante alla licenziataria in via esclusiva, e può essere delimitata anche su base territoriale. Stante la sua sostanziale “aticipità”, il contratto di merchandising non è soggetto a particolari forme, ma generalmente le sue disposizioni vengono regolamentate con apposito accordo scritto, anche al fine di meglio regolare gli aspetti economici del rapporto. Il contratto di merchandising può essere trascritto presso l'Ufficio Italiano Brevetti. Tale trascrizione ha natura meramente dichiarativa, ma consente di rendere l'accordo opponibile ai terzi. A seconda del tipo di segno distintivo oggetto di licenza, il contratto di merchandising si distingue tradizionalmente in due principali “macrocategorie”, per le quali diversa sarà la disciplina applicabile: 1) il “character merchandising”, con il quale il licenziante concede in uso il nome o l'immagine di personaggi di fantasia, tratti da fumetti o cartoni animati (cd. “fictional characters merchandising”) o da opere letterarie (cd. “literary characters merchandising”). Tale fattispecie è soggetta all'applicazione della normativa in materia di diritto d'autore; 2) il “corporate merchandising” o “trademark merchandising”, che ricorre quando una società titolare di un marchio rinomato in una determinata classe di prodotti ne concede il diritto di utilizzo ad un terzo al fine di commercializzare prodotti per classi diverse. La fattispecie è attualmente soggetta alla tutela stabilita dagli artt. 20 e ss. d.lgs. n. 30/2005 (Codice della proprietà industriale). A tali principali figure giuridiche, nella prassi commerciale si sono diffuse ulteriori fattispecie riconducibili al contratto di merchandising, tra cui: 3) il “personality merchandising”, con cui un personaggio famoso concede in uso ad un terzo lo sfruttamento della propria immagine per la commercializzazione di determinati prodotti. Il contratto in questo caso è soggetto alla duplice disciplina della tradizionale tutela dei diritti di immagine stabilita dal codice civile (artt. 7 e 10 c.c.) e, dal 2005, con l'avvento del Codice della proprietà industriale (d.lgs. n. 30/2005), dalla speciale norma stabilita all'art. 21, comma 3, che espressamente consente la possibilità di registrare marchi recanti nomi di persona (in quanto muniti di notorietà tale da attribuire fondamento alla privativa industriale); 4) il “movie merchandising”, con cui vengono concessi in uso a terzi i diritti di sfruttamento delle opere cinematografiche e ai correlati diritti di proprietà intellettuale. A seconda dei casi, la fattispecie può essere soggetta alla tutela del marchio, del diritto d'autore e di sfruttamento dei diritti della personalità; 5) l'“event merchandising”, riferito allo sfruttamento commerciale dei diritti correlati alla realizzazione di eventi sportivi e/o culturali, sottoposto, a seconda dei casi, alla disciplina della legge sul diritto d'autore o tutela del marchio di cui al Codice della proprietà industriale. Il trademark merchandising La principale forma di merchandising ad oggi diffusa è rappresentata in ogni caso dal “trademarketing” (o “brand”) merchandising, focalizzato sulla commercializzazione delle seguenti categorie di beni: a) le “status properties”, generalmente coincidenti con beni rappresentativi di alcune caratteristiche di pregio e stile riconducibili all'attività del licenziante (come, ad esempio, avviene quando marchi di celebri stilisti di moda vengono concessi in uso a una terza casa produttrice al fine di realizzare una linea di occhiali da sole); b) le “personification properties”, che evocano particolari stili di vita tipicamente associati all'attività commerciale del licenziante (come nel caso della concessione in uso da parte di case automobilistiche di marchi evocanti immagini di velocità e aggressività per la produzione di linee di profumi, ecc.); c) le “popularity properties”, riferite all'utilizzo di marchi particolarmente diffusi e riconosciuti sul mercato (ie: il marchio “coca cola”). Con il trademarketing merchandising il licenziatario, ricorrendo all'utilizzo di un marchio già diffuso e noto in un mercato diverso da quello in cui intende operare, di fatto beneficia della preesistente notorietà del marchio, potendo quindi ridurre i costi della pubblicità e promozione dei propri prodotti presso il pubblico dei consumatori. La naturale associazione del prodotto commercializzato dal licenziatario ai beni del licenziante appartenenti ad altro settore merceologico, ha giustificato l'intervento del legislatore e della giurisprudenza a tutela i) vuoi degli interessi del licenziante in quanto titolare del marchio, ii) vuoi del consumatore, che su detta associazione fonda il proprio convincimento circa la qualità e i metodi di fabbricazione dei prodotti di merchandising. Così, prima la l. n. 480/1992 e, successivamente, il Codice per la proprietà industriale (d.lgs. n. 30/2005) ha stabilito all'art. 23 la possibilità per il titolare del segno distintivo di trasferire o concedere in licenza il marchio, a uno o più licenziatari, a condizione che dal trasferimento non possa “derivare inganno in quei caratteri dei prodotti o servizi che sono essenziali nell'apprezzamento del pubblico”. Parimenti, la