Contratto di cessione di quota di socio di società in nome collettivoInquadramentoLa società in nome collettivo è disciplinata dagli artt. 2291 e ss. c.c. e si caratterizza quale società di persone in cui tutti i soci rispondono solidalmente ed illimitatamente per le obbligazioni sociali, senza che assuma rilevanza un eventuale patto contrario nei confronti dei terzi. Il trasferimento della quota di partecipazione è subordinato al consenso di tutti i soci, salva differente previsione nel contratto sociale, e di norma comporta una modifica della ragione sociale. FormulaCONTRATTO DI CESSIONE DI QUOTA di SOCIO IN SOCIETÀ IN NOME COLLETTIVO Sig./ra ... nato/a a ... , il ... , domiciliato/a a ... , via ... , n. ... , di professione ... , codice fiscale ... , cittadino/a ... ; - Sig./ra ... nato/a a ... , il ... , domiciliato/a a ... , via ... , n. ... , di professione ... , codice fiscale ... , cittadino/a ... ; E - Sig./ra ... nato/a a ... , il ... , domiciliato/a a ... , via ... , n. ... , di professione ... , codice fiscale ... , cittadino/a ... ; PREMESSO CHE è corrente fra i Signori ... , ... e ... società in accomandita semplice sotto la ragione sociale: “ ... s.a.s. di ... e C.” con sede nel Comune di ... , con il capitale di € ... ( ... ) sottoscritto e versato dai soci come segue: - socio ... € ... pari al ... % del capitale sociale; - socio ... € ... pari al ... % del capitale sociale; - socio ... € ... pari al ... % del capitale sociale; iscritta presso il Registro delle imprese di ... al n. ... , codice fiscale ... , partita IVA ... ; CIÒ PREMESSO si conviene e si stipula quanto segue: A) Il Signor ... , con il consenso di tutti gli altri soci, cede la quota della sua partecipazione nella società pari a € ... ( ... ) al Signor ... che l'accetta e l'acquista per il prezzo di € ... ( ... )1 pagato e quietanzato. Ai fini del d.lgs. n. 461/1997, il venditore dichiara che alla presente cessione si applica ... . B) Il Signor ... entra a far parte della società mentre il Signor ... cessa di farne parte. C) Gli attuali soci, Signori ... , ... e ... dichiarano conseguentemente di modificare la ragione sociale che sarà d'ora in avanti la seguente: “ ... s.n.c.”. Luogo e data ... Firma ... Firma ... Firma ... Repertorio Certifico io sottoscritto dott. ... , Notaio in ... , residente a ... ed iscritto presso il Collegio Notarile di ... , che i Signori: - ... nato a ... il ... e domiciliato a ... ; - ... nato a ... il ... e domiciliato a ... ; - ... nato a ... il ... e domiciliato a ... delle cui identità personali io Notaio sono certo, hanno qui sopra, apposto la loro firma alla mia presenza [ovvero nel caso di firma di atto che consta di più pagine, eventualmente con allegati: nonché al margine degli altri fogli (e sugli allegati) apposto la loro firma alla presenza di me notaio, che mi sottoscrivo qui in calce, ai detti margini (e sugli allegati)]. Notaio ... [1] Il contenuto dell'atto potrebbe essere “arricchito” da una garanzia in favore del cessionario circa il valore delle quote cedute. Come ha recentemente chiarito la S.C., la clausola di garanzia a favore del cessionario sulla condizione economica e patrimoniale della società oggetto di acquisizione non è riconducibile alle ordinarie garanzie del venditore per i vizi della cosa venduta, avendo la compravendita ad oggetto le quote di partecipazione, alle quali i vizi non possono ritenersi riferiti; pertanto, a tale garanzia può essere attribuita natura autonoma, valevole a ricondurla ad un obbligo "lato sensu" assicurativo ovvero ad una clausola di aggiustamento del prezzo, ove con essa le parti abbiano inteso correlare quest'ultimo ad eventi futuri legati all'andamento economico - finanziario della società oggetto di acquisizione (Cass. V, n. 20538/2023). CommentoLa società in nome collettivo (o s.n.c.), disciplinata ex artt. 2291 e seguenti del codice civile, è un tipo di società di persone in cui tutti i soci rispondono solidalmente ed illimitatamente per le obbligazioni sociali. Per quanto non espressamente previsto per la società in nome collettivo, la disciplina codicistica rinvia alle norme sulle società semplici. Può svolgere attività di tipo commerciale, è soggetta all'iscrizione presso il Registro delle