Contratto di vendita a rate

Andrea Penta
aggiornata da Nicola Rumìne

Inquadramento

Nel caso di contratto di vendita a rate con riserva di proprietà (o anche detta vendita con patto di riservato dominio), più comunemente conosciuta come vendita a rate, le parti, secondo il dettato dell'art. 1523 c.c., stabiliscono che il prezzo della vendita debba essere pagato in modo frazionato nel tempo (rate) e che la proprietà passi al compratore solo quando sarà pagata l'ultima rata del prezzo medesimo. L'effetto reale della vendita – ossia il trasferimento della proprietà – viene in tal modo sottoposto alla condizione sospensiva del pagamento integrale del prezzo. Con questa tipologia contrattuale il venditore si garantisce dal rischio che l'acquirente – al quale ha accordato il beneficio del pagamento rateale – non paghi quanto convenuto: se, infatti, ciò dovesse avvenire, non essendosi ancora trasferita la proprietà dell'immobile in capo a quest'ultimo, il proprietario non sarà costretto ad agire in causa per ottenerne la restituzione. Nonostante patto contrario, il mancato pagamento di una sola rata, che non superi l'ottava parte del prezzo, non dà luogo alla risoluzione del contratto (art. 1525 c.c.). In pratica, attraverso la vendita a rate con riserva di proprietà il prezzo della vendita è versato frazionato nel tempo e la proprietà si trasferisce solo con il pagamento dell'ultima rata.

Formula

Compravendita con patto di riservato dominio (VENDITA A RATE)

Tra

Sig. ..., nato a ..., il ..., c.f. ..., residente in ..., alla via ..., n. ...–;

- Venditore -

e

Sig. ..., nato a ..., il ..., c.f. ..., residente in ..., alla via ..., n. ...;

- Compratore -

Con il presente contratto, da valersi a tutti gli effetti di legge tra le parti, le parti convengono e stipulano quanto segue:

1) Il sig. ... vende al sig. ..., che accetta, il seguente bene mobile ..., alle seguenti condizioni dalle parti singolarmente pattuite ed integralmente accettate; 


2) La vendita viene fatta ratealmente con la riserva della proprietà a favore del sig. ..., e il sig. ..., acquisterà così la proprietà del bene e di quant'altro elencato con il pagamento dell'ultima rata prevista nel paragrafo seguente. 


3) Il prezzo pattuito è di € ... (€ .../...), che verrà così corrisposto:

n. ... rate da € ... cadauna scadenti dal ... al ....

4) Con la consegna del bene e di quant'altro in calce menzionato, tutti i rischi saranno assunti dal compratore e perciò in caso di furto, di danneggiamento, di incendio e di ogni altro caso fortuito, sarà tenuto a pagare al venditore tutto quanto dovuto sino a quel momento, esclusa sin d'ora qualsiasi eccezione contraria.

5) Il compratore si obbliga altresì ad assicurare il bene contro rischi summenzionati, a farne buon uso, a non venderlo, a non cederlo, né darlo in affitto, senza preventiva autorizzazione scritta del venditore.

6) Il compratore non potrà altresì vendere donare, permutare, alienare, costituire un pegno, sequestro od in alcun altro modo alterare o vincolare il bene in oggetto fino al pagamento totale del prezzo.

7) Il venditore garantisce la piena proprietà e disponibilità del bene in oggetto; garantisce, inoltre, che il bene è libero da pesi e vincoli.

8) In caso di mancato pagamento di due o più rate, anche non consecutive, che eccedano complessivamente ... del prezzo dovuto, il contratto si intenderà risolto di diritto e le rate riscosse, fatta deduzione del compenso per l'uso del bene, resteranno acquisite al venditore a titolo di indennità nei limiti del danno subito, salva l'eventuale eccedenza.

9) Si conviene del pari espressamente la competenza esclusiva del foro di ..., per qualsiasi controversia inerente, connessa e conseguente questo contratto.

10) Le spese di registrazione e, ove necessario, di trascrizione con autentica delle firme della presente scrittura, sono a carico della parte acquirente.

11) Per quanto non previsto nel presente contratto si applicano le disposizioni del codice civile.

Luogo e data ...

Letto, approvato e sottoscritto ... 