stessa disposizione tutela anche l'interesse del licenziante a mantenere il corretto utilizzo del marchio da parte del licenziatario, con riferimento alla natura e alla qualità dei prodotti concessi in licenza, potendo in mancanza far falere il diritto all'uso esclusivo del marchio stesso contro il licenziatario. A tale scopo, i contratti di merchandising frequentemente prevedono l'inserzione di clausole che legittimano il diritto del licenziante a verificare periodicamente le modalità di utilizzo ed immissione nel mercato dei prodotti oggetto di licenza, nonché di assoggettare al suo previo consenso ogni eventuale modifica dello sfruttamento del segno distintivo rispetto a quanto originariamente pattuito con il licenziatario. Sul punto, la Suprema Corte ha precisato che, nel caso di più soggetti che abbiano registrato un marchio identico, ma per diverse classi di prodotto, nessun titolare può concedere in licenza a terzi l'utilizzo del marchio per classi merceologiche già di pertinenza di altri titolari, al fine di non ingenerare ingannevolezza presso il pubblico circa la provenienza e le caratteristiche del marchio originario (Cass. n. 8409/1998). Tuttavia, la giurisprudenza non ha mancato di tutelare anche la posizione del licenziatario in relazione alla possibilità di esercitare in concreto il proprio diritto di sfruttamento commerciale del segno distintivo, a tal fine richiamando il generale obbligo del creditore (ie: il licenziante) di improntare il proprio comportamento alla buona fede contrattuale e, specificamente, di preservare gli interessi della controparte nella esecuzione del contratto. Sul punto, in materia di merchandising relativo alla riproduzione di una serie televisiva, il Tribunale di Milano ha infatti avuto modo di sanzionare il comportamento del licenziante che, dando luogo a continui cambiamenti del palinsesto, tali da alimentare la disaffezione degli utenti, di fatto rendeva più gravosa e meno remunerativa l'attività di sfruttamento commerciale del licenziatario, che pertanto veniva legittimato a rifiutare il pagamento del compenso minimo garantito che, in base al contratto, sarebbe stato dovuto al licenziante a prescindere dal risultato economico conseguito (Trib. Milano 13 febbraio 2014). Il rapporto tra licenziante e licenziatario, in tale contesto, è altresì soggetto al divieto di concorrenza sleale sancito dall'art. 2598 c.c. Il Personality merchandising Larga diffusione sta sempre più acquisendo la concessione in sfruttamento a terzi con finalità di merchandising dei diritti legati allo sfruttamento dell'immagine di personaggi noti. Tale fattispecie, coperta sia dalla tutela civilistica di cui agli artt. 7 e 10 c.c., sia dalla disciplina di cui all'art. 21, comma 3 c.p.i., riguarda la commercializzazione di prodotti contrassegnati dall'immagine o, talora, da frasi celebri di personaggi noti al pubblico. Detta fattispecie presuppone, sempre, il previo consenso allo sfruttamento commerciale dell'immagine da parte del relativo titolare, che così matura il diritto a percepire un compenso da parte del licenziatario. Il consenso è sempre necessario anche in caso di sfruttamento cd. “indiretto” a scopo di merchandising dell'immagine o dei contenuti audiovisivi originariamente acquisiti per finalità diverse (ad es.: a scopo di cronaca o per finalità scientifiche), che non può essere superato dalla “notorietà” del soggetto cui l'immagine o il contenuto si riferisce. È stata quindi considerata dal Tribunale di Milano una violazione del diritto all'immagine la realizzazione di medaglie recanti la figura di un noto calciatore, con conseguente condanna dell'autore dell'illecito al risarcimento del danno, da liquidarsi in via equitativa sulla scorta del vantaggio economico conseguito rispetto alla effettiva diffusione del prodotto sul mercato (Trib. Milano 8 maggio 2014 n. 588). Rapporti con altri contratti (licenza di marchio, edizione, sponsorizzazione e agenzia) Il contratto di merchandising spesso presenta i tratti principali di altri contratti contemplati dal nostro ordinamento, quali, ad esempio, il contratto di licenza di marchio, il contratto di edizione e il contratto di sponsorizzazione. Il merchandising si discosta dalla licenza di marchio per il diverso settore merceologico in cui il licenziatario sfrutta commercialmente il marchio concesso in uso dal titolare. In particolare, mentre nella licenza di marchio il titolare concede ad uno o più soggetti terzi di sfruttare il proprio marchio per produrre prodotti rientranti nella medesima classe di appartenenza, con il contratto di merchandising il licenziatario acquisisce il diritto di contrassegnare merci afferenti una diversa classe merceologica. Sul punto, con una interessante pronuncia, riprendendo l'orientamento prevalente instauratosi in materia presso le corti di giustizia statunitensi, il Tribunale di Bari ha avuto modo di delimitare i confini della privativa del titolare di un marchio figurativo rispetto all'utilizzo per finalità di merchandising. In relazione al contenzioso che ha visto contrapposti gli interessi della “Hearst Holding”, titolare del marchio figurativo ritraente una specifica rappresentazione grafica del cartone