imprese, alla tenuta delle scritture contabili e al fallimento. La definizione stessa di società in nome collettivo, prevista dall'art. 2291 c.c., viene identificata nella responsabilità illimitata e solidale del socio per le obbligazioni sociali, escludendo inoltre la rilevanza nei confronti del terzo dell'eventuale patto contrario. Il termine "quota", nelle società di persone, ha una molteplicità di significati: a) status personale, b) diritto di natura corporativa, c) posizione contrattuale, d) quota di società, con titolarità del patrimonio sociale, e) diritto di credito, f) misura del conferimento del socio, g) il valore della partecipazione sociale, h) il complesso dei diritti, delle facoltà e degli obblighi che competono o gravano il socio. È questa la natura ora generalmente accolta. Per le società di persone la giurisprudenza ha affermato la giurisprudenza, nonostante le ampie discussioni sorte sul punto in dottrina, ha peraltro ormai chiarito che le quote sociali, anche nelle società di persone, costituiscono beni nel senso dell'art. 810 c.c. in quanto suscettibili di formare oggetto di diritti e vanno ascritte residualmente alla categoria dei beni mobili a norma del successivo art. 812 ultimo comma, atteso che alla quota fanno capo (insieme con i relativi doveri) tutti i diritti nei quali si compendia lo status di socio, non riducibili a mere posizioni creditorie (Cass. n. 934/1997, in Foro it. 1997, 2172 con nota di La Rocca; in Giust. c iv. 1997, 2177 con nota di Vidiri). Nell'ipotesi di trasferimento della quota di società di persone per atto tra vivi la regola è quella della necessaria unanimità, come si desume dall'art. 2252 c.c. che sancisce inammissibilità della cessione della qualità di socio senza il consenso di tutti i soci. La norma, per la sua eccezionalità, non è estensibile né ad altri tipi sociali, né ai soci accomandatari. Ne è conferma la diversa disciplina successoria: mentre l'erede del socio accomandante gli subentra (salvo patto contrario) senza alcuna necessità del consenso degli altri soci, l'erede del socio accomandatario ha diritto alla liquidazione della propria quota (art. 2284 c.c.) può subentrargli previo consenso degli altri soci accomandatari e dei coeredi. Occorre per altro verso interrogarsi se le parti nel contratto sociale possano stabilire – in deroga- la libera cedibilità della quota pur in assenza del consenso degli altri soci. La giurisprudenza di legittimità ha fornito per lungo tempo a tale interrogativo una risposta affermativa, sancendo il principio per il quale nelle società in accomandita semplice il trasferimento della quota dell'accomandatario esige, di regola, l'unanimità dei consensi degli altri soci (artt. 2315,2293 e 2252 c.c.). tuttavia, nulla vieta che, anche per il trasferimento della quota degli accomandatari, lo statuto sociale preveda una diversa regolamentazione, subordinando la validità di tale cessione alla sola approvazione della maggioranza, ovvero al solo consenso degli altri accomandatari, o, persino, riconoscendone in ogni caso la validità, anche a prescindere del tutto dal consenso degli altri soci. Un patto, che in tal senso sia stato accettato dai soci al momento della sostituzione della società, e infatti pienamente valido, dal momento che esso non pregiudica ne gli interessi dei soci stessi, che hanno già disposto del loro interesse con il consentire al patto, né quello dei creditori sociali eventuali che trovano la loro garanzia anche nella responsabilità del socio cedente, ai sensi dell'art. 2290 c.c., ed in quella del cessionario, ai sensi dell'art. 2269 c.c., ne, infine, quello della società, che e l'interesse stesso dei soci (Cass. I, n. 340/1971, in Giust. c iv., 1971, I, 706). Quanto agli effetti della cessione si ritengono applicabili gli artt. 1406-1410 c.c. Per quanto attiene ai rapporti tra società e socio cedente, intervenuto il consenso dei soci e notificato alla società l'avvenuto trasferimento, la cessione si perfeziona ed il cedente è liberato dalle sue obbligazioni nei confronti della società in quanto nella sua posizione subentra il cessionario (art. 1408, comma 1), salvo che il ceduto (la società) non abbia dichiarato di non liberare il cedente (comma 2) nel qual caso la obbligazione