Commento

L'ambito applicativo

Il patto di riservato dominio può essere incluso anche in una vendita che preveda il pagamento del prezzo non rateale, ma interamente o parzialmente differito. In entrambi i casi l'elemento caratteristico della vendita è costituito dalla immediata eseguibilità della prestazione di consegna della cosa e dal differimento dell'effetto traslativo, che ha luogo soltanto all'atto della completa esecuzione della prestazione riguardante il pagamento del prezzo (Cass. II, n. 6322/2006).

La vendita con riserva della proprietà, normalmente attuata nelle compravendite mobiliari può essere applicata anche alle vendite di immobili, ed è tipica delle vendite a rate o a credito, in cui l'effetto traslativo della proprietà viene differito al momento del pagamento dell'ultima rata di prezzo (Cass. I, n. 2167/1980).

La compravendita immobiliare sottoposta alla condizione sospensiva del pagamento del prezzo si inquadra nella figura della compravendita con riserva di proprietà, nella quale il trasferimento di tale diritto si realizza ex nunc con il pagamento dell'ultima rata del prezzo. La condizione in esame è una condizione di adempimento mediante la quale le parti sospendono gli effetti del negozio nell'eventualità che una di esse adempia o no tutti o alcuni degli obblighi assunti in contratto (Cass. II, n. 3415/1999; ma per una deroga a tale impostazione generale si veda la formula dedicata alla vendita d'azienda con patto di riservato dominio). Ne consegue che solo dal momento del pagamento dell'ultima rata inizia a decorrere il termine di due anni (o di uno) dalla data dell'acquisto per atto tra vivi dell'immobile locato, al quale l'art. 61 l. n. 392/1978 subordina l'esercizio, da parte del nuovo locatore, della facoltà di recesso prevista dal precedente art. 59, n. 1 (Cass. III, n. 2975/1988).

L'art. 1525 c.c., il quale, in materia di vendita a rate con riserva della proprietà, dispone che, nonostante patto contrario, il mancato pagamento di una sola rata che non superi l'ottava parte del prezzo, non dà luogo alla risoluzione del contratto, essendo norma strettamente aderente ai peculiari caratteri di questa particolare fattispecie negoziale ed inquadrandosi tra le cautele predisposte a favore del compratore con riserva della proprietà, non è suscettibile di applicazione analogica al di fuori dell'importanza dell'inadempimento ai fini della risoluzione di un'ordinaria vendita immobiliare (Cass. II, n. 2347/1995).

Non può essere accolta la domanda di risoluzione del contratto di vendita per inadempimento del compratore il quale abbia omesso di corrispondere le rate residue del prezzo, se il mancato pagamento è giustificato dalla scoperta di gravi vizi occulti dell'immobile acquistato tali da comportare una riduzione proporzionale del prezzo pattuito (Trib. Roma 4 febbraio 1994).

L'opponibilità ai terzi della riserva di proprietà

La norma dell'art. 1524 c.c., nel rendere in opponibile ai terzi creditori del compratore il patto di riserva di proprietà che acceda ad un contratto di vendita, non trova la sua ratio nell'intento di salvaguardare i creditori da un atto che debba presumersi compiuto al fine di pregiudicare la loro sfera giuridica, ma nell'esigenza di tutelarli dal pregiudizio che in linea di fatto può loro derivare, in relazione al loro affidamento nell'estensione della garanzia generale anche al bene oggetto della vendita, dalla circostanza che quest'ultimo, ancorché acquistato e pur se trasferito nel possesso, non è divenuto di proprietà del loro debitore (Cass. I, n. 2040/1972).

Qualora il patto di riservato dominio sia opponibile al creditore del compratore, ai sensi dell'art. 1524 c.c., perché contenuto nel documento negoziale di compravendita, registrato in data anteriore al pignoramento, è onere del creditore, che sostenga la non contestualità della vendita e del patto, di fornire la circostanza della tardività della registrazione rispetto alla conclusione del contratto (Cass. III, n. 1857/1980).