animato “Betty boop” da un lato, e della Avela Inc., che aveva realizzato prodotti ritraenti una diversa immagine del medesimo personaggio di fantasia, senza avere previamente acquisito il consenso della holding statunitense, il Tribunale di Bari ha riconosciuto tale ultimo utilizzo soggetto alla tutela tipica del diritto d'autore e alle sue decadenze temporali. Nel caso di specie, essendo trascorso il lasso di tempo stabilito dalla legge sul diritto d'autore, l'opera creativa recante il personaggio di Betty Boop risultava caduta nel pubblico dominio, e, pertanto, suscettibile di libera riproduzione, anche a fini commerciali, da parte di chiunque. Il diritto della Hearst Holding doveva, quindi, ritenersi limitato alla sola rappresentazione grafica depositata ai fini della registrazione del marchio. Con detta pronuncia, quindi, è stato puntualizzato che il rinnovo continuo della registrazione di un marchio dotato di una determinata veste grafica non può in alcun modo superare il decorso della tutela stabilito dalla legge sul diritto d'autore (Trib. Bari 22 febbraio 2016 n. 953). Il tema tuttavia risulta a tutt'oggi controverso, essendo intervenuta successivamente alla pronuncia del Tribunale di Bari una decisione della giurisprudenza londinese in netto contrasto con la tesi qui spiegata, il cui contenuto cd. “cross border” potrebbe esporre al rischio di contrasto tra i giudicati sul territorio europeo. Il merchandising si differenzia altresì dal contratto di edizione, con il quale l'editore acquisisce dal legittimo titolare i diritti di sfruttamento economico di un'opera; in tale ipotesi, il merchandising potrebbe intervenire solo in una eventuale fase successiva, ossia quando il riferimento, immagine o frasi celebri di uno o più personaggi dell'opera vengano sfruttati dal merchandisee per la commercializzazione di prodotti diversi da quello strettamente letterario. Differisce, infine, dal contratto di sponsorizzazione, con il quale lo sponsor, dietro corrispettivo, acquisisce il diritto di associare il proprio marchio al supporto tecnico dello sponsee. In questo caso, il titolare del marchio beneficia dell'eventuale ritorno pubblicitario derivante da tale associazione con lo sponsee. Diversamente, il collegamento negoziale con la fattispecie del merchandising ricorre, ad esempio, nel caso di fabbricazione da parte dello sponsor di prodotti contrassegnati dal marchio o da altri segni distintivi dello sponsee. In altri termini, nel contratto di sponsorizzazione, il marchio apposto è di titolarità dello sponsor, che dietro versamento di un corrispettivo lo associa alla squadra o all'evento oggetto di sponsorizzazione; mentre, nel caso del merchandising, il licenziatario versa un corrispettivo al titolare di un marchio al fine di poterlo sfruttare commercialmente. Particolare attenzione ha destato la distinzione tra merchandising e contratto di agenzia. Sul punto, una recente pronuncia della Suprema Corte ha statuito che il merchandising, ancorché consistente nell'attività di allestimento strumentale alla pubblicizzazione e commercializzazione di determinati beni, deve ritenersi ben distinto dall'attività di promozione di affari tipicamente oggetto del contratto di agenzia; come tale, non può essere ricompresa nell'ordinaria attività dell'agente, e pertanto deve essere oggetto di separata remunerazione (Cass. n. 1998/2017). Profili fiscali Sul piano fiscale occorre considerare che il limite massimo annuale per la deduzione del costo dei marchi di impresa non può essere superiore alla diciottesima parte del costo medesimo ai sensi dell'art. 103, comma 1 d.P.R. n. 916/1987, cd. TUIR. Tale normativa è stata introdotta dal d.l. n. 223/2006 e, giusta l'art. 37, comma 46, del medesimo decreto, trova applicazione a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto e, conseguentemente, a partire dall'esercizio 2006, per i soggetti che hanno il periodo d'imposta coincidente con l'anno solare, anche per le quote di ammortamento relative ai costi sostenuti nel corso dei periodi d'imposta precedenti. Su tale tema, il § 64 della Circolare n. 28/E del 4 agosto 2006 dell'Agenzia delle Entrate ha precisato che: per i marchi già registrati si applica al costo originario il nuovo limite massimo deducibile del 5,56% (pari a un diciottesimo), senza rideterminare le quote così da poter concludere l'ammortamento in un arco temporale di diciotto esercizi a partire da quello di iscrizione del costo; qualora poi la quota di ammortamento iscritta in bilancio sulla base dei criteri civilistici sia superiore rispetto a quella ammessa fiscalmente, ciò comporterà una variazione in aumento ai fini fiscali (in tal caso potranno essere iscritte, laddove siano presenti le condizioni richieste dai corretti principi contabili, le eventuali imposte anticipate, per lo scostamento di natura temporaneo rilevato); viceversa, si effettuerà una variazione in diminuzione laddove la durata dell'ammortamento contabile sia superiore (ad esempio, 20 anni) a quella fiscale. In questa ultima circostanza si realizzeranno imposte differite, in relazione alla differenza accertata tra la quota di ammortamento civilistica e la quota di competenza fiscale. |