del cedente è sussidiaria e solidale; il ceduto è tenuto a comunicare al cedente l'inadempimento del cessionario (ultimo comma). Nei rapporti tra società e socio cessionario, che subentra in tutti i diritti e gli obblighi inerenti alla condizione di socio, per l'art. 1409 c.c. Pertanto, il contraente ceduto può opporre al cessionario tutte le eccezioni derivanti dal contratto, ma non quelle fondate su altri rapporti col cedente, salvo che ne abbia fatta espressa riserva al momento in cui ha consentito alla sostituzione. Questa disposizione ha efficacia bilaterale, e vale sia per il ceduto nei confronti del cessionario, sia per il cessionario nei confronti del contraente ceduto. Pertanto il cessionario non sarà titolare dei diritti (ad esempio ad amministrare la società), né tenuto alle obbligazioni o limitazioni (ad esempio esclusione dall'amministrazione) che gravavano sul cedente, strettamente collegati alla sua persona (vale a dire intuitu personae). Nei rapporti tra socio cedente e cessionario della quota vige la disciplina dell'art. 1410: Il cedente è tenuto a garantire la validità del contratto e ciò sia per quanto concerne la validità e la esistenza del contratto, sia la titolarità del cedente della posizione contrattuale ceduta (la quota). È esclusa la garanzia dell'adempimento del contratto. Effetti della cessione nei confronti dei terzi. Sono applicabili per analogia gli artt. 2269 (Chi entra a far parte di una società già costituita risponde con gli altri soci per le obbligazioni sociali anteriori all'acquisto della qualità di socio) e 2290 (nei casi in cui il rapporto sociale si scioglie limitatamente a un socio, questi o i suoi eredi sono responsabili verso i terzi per le obbligazioni sociali fino al giorno in cui si verifica lo scioglimento). Aspetti fiscali La cessione di quote di società a responsabilità limitata rileva sotto diversi aspetti dal punto di vista fiscale. Occorre evidenziare che, ai fini della determinazione dei redditi diversi, la S.C. ha recentemente chiarito che la plusvalenza realizzata a seguito di cessione di partecipazioni assume rilevanza nel momento in cui si conclude il contratto di compravendita, senza che assuma rilevanza la percezione o meno del prezzo (Cass. VI, n. 14848/2018). Il trasferimento delle quote di s.a.s. è assoggettato ad imposta di bollo e di registro in misura fissa, rispettivamente determinate negli importi di € 15,00 e di € 200,00 a partire dalla data del 1° gennaio 2014. Si tratta, con evidenza, di un regime di tassazione molto più favorevole a quello dell'imposizione proporzionale sul valore dell'azienda (o del ramo d'azienda) ceduto. Non è infrequente, quindi, la pratica elusiva del cd. spezzatino, ossia della cessione di tutte le quote di una società effettuata in tempi diversi che “maschera” una cessione d'azienda. Ricorrente è stata pertanto, almeno sino ad oggi, la riqualificazione di tali operazioni in termini di cessione di azienda effettuata dall'Ufficio, in conformità all'orientamento, pressoché consolidato nella giurisprudenza di legittimità, per il quale in tema d'imposta di registro, l'art. 20 del d.P.R. n. 131/1986 (nella formulazione anteriore alla l. n. 205/2017), deve essere inteso nel senso che, nell'attività di qualificazione degli atti negoziali, l'Ufficio è tenuto ad attribuire rilievo preminente alla causa reale del negozio, ovvero alla regolamentazione degli interessi effettivamente perseguita dai contraenti, anche mediante una pluralità di pattuizioni non contestuali tra loro collegate. Tale tesi si fonda, sostanzialmente, sulle seguenti argomentazioni (v., tra le altre, Cass. sez. trib., n. 10743/2013): a) la natura di ‘imposta d'atto' propria dell'imposta di registro non osta alla valorizzazione complessiva di elementi interpretativi esterni e di collegamento negoziale, poiché l'atto presentato alla registrazione non si identifica con il cd. atto-documento, bensì con l'insieme delle previsioni negoziali preordinate, anche mediante collegamento e convergenza finalistica, al perseguimento di una programmata regolazione unitaria degli effetti giuridici derivanti dai vari negozi collegati (cd. atto-negozio); b) solo la considerazione di elementi meta-testuali e di collegamento negoziale