L'opponibilità della riserva di proprietà ai creditori del compratore, con riguardo a macchinari non soggetti ad iscrizione in pubblici registri, postula esclusivamente che la riserva stessa risulti da atto scritto in data anteriore al pignoramento, ai sensi del comma 1 dell'art. 1524 c.c., e non pure che sia trascritta negli appositi registri tenuti nella cancelleria del tribunale, a norma del secondo comma dello stesso articolo, in quanto tale ultima formalità si riferisce alla diversa ipotesi dell'opponibilità del patto di riservato dominio anche al terzo acquirente (Cass. III, n. 3429/1978).

Qualora, con unico atto, siano state vendute, con riserva di proprietà, alcune macchine ed altri beni mobili di diversa natura, i requisiti previsti dall'art. 1524, comma 2 c.c. per l'opponibilità al terzo acquirente della riserva di proprietà sui macchinari (trascrizione nell'apposito registro tenuto nella cancelleria del tribunale ed ubicazione dei beni, alla data dell'acquisto del terzo, nel luogo dove la trascrizione è stata eseguita) non possono ritenersi necessari anche con riguardo alle altre cose mobili, rimanendo irrilevante che i contraenti le abbiano considerate come un tutto unitario con i macchinari (Cass. I, n. 2023/1977).

Con riguardo alla vendita di un bene mobile, con riserva di proprietà, che può essere validamente stipulata anche verbalmente, l'atto scritto è necessario solo ai fini dell'opponibilità della detta riserva di proprietà ai creditori del compratore e può consistere, oltre che nella scrittura contenente le dichiarazioni negoziali originarie, anche in un documento successivo alla vendita, inteso ad accertare o riconoscere l'avvenuta stipulazione della riserva e redatto al solo fine di acquisire certezza di data ai fini dell'opponibilità, atteso che, secondo il dettato dell'art. 1524 c.c., la suddetta riserva deve risultare da atto scritto, ma non necessariamente trovare nell'atto scritto la fonte negoziale del rapporto. Pertanto, il patto di riservato dominio che sia munito di data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento del compratore è opponibile alla massa fallimentare anche se stipulato successivamente alla vendita del bene mobile, salva l'inefficacia del medesimo patto derivante dall'esercizio di azione revocatoria fallimentare volta a far valere la non contestualità tra la riserva di proprietà e la vendita (Cass. I, n. 5324/1991).

Il convincimento del giudice del merito circa la sufficienza del contenuto della nota di trascrizione di un patto di riservato dominio, sia ai fini dell'individuazione del bene che della sussistenza dei requisiti per l'opponibilità del patto ai terzi, ai sensi della l. n. 1329/1965, è incensurabile in sede di legittimità se adeguatamente e correttamente motivato (Cass. I, n. 3803/1983).

Il mancato pagamento del corrispettivo

In tema di vendita con riserva della proprietà, le disposizioni degli artt. 1525 e 1526 c.c., concernenti l'inadempimento del compratore e la risoluzione del contratto, hanno la funzione di limitare l'autonomia privata in guisa da escludere la legittimità di una clausola risolutiva espressa, per i casi in cui il compratore non sia inadempiente per il mancato pagamento di una sola rata che non superi l'ottava parte del prezzo, e da impedire al venditore o al suo cessionario di potere chiedere la risoluzione oltre i limiti della rilevanza legale, a tal fine, dell'inadempimento, senza esclusione, nel medesimo caso, dell'esperibilità dell'azione contrattuale di adempimento e della spettanza al creditore dell'opzione per l'azione esecutiva sui beni del compratore o sulla stessa cosa oggetto del riservato dominio (Cass. S.U., n. 11718/1993).

La norma di cui all'art. 1525 c.c. secondo la quale, salvo patto contrario, il mancato pagamento di una sola rata che non superi l'ottava parte del prezzo non dà luogo alla risoluzione del contratto di compravendita riguarda esclusivamente la vendita con riserva di proprietà ed è strettamente aderente ai peculiari caratteri di questa particolare fattispecie negoziale, inquadrandosi nell'ambito delle cautele predisposte a favore del compratore rateale, sicché non è suscettibile di applicazione analogica al di fuori del detto schema negoziale, come per la valutazione della importanza dell'inadempimento ai fini della risoluzione in una ordinaria vendita immobiliare (Cass. II, n. 3925/1988).