individua e misura l'effettiva capacità contributiva sottesa, ex art. 53 Cost., all'atto presentato alla registrazione, così da demandare all'imposizione di registro la funzione sua propria di “colpire” la forza economica della quale l'atto presentato per la registrazione costituisce espressione; c) la qualificazione del contratto secondo gli indicati criteri, anche rispetto ad altri atti collegati, non comporta violazione degli artt. 23 e 41 Cost., atteso che essa deve ritenersi voluta proprio dalla legge, e non incide sull'autonomia negoziale delle parti né sulla efficacia dei contratti riqualificati (che restano pienamente validi). In applicazione di tale principi, si è ritenuto, ad esempio, che è configurabile una cessione d'azienda nell'ipotesi di conferimento societario di un'azienda e di successiva cessione da parte del conferente a soggetti terzi delle quote della società, avendo riguardo alla vicinanza temporale dei contratti (Cass. sez. trib., n. 13610/2018). Peraltro, non si può trascurare che la legge finanziaria per l'anno 2018, ossia la l. n. 205/2017, ha significativamente modificato l'art. 20 del TU sull'imposta di registro restringendo l'oggetto dell'interpretazione secondo l'intrinseca natura e gli effetti giuridici al solo (singolo) atto presentato per la registrazione ed agli elementi dallo stesso desumibili, con la conseguenza che non possono più assumere rilevanza elementi evincibili da atti collegati o comunque da fonti extratestuali. La S.C., tuttavia, ha ormai più volte chiarito che tale novellazione normativa non può considerarsi, modificando gli elementi qualificativi della fattispecie e non inserendosi all'interno di un contrasto giurisprudenziale sulla postata della questione, di valenza interpretativa ed è quindi priva di carattere retroattivo (v., tra le altre, Cass. sez. trib., n. 4407/2018). Pertanto, secondo tale impostazione, l'art. 20 del d.P.R. n. 131/1986, nella formulazione modificata dalla l. n. 205/2017, trova applicazione soltanto per gli atti presentati per la registrazione dopo la data del 1° gennaio 2018. Tuttavia, sulla questione è intervenuto, in termini difformi rispetto all'orientamento che si andava consolidando nella giurisprudenza di legittimità, il legislatore ordinario. In particolare, il 1° gennaio 2019, infatti, è entrato in vigore l'art.1, comma 1084, della l. n. 145/2018, (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021), secondo cui: “L'articolo 1, comma 87, lettera a), della legge 27 dicembre 2017, n. 205, costituisce interpretazione autentica dell'articolo 20, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131." Nondimeno non può trascurarsi che, se non potrà più essere possibile, anche per gli atti negoziali posti in essere prima della data del 1° gennaio 2018, salvi i rapporti di registrazione cd. esauriti, una qualificazione che tenga conto, per configurare, ad esempio, una cessione d'azienda, di altri atti collegati che facciano emergere un'operazione complessivamente unitaria sul piano economico, la stessa potrebbe essere considerata comunque dal Fisco un'operazione elusiva, con conseguente inopponibilità all'Amministrazione finanziaria. A riguardo, occorre ricordare che, in generale, l'abuso del diritto si configura tutte le volte che il titolare di un diritto soggettivo suscettibile di essere esercitato secondo diverse modalità non rigidamente predeterminate decide di esercitarlo in maniera che, pur formalmente rispettosa della relativa cornice attributiva, risulti censurabile rispetto ad un criterio di valutazione giuridico o extra-giuridico, con conseguente verificazione, a causa di tale modalità di utilizzo, di una ingiustificata sproporzione tra il beneficio del titolare ed il sacrificio dell'altra parte. In materia tributaria, l'art. 10-bis della l. n. 212/2000, cd. Statuto del contribuente, introdotto dal d.lgs. n. 128/2015, ha previsto una norma antielusiva di carattere generale nel nostro ordinamento, stabilendo, al primo comma, che “Configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti. Tali operazioni non sono opponibili all'amministrazione finanziaria, che ne disconosce i vantaggi determinando i tributi sulla base delle norme e dei principi elusi e tenuto conto di quanto