Le conseguenze dell'inadempimento del compratore

Nella disposizione di cui al comma 2 dell'art. 1526 c.c., per la quale, qualora sia convenuto che le rate pagate restino acquisite al venditore a titolo di indennità, questa può essere ridotta dal giudice - il ricorso al termine "indennità", normalmente utilizzato per indicare quelle forme di compensazione in danaro la cui entità non corrisponde necessariamente a quella del danno, né presuppone l'imputabilità del comportamento che lo ha determinato, sta ad indicare che il legislatore ha inteso riferirsi ai casi in cui la liquidazione anticipata concerne unicamente il credito all'equo compenso per il temporaneo godimento del bene, di cui al comma 1 del medesimo articolo (Cass. I, n. 7266/1995).

Gli artt. 1526, comma 2, e 1384 c.c. (applicabili anche alla locazione finanziaria), i quali prevedono rispettivamente il potere del giudice di ridurre l'indennità convenuta in caso di risoluzione del contratto, per l'inadempimento del compratore, e la penale determinata nell'ammontare dei canoni ancora da pagare, non impongono una rigida correlazione all'entità del danno subito dal creditore, posto che in entrambi i casi non si tratta di risarcire un danno, ma, all'opposto, di diminuirne l'entità convenzionalmente stabilita. Pertanto la valutazione del giudice va condotta sul piano dell'equilibrio delle prestazioni con riferimento al margine di guadagno che il concedente si riprometteva di trarre dalla esecuzione del contratto (Cass. III, n. 4208/2001).

Trib. Venezia impr., n. 1457/2023, con riferimento a una compravendita di azienda, ha escluso il diritto dell'affittuario di ottenere una riduzione dell'indennità ex art. 1526 c.c., posto che, nel caso concreto, il venditore non aveva ancora ottenuto l'azienda in restituzione, non era in grado di conoscere esattamente la consistenza dell'azienda al momento della restituzione, era consapevole di non poterla più esercitare nei locali ove prima la conduceva, era infine tenuto a rispondere solidalmente dei debiti maturati dal cessionario in costanza di locazione.

Alcune peculiarità vanno segnalate con riferimento all'ipotesi di fallimento del compratore.

In siffatta evenienza, qualora il venditore con patto di riservato dominio abbia proposto sia la domanda di restituzione della cosa che la domanda di ammissione al passivo delle rate di prezzo insolute, la domanda di restituzione deve ritenersi prevalente (Cass. I, n. 3803/1983).

Non è opponibile alla massa fallimentare dell'acquirente il patto di riserva di proprietà quando le relative clausole contrattuali, pur munite della forma richiesta e della certezza di data anteriore al fallimento, siano prive dell'indicazione dei beni nella loro individualità (Cass. I, n. 9035/1995).

Il leasing cd. finanziario

In tema di locazione finanziaria (cosiddetta "leasing finanziario"), l'applicazione analogica dell'art. 1526 c.c. – il quale, nel caso d'inadempimento del compratore al contratto di vendita con riserva della proprietà, prevede la restituzione da parte del venditore delle rate riscosse (salvo il diritto ad un equo compenso ed al risarcimento del danno) –, mentre non è ammessa quando ricorra la figura tradizionale di leasing cosiddetto "di godimento", in cui la durata del contratto coincide, di regola, con la vita economica e tecnologica del bene, è ammessa quando, al momento della stipulazione del contratto, si preveda che il bene conservi, alla fine del rapporto, un valore ben superiore al prezzo di opzione, perché in quest'ultima ipotesi la concessione in godimento del bene ha funzione strumentale rispetto alla futura vendita ed i canoni assumono natura anche di corrispettivo della stessa (Cass. I, n. 2743/1994).

Applicandosi al leasing traslativo la disciplina della vendita con riserva della proprietà, in caso di risoluzione per inadempimento dell'utilizzatore, quest'ultimo ha diritto alla restituzione delle rate riscosse solo dopo la restituzione della cosa, mentre il concedente ha diritto, oltre al risarcimento del danno, a un equo compenso per l'uso dei beni oggetto del contratto (Cass. VI, n. 21895/2017).