versato dal contribuente per effetto di dette operazioni”. E' pertanto ormai consolidato nella giurisprudenza della Corte, anche ove riferita a fattispecie antecedenti all'introduzione del richiamato art. 10-bis della l. n. 212/2000, grazie ai principi sanciti dalla stessa Corte di Giustizia dell'Unione Europea nel caso Halifax, l'assunto secondo cui, in materia tributaria, il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo che preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l'uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio d'imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l'operazione, la dimostrazione della ricorrenza delle quali rientra nell'onere probatorio del contribuente (Cass. sez. trib., n. 3533/2018). Pertanto, per escludere il contestato carattere elusivo di un'operazione, fermo l'onere dell'Amministrazione finanziaria di dimostrare sia il disegno elusivo sia la “manipolazione” degli strumenti negoziali classici, le cui modalità di utilizzo risultino “irragionevoli” in una normale logica di mercato e intese al solo fine di pervenire a quel risultato concreto, il contribuente deve provare che la stessa è giustificata da «valide ragioni economiche», aventi carattere non meramente marginale o teorico, anche ove le medesime non debbano assumere una rilevanza predominante per il compimento dell'operazione, senza peraltro che sia necessaria la prova che l'obiettivo non sarebbe stato altrimenti perseguibile, essendo soltanto necessaria la prova che la strada prescelta per raggiungere quel risultato economico risulti la più conveniente rispetto ad altre soluzioni. (Cass. sez. trib., n. 2240/2018). Peraltro, si è ritenuto che le valide ragioni extrafiscali che possono giustificare l'operazione non si identificano necessariamente in una redditività immediata della stessa, ma possono anche correlarsi ad esigenze di tipo organizzativo e consistere in un miglioramento strutturale e funzionale dell'azienda (Cass. sez. trib., n. 1372/2011). Inoltre, l'accertamento dell'abuso del diritto determina l'inopponibilità nei confronti dell'Amministrazione finanziaria del negozio abusivo solo con riferimento allo specifico tributo per cui è stato accertato il conseguimento dell'indebito vantaggio fiscale, sicché l'operazione continua ad integrare presupposto impositivo ai fini di altri tributi (Cass. sez. trib., n. 17175/2015). Entro i limiti indicati, quindi, l'Ufficio potrebbe ritenere che gli atti configurano un'operazione elusiva dell'imposta di registro applicabile sulla cessione dell'azienda nel caso tipico di “spezzatino”, i.e. di separata vendita dei beni aziendali. A tutela del contribuente, tuttavia, a differenza di quanto avvenuto sinora nelle operazioni di qualificazione ex art. 20 TUR, opera il contraddittorio procedimentale che l'Ufficio deve osservare ex art. 10-bis del cd. Statuto del contribuente prima di emettere un avviso di accertamento fondato sulla ritenuta natura elusiva di un'operazione. Per altro verso, l'art. 11, comma 1, lett. c) l. n. 212 del 2000 consente al contribuente di attivare uno specifico contraddittorio preventivo con l'Ufficio, mediante interpello, al fine di descrivere compiutamente l'operazione economica posta in essere per dimostrare che la stessa non ha finalità elusive. Qualora l'Ufficio dia al contribuente una risposta positiva in ordine alla legittimità dell'operazione descritta, non potrà emettere un avviso di accertamento in ragione della ritenuta natura elusiva della stessa, in quanto giustificata dalla mera esigenza di ottenere un risparmio di imposta senza il ricorrere di altre valide ragioni economiche. Per altro verso, la S.C. ha recentemente puntualizzato che, in tema di IRPEF, e con riguardo ai redditi prodotti in forma associata, il socio di società in nome collettivo che non provveda tempestivamente - in conseguenza di recesso, esclusione, cessione della quota - a richiedere l'iscrizione nel registro delle imprese della modifica dell'atto costitutivo, o non provi che l'amministrazione finanziaria ne fosse a conoscenza, non può opporre, ai fini dell'applicazione dell'imposta sul suo reddito di partecipazione, la perdita della qualità di socio non iscritta e non comunicata (Cass. VI, n. 16871/2022). |