In particolare, l'art. 1526 c.c. prevede che nel caso in cui la risoluzione avvenga per l'inadempimento del compratore (nel leasing, l'utilizzatore), debba essere riconosciuto al venditore (nel leasing, al concedente) – tenuto a restituire le rate riscosse – il diritto all'equo compenso per l'uso della cosa comprensivo della remunerazione del godimento del bene, del deprezzamento conseguente alla sua incommerciabilità come nuovo e del logoramento per l'uso, oltre al risarcimento del danno, eventualmente derivante da un deterioramento anormale della cosa. Ne consegue che il diritto all'equo compenso e quello al risarcimento del danno costituiscono autonome pretese, le quali, se esercitate nel corso del giudizio, necessitano di autonoma e tempestiva domanda (Cass. III, n. 19287/2010). L'entità dell'equo indennizzo è, inoltre, questione che implica apprezzamenti di fatto di esclusiva pertinenza del giudice di merito e, in presenza di congrua motivazione, non possono essere oggetto di riesame in sede di legittimità (Cass. III, n. 6578/2013).

Pertanto, l'equo compenso per l'uso della cosa non include, oltre al risarcimento del danno che può derivare da un deterioramento anormale della cosa, il mancato guadagno (Cass. III, n. 73/2010).

La risoluzione della locazione finanziaria, per inadempimento dell'utilizzatore, non si estende alle prestazioni già eseguite, in base alle previsioni dell'art. 1458, comma 1 c.c. in tema di contratti ad esecuzione continuata e periodica ove si tratti di “leasing” cosiddetto di godimento, pattuito con funzione di finanziamento, rispetto a beni non idonei a conservare un apprezzabile valore residuale alla scadenza del rapporto (con conseguenziale marginalità dell'eventuale opzione), e dietro canoni che configurano esclusivamente il corrispettivo dell'uso dei beni stessi. La risoluzione medesima, invece, si sottrae a dette previsioni, e resta soggetta all'applicazione in via analogica delle disposizioni fissate dall'art. 1526 c.c. con riguardo alla vendita con riserva della proprietà, ove si tratti di "leasing" cosiddetto traslativo, pattuito con riferimento a beni atti a conservare a quella scadenza un valore residuo superiore all'importo convenuto per l'opzione, e dietro canoni che scontano anche una quota del prezzo in previsione del successivo acquisto (rispetto a cui la concessione in godimento assume funzione strumentale; Cass., S.U., n. 65/1993). Sicché, nel caso di risoluzione di un contratto di leasing, sia di godimento, sia traslativo, per l'inadempimento dell'utilizzatore, il concedente non ha mai diritto al pagamento dei canoni non ancora scaduti, ma ha sempre diritto alla restituzione dei beni concessi, a meno che risulti impossibile la restituzione dei beni al concedente, nel qual caso quest'ultimo avrà diritto all'equivalente monetario del valore del bene concesso, oltre al risarcimento del danno (Cass. I, n. 10265/2000).

La risoluzione della locazione finanziaria per inadempimento dell'utilizzatore non si estende alle prestazioni già eseguite, in base alle previsioni dell'art. 1458, comma 1, c.c. in tema di contratti ad esecuzione continuata e periodica, ove si tratti di leasing cosiddetto di godimento, pattuito con funzione di finanziamento, rispetto a beni non idonei a conservare un apprezzabile valore residuale alla scadenza del rapporto, e dietro canoni che configurano esclusivamente il corrispettivo dell'uso dei beni stessi. La risoluzione si sottrae, invece, a dette previsioni, e resta soggetta all'applicazione in via analogica delle disposizioni fissate dall'art. 1526 c.c. con riguardo alla vendita con riserva di proprietà, ove si tratti di leasing cosiddetto traslativo, pattuito con riferimento a beni atti a conservare alla scadenza un valore residuo superiore all'importo convenuto per l'opzione, e dietro canoni che scontano anche una quota del prezzo in previsione del successivo acquisto, rispetto al quale la concessione in godimento assume valore strumentale. Ne consegue che l'indagine, rimessa al giudice del merito, in ordine alla intenzione delle parti tradottasi nell'accordo negoziale, deve mirare ad accertare se, nella fattispecie, i beni concessi in leasing abbiano esaurito le potenzialità di cui erano capaci nel periodo di durata del contratto; a verificare il rilievo del patto di opzione per le parti; stabilire se i canoni versati abbiano costituito il corrispettivo del godimento dei beni e siano stati corrispondenti al valore di consumazione economica degli stessi, ovvero abbiano compreso anche una frazione del prezzo (Cass. I, n. 9417/2001).

Con riguardo al cosiddetto leasing finanziario, stabilire se il canone dovuto dal detentore del bene costituisca corrispettivo del godimento di questo per una durata prestabilita, di guisa che tale funzione di godimento viene a prevalere su quella dell'eventuale trasferimento alla scadenza del periodo suddetto (con la conseguenza che gli effetti della risoluzione del contratto, anche se per causa di fallimento, non si estendono retroattivamente, giusto il disposto dell'art. 1458, comma 1, seconda ipotesi, c.p.c., alle prestazioni già eseguite) o se partecipi della natura di corrispettivo del futuro trasferimento cui il contratto stesso è destinato, nel presupposto che, alla scadenza del periodo in esso fissato, il bene conservi un valore residuo particolarmente apprezzabile, notevolmente superiore al prezzo di opzione (e con la conseguenza che la regola della retroattività della risoluzione, sancita, in via generale dalla prima parte del citato art. 1458 c.c., si applica senza limitazione alcuna) implica una quaestio facti il cui esame è compito precipuo del giudice del merito e deve essere condotto tenendo conto anzitutto dell'indice costituito dal raffronto tra valore residuo del bene alla scadenza e prezzo di opzione e poi di ogni altro elemento utile emergente dalle clausole dei singoli contratti, quali l'eventuale previsione della facoltà per l'utilizzatore di chiedere la proroga del rapporto sul presupposto dell'ulteriore utilizzabilità del bene o dell'obbligo a questi imposto di riconsegnare il bene in buono stato di manutenzione o di funzionamento, ovvero il rapporto tra durata del contratto e periodo di prevedibile obsolescenza tecnica ed economica del bene, il tipo di professione esercitata dall'utilizzatore, l'interesse che il medesimo ha inteso soddisfare con la stipulazione del leasing, il criterio di determinazione dei canoni, ed eventuali pattuizioni in deroga o in aggiunta alle condizioni generali di contratto (Cass. I, n. 10482/1993).

L'azione diretta a far valere il diritto alla restituzione di un bene oggetto di un contratto di vendita a rate con riserva della proprietà, nei confronti dello acquirente inadempiente all'obbligazione di pagamento del prezzo, ha natura non di azione reale di rivendica, ma di azione contrattuale personale proponibile nelle forme del procedimento monitorio.

Sul piano processuale, nel contratto di locazione finanziaria (leasing) il concedente è litisconsorte necessario nel processo promosso dall'utilizzatore nei confronti del fornitore per ottenere la risoluzione del contratto per vizi della cosa, oltre al risarcimento dei danni (Cass. II, n. 854/2000).

Nella vendita a rate con riserva di proprietà se, per effetto di un evento imputabile non al venditore ma ad un terzo, il bene acquistato perisce in tutto od in parte, il risarcimento che il terzo è tenuto a pagare spetta non al venditore, ma al compratore, perché il risarcimento tiene luogo del valore del bene ed il compratore, con il contratto, ha acquistato il diritto a far proprio il bene ed il suo valore, in quanto continui a pagare il prezzo (Trib. sup. acque, n. 3/1995).

Profili fiscali

Il vincolo costituito dal contratto di leasing costituisce per il proprietario impedimento alla libera disponibilità del bene e limita l'aspettativa economica derivante dalla vendita a rate già pattuite e ancora da scadere. Pertanto, il valore finale, alla data del 31 dicembre 1992, di un immobile concesso in leasing è quello del suo valore di mercato attualizzato dalle rate ancora da scadere al quale va aggiunto il valore attualizzato del riscatto (Comm. trib. prov. Firenze, 6 luglio 2000, n. 171).

La sentenza dichiarativa di risoluzione di contratto di compravendita con patto di riservato dominio non costituisce titolo per un nuovo trasferimento mobiliare, in quanto a norma dell'art. 1523 c.c. nella vendita a rate con riserva di proprietà il compratore acquista la proprietà della cosa solo con il pagamento dell'ultima rata del prezzo, e va pertanto registrata a tassa fissa, mancando il presupposto (titolo di trasferimento) per l'applicazione dell'imposta proporzionale (Comm. trib. centr., sez. IV, 27 ottobre 1984, n. 9176).

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